giovedì 20 dicembre 2012

Chi ha paura di Chiara?

chiara

Di Costanza Miriano.
* * *
Ieri davanti alla scuola pubblica dei miei quattro figli, nel quartiere san Giovanni di Roma, c’era un banchetto per raccogliere firme contro la proposta  di intitolare l’istituto a Chiara Corbella Petrillo, giovane mamma morta nel giugno scorso. La cosa per me ha dell’incredibile, e vorrei provare a capirci qualcosa, ragionando a voce alta.
Dunque, la scuola fino all’anno scorso si chiamava Manzoni. Adesso, dopo essersi unificata con una vicina media, è alla ricerca di una nuova denominazione. Saputo questo, l’assessore alla famiglia e all’educazione del Comune di Roma, Gianluigi De Palo, ha proposto, e sottolineo proposto, il nome di Chiara, che era del quartiere dove sorge la scuola, e che di certo è stata, per dire poco, una persona che ha saputo rispettare i bambini. La preside ha raccolto la proposta, l’ha girata a noi genitori, e i rappresentanti ci hanno chiesto di esprimerci sulle due opzioni: riprendere Manzoni o cambiare in Corbella.
Qualcuno ha detto sì (chi come me considera Chiara una sorella maggiore da imitare, chi non condivide ma apprezza il coraggio), qualcuno ha detto no per motivi estranei alla questione aborto (meglio figure significative nella storia della cultura), altri, infine, hanno detto no perché ideologicamente contrari. E fin qui, tutto normale.
Poi è arrivata una mail allarmata: si sta violando la procedura! Si attenta alla democrazia!! L’assessore ha annunciato la cosa come già fatta senza consultarci!!
Poiché conosco Gianluigi De Palo mi sembrava strano. È una persona con cui si può, forse, magari, anche non essere d’accordo, ma della cui correttezza e buona fede non si può dubitare. Così  mi sono permessa di chiamarlo, e l’ho sentito davvero sinceramente rattristato dalla vicenda: non solo non aveva annunciato niente, ma d’accordo con Enrico, il marito di Chiara, e altre persone che le hanno voluto bene ha deciso di ritirare la proposta, perché Chiara, dice, non avrebbe mai voluto essere una bandiera contro qualcuno, né tanto meno dividere, o essere utilizzata per battaglie di principio che offendano qualcuno. Non amerebbe essere dipinta come un’eroina, una martire, una pasionaria delle battaglie antiabortiste. Chiara è stata una mamma che ha messo la vita dei suoi bambini prima della sua. Semplicemente. Grandemente. Non è morta per, non si è immolata. Ha “solo” detto, con il marito: i nostri bambini non si toccano, non faremo niente che li possa danneggiare o mettere in pericolo. Quello che è successo dopo – la malattia che l’ha portata alla morte – non lo ha certo cercato, anzi lo ha combattuto fino alla fine. Il fatto è che chi ha mosso queste infondate obiezioni procedurali era contrario nel merito.
A questo punto due parole per chi non lo sapesse: Enrico e Chiara hanno avuto due bambini malformati e morti a poche ore dalla nascita, e un terzo sano. Durante la terza gravidanza, però, alla mamma hanno diagnosticato un tumore, e lei ha portato avanti il bambino per il tempo necessario a farlo nascere senza danni, poi ha cominciato a curarsi, e lo ha fatto con grinta e impegno e speranza di guarire. Nessuno può sapere se le cure avrebbero funzionato se avesse abortito. Semplicemente lei non si è sentita di fare del male al suo bambino.
Ecco, io non capisco come questa cosa possa offendere qualcuno.
Votare è giustissimo, ma perché una raccolta di firme contro una proposta. Non si può neanche proporre? La petizione contro è, quella sì, una mancanza di democrazia, ma tanto si sa che i più intolleranti e dogmatici sono quelli che pensano che l’uomo sia al centro del cosmo, e che niente e nessuno debba attentare alla sua libertà. Libertà di uccidere, dunque, ma non di dire che non si fa, che l’aborto non è liberarsi di un grumo di cellule ma uccidere un figlio. Libertà di uccidere i bambini, ma non di turbarli con l’immagine dell’egoismo degli adulti.
Si vota (oggi), e si vedrà la maggioranza. Ma i genitori che raccoglievano le firme hanno detto nell’ordine, che bisogna scegliere figure importanti per la cultura. Io però il massone Mazzini, tanto per dirne uno, non lo riconosco come un mio faro, eppure ogni città gli ha dedicato almeno almeno una piazza, e sempre al centro, rigorosamente. Poi che una storia così può disturbare le donne che dovessero avere, magari con dolore, magari con superficialità, abortito. Ma io credo che se soffrono è perché sanno che hanno fatto una cosa sbagliata, e l’unica guarigione possibile per loro è riconoscerlo, e affidarsi, se credono, alla misericordia di Dio. Infine la perla:  “come lo spiegheresti a tuo figlio il perché di questo nome?” “A parte che i miei figli sono stati al funerale e sanno tutto, comunque direi che questa ragazza non ha voluto a nessun costo uccidere il suo bambino, quindi è stata una brava mamma.” “Ecco, vedi che mi dai ragione? Non puoi dire a un bambino che una mamma uccide il figlio in grembo”.
Certo, “non si può dire”…  Anche a me si spezza il cuore quando capita che mi chiedano cos’è l’aborto. Una mamma così non si può pensare. Dico che una mamma può sentirsi così sola, spaventata, condizionata da persone che non capiscono molto, che può arrivare persino a fare una cosa così terribile, ma che noi non dobbiamo giudicarla, perché già le basterà tutta la tristezza che dovrà provare.
Per Chiara, che adesso si occupa in cielo dei suoi due bambini, questa storia sarà sicuramente una bazzecola. Ma per noi che siamo ancora qui dare il suo nome alla scuola alla quale affidiamo ogni giorno la parte più importante del nostro cuore, i figli, è un piccolo segno importante.