È ogni giorno più evidente che il mondo politico, civile ed economico che avevamo costruito nel XX secolo è morto, senza che ancora si intravveda una resurrezione. Siamo nel sabato. Un 'non ancora' senza il 'già'. La storia umana ha conosciuto e conosce molti sabati santi, alcuni dei quali epocali. E anche per questo è importante che alla radice dell’evento cristiano, e quindi dell’umanesimo europeo, ci sia il sabato santo, un tempo anche storico che va tra la morte e la resurrezione, che è parte anch’esso di una storia di salvezza. Il sabato santo non è solo un vuoto, un’assenza, un intervallo, un sonno, né soltanto un’attesa.
È anche un inizio di passaggio, un’attività, una veglia, una
presenza. Vi troviamo gli apostoli che, delusi e impauriti, si
ritraggono scoraggiati e bloccati dalla grande crisi. Ma abbiamo anche
alcune presenze, in particolare di donne. E, come ci ricordò Carlo
Maria Martini in una sua lettera nel 2000, nel sabato c’è la presenza di
Maria, la madre di Gesù. Mentre gli uomini fuggono, le donne
restano, stanno, abitano il sabato, agiscono, attendono operose. La
presenza di quelle donne, in quella cultura, ci dice almeno tre cose.
Innanzitutto ci ricorda il valore della vita e del corpo, anche dei
corpi feriti, senza vita. Vanno al sepolcro per ungere un corpo, e non
si fanno bloccare dalla grande pietra posta all’ingresso. Il secondo
messaggio riguarda i poveri: le donne in quella cultura non contavano,
erano per natura, tra gli ultimi della società, erano quindi fragili e
vulnerabili. Ma sono loro che non fuggono, che sono resilienti di
fronte alla grande prova, e che sperano attivamente.
Le donne e Maria – il terzo messaggio – sono anche presenza dei
carismi, perché hanno con essi familiarità spirituale e una speciale
connaturalità. «Ave Maria piena di charis», di charis-ma e di
gratuità. Non a caso il grande teologo Hans Urs Von Balthasar utilizzava
quasi come sinonime le espressioni «principio carismatico » e
«principio mariano». E i carismi, lo sappiamo, sono doni che fanno
vedere di più, vedere diversamente, vedere cose che altri – in questo
caso gli apostoli – non vedono. E vedendo diversamente, agiscono e
operano diversamente. La nostra società e la nostra economia potranno
vedere un’alba di resurrezione se sapremo vivere bene questo tempo
del sabato.
Anche oggi, di fronte alle nostre crisi, molti fuggono, e in vari
modi (nei paradisi fiscali, nel web senza corpi veri, nel cinismo
civilmente disimpegnato). Ma oggi abbiamo anche un grande bisogno degli
'abitanti del sabato': delle donne, anche troppo fuori dai luoghi che
contano, e abbiamo bisogno soprattutto dei carismi. Nei sabati della
storia, mentre le istituzioni soffrivano, fuggivano, morivano,
l’umanità si è salvata perché i carismi, e spesso le donne, sono stati
capaci di restare, sotto le croci e presso i sepolcri del loro tempo.
Hanno sperato attivamente. Tra la morte dell’impero romano e la
rinascita della civiltà cittadina italiana e europea, non c’è stato solo
un vuoto o un’assenza: nel guado tra un mondo e un altro c’è stata la
presenza di tanti carismi monastici, che nell’attesa hanno salvato e
inventato la nuova Europa, supplendo alla morte delle vecchie
istituzioni, e inventandone delle nuove.
Tra la fine dell’ancien régime e gli Stati sociali
moderni, sono fioriti centinaia, migliaia, di carismi e istituzioni
carismatiche che hanno inventato, con la creatività tipica della
charis/charitas, la cura delle nuove e vecchie forme di miseria e di
esclusione, che hanno formato e istruito intere generazioni di uomini e
di donne. E ancora tra rivoluzione industriale e Stato sociale, tra
fascismo e democrazia, e potremmo allargare lo sguardo all’India di
Gandhi e di Madre Teresa, o alle istituzioni di microfinanza di suor
Nancy Pereira. I carismi, come Maria alle Nozze di Cana, vedono prima
degli altri, e dicono, a volte urlano: "Non hanno più vino". Sono i
carismi i protagonisti dei sabati santi della storia, che fanno da
ponte tra i venerdì e le domeniche, e accompagnano il cammino. Al
nostro sabato mancano i carismi e i loro occhi, che sono troppo
assenti, o emarginati, dalla sfera pubblica, economica, politica.
È emblematico che le personalità che dovrebbero essere capaci di
portarci fuori dal pantano politico-economico irresponsabile in cui
siamo immersi, siano cercate tra i tecnici, i professori, gli
intellettuali, senza accorgerci che queste categorie non hanno più, e
ormai da tempo, le risorse morali per spostare il grande masso posto
di fronte al sepolcro... Per rimuover quel masso non serve la tecnica,
occorrerebbero occhi di resurrezione. C’è bisogno di mistici, di
carismi, di profeti, di persone capaci di vedere il 'vino' che manca, e
poi fare in modo che arrivi veramente e presto. Ma questi nomi di
uomini, ancor meglio di donne, spirituali non vengono fatti, né pensati.
Al tempo stesso, il mondo dei carismi, ancora vivo e fecondo, deve fare
di più, deve far sentire di più la sua voce, che è sempre voce di
poveri e per i poveri, e poi fare proposte anche politiche, perché i
carismi sono doni per il bene comune, e quindi faccende laiche, civili e
politiche.
Quando manca la voce e la presenza dei carismi, le istituzioni non
sanno né vedere né quindi operare per il bene comune, soprattutto nei
tempi del sabato. La nostra crisi è anche, e soprattutto, crisi
spirituale, perché con la fine delle ideologie si sono spenti i motori
simbolici della nostra fabbrica civile ed economica. E quando si spegne
il grande Paradiso, arrivano quelli piccolissimi e artificiali, che
presto si rivelano grandi inferni. Ridoniamo al nostro sabato gli occhi
del carismi. (L. Bruni)
Fonte: Avvenire di oggi, 30 marzo 2013