martedì 25 dicembre 2012

La nascita di Gesù e la nostra rinascita




ARCIDIOCESI DI MILANO

MESSA nella notte DEL NATALE DEL SIGNORE
Is 2,1-5; Salmo 2; Gal 4,4-6; Gv 1,9-14


Duomo di Milano, 24 dicembre 2012


OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, ARCIVESCOVO DI MILANO



1. Dio si fa Bambino
«Il Verbo si fece carne» (Vangelo, Gv 1,14): Dio si fa bambino. Di fronte a questo evento non possiamo fermarci ai pur buoni sentimenti che ci portiamo nel cuore e che ci hanno condotto fin qui. Il Natale è un evento prodigioso, inaudito e, nello stesso tempo, di una normalità sconcertante. L’Onnipotente, l’Eterno, l’Infinito, il Re del cielo, Colui che è del mondo il Creatore viene al mondo – ecco il prodigio. Ci viene incontro come un bambino. Esattamente come i nostri bambini – ecco la normalità sconcertante.
Siamo chiamati in questo santo giorno a contemplare la strada che Dio ha scelto per salvarci. Il Natale si capisce fino in fondo alla luce della Pasqua di morte e risurrezione: il motivo per cui Dio è venuto nel mondo. Nato da Maria Vergine e custodito da Giuseppe, il giusto, Dio ci viene incontro in una famiglia.
Anche il Figlio di Dio ha imparato la propria umanità vivendola e soffrendola insieme in famiglia. Celebrare il Santo Natale è, per questa ragione, un’occasione privilegiata per riconoscere grati la strada che Dio ci ha donato per diventare uomini. Quella strada dell’amore che trova nella famiglia la sua prima e originaria espressione. Così ci ha detto Benedetto XVI.
In questa notte santa Dio è vicino alle famiglie che vivono prove affettive e soffrono per la crisi che toglie lavoro, prospettiva ai giovani, sicurezza ai pensionati.

2. Chiamati a essere figli nel Figlio
Un uomo è veramente libero quando accoglie il suo essere figlio e ne fa consapevole esperienza. Più che mai nella nostra società – così segnata da mille solitudini – questo è il bisogno primario. Per diventare uomini maturi e riusciti, capaci di identità e di relazione, bisogna aver coscienza del mistero della nascita. Ogni uomo che nasce è voluto ed amato da Dio. Nessuno è frutto del caso.
Nel Salvatore Bambino impariamo ad essere figli nel Figlio. «A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Vangelo, Gv 1,12-13). Ad ogni uomo, anche se ha alle spalle una relazione di paternità e maternità ferita o gravemente compromessa, è donata la possibilità di fare questa esperienza. In questa notte santa Dio è vicino ad ogni papà, ad ogni mamma, ad ogni figlio.

3. Il movimento della conversione
«Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Vangelo, Gv 1,11). Pur in un contesto del tutto diverso, l’evangelista Giovanni riprende lo stesso dato dell’evangelista Luca («per loro non c’era posto nell’alloggio» Lc 2,6).
Il Papa commenta così: «Per il Salvatore del mondo, per Colui in vista del quale tutte le cose sono state create, non c’è posto… Colui che è stato crocifisso fuori dalla porta della città, è anche nato fuori della porta della città» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, 80). Anche noi battezzati corriamo spesso il rischio di dimenticarci nel quotidiano di Gesù, il nostro amato Salvatore.

4. Una speranza attiva e fattiva
«Oggi la luce risplende su di noi» (Ritornello Salmo responsoriale). «Oggi per noi è discesa dal cielo la vera pace» (Canto allo spezzare del pane). Questo oggi e questo per noi tornano continuamente nella liturgia natalizia. E così la nascita del Signore apre la strada alla nostra rinascita, come recita la preghiera del Prefazio: «Oggi in Cristo, tuo Figlio, anche il mondo rinasce» (Prefazio). Per questo all’esasperazione di cui possiamo essere tentati in questi momenti duri e difficili, dobbiamo opporre la speranza di un nuovo inizio. Una speranza affidabile che guarda fiduciosa al futuro, perché è fondata su un bene già presente: il Dio vicino. Una speranza attiva e fattiva, fonte di una gratuita e tenace costruttività. Così, come ci ha detto il profeta Isaia, da questa notte santa «possiamo camminare nella luce del Signore» (Is 2,5). Amen.

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Di seguito il testo dell’omelia del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, pronunciata nella Santa Messa della notte di Natale, celebrata il 24 dicembre alle ore 24.00 a Crevalcore, centro colpito dal terremoto dello scorso maggio.
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Cari fratelli e sorelle, sono sicuro che la parola di Dio in questa notte penetra più profondamente nel vostro cuore, poiché quest’anno la celebrazione del Natale è accompagnata da gravi disagi. Anche voi, come Maria e Giuseppe, dovete celebrare i santi misteri natalizi fuori dalla vostra Chiesa, fuori – per molti – dalle vostre case. E’ dunque parola di consolazione quella che il profeta, l’apostolo, la narrazione evangelica intendono donarvi.
1. Avrete notato che il profeta si rivolge ad un popolo «che cammina nelle tenebre», a persone «che abitavano in terra tenebrosa». A questo popolo, a queste persone viene data una notizia straordinaria: l’accendersi di «una grande luce». Una luce che “moltiplica la gioia ed aumenta la letizia”; e che è dovuta alla nascita di un bambino: «poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio».
Anche l’apostolo Paolo, nella seconda lettura, parla di un’apparizione, di una luce che si accende sotto forma di insegnamento donato all’uomo per «vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo».
Noi in questa notte celebriamo l’evento di luce e di grazia del quale parlano il profeta e l’apostolo. Ecco come viene narrato nella pagina evangelica: «diede alla luce [Maria] il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia». E pertanto le prime persone alle quali venne data notizia di quella nascita, sono avvolti di luce: «e la gloria del Signore li avvolse di luce».
Che cosa significa tutto questo? Perché quel bambino è la luce che illumina la nostra notte?
Partiamo da questa seconda domanda. Quel bambino è Dio stesso che nasce nella nostra natura e condizione umana. E’ Dio stesso che è venuto ad abitare fra noi. Anzi il prologo del Vangelo secondo Giovanni dice: «ha posto la sua tenda fra noi». Voi avete vissuto sotto le tende. Voi sapete come si vive sotto di esse, avendo il senso di una insicurezza, di una fragilità, di una mancanza anche di beni umani essenziali. Questa notte Dio è venuto a vivere la nostra condizione, nascendo fuori da una casa «perché non c’era posto per loro nell’albergo».
Questo fatto –Dio che nasce nella nostra condizione e natura umana – è la luce che illumina la nostra notte. In che senso? Nel senso che è la risposta alle nostre domande fondamentali.
Sono quelle domande che sono emerse nei vostri cuori durante i terribili giorni del sisma. L’uomo, ciascuno di noi è semplicemente un frammento consegnato ad una natura che ha le sue leggi inesorabili? Tutto ciò che ci è accaduto ha un senso o non ha alcun senso? Alla fine: esiste qualcuno/qualcosa su cui posso fondare la mia vita? Cari fratelli e sorelle, in questa notte all’uomo sono state donate le risposte a queste domande.
Se Dio è venuto a condividere la nostra natura e condizione umana; se Egli ha “svuotato” Se stesso assumendo la nostra vicenda umana per prendersi cura di noi: quale valore deve avere ogni persona umana davanti agli occhi del suo Creatore! Quale preziosità deve possedere ciascuno di noi davanti a Dio! In questa notte è stato rivelato all’uomo un duplice mistero: il mistero di Dio, il mistero dell’uomo.
Dio si è rivelato come Colui che ha cura di ciascuna persona umana; l’uomo ha preso coscienza della sua somma dignità. Questa presa di coscienza è causata in noi dalla rivelazione che Dio fa di se stesso; e noi introduciamo nella nostra mente la luce di questa rivelazione mediante la fede.
La fede quindi conferisce all’uomo una nuova base per la propria esistenza, un fondamento incrollabile perché vi introduce la presenza di un Amore onnipotente. La luce della fede si accende questa notte e produce nel nostro cuore frutti di adorazione di Dio, e di profonda meraviglia di fronte a se stessi.
2. Non posso terminare senza attirare la vostra attenzione su un particolare troppo importante per essere omesso.
Come avete sentito le prime persone alle quali fu data notizia della presenza di Dio in mezzo a noi, furono dei pastori. La categoria dei pastori era una classe sociale che non aveva nessun valore nella società del tempo. Nella considerazione degli uomini erano meno di niente. E’ a loro che viene data notizia; sono loro che vengono avvolti di luce. E’ in loro, nella loro coscienza, che viene generata la consapevolezza della dignità sublime della loro persona.
Certamente nella loro vita esteriore non cambiava nulla. Emarginati come prima, poveri e disprezzati come prima. Ma qualcosa di assolutamente nuovo era accaduto dentro di loro: si sentivano presi in cura da Dio stesso; sentivano che Dio stesso si interessava di loro.
Cari fratelli e sorelle, siete stati duramente colpiti. Ritornando a casa questa notte, vi ritroverete con tutte le vostre difficoltà. Ma qualcosa di grandioso si è acceso nella vostra coscienza: avete visto che Dio si prende cura di voi.
Se avete questa consapevole certezza, possedete la ricchezza più grande.