lunedì 13 maggio 2013

Da Benedetto a Francesco













Sono passati due mesi dall’elezione di Papa Francesco, due mesi fecondi e per molti aspetti straordinari, per la vita della Chiesa e non solo. Proprio in occasione di questa ricorrenza, esce oggi nelle librerie il volume “Da Benedetto a Francesco”, scritto dal direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, e pubblicato dalla Lindau. Il libro è una lettura in prima persona della successione tra i due Pontefici. 

R. - Ho scritto questo libro perché avevo bisogno di capire, capire quello che stava accadendo perché ho vissuto questi eventi in presa diretta come direttore di Civiltà Cattolica. Ho seguito per la mia rivista tutta la vicenda: dalla rinuncia di Benedetto XVI al Conclave, fino all’elezione di Papa Francesco. Così alla fine ho preso nota di tutto, però volevo anche raccontare in “soggettiva” quello che stava accadendo, cioè cercando di scrivere come stavo vivendo quegli eventi in maniera molto personale. Dunque, certamente è un diario, una scrittura “calda” di quegli eventi.

D. - Il periodo dalla rinuncia di Benedetto XVI alla elezione di Francesco è - come sottolinea nel libro - "incredibile". È possibile trovare una chiave di lettura per decifrare, per abbracciare il significato di questa straordinaria successione?

R. - Credo di sì. Credo che sia contenuto nelle parole con le quali Benedetto XVI annunciava la sua rinuncia. La chiave di lettura credo siano i "rapidi mutamenti del mondo contemporaneo" e quelle che Benedetto XVI chiamava “le sfide di maggior peso per la fede” che richiedono vigore. Il periodo dall’11 febbraio al 13 marzo - di cui scrivo nel mio libro - parla di una Chiesa viva che si riconosce “semper reformanda”, cioè sempre da riformare. Papa Francesco ha raccolto il testimone di Papa Benedetto con vigore, come stiamo vedendo, e proprio nella prospettiva della riforma.

D. - Il libro è pervaso di "ottimismo realista", una formula che viene evocata più volte. È questa la cifra del passaggio di testimone tra Benedetto e Francesco, una successione per altro che avviene proprio nell’Anno della Fede?

R. - Sì assolutamente e qui si riconosce una delle cifre della “gesuiticità” di Papa Francesco, che cerco di mettere appunto in luce nella seconda parte del libro. La spiritualità dei gesuiti è di un "realismo ottimista", perché si fonda sul cercare e trovare Dio in tutte le cose, in tutte le situazioni - come diceva Sant’Ignazio - e come Papa Francesco ha detto più volte: “Dio vive già nel mondo e ci spinge ad uscire incontro a Lui per scoprirlo”; addirittura in un’intervista disse che dobbiamo "accompagnare Dio" nella sua crescita nel mondo. Quindi, nonostante tutto il dolore e i problemi del mondo, per Papa Bergoglio il nostro mondo, la nostra realtà è il luogo in cui Dio è all’opera, quindi non si può essere pessimisti!

D. - Lei scrive che il Dio di Bergoglio è il Deus semper maior di Sant’Ignazio di Loyola, dunque il “Dio delle sorprese”. Certo le sorprese non sono mancate in questi primi due mesi di Papa Francesco. Una sua riflessione a riguardo…

R. - Dio ci sorprende sempre, ha detto Papa Francesco. Una volta, in una sua meditazione sul Profeta Giona disse che Dio irrompe nella vita come un torrente. Quindi, Dio supera sempre, è sempre maggiore di noi, del nostro modo di pensare, del nostro modo di immaginarlo. Per quanto riguarda poi le sorprese di questi due mesi, credo che derivino dalla capacità comunicativa del Papa: il Papa ama i gesti che significano vicinanza a distanza personale, inclusi anche gli abbracci che indicano tanta empatia, tanta condivisione. Si percepisce anche che il suo sguardo non è rivolto alla massa, ma ai singoli che fissa con gli occhi, con attenzione e proprio questa è una forma per lui naturale, congeniale di annunciare il Vangelo cioè di far percepire che - come disse una volta durante un’omelia - Dio ci ama tanto, è tutto amore. Del resto, questa è la vera sorpresa che il Papa continua ad annunciare.

Radio Vaticana

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(Antonio Spadaro - Lindau) 13 marzo 2013. Dopo pranzo non posso rimanere in casa ad attendere la fumata, bianca o nera che sia. Sono ansioso, forse nervoso. In ogni caso «sento» di non poter continuare a scrivere avendo sempre aperta una finestra del mio Mac (...)

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L eredità di Benedetto

Benedetto XVI ha prodotto tanti testi di straordinaria ricchezza teologica: per il suo carattere sistematico, il suo Magistero può essere paragonato solo a quello di Leone XIII (1810-1903). Ma i grandi testi del Magistero di Papa Ratzinger sono stati letti? In occasione dell’uscita del mio libro«L’eredità di Benedetto XVI. Quello che Papa Ratzinger lascia al suo successore Francesco» (Sugarco, Milano 2013), che traccia un primo bilancio del lascito del Pontefice tedesco, ho diretto per il CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) di Torino una ricerca condotta su un campione di oltre cinquecento «cattolici militanti» intervistati con sistema CAWI (Computer Assisted Web Interview) e con diffusione «a cascata» tramite i social network. Per «cattolici militanti» intendo coloro che aderiscono a gruppi o movimenti cattolici o fanno parte di comunità online particolarmente interessate alla vita della Chiesa. Il campione riguarda dunque solo cattolici che sono impegnati nella vita della Chiesa al di là della semplice partecipazione alla Messa domenicale.

Tra questi «cattolici militanti» il documento più letto di Benedetto XVI risulta essere la prima enciclica, «Deus caritas est» del 2005, che si è certo giovato anche del fatto di essere appunto il primo documento di quello che allora era un Papa nuovo: dichiara di averla letta il 71,4% del campione. Segue l’enciclica sociale del 2009 «Caritas in veritate» (64,8%). Al terzo posto l’enciclica sulla speranza e la storia del 2007 «Spe salvi» (61,8%). Una buona metà del campione (50,6%) ha letto almeno in parte anche i volumi della trilogia «Gesù di Nazaret». Risultati negativi – talora molto inferiori alla metà del campione – per gli altri principali documenti: il motu proprio sulla liturgia che liberalizza la Messa tradizionale in latino «Summorum Pontificum» (44,6%), la lettera per l’Anno della Fede «Porta fidei» (43,9%), i discorsi di Natale alla Curia Romana (35,2%) – cui Benedetto XVI dava grande importanza –, i messaggi per le Giornate Mondiali della Pace (33,7%), i discorsi alle udienze del mercoledì (30,4%) e in occasione dei viaggi (25,6%). Poco letto anche il più lungo documento di Papa Ratzinger, l’esortazione apostolica sulla Parola di Dio «Verbum Domini» (27,8%), un documento esaustivo su questioni di grande importanza per la teologia e la vita della Chiesa che poco meno della metà (46,7%) dei «cattolici militanti» dichiara di non conoscere neppure per sentito dire.

Quali conclusioni trarre da questa indagine? A costo di ripetermi, insisto anzitutto sul fatto che gli intervistati sono «cattolici militanti», che seguono le cose della Chiesa con particolare intensità. Ci sono indagini precedenti secondo cui tra i cattolici il cui contatto con la Chiesa si limita alla Messa domenicale le percentuali sono molto più basse: e non sono altissime neanche tra i sacerdoti. Tra i nostri «cattolici militanti» solo le tre encicliche hanno raccolto molti lettori, anche se quasi quattro cattolici impegnati su dieci non hanno letto un testo cruciale per comprendere tutto il Magistero di Papa Ratzinger come la «Spe salvi». Benedetto XVI era consapevole del fatto che l’importanza di questo documento – che non parla soltanto della speranza, ma propone una teologia della storia dell’Occidente, una «griglia» intorno alla quale tutti gli altri insegnamenti del pontificato possono essere disposti – fosse sfuggita a molti, e infatti lo citava spesso e ritornava sugli stessi temi.

I libri su Gesù hanno registrato un discreto successo: non si tratta – Papa Ratzinger teneva a precisarlo – di Magistero, ma di un modo nuovo di comunicare, che ha incontrato il favore di molti lettori. Resta il fatto che anche in questa élite di cattolici militanti meno di metà ha seguito il Magistero di Benedetto XVI con qualche regolarità, e alcuni documenti di grande rilievo sono stati letti da gruppi minoritari anche tra i cattolici più solerti. Una scelta che, in particolare, non è stata colta è quella di dedicare ogni viaggio a un tema, con discorsi non occasionali ma che letti insieme costituivano un corpus destinato alla lettura della Chiesa universale e non solo di chi aveva incontrato il Papa in quel particolare viaggio apostolico. In realtà, i viaggi internazionali sono stati i momenti di comunicazione di Benedetto XVI meno seguiti in assoluto da chi avrebbe dovuto seguirli da casa, dall’Italia, e anche tra i «cattolici militanti» i tre quarti dichiarano di non avere avuto un contatto diretto con i relativi testi.

C’è però un dato interessante che emerge dall’indagine, ed è, a fronte di numeri bassissimi d’intervistati che dichiarano di avere ricevuto informazioni utili sul Magistero dai grandi quotidiani e dalle televisioni nazionali, il ruolo svolto da tre media particolari – il quotidiano online «La Bussola Quotidiana», diventato poi la nostra «La Nuova Bussola Quotidiana», il mensile «Il Timone» e l’emittente Radio Maria –, che hanno offerto non la ristampa dei testi di Benedetto XVI (disponibile su «L’Osservatore Romano» e quasi sempre anche su «Avvenire») ma articoli e trasmissioni che li hanno esposti in modo schematico e riassuntivo, corredandoli di spiegazioni e commenti. 

Ebbene, quasi un terzo del campione ha dichiarato di avere seguito i discorsi nei viaggi e quelli alle udienze del mercoledì, che pure non ha mai letto direttamente, tramite il nostro quotidiano, «Il Timone» o Radio Maria. Questi media «specializzati in Magistero» sono un fenomeno tipicamente italiano, in crescita e molto rilevante, che in parte compensa la mancanza di contatto diretto con i testi pontifici. La loro diffusione costituisce un vero avvenimento culturale, e un modello cui si guarda con attenzione anche all’estero.

Il dato ci conforta, ma ci fa anche riflettere. C’è ancora molto da fare per far conoscere il Magistero pontificio anche ai cattolici più assidui e ben disposti. Vale per Benedetto XVI ma anche per Papa Francesco. La scelta del nuovo Pontefice di scegliere quello che è stato chiamato un «sermo humilis», un modo di comunicazione più semplice e facile da comprendere rispetto a Benedetto XVI, sembra essere stato accolto con favore da molti fedeli, ma non garantisce automaticamente che gli interventi e i documenti del Papa saranno letti e conosciuti. Occorre uno sforzo di mediazione, in cui sia i sacerdoti sia i laici devono fare la loro parte. I dati ci dicono che «La Nuova Bussola Quotidiana», «Il Timone», Radio Maria in questo senso «funzionano». Ma quanti altri possono dire altrettanto?
Introvigne