venerdì 22 febbraio 2013

Don Gius e Benedetto XVI: trent'anni di amicizia



​Otto anni fa, il 22 febbraio del 2005, moriva don Luigi Giussani. Due giorni dopo, nel Duomo di Milano gremito di folla, il cardinale Ratzinger – che Giovanni Paolo II, gravemente malato, aveva inviato come suo delegato personale – lo ricordava in un’omelia pronunciata a braccio dalla quale traspare l’amicizia che li legava e la stima per il fondatore di Comunione e liberazione.
«Don Giussani era cresciuto in una casa - come disse lui stesso - povera di pane, ma ricca di musica; e così, sin dall’inizio era toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza; non si accontentava di una bellezza qualunque, di una bellezza banale; cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita; così ha trovato Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia». Non sono frasi di circostanza, quelle pronunciate dal decano del collegio cardinalizio, ma parole che denotano la stima e la profonda conoscenza del carisma del sacerdote lombardo: «Sempre ha tenuto fermo lo sguardo della sua vita e del suo cuore verso Cristo. Ha capito in questo modo che il cristianesimo non è un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo, ma che il cristianesimo è un incontro, una storia d’amore; è un avvenimento».
È stato un rapporto intenso, quello tra Ratzinger e Giussani, un’amicizia umana e intellettuale che si è dipanata per più di trent’anni. Gli inizi risalgono agli anni Settanta. Il loro incontro è tra i fattori che portano a un’iniziativa che lascerà un segno importante nel dibattito teologico post-conciliare: la rivista internazionale Communio, alla fondazione della quale partecipano tra gli altri Von Balthasar e De Lubac.
Negli anni Ottanta sono numerosi gli incontri che si tengono a Roma, come ha raccontato in più di un’occasione monsignor Massimo Camisasca, oggi vescovo di Reggio Emilia e all’epoca uno dei più stretti collaboratori di Giussani: «Per iniziativa di don Angelo Scola e in mia presenza, Giussani veniva una o due volte all’anno a Roma per cenare con il cardinale Ratzinger. L’appuntamento era alle Cappellette di San Luigi, vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore, si svolgeva sempre allo stesso modo: Giussani chiedeva a Ratzinger conferma dell’ortodossia  delle proprie posizioni e riceveva da lui sempre nuove ragioni, che ne sostenevano la verità e la fecondità».
Di questi incontri rimane traccia anche nel libro Dal temperamento un metodo, che raccoglie le conversazioni del sacerdote con alcuni gruppi di Memores Domini, i laici consacrati di Cl. In una di queste, Giussani ricorda: «Il cardinale Ratzinger, tre sere fa, a cena con don Massimo , ci diceva che ciò che lo fa sentire più legato a noi è la concezione del cristianesimo come avvenimento hic et nunc, come avvenimento qui ed ora».

Nel 1986 il cardinale, su invito del fondatore di Cl, predica gli esercizi spirituali per i sacerdoti del movimento a Collevalenza, successivamente raccolti e pubblicati dall’editrice Jaca Book nel libro Guardare Cristo. Esercizi di fede, speranza e carità.

Nel 1993 Ratzinger firma la prefazione del volume Un avvenimento di vita, cioè una storia, che raccoglie conversazioni e interviste rilasciate nel corso di 15 anni, e sottolinea la necessità indicata da Giussani di passare dall’utopia post-sessantottina a un’altra parola-guida: presenza. «Il cristianesimo è presenza, il qui ed ora del Signore, che ci sospinge nel qui ed ora della fede.

E così diventa chiara la vera alternativa: il cristianesimo non è teoria né moralismo, né ritualismo, bensì avvenimento, incontro con una presenza, con un Dio che è entrato nella storia e che continuamente vi entra».
Nel 1994 viene pubblicato un testo fondamentale di Giussani, Il senso di Dio e l’uomo moderno (che la Rizzoli ha rimandato in libreria il mese scorso).

Nella prefazione, il cardinale lo definisce un libro «che dovrebbe essere letto anche da coloro che accolgono con scetticismo l’annuncio della fede cristiana. (…) Giussani ci mostra come nelle semplici esperienze fondamentali  di ogni uomo sia contenuta la ricerca di Dio, che continua a rimanere presente anche nell’ateismo. (…) Con questo piccolo libro ho capito ancora una volta e in modo nuovo perché monsignor Giussani è potuto diventare maestro di un’intera generazione e padre di un vivace movimento».
Due anni dopo la morte del "Gius", il 24 marzo 2007 – davanti a 100mila ciellini convenuti in piazza San Pietro da 53 Paesi per il venticinquesimo anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Cl – Benedetto XVI comincia così il suo discorso: «Il mio primo pensiero va al vostro fondatore, Luigi Giussani, al quale mi legano tanti ricordi, e che mi era diventato un vero amico».

La testimonianza più recente risale a pochi giorni fa, quando il Papa riceve in udienza i partecipanti  all’assemblea generale della Fraternità San Carlo, accompagnati dal nuovo superiore don Paolo Sottopietra, dal predecessore monsignor Camisasca, neo-vescovo di Reggio Emilia, e dal presidente della Fraternità di Cl, don Julian Carron. Parlando a braccio, rievoca gli incontri avvenuti lungo gli anni: «Mi ricordo bene delle mie visite accanto a Santa Maria Maggiore, dove ho conosciuto personalmente don Giussani, ho conosciuto la sua fede, la sua gioia, la sua forze e la ricchezza delle sue idee, la creatività della fede. È cresciuta una vera amicizia, così, tramite lui, ho conosciuto anche meglio la comunità di Comunione e liberazione». (G. Paolucci)
Fonte: Avvenire