venerdì 17 maggio 2013

Il messaggio finale dell’assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano.

 


 Con lo stile della gioia e della speranza

Un incontro che si è svolto «sotto il segno gioioso e coinvolgente dell’elezione del successore di Pietro, Papa Francesco, un figlio di questa terra e della Chiesa latinoamericana»: è questo lo spirito che ha animato la trentaquattresima assemblea ordinaria del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che si è svolta dal 14 al 17 maggio a Panamá, capitale dell’omonimo Paese. Rappresentanti di ventidue Conferenze episcopali dell’America latina e dei Caraibi si sono sono riuniti, come è spiegato nel messaggio finale, «per rafforzare la comunione fraterna e lo zelo missionario». Un’indicazione, si sottolinea, che trae linfa e ispirazione in primo luogo dall’esempio e dal magistero di Papa Francesco: «La sua memoria e il brillante inizio del suo ministero ci hanno resi entusiasti e hanno stimolato il nostro lavoro in questi giorni. Questo evento lo interpretiamo come un segno della maturità della nostra comunità ecclesiale continentale e come un dono di Dio che ci chiede di impegnarci di più come discepoli e missionari di Gesù». Discepoli e missionari che sono chiamati a camminare nelle strade del mondo «senza accontentarsi delle loro realizzazioni e senza lasciarsi sopraffare dalle difficoltà o paure». Occorre, per questo, si evidenzia ancora nel documento facendo riferimento alla recente lettera del Papa alla plenaria dei vescovi argentini, camminare verso gli uomini e le donne di oggi come «una Chiesa che se non esce da se stessa, prima o poi, si ammala».
Riferendosi poi in gran parte al documento di Aparecida, il Celam esorta «a costruire la Chiesa partendo dal rapporto vitale con Gesù Cristo e la forza rinnovatrice della sua Risurrezione: una Chiesa casa e scuola di comunione». Una Chiesa, si specifica nel messaggio, che sappia mostrarsi «con un viso gentile, capace di dialogare con gli uomini e le donne di oggi, con il mondo e la cultura del nostro tempo». E ancora, «che sappia diffondere la speranza e la vita che sgorga dal Vangelo e i cui membri tutti siano corresponsabili della sua guida, della sua destinazione e della sua missione».
La «missione continentale» è stato uno dei grandi impegni assunti dalla quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi (Celam) ad Aparecida (Brasile) nel maggio del 2007. Per gli episcopati dell’America latina e dei Caraibi è diventato da allora non un mero evento «circoscritto storicamente» ma, soprattutto, costituisce un profondo cambiamento di atteggiamento: porre tutta la Chiesa in stato di missione universale permanente. Si tratta, come è emerso per esempio durante un incontro dei delegati delle Conferenze episcopali di Argentina, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay, svoltosi nell’agosto 2012, di lavorare per una «conversione pastorale» che porti a realizzare una missione permanente a partire dalla pastorale ordinaria e «realizzare missioni organizzate che incarnino e rendano trasparente un nuovo stile missionario».
Lo scopo primario che fa da sfondo alla missione, si legge in un altro significativo passaggio del messaggio finale dell’assemblea del Celam, è quello dell’azione concreta, soprattutto «in solidarietà nei confronti di coloro che più soffrono». Nel mondo di oggi, si puntualizza nel testo, «per evangelizzare efficacemente dobbiamo dare la priorità ai “gesti” concreti». Numerose sono le sfide che chiamano alla testimonianza fattiva. «Ci rendiamo conto e abbiamo riflettuto — ricordano i rappresentanti del Celam — sui gravi problemi dei nostri popoli, tra i quali si segnalano il deterioramento delle istituzioni democratiche, l’avanzare di un modello economico che favorisce la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, le decisioni legislative in contrasto con i valori morali e le diverse espressioni di violenza che minacciano la dignità umana e la coesistenza pacifica».
«Data l’urgenza di queste sfide — proseguono i presuli — desideriamo rinnovare calorosamente l’impegno a proseguire “la missione continentale” in solidarietà con coloro che soffrono di più». E concludono: «Crediamo che sia fondamentale per la nuova evangelizzazione essere ispirati allo stesso stile di Gesù; dobbiamo essere convinti che la forza di questo annuncio sarà vita feconda se lo facciamo con il giusto stile e con gli atteggiamenti del Maestro».
La riunione del Celam si è svolta, come detto nella città di Panamá, nell’ambito delle celebrazioni per la fondazione della prima diocesi sulla terraferma del continente americano, Santa María la Antigua, oggi arcidiocesi di Panamá. In occasione di un’intervista all’agenzia Zenit, l’arcivescovo di Panamá, José Domingo Ulloa Mendieta, ha sintetizzato alcuni contenuti dell’incontro, a partire appunto dal contesto storico in cui si è svolto l’evento. «Oggi vediamo i frutti di ciò che è stato piantato 500 anni fa — ha sottolineato il presule — che hanno dato al mondo il primo Papa latinoamericano, che ci coinvolge sempre più nella missione di evangelizzazione». L’assemblea del Celam «esprime la comunione della Chiesa, ovvero non importano le differenze delle nostre varie situazioni, ma l’unione nella fede e l’identità culturale». I lavori, ha osservato, «si sono sviluppati in un clima di grande fraternità, per continuare l’opera di evangelizzazione in America latina e nei Caraibi, con entusiasmo e speranza, rivedendo e cercando di rivitalizzare il cammino di ogni episcopato». La Chiesa in America latina, ha aggiunto, monsignor Ulloa Mendieta, «intende continuare a camminare senza trionfalismi, senza cedere alle difficoltà o paure e vogliamo continuare a proiettarci verso le periferie come è stato indicato nel documento di Aparecida».
All’assemblea del Celam era tra gli altri presente il segretario della Pontificia Commissione per l’America latina, Guzmán Carriquiry, che ha svolto una relazione dal titolo «Un Papa latinoamericano: conseguenze per il continente». In una intervista pubblicata nel sito Terre d’America, il segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, Guzmán Carriquiry, ha fra l’altro sottolineato che «adesso il Celam e gli episcopati si sentono chiamati ad assumere una rinnovata sollecitudine apostolica universale per collaborare più da vicino alla missione del pontificato. E a rispondere all’appello insistente di Papa Francesco: “Pregate per me”».
L'Osservatore Romano

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Mensaje de la XXIV Asamblea Ordinaria del Consejo Episcopal Latinoamericano, realizado en Panamá

"A la luz del evangelio y del estilo evangelizador del Papa Francisco, es necesario que, sin descuidar los grandes proyectos evangelizadores de las distintas iglesias locales, anunciemos y testimoniemos a Jesucristo con «una actitud permanente que se manifieste en opciones y gestos concretos»"
Ciudad de Panamá, 14-17 de mayo de 2013 - A los obispos, sacerdotes, religiosos y religiosas, agentes de pastoral y pueblo católico que peregrina como Iglesia en América Latina y El Caribe:
1. En este año de la fe, los obispos reunidos en la XXXIV Asamblea Ordinaria del CELAM en Ciudad de Panamá, del 14 al 17 de mayo de 2013, les saludamos con las palabras de san Pablo: «Gracia, misericordia y paz de parte de Dios Padre y de Cristo Jesús, Señor nuestro» (1Tim 1,2).«Donde están dos o tres reunidos en mi nombre, allí estoy yo en medio de ellos» (Mt 18,20).
2. Llegados de las veintidós conferencias episcopales de América Latina y El Caribe, hemos experimentado que Jesús ha cumplido su promesa de estar presente en medio de nosotros fortaleciendo nuestra comunión fraterna y ardor misionero. Como expresión visible de esta gozosa experiencia entronizamos en el lugar de nuestras reuniones el libro de la Sagrada Escritura para ponernos a la escucha de «lo que el Espíritu dice a las iglesias» (Ap 2,29; 3,6.13.22). En la oración en común y en la celebración de la Eucaristía, hemos experimentando que Jesucristo ha renovado nuestra identidad eclesial, como hijos de Dios y hermanos entre nosotros.
3. Decidimos realizar esta Asamblea en Ciudad de Panamá en coincidencia con los 500 años de la fundación de esta diócesis, la primera en tierra firme en nuestro Continente y que nos ha acogido con gran fraternidad y alegría. Providencialmente también iniciamos nuestra Asamblea exactamente seis años después del comienzo de la V Conferencia del Episcopado Latinoamericano y de El Caribe en Aparecida. Recordamos con profunda gratitud a S.S. Benedicto XVI, quien con su discurso inaugural iluminó con sabiduría evangélica el camino de la Iglesia en nuestro Continente.
4. Nuestro encuentro se realizó, además, bajo el signo gozoso y comprometedor del nuevo sucesor de Pedro, el Papa Francisco, un hijo de estas tierras y de esta iglesia latinoamericana. Su recuerdo y el luminoso inicio de su ministerio ha entusiasmado y estimulado constantemente nuestros trabajos en estos días. Este hecho lo interpretamos como un signo de la madurez de nuestra comunidad eclesial continental y como don de Dios que nos exige comprometernos aún más como discípulos y misioneros de Jesús.
«No me han elegido ustedes a mí, sino que yo los he elegido a ustedes, y los he destinado para que vayan y den fruto y que su fruto permanezca» (Jn 15,16).
5. Conscientes de ser discípulos y pastores, hemos acogido con renovado gozo la llamada gratuita y amorosa del Señor, que haciéndonos sus «amigos» (cf. Jn 15,15) nos ha hecho partícipes de la Verdad y de la Vida del Padre, para que seamos sus testigos y anunciadores en medio del mundo. Dar fruto y fruto que permanezca es parte de nuestra propia identidad, no un añadido a nuestra vocación. Estos frutos son posibles si nosotros permanecemos vinculados por la fe y el amor con Cristo, como los sarmientos unidos a la vid. Son frutos destinados a permanecer y durar pues proceden del mismo Cristo, que a través de nosotros, desea seguir comunicando vida al mundo y vida en abundancia (cf. Jn 10,10).
6. La Iglesia de América Latina, deseosa y comprometida en dar frutos de vida en medio de nuestras naciones, acoge como una orientación evangélica y llena de sabiduría la propuesta programática del Papa Francisco para toda la Iglesia, expresada con tres verbos en la homilía de su primera celebración eucarística como Obispo de Roma, el 14 de marzo: caminar, construir, confesar. En esa ocasión afirmó el Santo Padre: «Quisiera que todos, después de estos días de gracia, tengamos el valor, precisamente el valor, de caminar en presencia del Señor, con la cruz del Señor; de edificar la Iglesia sobre la sangre del Señor, derramada en la cruz; y de confesar la única gloria: Cristo crucificado. Y así la Iglesia avanzará».
7. Estamos llamados a caminar, sin acomodarnos ni conformarnos con los logros alcanzados, pero tampoco sin dejarnos vencer por las dificultades o por los miedos; caminar dirigiéndonos hacia los hombres y mujeres de hoy, pues «una Iglesia que no sale, a la corta o a la larga, se enferma en la atmósfera viciada de su encierro» (Carta del Papa Francisco a la 105º Asamblea Plenaria de la Conferencia Episcopal Argentina, 25.03.13). Estamos llamados a construir la Iglesia, a partir de nuestra vinculación vital con Jesucristo y la fuerza renovadora de su Resurrección: una iglesia, casa y escuela de comunión (cf. Documento de Aparecida, 188), con rostro amable, capaz de dialogar con los hombres y mujeres de hoy, con el mundo y la cultura de nuestro tiempo; una iglesia que contagie la esperanza y la vida que brota del Evangelio; una iglesia en la que todos sus miembros sean corresponsables de su conducción, de su destino y de su misión. Estamos llamados, finalmente, a confesar a Jesucristo, con nuestro testimonio de vida y con nuestra palabra: «El discípulo, a medida que conoce y ama a su Señor, experimenta la necesidad de compartir con otros su alegría de ser enviado, de ir al mundo a anunciar a Jesucristo, muerto y resucitado, a hacer realidad el amor y el servicio en la persona de los más necesitados, en una palabra, a construir el Reino de Dios» (Documento de Aparecida, 278).
«Les he dado ejemplo, para que como yo he hecho con ustedes, lo hagan también ustedes» (Jn 13,15).
8. En el Cuarto Evangelio Jesús, durante la Útima Cena, lavó los pies a los discípulos (Jn 13,1-15), acción simbólica y profética que expresaba en un gesto sencillo lo que había sido la vida y el ministerio de Jesús y lo que sería su muerte como acto extremo de amor por la humanidad. Jesús se comprendió a sí mismo y su obra como enviado del Padre, como «servicio», como entrega de amor y cercanía misericordiosa y solidaria con la humanidad, con cada hombre y mujer, sobre todo con los más pobres, sufrientes y excluidos. Quiso además que este gesto, que expresa deseo de servicio, de amor y humildad se convirtiera en actitud inspiradora y distintivo fundamental para sus discípulos, reunidos en la Iglesia como signo y sacramento de salvación e instrumento de unidad del género humano entre sí y de los seres humanos con Dios (cf. Lumen Gentium, 1).
9. Hemos tomado conciencia y reflexionado sobre los graves problemas de nuestros pueblos, entre los cuales señalamos: el deterioro de la institucionalidad democrática, el avance de un modelo económico que favorece la concentración de la riqueza en pocas manos, decisiones legislativas contrarias a valores morales, diversas expresiones de violencia que atentan contra la dignidad humana y la convivencia pacífica. Ante la urgencia de tales retos, acogemos con renovado compromiso el deseo de llevar adelante la Misión Continental, en solidaridad con quienes más sufren, como Jesús lo ha enseñado y el Papa Francisco lo está recordando, «proyectándonos necesariamente hacia las periferias más hondas de la existencia» (cf. Aparecida, 417).
10. Creemos que es indispensable para la nueva evangelización, concebida en nuestro continente como misión permanente, en primer lugar, inspirarnos en el mismo estilo de Jesús: «En el seguimiento de Jesucristo, aprendemos y practicamos las bienaventuranzas del Reino, el estilo de vida del mismo Jesucristo: su amor y obediencia filial al Padre, su compasión entrañable ante el dolor humano, su cercanía a los pobres y a los pequeños, su fidelidad a la misión encomendada, su amor servicial hasta el don de su vida. Hoy contemplamos a Jesucristo tal como nos lo transmiten los Evangelios para conocer lo que Él hizo y para discernir lo que nosotros debemos hacer en las actuales circunstancias» (Aparecida, 139). Debemos estar convencidos de que «la fuerza de este anuncio de vida será fecunda si lo hacemos con el estilo adecuado, con las actitudes del Maestro» (Documento de Aparecida, 363).
11. En segundo lugar, a la luz del evangelio y del estilo evangelizador del Papa Francisco, es necesario que, sin descuidar los grandes proyectos evangelizadores de las distintas iglesias locales, anunciemos y testimoniemos a Jesucristo con «una actitud permanente que se manifieste en opciones y gestos concretos» (Documento de Aparecida, 397). No basta el anuncio verbal. Hay que hacer vida y dar cuerpo al Evangelio a través de acciones, de «gestos», que hagan transparente la presencia del Señor. Nos lo ha enseñado el mismo Jesús, nos lo han testimoniado los numerosos santos y mártires de nuestro Continente y nos lo está mostrando en modo fascinante el Papa Francisco. En el mundo de hoy, para poder evangelizar en modo eficaz, hay que privilegiar «los gestos», hay que «dar un testimonio de proximidad que entraña cercanía afectuosa, escucha, humildad, solidaridad, compasión, diálogo, reconciliación, compromiso con la justicia social y capacidad de compartir, como Jesús lo hizo» (Documento de Aparecida, 363).
12. Que la Virgen María, amada y celebrada en Panamá como Santa María La Antigua, nos ayude a vivir y servir como discípulos misioneros, iluminados y fortalecidos con la Palabra de Dios. A Ella encomendamos a nuestros jóvenes para que en la próxima Jornada Mundial de la Juventud, a realizarse en Rio de Janeiro, vivan un encuentro personal y vivificante con su hijo Jesucristo. En estos días cercanos a la fiesta de Pentecostés, Ella, como modelo de discipulado y madre de la Iglesia, ore con nosotros y por nosotros, ayudándonos a vivir disponibles a la novedad y libertad del Espíritu Santo que guía a la Iglesia y la conduce a la verdad completa (cf. Jn 16,13).