sabato 29 dicembre 2012

L'entusiasmo della Fede



(Cristian Martini Grimaldi) Arianna ha 19 anni, è di Cuneo ma attualmente vive in Repubblica Ceca ed è attiva nel volontariato internazionale. È arrivata a Roma, in pellegrinaggio come tanti altri giovani. «Conosco Taizé — dice — da un anno e sono protestante. Ho cercato sempre degli incontri ecumenici. Un mio amico me ne ha parlato e sono diventata subito un’appassionata. È l’ambiente che ti entusiasma, tutti questi giovani che vengono da Paesi diversi; c’è poi la voglia di trovare e di condividere un orizzonte comune, qualcosa che sia alternativo ai valori di riferimento della società dei consumi. Taizé ti permette di riscoprire te stessa con l’aiuto di una musica che ci esalta tantissimo. I canti ripetitivi, brevi, ti permettono di capire il significato profondo delle parole».
I giovani pellegrini, nella loro prima giornata romana, si accalcano verso sera nella basilica di Santa Maria Maggiore. Pierfranco è insegnante di matematica ad Alba, provincia di Cuneo. Ha 28 anni. È cattolico. Ha preso a frequentare la comunità dieci anni fa. «Tramite alcuni amici sono entrato in contatto con i fratelli di Taizé. Sono stato lì in Francia e quello che ti colpisce è vedere tanta gente credere nelle stesse cose. Ci connette una fede profonda. Ma aiuta anche il rito che è essenziale, mette in comunione popoli, culture e confessioni diverse. L’essenzialità stessa della ritualità è centrale per poter allargare la base di partecipazione».
Dentro la basilica siedono in centinaia, anzi migliaia, rivolti verso l’altare. Siedono per terra. Come fossero su un prato. I frères sono davanti che leggono le preghiere nelle diverse lingue. Ed è la musica, i canti, ciò che più colpisce chi per la prima volta partecipa alla liturgia della Parola nello stile della Comunità di Taizé. Chi canta prega due volte diceva sant’Agostino. Quelli di Taizé hanno fatto della preghiera un canto sublime.
Gerrip e Hanna sono protestanti, vengono dai Paesi Bassi, hanno 30 anni. Lui lavora per il Comune di Ermelo. Lei è assistente in uno studio dentistico. «Conosciamo la comunità da circa dieci anni. Avevamo molte domande la prima volta che siamo stati a Taizé. Non capivamo all’inizio di cosa si trattasse. Gente così diversa, di confessioni diverse, eppure si percepisce la comunità nonostante le differenze. Ci accomuna in fondo lo stesso libro sacro e la figura di Cristo. Chi partecipa a questi incontri sembra che riesca a vedere la bellezza che è nella gente. Sono persone che riescono a perdonare più facilmente. La gente normalmente è meno incline al perdono, perché può contare solo sulla vita materiale e non ha la prospettiva di un’esistenza spirituale che trascenda la morte. Si perdona più facilmente se prendi coscienza che la vita materiale non è tutto. Per questo l’incontro con Dio è il più importante, ma l’incontro con gli altri ci permette di avvicinarci a Dio. Dunque insieme ci avviciniamo a Dio in modo più efficace che se fossimo da soli».
E quello che avviene nel corso di questo incontro europeo dei giovani sembra infatti un esercizio alla solidarietà in vista di un bene personale e comune al tempo stesso. Qui l’altro diventa la tappa di un pellegrinaggio che porta alla scoperta interiore. Qui la fiducia nel prossimo perde ogni senso di materialità e diventa la soluzione all’equazione esistenziale per eccellenza: il senso ultimo dello stare al mondo.
La fiducia in Dio fa nascere uno sguardo nuovo sugli altri, sul mondo, sull’avvenire, recita proprio una proposta tratta dal libretto dell’incontro. Le preghiere sono anticipate dai canti e i canti sono alternati da meditazione e silenzio. E il silenzio che ritorna tra un canto e l’altro è un momento di riflessione che può anche durare dieci minuti. Ma forse è solo l’impressione di chi ormai non è più abituato a confrontarsi con la totale assenza di suoni, circondati come siamo ovunque da sottofondi musicali e colonne sonore per la sollecitazione agli acquisti. Qui il silenzio è totale: s’odono solo i colpi di tosse e lo sfogliare delle pagine del libretto dell’incontro sul quale sono anche stampate le preghiere comuni e i canti con tanto di spartito musicale.
Non tutti seguono il canto (sconosciuto ai molti giovani che partecipano agli incontri per la prima volta), però tutti osservano il rigoroso silenzio. Ed è proprio il silenzio, anzi l’adorazione in silenzio, come dice il priore, fratel Alois, che nutre la riflessione e l’intelligenza. Ma, ancora di più, ci mette di fronte al mistero di Dio.
E poi dal fondo della basilica risuonano nuovamente le parole del fratello di Taizé che scandiscono la conclusione della preghiera: «Non ci accontentiamo della mediocrità». È un pensiero che nutre ottimismo e speranza. Che poi a tradurlo in senso pratico è anche il messaggio più ambizioso da rivolgere ai giovani: non ci accontentiamo di vivere solo per noi stessi.
L'Osservatore Romano, 30 dicembre 2012.

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Riporto da Radio Vaticana.

Sono circa 40 mila i giovani che oggi alle 18.00 parteciperanno in Piazza San Pietro all’incontro di preghiera con il Papa in occasione del tradizionale pellegrinaggio della fiducia promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé per la fine dell’anno. Benedetto XVI, all’inizio dell’evento, eleverà la sua preghiera perché i cristiani siano “testimoni di pace” e “fermento di riconciliazione in tutta la famiglia umana”. Su questo appuntamento Fabio Colagrande ha intervistato frère David, della Comunità di Taizé:

R. – Vediamo tanti giovani contenti, felici di essere qui a Roma. Sono arrivati ieri e si vedeva che erano proprio stanchi, ma contenti di essere arrivati. Il primo momento di preghiera - ieri alle 19.30 - è stato bellissimo: le Chiese e le basiliche erano piene ed i giovani sono entrati subito in questo ambiente di preghiera, di interiorizzazione, di silenzio, di canti… Ieri sera è stato un bel momento, molto forte. 

D. – Provengono da tutta Europa, anche da altri continenti, appartengono a confessioni diverse: che cos’è che li ha riuniti a Roma?

R. – Penso sia Cristo che li chiama a riunirsi e a vivere un’esperienza di amicizia cristiana; essere insieme per Cristo e per il Vangelo. Questa esperienza infonde una gioia che dà loro fiducia per affrontare le difficoltà della vita. Oggi tanti giovani dicono di avere difficoltà a trovare lavoro e per cominciare una vita più stabile; hanno bisogno del sostegno degli altri, hanno bisogno della preghiera che li aiuti a trovare una spinta forte nella loro ricerca.

D. – Che significato ha l’odierno incontro dei giovani di Taizé con Benedetto XVI?

R. – Penso sia molto bello che il Papa, prima di tutto, guidi tutti verso Cristo e ci aiuti a vivere una relazione personale con Cristo, nella Chiesa.

D. – Come si svolgerà questo incontro con il Papa?

R. – Prima ci sarà una preghiera, come facciamo tutti i giorni, con i canti, il salmo e la lettura; poi un momento di silenzio seguito da una preghiera di intercessione per aprire i nostri cuori a quelli che soffrono in tutto il mondo, a quelli che si impegnano per costruire un mondo più fraterno. Poi, alla fine, ci sarà un messaggio del Santo Padre per aiutare i giovani a vivere questo incontro qui a Roma. 

D. – L’ultima lettera che frère Roger aveva scritto prima di essere ucciso, era indirizzata proprio al Papa…

R. – Sì. Era il periodo in cui si svolgeva la Giornata Mondiale della Gioventù, frère Roger era già anziano e non poteva andarci, allora scrisse un messaggio a Benedetto XVI, parlando di questa impossibilità di essere lì. 

D. – In qualche modo frère Roger voleva esprimere al Papa la volontà di camminare in comunione con lui…

R. – Certo, diceva che non poteva essere presente alla Giornata Mondiale della Gioventù, per questo momento molto forte di comunione con la gioventù di tutto il mondo, ma che voleva continuare a cercare la comunione con lui e con la Chiesa a Roma.

D. – Cosa si aspettano i giovani da questo incontro con il Papa, secondo lei?

R. – Penso che si aspettino un incoraggiamento: i giovani cercano di impegnarsi nella Chiesa e hanno bisogno di sentirsi accolti, di sentirsi compresi e di vedere che il proprio Papa li aiuta ad impegnarsi nella Chiesa. Sarà un segno importante per molti di loro.