lunedì 6 maggio 2013

Il senso di Lidia per la fede



Un omaggio al «ruolo eminente» delle «numerose donne che, con discrezione ed efficienza, hanno segnato» la storia di servizio della Guardia Svizzera Pontificia è stato tributato dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, durante la messa per la festa del Corpo, celebrata nella basilica di San Pietro, lunedì mattina, 6 maggio. In occasione dell’anniversario del sacrificio eroico dei 147 militi caduti per difendere Papa Clemente VII durante il sacco di Roma, il porporato all’omelia ha offerto un’originale rilettura del testo degli Atti degli apostoli (16, 11-15) proclamato durante la liturgia della Parola, rievocando la vicenda umana di Lidia: la donna imprenditrice — era commerciante di porpora — che a Filippi, in Macedonia, si convertì al cristianesimo ascoltando la predicazione di san Paolo.
Il cardinale celebrante ha subito sottolineato che si tratta del «primo ingresso» dell’apostolo «nel territorio del continente europeo», durante il quale egli «incontra un gruppo di donne, che si ritrovavano fuori città, ogni sabato, giorno di riposo e preghiera dei giudei, per sentire parlare della fede d’Israele e per pregare l’unico Dio, vivo e vero, che stavano scoprendo». E, ha aggiunto, «tra queste donne, di stirpe pagana ma credenti in Dio, c’è Lidia; che si distingue sotto il profilo professionale e sociale, ma soprattutto dotata di un cuore aperto e generoso», tanto che «appena sente il discorso di Paolo, chiede di essere battezzata insieme con tutta la sua famiglia». Così la sua casa a Filippi, diviene «la prima chiesa domestica del continente europeo. Presso di lei — ha commentato il segretario di Stato — si sono radunati ogni domenica i primi cristiani d’Europa».
E proprio prendendo spunto dalla testimonianza di «questa donna, che ha avuto un ruolo determinante per l’evangelizzazione dell’Europa», il cardinale Bertone ha voluto ricordare le tante donne che hanno avuto un ruolo nascosto ma non secondario nella storia della Guardia Svizzera. A cominciare proprio da quel 6 maggio 1527, quando la consorte del comandante Kaspar Röist, Elisabetta Klingler, «dovette purtroppo vedere come il marito, ferito e portato a casa dai suoi soldati, venisse infine crudelmente trucidato sotto i suoi occhi. I nemici infatti erano riusciti a penetrare anche nel quartiere svizzero e nelle case delle guardie. Ella — ha ricordato Bertone — sopravvisse, ma fu gravemente ferita nel cercare di difendere il marito dalla violenza degli uomini».
Successivamente «anche in tempi di pace — ha continuato — tante sono state le donne, mogli e figlie», di ufficiali e poi anche di sotto-ufficiali, «che, attraverso i secoli, hanno reso possibile a costo di tanti sacrifici l’impegno fedele» dei loro familiari. E «tante sono le donne che incoraggiano il loro fidanzato o il loro marito a rispondere all’appello del Papa, prendendo su di sé anche tutte le conseguenze che questo può comportare per la vita della coppia o della famiglia. Tante sono le mamme e le nonne che hanno saputo e sanno trasmettere la fede e la venerazione per il successore di Pietro ai loro figli e nipoti, suscitando e custodendo in loro l’interesse per questa particolare vocazione».
Un omaggio che il porporato ha esteso anche alle tante religiose «che con la loro femminilità consacrata sono state e sono ancora oggi», come le suore Albertine, «una bella testimonianza della tenera vicinanza del Signore nella vita di ogni Guardia»; e alle tante donne «che nel ruolo di insegnanti di italiano, o come personale ausiliario, hanno contribuito alla crescita umana e cristiana» delle giovani reclute. Insomma, «nella storia della Guardia Svizzera Pontificia, come nella storia dell’evangelizzazione del continente europeo, c’è anche il ruolo indispensabile di tante “Lidia” che, con una discrezione pari alla loro efficienza, hanno segnato il servizio reso dalle Guardie, dagli inizi e fino a oggi».
Da qui l’esortazione, in questo Anno della fede, a «celebrare e approfondire il grande dono che è la fede», prendendo coscienza e rendendo grazie «per il ruolo delle donne nella trasmissione e nella custodia della vera fede, quella testimoniata con la vita».
Infine il segretario di Stato si è rivolto ai 35 nuovi arruolati, che nel pomeriggio di oggi prestano giuramento. Ha assicurato loro «la consolazione dello Spirito Santo», da cui attingere «la certezza di essere nella verità essendo “con Pietro” e dunque con Gesù» e l’incoraggiamento di Papa Francesco, che — ha concluso — «fin dal primo giorno del suo pontificato non cessa di indicarci la via della fiducia, della misericordia e dell’impegno a rendere ragione della nostra fede nella quotidianità della vita».
Alla presenza di oltre duemila fedeli giunti dalla Svizzera, con il porporato hanno concelebrato una trentina di ecclesiastici, tra i quali, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, l’arcivescovo Francesco Canalini, già nunzio apostolico nel Paese elvetico, i vescovi di Sankt-Gallen, monsignor Markus Büchel, di Basel, monsignor Felix Gmür, e di Vannes, monsignor Raymond Centène; i monsignori Alain de Raemy, cappellano del Corpo; José Avelino Bettencourt, capo del Protocollo della Segreteria di Stato. Letture, preghiere e canti sono stati eseguiti nelle quattro lingue della Confederazione. Hanno animato la celebrazione — diretta da monsignor Karcher, cerimoniere pontificio — i cantori del coro polifonico di Zugo, il Cantone che quest’anno patrocina la festa della Guardia. L'Osservatore Romano, 7 maggio 2013.

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 Assemblea plenaria dell’Unione internazionale delle superiore generali. 
La via femminile alla guida delle comunità
«Stiamo vivendo in un tempo di caos, di notte, di oscurità. Come possiamo andare avanti con speranza quando siamo tentati di cedere allo scoraggiamento? Il caos è potenzialmente un bene, ma noi siamo disponibili ad accoglierlo?». È quanto affermato da suor Mary Lou Wirtz, presidente dell’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg), riunite a Roma in occasione della XIX assemblea plenaria per discutere insieme del “servizio dell’autorità secondo il Vangelo”.All’evento, che si concluderà martedì 7, hanno preso parte oltre 800 superiore generali provenienti da 75 Paesi diversi, in rappresentanza di circa settecentomila religiose di tutto il mondo.
Per suor Wirtz, le religiose sono invitate «ad uscire dalla conformità perché il potere è essere a servizio degli altri. Papa Francesco parlando delle donne ha detto che esse sono state le prime testimoni della risurrezione. Insieme — ha aggiunto — cerchiamo risposte per guardare al futuro credendo nel lavoro lento di Dio, mentre spesso vorremmo vedere e fare presto e subito».
Diverse nel carisma e nella cultura, le suore dell’Uisg sono accomunate da un’identità che affonda le radici nella sequela di Cristo attraverso la vita religiosa. Ed è proprio l’organizzazione della vita comunitaria al centro dei lavori, con un’attenzione particolare all’esercizio dell’autorità.
«Abbiamo scelto questo tema — ha dichiarato all’agenzia Sir suor Arregui, segretaria esecutiva dell’Uisg — perché coinvolge direttamente i membri dell’Uisg: sono tutte superiore generali delle rispettive Congregazioni religiose apostoliche femminili. E poi perché si tratta di un tema chiave del rinnovamento post-conciliare che l’Uisg cerca di promuovere. La vita religiosa, così come accade più in generale per tutta la Chiesa, ha la tendenza ad adattarsi alla realtà sociale entro cui è inserita, e spesso nel mondo vediamo la brama del potere in chi esercita l’autorità e assistiamo a lotte per il controllo della leadership».
Suor Arregui si è detta convinta che il ruolo delle religiose deve cambiare. «Nel momento in cui le donne prendono consapevolezza della loro “pari” dignità e dispongono di una preparazione uguale — a volte superiore — a quella maschile, è chiaro che devono essere chiamate a ruoli di maggiore responsabilità».
Secondo suor Mary Pat Garvin, educatrice e consulente per le congregazioni religiose nell’ambito della formazione, «la missione di leadership consiste, ed è sempre consistita, nell’assumere la mente e il cuore di Gesù, guidando le nostre congregazioni così come Gesù ha guidato i suoi discepoli, come un compagno di grazia. Essere “compagni di grazia” — ha proseguito — relazionarci con i nostri membri così come Gesù si relazionava con i discepoli per realizzare il sogno di Dio, il regno di Dio: questo — ha precisato suor Garvin — è stato il costante impegno delle nostre congregazioni. In tutti i tempi e le situazioni, noi e tutte le “compagne di grazia” che ci hanno precedute, abbiamo lavorato intensamente per continuare la missione di Gesù. Per oltre quattordici secoli, guidate dall’attenzione orante ai bisogni dei tempi, dai carismi dei nostri istituti e dalle priorità pastorali della Chiesa universale e locale, le nostre congregazioni hanno risposto alla chiamata di Gesù a proclamare il Vangelo con le parole e con le opere. Oggi più che mai vi è un rinnovato interesse a esplorare il potenziale dell’autorità religiosa per promuovere e sostenere l’impegno delle nostre congregazioni per il nostro carisma e i nostri valori fondanti. Come leader di congregazioni di tutto il mondo — ha concluso la religiosa — usciamo da questa assemblea plenaria sempre più fiduciose che la nostra missione, modellata su quella di Gesù, sosterrà e aiuterà le nostre suore mentre continuano a servire il popolo di Dio in modi nuovi e efficaci. Questa è la leadership a cui siamo chiamate». L'Osservatore Romano, 7 maggio 2013.