martedì 18 dicembre 2012

La via stretta del Sinodo




Traggo da “Missione Oggi” del dicembre 2012
La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, è il tema immenso che l’ultima
assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi (7-28 ottobre) ha affrontato con qualche difficoltà, con
diverse dimenticanze, con insufficiente auto-analisi critica e attraverso un confronto delle diversità
continentali, di correnti di pensiero e di visioni di Chiesa non immediatamente componibili
nell’ecumene cattolica. Operazione quest’ultima demandata al testo dell’Esortazione apostolica
post-sinodale che il vescovo di Roma, Benedetto XVI, scriverà nei prossimi mesi.
Forse un tema così cruciale più che un Sinodo avrebbe richiesto un Concilio.

le diversità geografiche
La situazione dell’evangelizzazione a livello planetario affidata alle Relazioni sui cinque continenti,
ha messo subito in evidenza, le diversità tra il vecchio mondo e i nuovi mondi. Alla visione
sostanzialmente pessimistica dell’Europa si è contrapposta la vivacità e l’iniziativa innovativa degli
altri continenti dove l’attività pastorale si avvale in modo consistente delle piccole comunità di base
(Africa, America Latina), affronta programmaticamente il dialogo con le culture, le religioni e i
poveri (Asia) o l’inculturazione e l’emergenza ambientale (Oceania). Diversità che si sono
confermate, durante i lavori, negli interventi dei Padri provenienti dai vari continenti e che hanno
indotto anche la Commissione per il Messaggio al popolo di Dio a dedicare un punto (13) alle varie
realtà continentali.

l’incerta definizione terminologica
Nonostante il concetto di Nuova Evangelizzazione (NE), coniato da papa Wojtila, sia in uso da
vent’anni non sembra chiaro in cosa debba consistere e in cosa si debba differenziare dalla “vecchia
evangelizzazione”. Evidentemente non sono stati sufficienti i quattro fondamenti teologici enunciati
dal cardinale Wuerl nella Relazione iniziale (punto 5), se alcuni interventi in aula e nove Circoli
minori su tredici hanno sentito il bisogno di affrontare la questione.
Al riguardo è interessante citare l’osservazione che il Preposito generale dei Gesuiti, p. Adolfo
Nicolás, ha fatto nell’intervista concessa all’edizione on-line della rivista “Popoli” (29 ottobre):
“mancanza di riflessione sulla Prima Evangelizzazione e, di conseguenza, una scarsa
considerazione sul se e cosa abbiamo imparato dalla lunga storia passata e dagli aspetti positivi di
essa, come pure dagli errori che abbiamo commesso. Questa omissione potrebbe avere conseguenze
molto negative”.


un nuovo contesto per la missione e i missionari
A rimescolare le carte delle modalità dell’evangelizzazione, oltre allo tsunami del secolarismo,
sembrano essere i movimenti migratori. Nella Proposizione finale numero 7 si propone, riprendendo
l’indicazione fornita dall’Instrumentum laboris (76-79), un’ordinata distinzione di tre momenti
dell’evangelizzazione: ad gentes, la cura pastorale e la nuova evangelizzazione, ma il Prefetto per
l’evangelizzazione dei popoli, cardinale Filoni, ha sostenuto “la necessità di un coordinamento
dell’opera di evangelizzazione, intesa come primo e nuovo annuncio, perché si tratta ormai di una
missio globale a tutto tondo, anche in considerazione del fenomeno migratorio dei popoli che fa sì
che i soggetti tradizionali della missio ad gentes si incontrino ormai ovunque, creando dappertutto
società sempre più plurali”.

il dinamismo missionario dei movimenti
Se, da un lato, come ha rilevato il Preposito generale dei Gesuiti, la “poca consapevolezza della
storia dell’evangelizzazione” ha fatto sì che i Padri sinodali si siano ricordati, “solo di sfuggita”,
“del ruolo che hanno avuto i religiosi”, dall’altro, le nuove aggregazioni laicali sono state oggetto di
grande attenzione già a partire dal testo dell’ Instrumentum laboris (n. 115). Nella relazione
introduttiva ai lavori si trova, poi, una significativa sottolineatura: “Un segno della NE sono i
movimenti ecclesiali e le nuove comunità […]. Queste espressioni del lavoro dello Spirito Santo si
aggiungono alla ricchezza spirituale dei carismi antichi degli ordini religiosi e delle congregazioni”;
inoltre, si propone l’esemplificazione, in un certo modo sorprendente, “Comunione e Liberazione,
Opus Dei e il Cammino Neocatecumenale, per citarne solo tre”.
I Movimenti e le nuove comunità rimangono però una risorsa non ancora pienamente valorizzata e
alcuni interventi, come le sintesi di due Circoli linguistici (Italiano C e Inglese C) hanno messo in
evidenza l’esistenza di problemi di coordinamento e raccordo nell’attività pastorale non solo a
livello di parrocchia. Ma il Presidente del pontificio consiglio per i laici, cardinale Ryłko, ha
perorato ampiamente la loro causa, sottolineando, senza mezzi termini, che “Il Santo Padre è ben
consapevole di questa difficoltà, perciò esorta i Pastori a ‘non spegnere i carismi, essere grati anche
se sono scomodi’. Si esige dunque una vera ‘conversione pastorale’ dei vescovi e dei preti, chiamati
a riconoscere che i movimenti sono innanzitutto un dono prezioso piuttosto che un problema”.

il grande ostacolo
La divisione dei cristiani è stata avvertita come un “grande ostacolo” per la NE. I cardinali
Coccopalmerio (Presidente del Consiglio per i testi legislativi) e Koch (Presidente del Consiglio per
l’unita dei cristiani) hanno incentrato i loro interventi sul tema della divisione/unita dei cristiani. Il
primo per dire che “La divisione tra cristiani non è del tutto innocente di fronte alla
scristianizzazione del primo Continente e anche in relazione alla sua attuale debolezza, politica e
culturale”, il secondo per affermare “Il legame inscindibile tra evangelizzazione e ricerca dell’unità
dei cristiani”. Entrambi hanno sollecitato l’avvio di forme di collaborazione più stretta tra le Chiese
per “testimoniare insieme Gesù Cristo in maniera ancora più decisa”.
Frere Alois, priore della Comunità ecumenica di Taizé (Francia) e uno dei tre invitati speciali al
Sinodo, ha fatto loro eco sottolineando che: “La divisione dei cristiani è un ostacolo alla
trasmissione della fede”.
Al tema, a dimostrazione di come sia avvertito in diverse parti della Chiesa, hanno prestato
attenzione anche i lavori dei Circoli minori di lingua tedesca e inglese (C). Inoltre, un ampio respiro
ecumenico è stato portato dai 14 interventi dei delegati fraterni delle Chiese non ancora in
comunione con Roma; dalla presenza dell’Arcivescovo di Canterbury, Rowan Douglas Williams,
che ha tenuto nell’aula sinodale un alto e apprezzato discorso (10 ottobre) e dal saluto del Patriarca
Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, durante la celebrazione di apertura dell’Anno della
Fede (11 ottobre).


un cammino con molte strettoie
Nonostante le parole ispirate di Benedetto, il Sinodo ha disegnato una strada stretta.
Molte strettoie crediamo siano costituite dal rilievo dato al problematico dinamismo missionario
dei movimenti, dall’esigenza di riprendere con forza un cammino ecumenico sostanzialmente al
palo, dalla non chiara definizione di cosa sia la NE e del suo rapporto con la missio ad gentes, dalle
inadeguate risposte pastorali per il compito di un’evangelizzazione, che è rivolta “alle persone che
si sono allontanate dalla Chiesa e vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana”, nulla infatti si
è detto di nuovo su divorziati, copie di fatto; sulla comunità GLBT; sul ruolo della donna nella
Chiesa e via enumerando. In altre parole sulle questioni per le quali molti si sono allontanati dalla
Chiesa.
A tutto ciò si deve aggiungere che i passaggi di alcuni interventi di capi dicastero della Curia
romana, e non solo, hanno hanno messo in evidenza preoccupazioni che riguardano la disciplina e
l’ordinato rapporto gerarchico. Ad esempio: “Rimane ancora nella prassi poca chiarezza circa la
relazione fra il ruolo della teologia e del Magistero della Chiesa. […] Il ruolo dei teologi nell’opera
dell’evangelizzazione viene spesso vanificato perché manca la consapevolezza dell’importanza
vitale del Magistero” (card. Grocholewski, congregazione educazione cattolica).
Come credenti siamo pero ottimisti sul futuro e auspichiamo con Benedetto XVI che la pastorale
ordinaria sia “maggiormente animata dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori dei fedeli” e che
tutti si possa essere presi dalla “ sobria ebrietas" , caratteristica per il cristianesimo per affrontare le sfide della NE. (F. Ferrari)