sabato 18 maggio 2013

Come mendicanti della fede



 L’incontro di Papa Francesco con i movimenti ecclesiali.

(Julián Carrón - Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione) Oggi 18 maggio il Papa convoca tutti i movimenti e le nuove comunità per un grande gesto di preghiera, per invocare dallo Spirito di Cristo il dono della Sua presenza che colma il nostro bisogno sconfinato. Noi siamo un movimento e vogliamo essere parte di questa Chiesa radunata da Papa Francesco. Cosa significa questa chiamata per ciascuno di noi? È un’occasione bellissima e preziosa per dire di nuovo che il Papa è importante per noi, perché è il punto storico che Cristo ci ha dato, sul quale il male e la confusione non prevarranno. Per questo andiamo da lui come mendicanti, per essere sostenuti e confermati nella fede. Perché il pellegrinaggio non sia un gesto formale, o semplicemente “pio” e “devoto”, dobbiamo comprenderne l’implicazione esistenziale. Vedendo che la confusione domina ovunque intorno a noi, domandiamoci: perché in noi non vince la confusione? La ragione non è legata al fatto di essere più bravi o più intelligenti o più coerenti degli altri; non è per questo che noi non siamo confusi, ma perché ci troviamo in continuazione davanti a un Fatto irriducibile che ci libera costantemente dal disorientamento generale.
Noi andiamo dal Papa nell’Anno della fede, e proprio questa circostanza ci dice qual è il discriminante della fede cattolica: l’esistenza di un punto storico, oggettivo, non prodotto dalla nostra immaginazione, un punto reale che ci salva dal festival delle interpretazioni, e quindi dalla confusione. Come ripeteva don Giussani, senza questo punto storico non c’è una esperienza cattolica: «Il cristianesimo è l’annuncio di un Fatto, un Fatto buono per l’uomo, un Evangelo: Cristo nato, morto, risorto. Non è una definizione astratta, un pensiero interpretabile. La Parola di Dio — il Verbo — è un fatto accaduto nel seno di una donna, è diventato bambino, è diventato un uomo che ha parlato sulle piazze, ha mangiato e bevuto a mensa con gli altri, è stato condannato a morte ed ucciso. Il volto di quell’uomo è oggi l’insieme dei credenti, che ne sono il segno nel mondo, o — come dice san Paolo — ne sono il Corpo, Corpo misterioso, chiamato anche “popolo di Dio”, guidato come garanzia da una persona viva, il Vescovo di Roma» (Luigi Giussani, Il senso di Dio e l’uomo moderno).
Andare a Roma è per ciascuno di noi l’occasione per riscoprire la portata di questo Fatto irriducibile e il nostro legame con Papa Francesco. Possiamo vivere questo gesto formalisticamente, e allora incomincia a vincere in noi l’aridità, il deserto; oppure possiamo viverlo implicati nella realtà a partire da questa presenza irriducibile, e allora comincia a vincere l’interesse, la curiosità, la sorpresa; solo questo fa la differenza. Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ci ha invitato a riconoscere la ragione profonda per la quale siamo stati scelti col battesimo e per la quale abbiamo incontrato un carisma, invitando ad «aprire le porte del nostro cuore, della nostra vita, delle nostre parrocchie, (…) dei movimenti, delle associazioni, ed “uscire” incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della nostra fede, (…) sapendo che noi mettiamo le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, ma poi è Dio che li guida e rende feconda ogni nostra azione» (Udienza generale, 27 marzo). È così sterminato il bisogno del cuore dell’uomo di oggi che solo una risposta altrettanto sconfinata può essere all’altezza della situazione: «La verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Questo annuncio resta valido oggi come lo fu all’inizio del cristianesimo» (Udienza ai cardinali, 15 marzo 2013).
Il Papa ci spinge costantemente a vivere la fede come testimonianza: «Non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita». Ma ci avverte che questo è possibile solo «se riconosciamo Gesù Cristo, perché è Lui che ci ha chiamati, ci ha invitati a percorrere la sua strada, ci ha scelti. Annunciare e testimoniare è possibile solo se siamo vicini a Lui, proprio come Pietro, Giovanni e gli altri discepoli» (Omelia nella basilica di San Paolo fuori le Mura, 14 aprile 2013). Mi stupisce come non ci sia giorno in cui Papa Francesco non ci solleciti a vivere come Gesù: «Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui; è lasciare che Lui prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle tenebre del male e del peccato» (Udienza generale, 10 aprile 2013). Andare a Roma è per mendicare lo Spirito di Cristo, così che possiamo ammettere con semplicità di cuore: «Tutto per me Tu fosti e sei» (Ada Negri); non solo: «Fosti», come una reliquia del passato, ma: «Sei», qui ed ora, come una Presenza che ci trascina in un vortice di vita. L'Osservatore Romano

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Veglia di Pentecoste: i movimenti ecclesiali incontrano il Papa

Attesi in almeno 120 mila oggi in Piazza San Pietro per la giornata dei movimenti ecclesiali promossa nell’ambito dell’Anno della Fede. I fedeli parteciperanno questa sera alla Veglia di Pentecoste presieduta da Papa Francesco a partire dalle 18.00. Il servizio di Sergio Centofanti:

Piazza San Pietro si sta già affollando di tanti aderenti a movimenti e associazioni ecclesiali che alla vigilia di Pentecoste incontrano il Papa. Dalle 7.00 di questa mattina è iniziato il Pellegrinaggio alla Tomba di Pietro. Nel pomeriggio ci saranno le testimonianze in attesa di incontrare il Pontefice che giungerà in piazza alle 17.30. In questi giorni il Papa, in particolare nelle sue omelie a Santa Marta, ci ha preparato al grande evento della Pentecoste. Lo Spirito Santo – ha detto – è il grande sconosciuto della nostra fede. E sempre, anche nella Chiesa – ha osservato – c’è resistenza allo Spirito Santo:

“Per dirlo chiaramente: lo Spirito Santo ci dà fastidio. Perché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. E noi siamo come Pietro nella Trasfigurazione: ‘Ah, che bello stare così, tutti insieme!’ … ma che non ci dia fastidio. Vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca … vogliamo addomesticare lo Spirito Santo. E quello non va. Perché Lui è Dio e Lui è quel vento che va e viene e tu non sai da dove. E’ la forza di Dio, è quello che ci dà la consolazione e la forza per andare avanti. Ma: andare avanti! E questo da fastidio. La comodità è più bella”.

Lo Spirito Santo - afferma il Papa - crea comunità aperte e creative, in dialogo perché sicure della propria fede, perché lo Spirito è nostro compagno di strada e non ci abbandona:

“Chiediamo la grazia di abituarci alla presenza di questo compagno di strada, lo Spirito Santo, di questo testimone di Gesù che ci dice dove è Gesù, come trovare Gesù, cosa ci dice Gesù. Avere una certa familiarità: è un amico. Gesù l’ha detto: ‘No, non ti lascio solo, ti lascio Questo’. Gesù ce lo lascia come amico. Abbiamo l’abitudine di domandarci, prima che finisca la giornata: ‘Cosa ha fatto oggi lo Spirito Santo in me? Quale testimonianza mi ha dato? Come mi ha parlato? Cosa mi ha suggerito?’. Perché è una presenza divina che ci aiuta ad andare avanti nella nostra vita di cristiani. Chiediamo questa grazia ... e questo farà che ... in ogni momento abbiamo presente la fecondità della Pasqua”.
Tra i partecipanti a questa giornata anche l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Adriana Masotti ha chiesto al presidente, Giovanni Ramonda, quale clima si vive in questi giorni nella sua Comunità:

R. - Sì, è un clima di festa e di gioia, perché incontrare il Santo Padre in questa Veglia di Pentecoste - com’era stato con Giovanni Paolo II, con Benedetto XVI - per noi è un rinsaldare la nostra fede nel Signore Gesù, nella comunione con la Chiesa, nel camminare insieme con tutti gli altri movimenti e le associazioni, per dire il nostro “sì” pieno per una nuova evangelizzazione e soprattutto per portare il nostro contributo per la condivisione con i piccoli, con i poveri: così come proprio Papa Francesco raccomanda di uscire ed andare incontro alla povera gente, laddove si trova, laddove vive e che purtroppo non raggiunge più la Chiesa nei nostri posti, nelle nostre contrade. Quindi vogliamo essere lì per dire un grazie al Signore e un grazie anche a questo Papa che ci vuole così bene a tutti quanti.

D. - Qual è il frutto di tanti anni di impegno? Qual è la caratteristica che voi portate e offrirete al Papa e a quanti saranno lì, in quella piazza?

R. - Noi vogliamo portare l’apertura delle nostre famiglie, delle nostre case-famiglia, che già cercano di accogliere i bambini gravemente disabili, i bambini con delle disabilità mentali, che non hanno più nessuno: come ho visto in questi giorni in Nepal o qualche mese fa in Iraq, dove ci chiedono di aprire delle case-famiglia. Vogliamo essere al servizio della Chiesa universale, di cui il Papa è il pastore e dire “sì” all’amore di Dio che si riversa sui piccoli e sui poveri.

D. - Vi occupate di bambini senza famiglia, ma anche di ragazze costrette alla prostituzione…

R. - Sì, tant’è che sabato e domenica saremo in piazza - penso alcune migliaia di noi, della comunità - con le nostre mamme e papà di vocazione; con i tanti figli anche con disabilità, in carrozzina che faranno festa; con le ragazze schiavizzate, che sono state liberate dall’incontro con loro sulla strada; con tanti uomini e giovani che erano in carcere e che stanno scontando la pena alternativa da noi; anche con i giovani che fanno il cammino di recupero dalla droga nelle nostre comunità terapeutiche. Saremo tutti lì a fare festa, aperti all’azione dello Spirito Santo, che soffia di nuovo in modo forte sulla Chiesa.

D. - Che cosa c’entra tutto questo vostro lavoro di solidarietà, di aiuto, di sostegno ai più poveri con l’evangelizzazione?

R. - L’evangelizzazione per noi è portare soprattutto i giovani a fare un incontro simpatico con Cristo, come ci ricordava sovente il nostro indimenticabile fondatore, don Oreste Benzi, e cioè non lasciare più nessuno soffrire da solo. Ma sono oggi i giovani che hanno questa sete di Dio, questa sete di giustizia, questa sete di verità. Noi sentiamo che dobbiamo incontrare loro affichè in questo incontro tra i giovani e i poveri, anche chi è lontano dalla fede si apra al mistero di Dio e al mistero del credere. Papa Francesco è un esempio luminoso, è un faro in questo tempo di crisi, che ci orienta decisamente alla bellezza del vivere il Vangelo.

Anche il Sermig, Servizio Missionario Giovani, gruppo nato a Torino e ora diffuso in diversi Paesi del mondo con opere sociali e centri di dialogo, sarà presente in Piazza San Pietro. Adriana Masotti ha chiesto al fondatore Ernesto Olivero, con quali sentimenti il Sermig si sta preparando all’incontro:

R. - Di gioia, perché questo Papa è proprio un regalo dello Spirito Santo, quindi sin dal primo momento siamo entrati in sintonia con lo Spirito Santo che ci ha fatto questo regalo: questo Papa venuto apparentemente da lontano, però lo Spirito Santo è sempre vicino e quindi evidentemente sapeva che un Papa del genere era proprio il Papa giusto per questo momento, come è già capitato tante volte nella storia. Quindi ci stiamo preparando con gioia, con la preghiera e con un po’ di trepidazione, perché l’incontro con il Santo Padre sarà veramente qualcosa di molto particolare.

D. - Ogni associazione e movimento ha una sua storia, ha una sua attività specifica: voi che cosa portate al Papa?

R. - Noi portiamo la nostra storia, che è partita dal Terzo Mondo lontano per arrivare al Terzo Mondo vicino. Abbiamo iniziato la nostra storia per lavorare contro la fame nel mondo per essere al servizio dell’umanità e della Chiesa. Quindi, inizialmente avevano soltanto questa caratteristica missionaria. Poi, attraverso tutta una serie di appuntamenti con la storia, abbiamo "incrociato" Paolo VI e Giorgio La Pira che ci hanno fatto innamorare di Isaia, “tramutare le armi in strumenti di lavoro”. E quando abbiamo scoperto che a Torino c’era un arsenale militare, abbiamo pregato parecchio tempo perché quella sede diventasse la nostra casa. Dopo anni di lotta, di preghiera, c’è stata data e quindi abbiamo trasformato un arsenale militare in un arsenale di pace, in un monastero di preghiera. Poi abbiamo scoperto le difficoltà dei giovani di oggi, abbiamo scoperto la realtà degli immigrati, abbiamo scoperto le persone che vogliono uscire da giri immondi, per cui la nostra esperienza è diventata anche una risposta a tante esigenze della nostra città, Torino. In Brasile, ad esempio, accogliamo ogni notte più di mille persone che non sanno dove andare a dormire; in Giordania abbiamo inventato l’“Arsenale dell’incontro”, un lavoro con i musulmani e cristiani, come segno di speranza attraverso il sostegno di bambini disabili musulmani e cristiani.

D. – E’ proprio nell’ambito dell’Anno della fede che si colloca questo incontro, ma è anche un riconoscimento dell’efficacia dei movimenti per la nuova evangelizzazione, secondo lei?

R. - Io ho sempre pensato una cosa: quando i cristiani si incontrano insieme i movimenti spariscono. Siamo tutti cristiani singoli davanti a Dio e davanti al Papa. Questo dovrebbe essere proprio una caratteristica di tutti quanti, per vivere insieme un momento col Santo Padre da cristiani che aspettano qualche indicazioni per migliorare ognuno la propria vita spirituale e migliorando ognuno la propria vita spirituale si aumenta anche la vita spirituale del movimento, della fraternità, della parrocchia, della diocesi a cui si appartiene.

D. - Tutti Chiesa, però anche nella varietà: il Papa lo ha sottolineato già in diverse occasioni…

R. - La varietà è una grande ricchezza!

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