sabato 15 dicembre 2012

Rallegrarsi sempre...


   

"Bisogna sottolineare quanto sia grande il valore delle opere di misericordia, se queste sono le prime comandate per produrre frutti di penitenza".
Gregorio Magno, Omelia 20,11

Oggi, 16 dicembre, celebriamo la III DOMENICA DI AVVENTO
 Anno C

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Di seguito testi e commenti. Vedi per approfondimenti tutti i post con l'etichetta "Giovanni Battista", in particolare:


16 Dic 2010
Ma la cosa più significativa di tutto il testo è l'elogio che Gesù fa del Battista, dopo che i messi di Giovanni si sono allontanati: “Cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta […]. In verità vi dico: ...

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Giovanni è la voce, Cristo la Parola
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo  (Disc. 293, 3; Pl 1328-1329)
Giovanni è la voce. Del Signore invece si dice: «In principio era il Verbo» (Gv 1, 1). Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio.
Se alla voce togli la parola, che cosa resta? Dove non c'è senso intelligibile, ciò che rimane è semplicemente un vago suono. La voce senza parola colpisce bensì l'udito, ma non edifica il cuore.
Vediamo in proposito qual è il procedimento che si verifica nella sfera della comunicazione del pensiero. Quando penso ciò che devo dire, nel cuore fiorisce subito la parola. Volendo parlare a te, cerco in qual modo posso fare entrare in te quella parola, che si trova dentro di me. Le do suono e così, mediante la voce, parlo a te. Il suono della voce ti reca il contenuto intellettuale della parola e dopo averti rivelato il suo significato svanisce. Ma la parola recata a te dal suono è ormai nel tuo cuore, senza peraltro essersi allontanata dal mio.
Non ti pare, dunque, che il suono stesso che è stato latore della parola ti dica: «Egli deve crescere e io invece diminuire»? (Gv 3, 30). Il suono della voce si è fatto sentire a servizio dell'intelligenza, e poi se n'è andato quasi dicendo: «Questa mia gioia si è compiuta» (Gv 3, 29). Teniamo ben salda la parola, non perdiamo la parola concepita nel cuore.
Vuoi constatare come la voce passa e la divinità del Verbo resta? Dov'è ora il battesimo di Giovanni? Lo impartì e poi se ne andò. Ma il battesimo di Gesù continua ad essere amministrato. Tutti crediamo in Cristo, speriamo la salvezza in Cristo: questo volle significare la voce.
E siccome è difficile distinguere la parola dalla voce, lo stesso Giovanni fu ritenuto il Cristo. La voce fu creduta la Parola; ma la voce si riconobbe tale per non recare danno alla Parola. «Non sono io, disse, il Cristo, né Elia, né il profeta». Gli fu risposto: «Ma tu allora chi sei?» «Io sono, disse, la voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore» (cfr. Gv 1, 20-23). «Voce di chi grida nel deserto, voce di chi rompe il silenzio».
«Preparate la strada» significa: Io risuono al fine di introdurre Lui nel cuore, ma Lui non si degna di venire dove voglio introdurlo, se non gli preparate la via.
Che significa: Preparate la via, se non: chiedete come si deve? Che significa: Preparate la via, se non: siate umili di cuore? Prendete esempio dal Battista che, scambiato per il Cristo, dice di non essere colui che gli altri credono sia. Si guarda bene dallo sfruttare l'errore degli altri ai fini di una sua affermazione personale. Eppure se avesse detto di essere il Cristo, sarebbe stato facilmente creduto, poiché lo si credeva tale prima ancora che parlasse. Non lo disse, riconoscendo semplicemente quello che era. Precisò le debite differenze. Si mantenne nell'umiltà. Vide giusto dove trovare la salvezza. Comprese di non essere che una lucerna e temette di venire spenta dal vento della superbia.
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso   Fil 4,4.5
Rallegratevi sempre nel Signore:
ve lo ripeto, rallegratevi,
il Signore è vicino.


Colletta

Guarda, o Padre, il tuo popolo che attende con fede il Natale del Signore, e f
a' che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
 

Oppure:

O Dio, fonte della vita e della gioia, rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via dei tuoi comandamenti, e portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te...


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
  Sof 3,14-18a
Il Signore esulterà per te con grida di gioia.
 

Dal libro del profeta Sofonìa
Rallegrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme!
Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico.
Re d'Israele è il Signore in mezzo a te,
tu non temerai più alcuna sventura.
In quel giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente.
Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per te con grida di gioia».
 
Salmo Responsoriale 
 
Is 12,2-6
Canta ed esulta, perché grande
in mezzo a te è il Santo d'Israele.

Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
 
Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.
 
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d'Israele.
 
Seconda Lettura  
 
Fil 4,4-7
Il Signore è vicino!

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!
Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.
 

Canto al Vangelo 
  Is 61,1
Alleluia, alleluia.

Lo Spirito del Signore è sopra di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio. 

Alleluia.

  
Vangelo  Lc 3,10-18
E noi che cosa dobbiamo fare?

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

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COMMENTI

1. Congregazione per il Clero

«Grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!» (Sof 3,14). Il richiamo alla gioia, oggi, è così potente, che questa III Domenica del Tempo d’Avvento viene chiamata la Domenica “Gaudete”. E questo richiamo attraversa i secoli, con forza crescente, e raggiunge noi, oggi, qui riuniti: «Grida di gioia, o Chiesa di Cristo, esulta e acclama con tutto il cuore!». E ancora, abbiamo sentito da San Paolo: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Fil 4,4).
Ma, perché mai la Chiesa ci invita ad una tale gioia? Come può osare, la Chiesa, chiamare tutti gli uomini, sparsi oggi sulla faccia della terra, alla gioia? Infatti, tutta la Chiesa sparsa sull’orbe, che vive in Europa, in America, in Africa, in Asia e in Oceania, celebra la medesima Liturgia, ascolta la medesima parola di Dio, adora e si nutre dello stesso Signore Gesù, Presente nell’Eucaristia.
«Grida di gioia, […] esulta ed acclama con tutto il cuore»! Noi, che viviamo in Occidente, giustamente, potremmo immediatamente obiettare a questo invito, presentando le difficoltà di carattere politico ed economico, che attanagliano gran parte della popolazione. Come si può gioire, mentre, da più parti, si lamenta la mancanza del lavoro, il venir meno, per alcuni, di un tetto sotto il quale stare, se non, addirittura, degli stessi beni di primaria necessità, mentre sembra impossibile un futuro sereno per i nostri giovani?
«Grida di gioia, […] esulta ed acclama con tutto il cuore!». Ancora di più, potrebbero obiettare a questo invito i fratelli della Chiesa di Dio che è in Africa, o in Asia, dove la persecuzione, ogni giorno, anzi, ogni secondo, colpisce decine di cristiani, chiamandoli a consegnare la stessa vita fisica nel martirio! Potrebbero obiettare, a questo invito, quanti sono impediti nell’esercizio dei più elementari diritti dell’uomo: la libertà religiosa, il diritto alla vita e alla famiglia, la libertà di espressione!
«Grida di gioia, o Chiesa di Cristo, esulta ed acclama con tutto il cuore!». Perché dunque gridare di gioia? Perché esultare ed acclamare con tutto il cuore? Perché essere sempre lieti?
Ci risponde San Paolo: perché «il Signore è vicino!» (Fil 4,5). «Perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele» (Is 12). «Re d’Israele è il Signore in mezzo a Te» (Sof 3,15). E infine, ascoltiamo dalla voce di San Giovanni Battista: «Viene Colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali» (Lc3,16).
Possiamo, non solo gioire, ma “gridare” di gioia, perché il Signore viene, è vicino, e questo Fatto, per la sua grandezza, per la sua imprevedibilità, per la sua bellezza, non può che inondare il cuore di gioia, una gioia traboccante che, naturalmente, si trasforma nel canto e nell’esultanza!
Il Signore è vicino! L’Altissimo, l’Eterno, l’Incommensurabile, che è Origine di tutto ciò che siamo e di tutto ciò che ci circonda, verso il Quale tutti siamo orientati, Lui è vicino! Ci sta visitando! Sta visitando il Suo Popolo!
Dio, in Cristo, nel Bambino che nascerà a Betlemme, Si è reso “vicino”, cioè “incontrabile”, “visibile”, “udibile” e “tangibile” da ciascun uomo. Dio ci Si è fatto vicino, Si è fatto vicino alla vita di ciascuno di noi!
E tale vicinanza, insperata e inattesa, del Mistero alla nostra vita non ci “distrae”, né “anestetizza” rispetto ai problemi ed alle difficoltà che, immancabilmente, toccano la vita di ciascuno, ma, anzi, ci permette di guardarle, con una libertà prima impensabile: «Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti» (Fil 4,6), ci ha detto San Paolo. Egli è vicino, quindi ci ascolta e possiamo ricorrere a Lui, che è il nostro Tutto, Tutto ciò che abbiamo sempre desiderato, anzi molto di più, ed è attento ad ogni nostra preghiera, ad ogni nostro sospiro.
E se, di fronte ad una Novità così grande, sopravvenisse in noi la domanda che le folle, i pubblicani e i soldati rivolgono al Battista – «Che cosa dobbiamo fare?» –, ascoltiamo ancora: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto. […] Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato. […] Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe» (Lc 3,11-15).
Attendiamo cioè Lui, Cristo, pregando e non cercando di saziare nelle cose gli irriducibili bisogni del nostro cuore! Attendiamo Gesù, con Maria, sulle cui labbra affiorò per la prima volta, nel Magnificat, il canto dell’esultanza; attendiamo Gesù, uniti a Lei, Maria, che è la Causa di tutta la nostra gioia! Amen.
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2. Luciano Manicardi

Il tema della gioia traversa le letture bibliche di questa terza domenica di Avvento: gioia a cui è invitata Gerusalemme per la presenza salvifica di Dio in mezzo a essa (Sofonia); gioia a cui sono esortati i cristiani di Filippi di fronte all’annuncio che “il Signore è vicino” (II lettura); gioia insita nel Vangelo, nella buona notizia che Giovanni annunzia: “(Giovanni) annunciava al popolo la buona novella (euenghelízeto tòn laón)” (Luca).
La gioia cristiana non è un fatto solo interiore e non si identifica con un umorale sentire, ma è connessa alla relazione con il Signore e ha un prezzo: la conversione. Convertirsi significa operare concretamente un cambiamento nella propria vita. La domanda “che cosa dobbiamo fare?” in bocca a folle, pubblicani, soldati (vv. 10.12.14), indica la diversificazione dei concreti movimenti di conversione richiesti a persone che si trovano in differenti stati di vita.
Al tempo stesso le richieste che il Battista pone a ciascuna categoria di persone possono essere lette come elementi costitutivi di ogni cammino di conversione: lacondivisione (v.11), il non pretendere (v. 13), il non abusare, il non essere violenti (v. 14). In effetti Giovanni non indica delle “cose da fare”, ma chiede a ciascuno di rimanere nel proprio stato facendo spazio all’altro, rispettando l’altro, accogliendo l’altro e impedendosi assolutamente di avere ed esercitare potere sull’altro.

La condivisione implica che non si veda più solo il proprio bisogno, ma anche quello dell’altro e che si decida di provvedere a tale bisogno donando all’altro o spartendo con lui ciò che si ha. In quel donare emerge la libertà della persona non schiava delle cose che possiede, ma tesa al bene grande della relazione. In profondità, la condivisione è un esistere con l’altro proibendosi di pensare e agire senza gli altri. Ciò che va condiviso non è solo ciò che si possiede, ma ciò che si è. E nella vita cristiana non vi è amore più grande di chi dona la vita per gli amici (cf. Gv 15,13).
Non pretendere significa certamente non esigere dagli altri ciò che non spetta loro darci, ma soprattutto significa non porci nei loro confronti con una pretesa e dunque con un potere. Esigiamo amore, obbedienza, affetto, tempo, energie, attenzione, ci comportiamo come se gli altri ci “dovessero” qualcosa, fossero tenuti a essere a nostro servizio. Certo, tra i cristiani vi è il debito, il munusdell’amore reciproco (cf. Rm 13,8), ma questo è il dono che si dà, non che si riceve. Non pretendere significa dunque entrare nell’umiltà, nella realistica accettazione di sé e degli altri.
Non maltrattare non significa certo solo non usare violenza fisica, ma soprattutto non abusare della propria posizione di forza o di potere. E soprattutto comporta l’avere intelligenza dell’altro e della sua vulnerabilità, così da non usare violenza nei suoi confronti: una violenza che è quotidiana, domestica, sottile e non necessariamente si nutre di toni aspri o troppo forti, ma è anche indifferenza, mutismo, disinteresse.

Giovanni non chiede gesti radicali come farà Gesù, non chiede di lasciare tutto e di seguire lui, ma mostra un livello imprescindibile e perenne della conversione, un livello molto umano e che non ha nulla di direttamente religioso. Si tratta di assumere l’umanità propria e quella degli altri, di addomesticare i propri appetiti, di assumere i propri limiti e di avere come misura della propria libertà la libertà degli altri. Essere se stessi consentendo agli altri di essere se stessi.
La conversione chiesta da Giovanni, che non si esaurisce in aggiustamenti esteriori, trova la sua radice in rapporto al Signore veniente e che viene per purificare, per operare un giudizio (v. 17). Giovanni in realtà non è un predicatore di morale, ma del Veniente. In questo senso egli è già evangelizzatore (v. 18): perché con la sua persona e con le sue parole egli annuncia il Cristo veniente e, chiedendo conversione, dispone ad accoglierlo e a conoscere così la salvezza di Dio. Del resto, il Vangelo è dono esigente, è grazia a caro prezzo, è amore che impegna.

3. Enzo Bianchi
Nella nostra contemplazione del Signore Veniente, anche questa domenica incontriamo la testimonianza di Giovanni il Battezzatore: con la sua predicazione egli prepara la strada a Gesù, chiedendo la conversione, cioè un concreto mutamento di comportamento (cf. Lc 3,8), a quanti si recano da lui nel deserto per interrogarlo.“Che cosa fare? Che cosa fare per essere credenti autentici?”: ecco la domanda che ancora oggi noi ci poniamo, così come la ponevano a Giovanni le folle, i pubblicani e i soldati. Siamo infatti consapevoli che “non basta portare il nome di cristiani, ma occorre esserlo in verità”, secondo le parole di un antico padre della chiesa, Ignazio di Antiochia. In questo sforzo di unificazione ci viene in aiuto Giovanni, il quale proclama alle tre categorie di persone che si rivolgono a lui le esigenze fondamentali per ogni autentico cammino di conversione.
Il Battezzatore chiede innanzitutto la condivisione di ciò che si ha, chiede cioè di non possedere i beni in modo egoistico, senza gli altri o addirittura contro gli altri. Chi realmente vuole convertirsi è chiamato a vedere il bisogno di cui soffre l’altro e a esserne mosso a compassione, fino a condividere con lui ciò che possiede. L’altro uomo è infatti un fratello, figlio dello stesso Padre, Dio (cf. Mt 23,8), e dunque occorre vivere con lui una relazione di giustizia e di amore. E nella vita cristiana ciò che va condiviso non è solo quello che si possiede, ma anche ciò che si è, perché Gesù ha chiesto di spendere la vita per i fratelli, fino a donarla anche al prezzo estremo della propria morte (cf. Gv 15,13), come lui stesso ha fatto…

Giovanni invita poi a non pretendere, il che significa non esigere dagli altri ciò che essi non possono o non devono darci. Si pensi alla nostra esperienza quotidiana: quanto spesso nelle relazioni di ogni giorno noi esigiamo, abbiamo pretese, ci comportiamo come se gli altri ci “dovessero” qualcosa, e, nel contempo, vogliamo esercitare su di loro la nostra brama di potere, li strumentalizziamo in modi più o meno raffinati! No, l’unico debito esistente tra gli uomini, un debito per così dire “costituzionale”, è quello del rispetto per l’alterità e dell’amore reciproco (cf. Rm 13,8).
Rivolgendosi infine ai soldati dell’impero romano, il Precursore chiede loro di non maltrattare, di non abusare della loro forza, di non fare violenza a nessuno. Più in generale, si tratta di frenare ogni atteggiamento di aggressività verso chi ci è accanto: dobbiamo riconoscere pienamente e rispettare la soggettività dell’altro, la sua unicità, la sua qualità di dono per tutti. Insomma, ciò che Giovanni chiede come preliminare alla conversione e al segno del battesimo – quell’immersione che significa morire all’uomo mondano per rinascere come veri figli di Dio e fratelli di tutti gli uomini – è il compimento della giustizia (cf. Lc 7,29), che assume la forma di un autentico atteggiamento di umanizzazione di se stessi e degli altri.
Sì, il Signore Veniente “è vicino, alle porte” (cf. Mc 13,29), e Giovanni annuncia che sarà un giudice capace di separare la pula dal buon grano. Nell’imminenza di questa venuta nella gloria, noi possiamo però rimanere sordi alla Parola di Dio; possiamo cercare di sfuggire al giudizio di Dio come vipere furbe (cf. Lc 3,7); possiamo pensare che sia sufficiente dirsi cristiani e confidare nella nostra appartenenza alla chiesa, per essere dispensati da ogni autentico cammino di conversione… Ebbene, quale antidoto alla nostra pigrizia e ai nostri tentativi di autogiustificazione, Giovanni ricorda che Dio può suscitare suoi figli anche dalle pietre (cf. Lc 3,8): perché dunque non predisporre tutto affinché Dio possa trasformare il nostro cuore di pietra in un cuore di carne (cf. Ez 11,19; 36,26)?
Davvero il Veniente è vicino: egli è certamente misericordioso con chi è sincero, ma è temibile per chi mente e non si sforza di trasformare in comportamento quotidiano ciò che proclama con le labbra. D’altronde, Gesù ci ha messo in guardia con chiarezza, con parole che suonano quasi come una supplica: “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?” (Lc 6,46).