giovedì 27 dicembre 2012

Sulla strada dell'unità



Prende il via oggi venerdì 28 a Roma il trentacinquesimo incontro europeo dei giovani promosso dalla Comunità di Taizé. In oltre quarantamila sono attesi per il tradizionale “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” che si snoderà lungo sei giorni scanditi dalla preghiera, dalla riflessione e dalla vita in comune con le famiglie, le parrocchie e le comunità religiose di Roma e del Lazio. 
Momento centrale dell’appuntamento sarà l’incontro con Benedetto XVI in programma nella serata di sabato 29 in piazza San Pietro. Qui di seguito pubblichiamo una riflessione del priore della comunità ecumenica tratta dal libro, uscito proprio in questi giorni, nel quale vengono affrontati i richiami a una maggiore radicalità cristiana e a un confronto fecondo tra fede e mondo contemporaneo (Pellegrini di fiducia. Il cammino di comunione seguito a Taizé, Bologna, Editrice missionaria italiana, 2012, pagine 126, euro 10).
(Fratel Alois) - Per i giovani in particolare è essenziale che la testimonianza di riconciliazione non sia espressa astrattamente, ma sia vissuta concretamente. Nel prendere dimora in un villaggio della Borgogna, all’inizio della seconda guerra mondiale, frère Roger aveva scelto, come Giovanni Battista, un luogo deserto. E, come il Precursore, ha visto arrivare folle assetate, che cercano la vera vita, il senso della vita, che cercano un rapporto personale con Dio. Frère Roger ci ha trasmesso la passione di accogliere, di ascoltare chi arriva, senza distinzioni. Giovanni Battista ha presagito che Colui che doveva venire, il Messia, camminava già con quelli che venivano da lui. Noi dobbiamo imparare da Giovanni come preparare la strada di Cristo per le donne e gli uomini di oggi: è il Cristo misteriosamente presente in quelli che accogliamo che deve crescere in noi. E insieme, impariamo da Giovanni l’umiltà: occorre che Cristo cresca e il testimone diminuisca (Giovanni, 3, 30). Secondo l’Apocalisse, la Chiesa del futuro, la Chiesa indivisa, riunisce uomini e donne «di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Apocalisse, 5, 9). I giovani che vengono a Taizé, forse, nei raduni internazionali, nella preghiera celebrata in tante lingue, intuiscono qualcosa dell’unità della Chiesa, ancora da scoprire ma già esistente. Forse intuiscono che qui si trova un seme di unità della famiglia umana. Per potersi aprire a una comprensione più profonda del mistero della Chiesa, i giovani hanno bisogno di un’esperienza di comunione più ampia di quella che sperimentano nelle loro Chiese locali. L’insegnamento da solo, senza un’esperienza concreta, non basta più, oggi, a trasmettere la fede.
Noi vorremmo invitare i giovani provenienti da diverse confessioni ad aprirsi alla Chiesa universale, alla comunione tra tutti i battezzati, ma al tempo stesso li invitiamo ad approfondire la loro appartenenza ecclesiale. Costruire la nostra testimonianza sull’anticipazione della Chiesa indivisa non ci impedisce minimamente di essere solidali con la realtà, che vede i battezzati divisi tra diverse confessioni. Frère Roger ricordava a volte che Giovanni Battista non ha trattenuto attorno a sé i propri discepoli, ma ha mostrato loro il Cristo e li ha lasciati andare dietro a Cristo. È il segno dell’autenticità della sua testimonianza. Anche noi siamo chiamati a non trattenere presso di noi quelli che vengono da noi, a non creare un movimento di Taizé ma a inviarli a casa, verso le loro Chiese d’origine.
Cerchiamo di conservare, giorno dopo giorno, questa tensione a vivere in comunione con le diverse Chiese, con i loro responsabili, e al tempo stesso porre dei segni che indichino come possiamo già vivere qualcosa dell’unità della Chiesa indivisa.
L'Osservatore Romano, 28 dicembre 2012.

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Riporto l'intervista seguente da Radio Vaticana.

Sono almeno 40mila i giovani che stanno arrivando a Roma per l’inizio, domani, del 35.mo Incontro europeo della Comunità di Taizé. Fino al 2 gennaio sono in programma incontri di preghiera, riflessione e vita comune nelle parrocchie dove saranno ospitati e nelle famiglie che li accoglieranno. Sabato pomeriggio è prevista la preghiera con il Papa in Piazza San Pietro. Al microfono di Benedetta Capelli, ascoltiamo Frère Alois, priore di Taizé:

R. – Siamo molto felici di poter vivere questo incontro qui a Roma. Aspettiamo i giovani che già sono partiti dai loro Paesi e che stanno attraversando adesso tutta l’Europa per arrivare qui domani per poi essere mandati nelle parrocchie. I volontari sono già arrivati due giorni fa e stanno aiutando nelle parrocchie e nei luoghi di accoglienza; aiutano anche a preparare canti e preghiere e organizzare l’allestimento per le sette Chiese, le quattro Basiliche ed altre grandi Chiese nel centro di Roma, dove ci incontreremo per le preghiere comuni. 

D. – Che cosa significa venire a fare un pellegrinaggio proprio a Roma, nel cuore della cristianità?

R. – I giovani provengono da diversi Paesi ma anche da diverse Chiese, sono cattolici ma pure ortodossi e protestanti. Vogliamo vivere nel segno di Cristo che ci riunisce, Cristo già ci ha donato una certa unità, che è reale anche se non è completamente compiuta, per questo motivo vogliamo celebrare insieme qui a Roma e specialmente partecipare alla preghiera comune con il Santo Padre - sabato sera alle 18, in Piazza San Pietro - tutti i romani sono invitati ad unirsi a tutti i giovani pellegrini di altri Paesi.

D. – Già il Papa, tempo fa all’Angelus, aveva rivolto un appello alle famiglie romane per accogliere i tanti giovani di Taizé che stanno arrivando nella capitale. Dopo quell’annuncio è cambiato qualcosa?

R. – Sì, tante parrocchie hanno fatto un grande sforzo per accogliere tutti - nelle famiglie, ma anche nelle parrocchie - così adesso possiamo accogliere i giovani che verranno. Domani, quando arriveranno tutti, vedremo se abbiamo abbastanza posti, ma cercheremo fino all’ultimo momento – anche domani stesso – famiglie che possano dare ospitalità. Abbiamo bisogno ancora di mille posti circa e speriamo che le parrocchie ne possano trovare altri. 

D. – Cosa vi attendete dall’incontro con Benedetto XVI?

R. – Sarà un momento di gioia del Vangelo. Oggi molti giovani vivono un momento difficile economicamente, per questo è ancora più importante andare alla sorgente della fede che dà gioia ed è un incoraggiamento per l’avvenire dei giovani.

D. – La fine dell’anno la passerete, ovviamente, insieme in questa veglia di preghiera per la pace, seguita da una Festa dei Popoli. Cosa chiedono i giovani di Taizé al nuovo anno che arriva e con quale spirito lo affronteranno?

R. – Loro saranno insieme per la preghiera comune e poi andranno tutti nelle parrocchie e lì vivranno la veglia di preghiera per la pace ed una festa per il nuovo anno. Speriamo che il nuovo anno sia un anno nel quale cercare nuovi cammini di solidarietà perché adesso con le difficoltà economiche, ed altre difficoltà più grandi ancora, dobbiamo cercare una più grande solidarietà e anche la pace. Speriamo sia un anno di pace in molti luoghi del mondo, come la Siria ed in quei luoghi dove c’è la guerra e la violenza. Preghiamo per questo.

D. – Un anno per la pace, ma anche un anno che si vive nella fede…

R. – Papa Benedetto ha aperto l’Anno della fede e noi abbiamo scelto per questo anno di andare alla sorgente della fede per scoprire una fede più personale. Oggi non si può credere soltanto per tradizione, ma dobbiamo cercare una fede personale e a Taizé, per tutto quest’anno che viene, faremo uno sforzo in questa direzione. Infine voglio ringraziare per l’accoglienza qui a Roma e voglio invitare tutti i romani a partecipare alle preghiere nelle Basiliche, specialmente alla preghiera che si svolgerà sabato sera alle 18, in Piazza San Pietro, insieme con il Santo Padre.