sabato 27 aprile 2013

La sfida dei pentecostali

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Nel 2000 erano circa cinquecentottantadue milioni, entro il 2025 arriveranno a quota ottocento milioni, ed entro il 2050, secondo le proiezioni compiute da un centro di ricerca statunitense, potrebbero raggiungere il numero degli indù, ovvero circa un miliardo di unità. Si tratta dei pentecostali, un fenomeno finora forse sottostimato ma in rapida espansione, al ritmo, si calcola, di diciannove milioni ogni anno. Insomma, da movimento essenzialmente nuovo alla fine del XIX secolo, il pentecostalismo è diventato il movimento sociale o religioso con il maggior successo del ventesimo secolo. Un fenomeno che per il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, è ancora «non preso in considerazione a sufficienza». Una vera, grande sfida per la Chiesa, soprattutto in Africa e in Sud America.
Ma come si spiega una così rapida espansione? E cosa c’è dietro questo successo? A questi interrogativi ha tentato di rispondere uno dei massimi esperti del fenomeno, Philip Jenkins, della «Baylor University», la cui relazione è stata recentemente al centro di una conferenza internazionale sui nuovi movimenti religiosi organizzata a Roma dalla Conferenza episcopale tedesca, che fin dagli anni Novanta del secolo scorso ha istituito un gruppo di ricerca per lo studio delle sette. Per Jenkins, questi nuovi movimenti religiosi fanno presa principalmente nelle aeree periferiche delle grandi metropoli, abitate da milioni di migranti “in fuga” dalle zone rurali. In queste condizioni non solo di estrema povertà ma anche di «forte senso di estraneità», questi movimenti offrono accoglienza, supporto, cura spirituale. È un fenomeno facilmente registrabile nelle favelas brasiliane e ciò può anche spiegare, per esempio, il successo a São Paulo di un gruppo denominato Renascer em Cristo che riesce a riunire ogni anno ad aprile per la «Marcia per Gesù» dai due ai tre milioni di persone.
Non ci si può, dunque, accostare a tale realtà senza tenere conto di questo aspetto fondamentale dei nuovi movimenti religiosi: quello di offrire “rifugio” alle persone. Ancora di più, questi movimenti si presentano come una “famiglia”, dove «i membri si aiutano vicendevolmente per superare le difficoltà della povertà».
Molto forti sono poi i condizionamenti dettati da un certo “miracolismo” e dalle presunte “guarigioni”, soprattutto in contesti dove la povertà è causa di forti privazioni, malattie, droga e prostituzione. «In contesti simili — osserva Philip Jenkins — è facile capire perché la gente si fa agevolmente prendere dall’affermazione di essere sotto l’assedio delle forze demoniache, e che solo l’intervento divino può salvare».
Quello dei nuovi movimenti religiosi è comunque un fenomeno trasversale a tutte le Chiese e comunità ecclesiali tradizionali. Per Karl Gabriel, dell’università di Münster, «la scomparsa della religione a lungo attesa e data per certa non si è materializzata. Al contrario: in tutto il mondo si osserva piuttosto un vero e proprio boom di religioni». Tuttavia, questo fenomeno globale di rinnovamento religioso ruota intorno a gruppi che sono tradizionalmente indicati come “sette”. La crescita della cristianità nel mondo è dunque ampiamente dovuta ai nuovi movimenti religiosi. In America latina — fa notare lo studioso — le comunità pentecostali sono cresciute a «un ritmo mozzafiato» per diversi anni. L’Africa del Sud è testimone di un’espansione del cristianesimo carismatico. E anche in Asia orientale, compresa la Cina, le forme carismatiche del cristianesimo sono in crescita.
L’elenco dei fattori che sta alla base di questa crescita è lungo. Concorrono sicuramente anche gli «sconvolgimenti sociali ed economici del Sud del mondo» e l’offerta ai propri seguaci di «identità e significato» così come il «rafforzamento dell’autostima». Al riguardo una ricerca commissionata dall’episcopato tedesco ha preso in visione quattro Paesi: Costa Rica, Filippine, Ungheria e Sud Africa. Nel capitolo riservato alla Costa Rica — secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Sir — interessante è il coinvolgimento delle donne in siffatto fenomeno, perché sono soprattutto loro a essere maggiormente attratte da questo tipo di proposta religiosa e le ragioni vanno anche ricercate nelle condizioni di precarietà in cui spesso si trovano a vivere. Per monsignor Juan Fernando Usma Gómez, del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il fenomeno è «fonte di preoccupazione per i vescovi in diversi continenti», anche perché «la realtà pentecostale e carismatica è una realtà trasversale che è entrata praticamente in tutte le tradizioni cristiane. Si parla già da un decennio di una pentecostalizzazione del cristianesimo».
Tuttavia, per il cardinale Koch, «questo fenomeno mostra che è in atto un grande cambiamento nel paesaggio ecumenico e che si affacciano nel dialogo nuovi partner». Anche se non sempre appare facile intessere relazioni. «Noi possiamo avere un dialogo solo con coloro che esprimono il desiderio di avere un dialogo», ha affermato il porporato all’agenzia Sir, facendo così notare come «alcuni gruppi pentecostali si definiscono anti-ecumenici e anti-cattolici». Ciononostante, «occorre prendere in seria considerazione tale fenomeno. Credo che sia questa la sfida principale che pone una domanda: perché la gente che appartiene alle nostre Chiese, non solo cattolica ma anche protestanti, si allontana? È una grande domanda, una grande sfida per noi. Le ragioni degli abbandoni sono molto differenti tra loro». È però assolutamente necessario conoscerle e interrogarsi sulla «realtà del cristianesimo e della Chiesa cattolica in un determinato Paese». E poi, soprattutto, occorre «un nuovo slancio missionario. Ma per essere missionari dobbiamo prima essere noi stessi convinti della nostra fede. E questa deve essere semplice, vera, buona e bella». L'Osservatore Romano, 27 aprile 2013.

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 Para el cardenal Kurt Koch, presidente del Consejo Pontificio para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, en el sur del mundo, el “problema primario” de hoy de la Iglesia católica no es ya el diálogo con las Iglesias cristianas históricas, sino la relación con la galaxia de movimientos “evangélicos,  pentecostales y carismáticos”, que consideran las divisiones de los cristianos una rémora europea e incluso “colonial”, a menudo ignorándolas o considerando que los límites entre las diversas confesiones no son determinantes, y promoviendo por tanto conversiones y proselitismo.

El purpurado participó en un congreso organizado en Roma del 9 al 11 de abril por los obispos alemanes sobre este fenómeno, que se debe “tomar seriamente en consideración”, y plantea una pregunta; “¿qué hacemos? ¿Porque la gente que pertenece a nuestras Iglesias, no sólo la católica sino también las protestantes, se aleja?”

El congreso de Roma constituía la conclusión provisional de un vasto proyecto de investigación del “Grupo de trabajo científico para tareas relacionadas con la Iglesia universal” del episcopado alemán. El crecimiento de los nuevos movimientos representa un fenómeno difundido en todo el mundo, aunque Europa se ve aún poco afectada. La Iglesia católica sufre por el florecimiento de las comunidades pentecostales y evangélicas sobre todo en América Latina y en África occidental, y donde hay escasez de sacerdotes y religiosas (Explizit, 11 abril).

Se calcula que los miembros de las Iglesias pentecostales en el mundo son más de 400 millones. Desde el año 2000, explicó uno de los mayores expertos, el profesor Philip Jenkins, carismáticos y pentecostales en todo el mundo están aumentando al ritmo de casi 19 millones cada año. El Centro de Investigación “para el Estudio del Cristianismo Global”, de EE.UU., afirma que en 2000 los creyentes carismáticos/pentecostales eran ya casi 582 millones; para el 2025 se prevé que llegarán a 800 millones (Vatican Insider, 11 de abril).

El punto de partida para estudiar el fenómeno ha sido constatar que la globalización y la secularización no han llevado, como se preveía en los años 60 y 70, al final de la fe. El profesor alemán Karl Gabriel, que habló más bien de un “verdadero y auténtico boom de religiones”, presentó una investigación realizada en cuatro países modelo – Costa Rica, Filipinas, Hungría y
Sudáfrica – explicando que las formas carismáticas del cristianismo están creciendo por varios factores, como los “desajustes sociales y económicos del Sur del mundo”, frente a los cuales los nuevos movimientos ofrecen a sus propios seguidores “identidad y significado”, “refuerzan la autoestima” y permitiendo “sentirse en casa”. Muy fuerte es también el factor “milagros” y “curaciones”, sobre todo en contextos en los que prevalece la pobreza.

La Iglesia católica puso en marcha en 1972 el diálogo internacional católico-pentecostal, que para monseñor Juan Usma Gomez, experto del movimiento pentecostal para el dicasterio vaticano, ha permitido “superar prejuicios e ideas preconcebidas” pero también “afrontar temas difíciles como el proselitismo y la conversión”. La “demonización” del fenómeno, ha constatado, ha impedido a los católicos comprender la fuerza de estas realidades y ha hecho subestimar su poder de conseguir adeptos.

El congreso de Roma, en el que han participado cardenales, obispos y expertos de cuatro continentes y 20 países, fue inaugurado por el arzobispo de Bamberg (Alemania) Ludwig Schick, presidente de la Comisión de la Iglesia universal de la Conferencia episcopal alemana, para quien es necesario “entrar en diálogo ecuménico también con estos movimientos”, dialogo posible “sólo si se los conoce de verdad” (Dom Radio, 11 abril).

Estas realidades, indicó, cuestionan a los católicos en muchos sentidos, por ejemplo por el fuerte peso que dan a temas como el pecado y la culpa, la condena y el perdón, el paraíso y el infierno, la imagen de Dios y de Cristo, así como por la vivaz liturgia. Respecto a esta última, se nos plantea “hasta qué punto las iglesias locales pueden organizar sus celebraciones según sus necesidades específicas y al mismo tiempo permanecer unidas a la gran Iglesia católica”. Si en América Latina la mayor parte de los grupos se ha separado de la Iglesia católica, en Filipinas, por ejemplo, se ha quedado dentro, mientras que en África se mezcla a menudo con la creencia en los espíritus y en los ritos de curación.
 Aleteia