venerdì 3 maggio 2013

Nhá Chica:la schiava divenuta madre dei poveri.




Sabato in Brasile la beatificazione di Nhá Chica. 

(Paolo Vilotta - Postulatore della causa di canonizzazione) La figlia naturale di una schiava, ex schiava ella stessa, venerata in tutto il Brasile come la «Madre dei poveri», sale agli onori degli altari: è Francisca de Paula De Jesus (1808-1895), meglio conosciuta come Nhá Chica (zia Francesca), che viene beatificata sabato 4 maggio a Baependi, dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Francesco. Nata a São João del Rey, nello stato brasiliano di Minas Gerais, al fonte battesimale ebbe il nome di Francesco di Paola, il santo taumaturgo calabrese fondatore dell’ordine dei minimi, molto venerato dagli schiavi nel Sud America. Da bambina, dalla madre apprese le preghiere e le devozioni; ma, essendo donna e schiava, non poté ricevere alcuna istruzione scolastica. Da adulta non avvertì mai la necessità di imparare a leggere, però, come ebbe a confessare al termine della sua esistenza: «Desiderai solamente ascoltare la lettura delle Sacre Scritture; qualcuno mi fece questo favore e rimasi soddisfatta».
Negli anni dell’adolescenza, affrancata dalla schiavitù, si trasferì con la madre e il fratello Theotonio a Baependi, una città in pieno sviluppo, dove, pochi mesi dopo, rimase orfana. In punto di morte la madre le aveva raccomandato di condurre una vita ritirata, per praticare meglio la carità e conservare la fede cristiana: in tal modo, pur avendo molte richieste di matrimonio, Francisca de Paula le rifiutò, ritenendo di avere una missione da compiere. Tuttavia non si mostrò mai contrariata con i pretendenti, anzi si dichiarava grata per le buone intenzioni dimostrate nei suoi confronti. Rimase a vivere da sola in una casetta su una collina ai limiti dell’abitato per dedicarsi alla preghiera e alla cura dei poveri, rinunciando anche ad andare a vivere insieme con il fratello, divenuto nel frattempo tenente della Guardia nazionale, quindi consigliere comunale, e infine commerciante.
Francisca de Paula, pertanto, scelse sin dalla prima giovinezza una vita di povertà: di preghiera, povera tra poveri. Lo zelo verso il Signore la spinse a organizzare incontri di preghiera quotidiana e settimanale tra la gente del quartiere, a offrire un pranzo settimanale per i poveri, a elargire elemosine per i bisognosi. Divenne così ben presto l’umile «Madre dei poveri», come veniva chiamata, pronta ad accogliere chi si avvicinava a lei per chiedere preghiere, consigli, consolazione e conforto. Solo la fede la portò a rinunciare a una vita agiata e senza problemi per il bene dei fratelli. Divenne, insomma, una vera lampada posta sul candelabro: infatti, pur essendo ex schiava e discendente di schiavi, attrasse a sé persone di ogni razza e tendenza politica, che vedevano in lei la donna di Dio piena di fede e di carità.
La sua casa per ben settantacinque anni fu un luogo frequentato da persone semplici e consiglieri imperiali, giovani e professionisti di grido, poveri e ricchi, provenienti non solo dal Minas Gerais, ma anche dal vicino Stato di São Paulo e soprattutto dalla capitale di allora, Rio de Janeiro. Molti cittadini che si recavano nel vicino centro termale di Caxambu andavano a visitarla, dapprima spinti dalla curiosità, poi sempre più convinti e in ascolto dei suoi consigli. Ed ella, con grande semplicità, aveva una risposta per tutti, come ebbe a dire un giorno: «Rispetto ciò che mi dice la Madonna e niente più». Chiamava la Santissima Vergine “Minha Sinhá” (la mia Signora) e confessava candidamente: «Io prego e la Madonna mi ascolta, mi risponde» oppure «È lo Spirito che mi consiglia».
Il fratello, morto nel 1862, la designò sua erede universale. Con il cospico lascito Nhá Chica poté incrementare le attività caritative e sociali, provvedendo anche alla costruzione di una cappella, dedicata all’Immacolata Concezione, che per ispirazione della Beata Vergine volle realizzare coinvolgendo nell’impresa tutte le persone che la frequentavano.
L’8 luglio 1888 sentì l’esigenza di spogliarsi di tutto quel che possedeva in qualità di ereditiera, dettando il testamento in cui lasciò i suoi beni alla parrocchia. Si premurò di dare indicazioni su tutto quel che dovesse essere venduto e dato ai poveri e perfino su come dovessero svolgersi il suo funerale e i riti di suffragio.
La sua spiritualità ebbe una connotazione profondamente evangelica, perché basata unicamente sull’amore di Dio e del prossimo, manifestato nel modo più semplice e naturale, senza alcuna matrice dotta o speculativa.
Nhá Chica morì il 14 giugno 1895. Il suo corpo fu esposto nella chiesa matrice di Baependi per ben quattro giorni, senza il minimo segno di decomposizione: si permise così ai numerosi fedeli, accorsi da ogni dove, di darle l’estremo saluto. Quindi la salma fu tumulata nella cappella da lei costruita.
Il 28 giugno 2012 Benedetto XVI ha approvato il miracolo a lei attribuito. La sua beatificazione è un valido sostegno per i cristiani afro-brasiliani, così numerosi nel grande Paese latinoamericano, che purtroppo vivono ancora in condizioni di emarginazione e povertà. L’ortodossia della fede di Nhá Chica è un fulgido esempio sia per i molti devoti che si rivolgono a lei e sia per contrastare il forte sincretismo religioso che persiste in tutto il Brasile.
Una coincidenza la lega ancor di più a san Francesco di Paola suo patrono. La memoria liturgica del santo è il 2 aprile, giorno della morte; ma ricorrendo spesso nel tempo quaresimale, si festeggia in Calabria nell’anniversario della canonizzazione, avvenuta il 1° maggio 1519. La notizia della canonizzazione del fondatore dei minimi arrivò nella cittadina tirrenica tre giorni dopo; per questo le celebrazioni si svolgono dal 1° al 4 maggio, soprattutto il 4. Proprio il giorno in cui viene beatificata Nhá Chica.
L'Osservatore Romano, 4 maggio 2013.