giovedì 16 maggio 2013

La grande meretrice



 
“Madre di tutte le inquisizioni”. “Nemici della scienza”. “Oppressori delle donne”. “La Chiesa vuole che i fedeli soffrano”. “I protestanti sono più moderni”. “L’odio per il sesso”. Sono alcuni dei titoli dei dieci capitoli che compongono il volume “La grande meretrice. Un decalogo di luoghi comuni sulla storia della Chiesa”, curato da Lucetta Scaraffia e da oggi in libreria per i tipi dell’Editrice Vaticana. Autrici dei dieci saggi raccolti nell’opera sono sette donne, “tutte storiche ma non tutte cattoliche” specifica la Scaraffia nell’introduzione: Sylvie Barnay, Cristiana Dobner, Anna Foa, Giulia Galeotti, Sandra Isetta, Margherita Pelaja e la curatrice stessa.
Il loro scopo è “chiarire dal punto di vista storico alcuni stereotipi molto diffusi sulla storia della Chiesa: non con intento apologetico, quindi, ma con intento storico di rettifica di luoghi comuni che ormai sembrano avere sostituito la realtà per quanto riguarda la storia della Chiesa, e che quindi hanno anche contribuito a deformarne l’identità pubblica”.
Il titolo dell’opera, “La grande meretrice”, “si riferisce al modo ingiurioso in cui la Chiesa da secoli viene appellata dai suoi critici”. Tra gli argomenti che vengono trattati nel volume, v’è l’Inquisizione, da parte della storica ebrea Anna Foa, che in un altro saggio si sofferma sull’antisemitismo; il matrimonio cristiano, presentato da Margherita Pelaja; il celibato ecclesiastico, affrontato da Lucetta Scaraffia, che poi esplora anche il protestantesimo; il rapporto tra scienza e fede, e quello della Chiesa con le donne, entrambi indagati da Giulia Galeotti; il tema della sofferenza e del dolore, a firma di Cristiana Dobner.
Riferendosi ai numerosi libri polemici che circolano contro il Vaticano, la curatrice rileva che “si moltiplicano in questi testi errori e riferimenti storici sbagliati, che si rifanno a questi luoghi comuni, ormai diventati verità pietrificate anche se fondati su informazioni errate. Tanto diffusi e indiscussi che chi vi attinge non procede neppure ad un controllo: tanto chi legge gli darà ragione, perché «sanno tutti che è così»”. Il lavoro che le sette storiche hanno svolto mira invece a “fare piazza pulita delle opinioni che si fondano su pregiudizi, perché pensiamo che sarebbe meglio per tutti che la discussione sulle valutazioni dell’operato e sulla tradizione teorica della Chiesa cattolica si svolgesse partendo da una conoscenza condivisa della verità storica. Si sgombrerebbe così il campo da polemiche e accuse inconsistenti, e si avrebbe la possibilità di misurare effettivamente idee e valori contrapposti in un clima di dialogo e di reciproca conoscenza”.
Zenit

*

Lucetta Scaraffia racconta «donne chiesa mondo». Il primo compleanno. Storia, struttura e finalità del mensile dell’«Osservatore Romano»


(Antonio Spadaro) Compie un anno quello che si potrebbe definire il «supplemento femminile» mensile dell’Osservatore Romano, che ha per titolo il trinomio «donne chiesa mondo». Il primo numero è uscito infatti il 30 maggio 2012 con il giornale del giorno successivo, data scelta per la festa della Visitazione. In genere si celebrano i grandi anniversari a due o tre cifre. E tuttavia è anche importante dar conto di iniziative che arrivano al loro primo traguardo proprio perché esse sono in fase di sviluppo e dunque caratterizzate da una vivacità peculiare.
Il direttore Giovanni Maria Vian ricorda che l’idea di dare avvio al supplemento non è nata nel chiuso di una redazione, ma durante una passeggiata in campagna, all’inizio di marzo 2012. La proposta è venuta da due collaboratrici, note per il loro impegno: la giornalista Ritanna Armeni, e Lucetta Scaraffia, che insegna storia contemporanea alla Sapienza di Roma ed è editorialista del quotidiano della Santa Sede. «In un primo momento — confessa il direttore — ho esitato ad accettare la proposta, sia per la novità assoluta del progetto nella storia pur lunga dell’Osservatore Romano, sia per l’impegno giornalistico che avrebbe richiesto. Poi mi sono convinto, ne ho parlato all’editore, cioè in Segreteria di Stato, e già alla fine del mese, al ritorno dal viaggio di Benedetto XVI in Messico e a Cuba, è arrivato il consenso senza riserve».
Così, dunque, in meno di due mesi è nato il mensile, che inizialmente era stato pensato come un inserto in bianco e nero all’interno del quotidiano, ma che, grazie anche alla creatività dei grafici e alla disponibilità della Tipografia Vaticana, ha assunto la veste di un supplemento tutto a colori stampato su carta patinata. Le curatrici sono coloro a cui spetta la maternità dell’idea: Armeni e Scaraffia, con l’aiuto redazionale di Giulia Galeotti e la collaborazione di molte altre persone.
Il direttore Vian è soddisfatto di questo anno trascorso, e valuta il progetto come la naturale espressione di una nuova presenza di donne nell’Osservatore Romano, che pure ha contato in passato su non poche collaborazioni femminili. Ricordiamo che a partire dal 2008 il giornale ha per la prima volta nella redazione del quotidiano due redattrici, Silvia Guidi e Giulia Galeotti, e altre sono poi a capo delle edizioni settimanali in lingua tedesca, spagnola e inglese. «È una presenza importante — prosegue Vian — che sarà sviluppata, incoraggiata da Benedetto XVI nella lettera al direttore per il centocinquantesimo anniversario del quotidiano della Santa Sede, e che porterà sicuramente molti buoni frutti». Il primo numero del secondo anno è stato presentato in anteprima a Papa Francesco il 2 maggio.
Abbiamo rivolto alla professoressa Scaraffia alcune domande sul supplemento: sul suo significato, le sue forme, le sue prospettive.

Professoressa Scaraffia, quali sono gli obiettivi che il supplemento «donne chiesa mondo» si è prefisso al suo nascere?

Il nostro progetto è nato dalla necessità che la voce delle donne nella stampa cattolica sia più presente e ascoltata. Soprattutto si voleva dare maggiore rilievo alla presenza femminile nella vita della Chiesa, che è così rilevante e anzi maggioritaria. Consideriamo, ad esempio, che le donne costituiscono i due terzi del numero totale dei religiosi. Una pubblicazione periodica che desse una voce e un volto a queste donne era necessaria per far capire quanto esse siano importanti e quanto il loro lavoro, i loro progetti e le loro riflessioni abbiano contribuito, nel passato e nel presente, a costruire la cultura e la tradizione cattolica, a tenere in piedi la Chiesa nel mondo. Nel presente come nel passato. A questo scopo, fin dal primo numero, a interviste e reportage sull’attualità affianchiamo articoli dedicati a figure femminili che nella storia hanno avuto un ruolo significativo nella costruzione della cultura cristiana.

Quali sono le firme del supplemento? Solo tutte donne?

Come si può vedere scorrendo i numeri, a scrivere non sono solamente donne, ma anche molti uomini, parlando ovviamente di donne, o di problemi che coinvolgono le donne. Abbiamo affidato anche a scrittori il compito di raccontare la «santa del mese». Si può considerare un omaggio di autori importanti alla tradizione della santità femminile. Abbiamo anche collaboratrici fisse di fatto, perché sono amiche che hanno vissuto con noi la fase di progettazione del giornale e sono sempre pronte a collaborare, condividendo gli assunti di fondo del nostro lavoro. Penso alla storica francese Sylvie Barnay, ad Anna Foa, storica ebrea, a Cristiana Dobner, monaca carmelitana, a Ulla Gudmundson, luterana, ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede, a Sandra Isetta, docente di letteratura cristiana antica, e ad Anna Pozzi, inviata di «Mondo e Missione». Ma il nostro progetto è di allargare sempre più le collaborazioni, soprattutto per aprirci ad autrici del resto del mondo.

Ci parli di queste collaborazioni che provengono da ambienti diversi da quello cattolico.

Hanno collaborato firme ebree e protestanti, e speriamo di allargare ancora il ventaglio delle collaborazioni. Un articolo dell’inserto, infatti, e a volte due sono aperti alla collaborazione di donne di religioni o confessioni diverse. Bisogna poi ricordare che una di noi curatrici, Ritanna Armeni, non si considera cattolica, pur avendo ricevuto un’educazione cattolica: quindi la sua presenza indica un’apertura costante ai non credenti interessati alla vita della Chiesa e alla condizione delle donne.

Com’è strutturato “donne chiesa mondo”?

In prima pagina appare l’intervista con una donna importante nella vita della Chiesa, che può essere molto nota oppure anche sconosciuta ma significativa. Nella seconda pagina trova spazio un pezzo dedicato alla spiritualità femminile — spesso di donne del passato — e uno alle altre religioni; nella terza, un’inchiesta su un problema che riguarda le donne; e in quarta, infine, un articolo libero e la santa del mese. E poi ci sono notizie che riguardano le donne e la Chiesa, che spesso non compaiono in altri giornali, o sono riportate in modo marginale.

La grafica mi sembra studiata con cura.

Fin dall’inizio abbiamo cercato di fare un giornale particolarmente bello, elegante, e ci siamo rivolte a un’artista, Isabella Ducrot, affinché ci illustrasse la copertina di ciascun numero. Il disegno è creato da lei appositamente per il giornale, su un tema scelto insieme e che consideriamo attinente al numero in questione.

Quali sono i temi che sono stati maggiormente trattati?

Il tema che rimane costante in tutti i numeri è il ritratto della santa del mese, scritto da un autore noto. È un ricordo della presenza della santità femminile nella storia della Chiesa, e una prova della varietà delle esperienze che l’hanno contraddistinta. Per il resto, abbiamo trattato temi molto diversi, come sono diverse le attività che le donne svolgono nella Chiesa: abbiamo intervistato presidenti di Movimenti, quali Maria Voce, ma anche una donna laica che è stata amministratrice della diocesi di Vienna per vent’anni, donne che hanno vissuto la persecuzione in Paesi asiatici e donne che si aggregano in associazioni femminili che stanno conoscendo un crescente successo in Corea del Sud. Teologhe importanti, ma anche una suora polacca che è diventata una famosa cantautrice. Nell’ultimo numero abbiamo intervistato la suora americana che durante il periodo del Conclave ha fatto da portavoce della Conferenza episcopale statunitense: un esempio interessante di religiosa moderna, che svolge un ruolo chiave nella vita dei cattolici americani.

Avete ricevuto critiche?

Alcuni gruppi di donne molto militanti, almeno in Italia, ci considerano troppo «istituzionali» e non ci citano neppure nei loro bollettini di informazione, dimostrando faziosità. Noi pensiamo che il femminismo dovrebbe consistere nel passare sempre le notizie, magari anche criticando e discutendo: fingere di ignorare la nostra esistenza è una scelta che ci dispiace.

Quali sono state le reazioni della stampa in Italia e all’estero?

In Italia il nostro mensile ha riscosso poca curiosità. Tra l’altro abbiamo avuto la sfortuna di uscire proprio in coincidenza con l’arresto del «corvo», le notizie circa lo Ior... All’estero, invece, la nostra esperienza ha suscitato molto interesse: ci sono state interviste, servizi televisivi, riprese di articoli particolarmente interessanti. All’estero hanno valutato il potenziale innovativo del nostro lavoro e hanno capito che poteva veramente dare un aiuto al riconoscimento del ruolo delle donne nella Chiesa.

C’è stato qualcosa che, a ripensarci, sarebbe stato meglio non fare?

Abbiamo avuto difficoltà a farci capire solo con la vignetta di Cinzia Leone, che avevamo scelto di mettere in prima pagina: la protagonista era una suora, suor Ultima, ma molte suore si sono sentite sminuite dal suo umorismo semplice, dal suo femminismo leggero. Forse ridere di se stessi non è facile, forse le vignette non erano sufficientemente comprensibili al primo sguardo. Abbiamo deciso, per ora, di sospendere la vignetta, e di sostituirla con una bella e significativa fotografia.

C’è stato qualcosa di cui lei si sente particolarmente orgogliosa?

Direi che siamo riuscite a rendere evidente a tutti quanto la presenza e il lavoro delle donne sia importante, e come la loro presenza non sia solo di aiuto materiale, di assistenza: le donne hanno pensato, e pensano, Dio, la Chiesa, il tempo presente.
Terminiamo questa intervista con la percezione che l’idea da cui è nata «donne chiesa mondo» stia producendo frutti interessanti, capaci di dare un contributo alla vita culturale del nostro Paese, dando uno spazio di espressione privilegiato a istanze forti che provengono dalle donne. Ci è sembrato di capire che si tratta di un mensile che intende compiere anche un ruolo di «antenna» dell’universo femminile a largo raggio, che sa indagare i temi della santità così come quelli legati al mondo più «laico». Facendo i nostri complimenti al direttore Gian Maria Vian e alle curatrici Ritanna Armeni e Lucetta Scaraffia, ci auguriamo che il mensile possa svolgere un ruolo sempre più attivo nell’ascoltare e nell’esprimere le migliori energie creative delle donne a servizio della Chiesa e del mondo.
L'Osservatore Romano