mercoledì 15 maggio 2013

Bose:Discorso del Patriarca Bartholomeos I



Bose, 14 maggio 2013 
 
Vostra Eminenza, Metropolita d’Italia e Malta,
Signor Gennadios,

Sua Eccellenza Gabriele Mana
vescovo di Biella

Reverendissimo Signor Enzo Bianchi,
Igumeno della Comunità Monastica di Bose
                                                    e tutti i suoi membri,



 Con grande gioia ci troviamo  ancora una volta nel Vostro Monastero, a motivo della nostra presenza nella Penisola Italiana per festeggiare insieme all’Eminentissimo Cardinale Arcivescovo di Milano, lo storico anniversario del compimento dei 1700 anni dalla promulgazione dell’editto della libertà religiosa nella vicina città di Milano  e vediamo i vostri amati volti, dell’Igumeno Signor Enzo Bianchi  e degli altri  membri della Comunità Monastica di Bose.
La nostra gioia aumenta per il fatto che  questa nostra visita coincide temporalmente coll’anniversario del compimento del settantesimo anno di età  del suo prediletto e amato Igumeno, padre Enzo. Gli auguriamo di gioire sempre, vedendo il proprio campo rigoglioso e ben guidato, che egli ha seminato con fatiche e sudori personali.
Dobbiamo anche confessare che ci commuoviamo per lo sforzo spirituale di molti anni di padre Enzo e della Vostra Fraternità, per l’amore, per l’interesse e il vostro rispetto per la Chiesa Ortodossa e per la spiritualità ortodossa, manifestatasi in vari modi con l’organizzazione della vita monastica sul modello della vita monastica orientale, la organizzazione di convegni di approfondimento della spiritualità ortodossa, con la partecipazione di rappresentanti della teologia e dell’intellighenzia  ortodossa, con la diffusione e lo studio della vita e dell’insegnamento di eccellenti volti contemporanei e “gherontes” dell’Ortodossia, come San Silvano, Sofronio di Essex, il gherontas Porfirio, il gherontas Paisio e naturalmente grazie  all’apprezzatolavoro di pubblicazione della vostra Comunità.

Principalmente tuttavia dobbiamo esaltare il grande profitto  per le attività di studio,  della lunga produzione spirituale orientale, che fino ad oggi era sconosciuta o non compresa in Occidente,  come  le opere dell’araldo della grazia e della luce, San Gregorio Palamas.  Con soddisfazione naturalmente siamo stati informati da tempo della loro traduzione in italiano da parte di Ortodossi  di lingua italiana, cosicché questo santo, equivocato dal mondo Occidentale, trovi anche in Occidente un posto,  degno della ricchezza e della profondità della spiritualità delle sue opere.
Con così tanta soddisfazione vediamo la ricerca  di una vita spirituale pura nella vostra amata Comunità la quale non si limita solo alla visione di un dono comune, ma si volge alla vita interiore, alla lotta per la purificazione dell’uomo dalle passioni  dal di dentro, al coltivare la preghiera, e al coltivare lo studio dei padri non come un arricchimento della conoscenza, ma come uno sforzo di assorbimento  e applicazione del loro spirito  e della loro saggezza.
Questo perché il mistero della conoscenza cristiana si trova nel divenire dell’uomo e soprattutto del monaco, uno spirito con Cristo: “Chi si unisce al Signore forma con lui un solo Spirito” dice l’Apostolo Paolo (1 Cor. 6, 17-18).
Solo in questo modo il monaco può conoscere il meraviglioso mistero del volto teandrico di Cristo e acquisire  nella vita consapevolezza della Verità eterna. Per questo  scopo della vera conoscenza, che è frutto dell’unione  della mente dell’uomo col Cristo desiderato, lo studio e la divulgazione degli scritti dei Santi Padri, i quali attraverso i loro combattimenti ascetici ed il loro vivere al di là della natura, dispensano la parola della verità, - rappresenta un elemento inseparabile dalla vita del monaco. Attraverso la spada  a doppio taglio della Parola di Dio, come  Lui stesso parla attraverso la bocca dei Santi Padri: “Cristo vero Redentore passa attraverso i segreti dell’anima e la fa uscire dalle tenebre d’Egitto e dal giogo pesantissimo e dalla schiavitù amara” (San Macario d’Egitto, Omelia XI, VEPES 41, 200).

E’ dunque degno di sincera lode , lo sforzo della Vostra Comunità per un approccio ed uno studio più profondo della comune tradizione monastica d’Oriente e d’Occidente nel periodo prima dello scisma, ma anche della valorizzazione della ricca esperienza spirituale del monachesimo ortodosso orientale, dopo lo scisma e soprattutto,  come questa si sia divenuta pura come il cristallo per oltre mille anni, nel luogo per eccellenza di ascetismo e preghiera del Signore  e della Madre di Dio, all’interno della giurisdizione del Patriarcato Ecumenico, il Monte Athos. Pertanto crediamo che trarrete  anche un grande profitto, visitando le sacre dimore del Giardino della Vergine, come tra l’altro scrive in modo caratteristico il nostro Santo Padre Saba di Chilandari, nel suo Typikon: “Anche io il più piccolo di tutti e peccatore, essendomi recato al Monte Santo, ho visto colà uomini santi e menti incarnate nelle virtù e uomini celestiali”.
San Cassiano il Romano, il Santo Papa Gregorio il Dialogo, con le sue meravigliose conversazioni, San Geronimo, con la sua ricchissima opera di traduzioni, San Nilo Calabro, San Benedetto, San Pacomio, Antonio il Grande, San Marco d’Egitto e una miriade di altri, rappresentano  la nostra comune eredità spirituale prima dello scisma, nella quale tutti possiamo  nutrirci e trarre grande profitto e vere risorse di vita eterna.
Questi santi ci danno anche la misura ed il criterio della verità, ma anche la pura cattolicità e la pura ecumenicità della Chiesa. Come dice in modo caratteristico  il grande santo attuale  e pensatore della Chiesa Serba, San Giustino di Celje, l’uomo fedele “ non è mai solo, ma è  sempre in comunione con tutti gli altri membri della chiesa e con tutte le realtà. Quando egli fa qualche pensiero, lo fa con timore e tremore divino, perche sa che di fatto lo condividono misteriosamente tutti i Santi. Gli ortodossi per questo sono ortodossi: cioè hanno incessantemente il senso della cattolicità teandrica,  sono riscaldati con essa, custoditi con la preghiera e la umiltà. Non proclamano mai se stessi, non si vantano mai  per l’uomo, non si accontentano della nuda umanità e non fanno mai di un idolo l’umanesimo.

In tutte le loro vie, confessano e proclamano il Dio-Uomo, non l’uomo.
E perché?  Perché sanno che l’uomo e la società umana senza il Verbo, come senza la loro unione e unità incorruttibile, corrono irrefrenabilmente verso la irrazionalità e la oscurità del non essere. (La Chiesa Ortodossa e l’Ecumenismo – Ed. Orthodoxos Kypseli, pag. 175).
Come dicono, amati fratelli, i nostri padri: “ Uno, che desidera  salvarsi, per il timore di Dio, dovrà fare l’iniziazione e quando sarà pronto, potrà lottare e percorrere la via stretta e angusta dei comandamenti del Signore, perché la nostra esistenza e la nostra vita è così breve,  quanto l’intervallo di un giorno” (Typikon del nostro Santo Padre Saba, primo arcivescovo di Serbia). La esistenza presente non ha nulla di fisso o di permanente. Solo la bellezza della virtù è immarcescibile.  Così anche voi siete degni di un grande elogio,  poiché avete abbandonato tutte le cose piacevoli  e dolci della vita presente, per dedicare la vostra esistenza a Cristo.
Come ben sapete, la vita monastica ha le sue radici nell’amore di Dio. L’uomo, arso “dal desiderio celeste, sacro e straordinario dello Spirito”,  e consumato  “dal fuoco, d’amore, divino e celestiale”, “considera tutte le cose di questo tempo, gloriose e onorabili, di scarso valore e odiose, per mezzo del fuoco d’amore di Cristo, che lo tiene stretto, lo consuma e lo brucia per il modo di essere erso Dio e per i beni celesti dell’amore” (San Macario d’Egitto, Omelia XI, op.cit.). E per mezzo dello Spirito Santo i monaci portano dentro se stessi la icona dell’uomo celeste, il Quale è Cristo. E “la icona celeste Cristo Gesù, illumina misticamente l’anima e regna nell’anima dei santi”. (San Macario d’Egitto, Omelia II, VEPES 41, 155).
Così vi esortiamo , Fratelli in Cristo, come saggi percorrete saggiamente il resto della vostra vita monastica , e come puri trascorrete la vostra vita in purezza. Mantenete  la vostra anima inespugnabile dall’assalto delle passioni,  accettate calorosamente Dio, amate colui che vi ama, e naturalmente tanto, poiché ha dato in riscatto per noi tutti il Suo Figlio unigenito. Date anche voi buona testimonianza al mondo cristiano, dimostrando  che la vita cristiana nel mondo Occidentale non ha smesso di esistere autenticamente e fate di voi stessi degli autentici adoratori di Cristo, lontani da ogni vanità mondana,  senza peccato ed irreprensibili a Dio, nella perfezione della convivenza secondo virtù. Mantenetevi liberi dai peccati, non tentati dalla cattiveria , ignari  del male.
Concludendo questa nostra esortazione, auguriamo di cuore a tutti, prendendo in prestito le parole di San Macario, portatore di spirito (Omelia 2, cit. 41, 155) che il Signore vi rivesta  “di vesti  del regno della luce indicibile, vesti di fede, di speranza, di amore, di gioia, di pace, di bontà e di rettitudine, vesti di luce di vita, divine, vive, di riposo ineffabile, affinché come Dio è amore  e gioia e pace e rettitudine e bontà,  così allo stesso modo  possa divenire per grazia anche l’uomo nuovo”, che vi redima dal regno delle tenebre  e vi doni il Suo regno e la Sua luce, a Lui sia la gloria e la potenza nei secoli. Amen.
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Cronaca della visita a Bose di sua Santità Bartholomeos I
Il patriarca Bartholomeos è arrivato a Milano (la sua visita è il momento centrale delle iniziative della Chiesa ambrosiana per celebrare i 1700 anni dell’Editto di Milano) a metà mattinata e nel primo pomeriggio insieme alla sua delegazione parte per Bose, dove è atteso per le 16.30 circa. 
Verso le 16.30 tutti i fratelli e le sorelle, con l’abito liturgico, sono in piedi sul sagrato della chiesa in attesa del patriarca, insieme al vescovo Gabriele Mana. Con lui anche il vescovo di Pinerolo Piergiorgio Debernardi, incaricato della conferenza episcopale piemontese per l’ecumenismo e il dialogo, e Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea. Gli ospiti presenti, circa 200, sono già seduti in chiesa.
Alle 16.45, appena avvistata la colonna delle auto della delegazione sulla strada provinciale che sale da Salussola, le campane iniziano a suonare a distesa per accogliere il patriarca in un clima di festa. Il patriarca Bartholomeos scende dalla macchina di fronte alla chiesa, e dopo aver salutato calorosamente Enzo e il nostro vescovo, si avvia verso l’entrata. Lo seguono gli altri membri della delegazione del patriarcato ecumenico: S. Em. Apòstolos Daniilidis metropolita anziano di Derchon; S. Em. Gennadios Zervos, metropolita d’Italia e Malta; l’archimandrita Evànghelos Yfantidis, vicario dell’Arcidiocesi ortodossa d’Italia; Andreas Sofianopoulos, diacono del patriarcato ecumenico, il sig. Simeon Franciloglou, assistente del Patriarca, l’archimandrita Teofylaktos Vitsos, parroco di S. Maria Podone, chiesa greco ortodossa di Milano. Insieme a loro sono alcuni rappresentanti della chiesa milanese (tra cui i vescovi Erminio De Scalzi e Carlo Ghidelli)
Mentre la comunità intona il Christos anesti in greco, il patriarca Bartholomeos, insieme al priore fr. Enzo, avanza nella navata della chiesa e prende posto a sinistra dell’abside, dalla parte del coro dei fratelli, dove è stata posta la cattedra della presidenza, in modo che di là il patriarca possa vedere tutta la comunità e l’assemblea insieme. 
Subito dopo, fr. Enzo, a nome della comunità, rivolge al patriarca un discorso di saluto e di accoglienza. All’inizio delle sue parole, proprio quando sta dicendo che la visita del patriarca è un rinnovato segno della misericordia del Signore e un dono immeritato che accogliamo con gratitudine e con gioia, la voce di fr. Enzo tradisce una visibile emozione. Il legame che unisce noi tutti al patriarca da così tanti anni è molto forte, e lo sono anche la stima e l’amicizia personali tra il patriarca e il priore. Enzo ricorda la visita del 1997 e le varie altre occasioni di incontro che si sono state in questi sedici anni e aggiunge, in riferimento alla comune anzianità: “Ci sia consentito dire che, in qualche maniera, siamo divenuti anziani insieme…e la ringrazio per le fin troppo buone parole che ha voluto indirizzarmi al compimento dei miei 70 anni. Sì, abbiamo in qualche modo camminato insieme, o meglio, il suo cammino spirituale  ci è stato di esempio…”.

Al termine del discorso di fr. Enzo, prende la parola il patriarca. Esprime la sua grande gioia di trovarsi ancora una volta in mezzo a noi, confessando di commuoversi “per lo sforzo spirituale di molti anni … per l’amore, per l’interesse e il rispetto per la Chiesa e la spiritualità ortodossa manifestatosi in vari modi…”. Fa riferimento al lavoro di studio, di pubblicazione e di diffusione dei testi della spiritualità ortodossa antica e moderna che la nostra Comunità svolge da tempo, non come un semplice “arricchimento della conoscenza, ma come uno sforzo di assorbimento e applicazione del loro spirito e della loro saggezza”. 
Al termine del discorso, il patriarca riprende posto accanto al coro dei fratelli e subito dopo iniziano i vespri. Sono i primi vespri della festa di san Pacomio, padre della vita monastica, che oggi in presenza del patriarca sono celebrati con particolare solennità, per sottolineare la comune eredità spirituale che il santo fondatore dellakoinonía ha lasciato a tutto il monachesimo, in oriente e in occidente, e anche l’importanza che il suo insegnamento ha avuto ed ha tuttora per la nostra vicenda comunitaria.
I membri della delegazione seguono i vespri con grande attenzione, facendo spesso domande e di tanto in tanto intonando i salmi e le preghiere insieme alla comunità, soprattutto quando riconoscono toni o melodie conosciute.
I vespri si concludono con la proclamazione del vangelo della festa di san Pacomio (Lc 23,32-40: “Non temere piccolo gregge…”) e con la solenne benedizione che il patriarca impartisce in greco a tutti i presenti:χάριςτοῦΚυρίουἡμῶν ἸησοῦΧριστοῦκαὶἀγάπητοῦΘεοῦκαὶΠατρὸς,καὶκοινωνίατοῦἁγίουΠνεύματοςμετὰπάντωνὑμῶν, “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito santo siano con tutti voi”.
Accompagnato da fr. Enzo e da altri fratelli, il patriarca, insieme ai membri della delegazione, esce dal portone della chiesa e si reca negli spazi dell’accoglienza dove si ferma ad ammirare il “muro degli pneumatofori”, dove è inciso da tempo anche il suo nome, in ricordo della sua precedente visita. Il patriarca legge anche i nomi degli altri “spirituali”, quasi tutti a lui ben noti (Emilianos Timiadis, André Louf, Michel Van Parys, George Khodr, Ignatios IV, l’Abbé Pierre, Rowan Williams, Michele Pellegrino, Carlo Maria Martini…), e per tutti ha parole di sincero apprezzamento.


Il patriarca poi prosegue la visita entrando nei cortili della comunità: ha fatto una breve sosta presso la vecchia cappellina, che ricorda bene dalle sue precedenti visite e dove intona ancora una volta il Christos anesti, e passa poi nel cortile principale ammirando gli affreschi dei muri esterni che rappresentano i santi monaci: Pacomio, Francesco, Chiara… Ha parole di particolare ammirazione soprattutto di fronte all’affresco del grande Basilio. Giunto all’altezza della cucina, il patriarca ricorda l’anziana Coco, che ha vissuto con noi fino alla sua morte e che egli aveva conosciuto nella sua precedente visita.
Insieme ad alcuni fratelli e ai membri della delegazione il patriarca si ferma per circa dieci munuti in Emmaus, per un breve rinfresco. Di lì sale al piano superiore per una sosta di riposo.
Verso le 18.30 esce di nuovo e, accompagnato da alcuni fratelli, fa un giro nell’orto della comunità, facendo domande e interessandosi delle varie colture presenti. 
A seguire la cena: durante il pasto il clima è estremamente fraterno e il patriarca mette a parte i fratelli presenti delle sue riflessioni e le sua speranze per il futuro dell’ecumenismo; si interessa anche delle visite dei fratelli al Monte Athos, che egli ha visitato per l’ultima volta due anni fa, in occasione del ventesimo anniversario della sua intronizzazione patriarcale, e che visiterà di nuovo il prossimo ottobre, in occasione del centenario della stipulazione degli accordi (ancora vigenti) tra la “repubblica monastica” del Monte Athos e lo stato greco, dopo la caduta dell’impero ottomano. Ci racconta delle sue visite degli ultimi due anni al monastero della Panaghia di Souméla, vicino a Trebisonda (Trabzon), sulle coste del Mar Nero, dove il patriarca ritornerà anche quest’anno, il 15 agosto, per celebrare la liturgia della festa della Madre di Dio: fr. Enzo riceve l’invito a partecipare a questa visita insieme al patriarca.
La cena si conclude e al suono delle campane del cortile, i fratelli e le sorelle si raccolgono davanti ai locali dell’accoglienza insieme agli ospiti presenti e danno l’ultimo saluto al patriarca, che si augura di visitare ancora il nostro monastero “per la sesta volta”. 
Davvero non abbiamo parole adeguate per esprimere il nostro ringraziamento al patriarca Bartholomeos, alla sua delegazione ma soprattutto al Signore per i suoi doni e la sua misericordia che sempre ci prevengono e ci riempiono di stupore. Grazie!