lunedì 20 maggio 2013

L’Europa in crisi ha bisogno di moneta spirituale




Per il cardinale Koch l’unità dei cristiani è necessaria all’integrazione continentale. 

Il processo di riunificazione ecumenica può essere considerato come «il più ampio contributo del cristianesimo attuale al futuro politico dell’umanità, in particolare del mondo occidentale»; la riconquistata unità delle Chiese cristiane darebbe infatti un importante impulso al progetto di integrazione europea attualmente in crisi. Lo ha affermato — riporta Kathweb (Katholische Presseagentur Österreich) — il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, intervenuto venerdì scorso alla giornata conclusiva del dialogo di Pentecoste sulla visione degli Stati Uniti d’Europa tenuto nel centro ecclesiale di Schloss Seggau, in Austria. Nella sua relazione sui fondamenti spirituali dell’Europa, il porporato ha fra l’altro sottolineato che la secolarizzazione e la privatizzazione del fatto religioso, che oggi caratterizzano l’Europa con sviluppi molto preoccupanti per l’umanità, sono «una conseguenza imprevista ma tragica» dello scisma occidentale del XVI secolo e delle relative sanguinose guerre di religione. Le lotte tra cattolici e protestanti hanno fatto sì che in Europa — ha spiegato Koch secondo quanto si legge in una traduzione dell’articolo diffusa da www.finesettimana.org — non si sia tenuto conto delle differenze confessionali e soprattutto del cristianesimo nella costruzione della pace sociale.
In questo le Chiese sono state insieme colpevoli della precaria situazione della religione nella società moderna. Secondo le parole del teologo cattolico tedesco Johann Baptist Metz, si tratterebbe di una «privatizzazione del cristianesimo causata all’interno delle religioni stesse» che non ha tenuto conto della sua esigenza di avere efficacia sociale.
Secondo il presidente del Pontificio consiglio, il movimento ecumenico, che vorrebbe rimuovere i contrasti che si frappongono all’unità dei cristiani voluta da Cristo, ha svolto la funzione di faro nel mare dell’Europa insanguinata del ventesimo secolo. Anche il concilio Vaticano II ha visto la necessità di contribuire a ricostituire l’unità dei cristiani come uno dei suoi compiti principali. Ma «solo se le Chiese riescono a riconciliarsi» e sono disposte al pentimento e all’espiazione, possono operare in maniera credibile al mantenimento, alla promozione e al rinnovamento della pace sociale. E proprio questo devono fare, «vivere e agire per l’unità degli uomini», secondo quanto espresso dal concilio, in un mondo così lacerato da divisioni, inimicizie e contrastanti interessi.
L’Europa, per il cardinale Koch, ha bisogno di una “moneta di riferimento spirituale”. Anche se la nuova evangelizzazione dell’Europa nelle moderne condizioni di libertà non porterà a una grande Chiesa popolare ma piuttosto a una “Chiesa della diaspora”, lo Stato con una visione del mondo neutrale ha comunque bisogno delle Chiese e delle comunità religiose per fondare e difendere valori fondamentali. Ha poi espresso la convinzione che il vecchio continente non potrà esistere solo come comunità di interessi economici: accanto all’euro è necessaria appunto una “moneta di riferimento spirituale”. Anche senza una religiosità esplicita, l’essere umano «crede». E citando Martin Lutero, che definiva adoratore di Mammona l’uomo che si fondava su denaro e ricchezza, il porporato ha aggiunto: «Chi riconosce l’esistenza di Dio, e ritiene di dovergli rendere conto, è prima di tutto difeso dal cadere in quel crepuscolo degli dei che può sempre tornare quando delle realtà umane vengono messe al posto di Dio e quindi divinizzate». Questo avviene in molteplici casi e lo si vede chiaramente dal fatto che perfino le automobili vengono curate meglio delle persone morenti o dei bambini non ancora nati: «Dove Dio viene allontanato dalla vita sociale, è forte il pericolo che anche la dignità umana venga calpestata», ha ammonito Koch. Anche la religione è una irrinunciabile risorsa per la solidarietà, che nasce, ha detto citando il teologo cattolico austriaco Paul Zulehner, «innanzitutto nell’orbita della speranza della risurrezione».
Nel dibattito a conclusione dell’incontro — riferisce Kathweb — il cardinale ha parlato di paralleli tra le discussioni sull’Europa e quelle sull’ecumenismo. Tutti si dichiarano a favore dell’Europa, o rispettivamente a favore dell’ecumenismo, ma il disaccordo sorge poi nella concretizzazione: in pratica «ci sono tante idee di unità quante sono le Chiese». Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha aggiunto che la politica europea deve diventare più “cattolica”, nel senso di tendente a una trasformazione universale, e di essere riconoscente per il fatto che Papa Francesco proviene dall’America latina, il che rende evidente che anche da un punto di vista ecclesiale l’Europa non è più “l’ombelico del mondo” e che il futuro del cristianesimo sarà in America latina, in Africa, in Asia.
L'Osservatore Romano