lunedì 6 maggio 2013

Papa Francesco: lo Spirito è il nostro "compagno di strada"

Nuovo tweet del Papa: 
Chiediamo al Signore che tutta la nostra vita cristiana sia una testimonianza luminosa della sua misericordia e del suo amore. 
(6 maggio 2013)


Un «amico» che ogni giorno si fa per ciascuno di noi  «compagno di strada». È lo Spirito Santo secondo Papa Francesco, che questa mattina, lunedì 6 maggio,  ha celebrato come di consueto la messa nella cappella della Domus Sanctae Marthae.   Per conoscere lo Spirito, soprattutto per riconoscere la sua azione nella nostra vita, «è importante — questo il consiglio del Pontefice — praticare l’esame di coscienza» ogni sera prima di addormentarsi.
Il Santo Padre,  riferendosi al vangelo di Giovanni (15, 26 - 16, 4), ha ricordato il momento in cui  Gesù, congedò i discepoli assicurandoli che «non li lascerà soli: “Io vi manderò lo Spirito Santo”». Con questa promessa  «il Signore continua a spiegare chi è lo Spirito Santo, cosa farà in noi, lo Spirito Santo. E oggi — ha precisato il Papa — dice una cosa che ci farà pensare: “Egli darà testimonianza di me”. Lo Spirito Santo è proprio Dio, la Persona Dio, che dà testimonianza di Gesù Cristo in noi. Lui è chi ci dice: “Questo è Gesù il Signore. Il Signore fa così. Questa è la strada di Gesù”. E lo chiama il Paraclito, cioè quello che ci difende, che sempre è affianco a noi per sostenerci». 
Anzi,  «la vita cristiana — ha precisato — non si può capire senza la presenza dello Spirito Santo: non sarebbe cristiana. Sarebbe una vita religiosa, pagana, pietosa», come quella di chi «crede in Dio, ma senza la vitalità che Gesù vuole per i suoi discepoli».  Del resto, ha proseguito, è lo Spirito  che dà testimonianza di Gesù «affinché noi possiamo darla agli altri».
Commentando la prima lettura, tratta dagli Atti degli apostoli (16, 11-15), il Pontefice  ha proposto l’esempio di Lidia, la donna che ascoltava Paolo: «Si dice di lei che il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Questo fa lo Spirito Santo: ci apre il cuore per conoscere Gesù».  Agisce  in noi «durante tutta la giornata, durante tutta la nostra vita, come testimone che ci dice dove è Gesù».
E il momento migliore per scoprirlo è, secondo il Papa, la  fine della giornata, quando, seguendo  un’abitudine propria dei cristiani, si fa l’esame di coscienza. Prima di andare a letto il cristiano «pensa a cosa è successo», a cosa «ha detto il Signore, cosa ha fatto lo Spirito Santo in me. Ho sentito lo Spirito Santo, o ho guardato dall’altra parte? Questo esercizio dell’esame di coscienza ci fa bene, perché è prendere proprio coscienza di quello che nel nostro cuore ha fatto il Signore in questo giorno, ha fatto proprio lo Spirito Santo». E «questo aiuta a rendere feconda, a rendere presente in ogni momento la fecondità della Pasqua, come l’abbiamo chiesto oggi nella preghiera. Chiediamo la grazia di abituarci alla presenza di questo compagno di strada: lo Spirito Santo; di questo testimone di Gesù che ci dice dove è Gesù, come trovare Gesù, cosa ci dice Gesù».
È stato Gesù stesso a lasciarcelo come amico. Dunque — ha ribadito Papa Francesco — è bene conservare l’abitudine  «di domandarci, prima che finisca la giornata: “Cosa ha fatto oggi lo Spirito Santo in me? Quale testimonianza mi ha dato? Come mi ha parlato? Cosa mi ha suggerito?”.  È una presenza divina che ci aiuta ad andare avanti nella nostra vita di cristiani». Il vescovo di Roma ha infine rivolto a tutti l’invito a chiedere questa grazia  affinché  «in ogni momento abbiamo presente la fecondità della Pasqua».
Tra i concelebranti c’era questa mattina il cardinale Angelo Comastri, il quale ha accompagnato  alcuni dipendenti della Fabbrica di San Pietro, del Tesoro e del Museo della basilica vaticana.
L'Osservatore Romano, 7 maggio 2013.

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Come le nostre madri e le nostre nonne

(Lucetta Scaraffia) Non è certo una novità ricordarci che la Madonna contribuisce in modo determinante alla nostra salvezza. Anche se rischiamo sempre di dimenticarlo. In fondo, i fedeli pensano a Maria come a una mamma alla millesima potenza, una personificazione della madre ideale che abbiamo nei nostri cuori e nei nostri desideri.Papa Francesco non si è limitato a ribadire questa ben nota realtà, ma ha operato una sorta di capovolgimento, facendoci capire come opera Maria a partire dalla descrizione del comportamento di una mamma, di una mamma buona. Una mamma come ce ne sono tante, come forse è o è stata nostra madre o nostra nonna. Molto simile a quelle che conosciamo personalmente, dunque, e delle quali abbiamo un’idea precisa, concreta.
Una mamma che sa educare i suoi figli in modo che crescano bene, sia come esseri umani sia come cristiani, che sa insegnare loro come reagire alle inevitabili difficoltà della vita, ma che pure li sa educare alla libertà. Alla libertà di scegliere anche davanti a situazioni che richiedono un impegno definitivo, operando una scelta forte, in contrasto con la cultura contemporanea, in cui regna “la filosofia del provvisorio”. Quindi una madre amorosa e saggia, che insegna anche ad andare controcorrente, perché la vera libertà è quella di saper resistere alle pressioni della cultura del tempo per far prevalere il frutto delle nostre riflessioni, delle nostre vere e profonde necessità.
In questo modo, seguendo la grande tradizione di cura delle anime, Francesco non solo insegna come e quando rivolgerci alla Madonna, ma anche, come la Vergine opera nel cuore di chi le si affida e come si deve comportare una buona madre. Scopriamo così che le mamme o le nonne che tanto spesso il Papa cita nelle sue omelie sono simili a Maria, quasi immagini della Madonna presenti nella nostra esperienza quotidiana che tutti conosciamo e amiamo.
Come quando ha stupito il mondo con le prime semplici parole pronunciate appena eletto, Papa Francesco trova sempre il modo di entrare nella quotidianità di ciascuno di noi, di far capire che la fede è un’esperienza concreta e non qualcosa di separato dalla nostra vita, dai nostri rapporti familiari, dalle nostre esperienze, anche da quelle che spesso consideriamo solo occasioni banali. È quindi nella nostra vita di ogni giorno che dobbiamo cercare la presenza di Dio e rivolgerci a lui.
E in questo modo semplice, piano, lontano da ogni polemica, le parole del Papa in realtà ricordano alle donne occidentali, che per molti aspetti stanno dimenticando la bellezza e l’importanza del ruolo materno, che facendo bene le mamme possono offrire un’esperienza dell’amore di Maria ai loro familiari. Cioè che nelle loro vite c’è un’occasione meravigliosa. In poche e semplici parole, quanti insegnamenti si possono trasmettere!
L'Osservatore Romano, 7 maggio 2013.

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Quelle devozioni così tradizionali di Papa Francesco...

È un aspetto ancora poco sottolineato del pontificato di Francesco, forse perché non corrisponde a un certo cliché «progressista» ma è invece pienamente inserito nel tessuto profondo della pietà popolare che la Chiesa latinoamericana ha indicato come un tesoro prezioso per la trasmissione della fede. In meno di due mesi Papa Bergoglio ha già visitato due volte la basilica di Santa Maria Maggiore, la più antica chiesa dedicata alla Madonna, dove si è voluto recare all'indomani dell'elezione per chiedere davanti alla «Salus populi romani», l'icona mariana che vi è venerata, protezione per la diocesi di Roma. E vi è tornato il 4 maggio, primo sabato del mese dedicato  a Maria, per recitare il rosario.



«La Madonna custodisce la nostra salute - ha detto il Papa -  Ci aiuta a crescere, ad affrontare la vita, ad essere liberi...». Francesco si conferma dunque un Papa profondamente mariano, che non disdegna affatto di testimoniare il suo attaccamento a forme devozionali che un certa teologia post-conciliare ha guardato a lungo dall'alto in basso considerandole incrostazioni del passato. Una di queste devozioni mariane, che Bergoglio ha contribuito a diffondere in Argentina, è quella per «Maria che scioglie i nodi». Una devozione che ha origine da un’immagine votiva bavarese risalente al 1700 (Maria Knotenlöserin) realizzata del pittore tedesco Johann Melchior Schmidtner, ora conservata come pala d’altare in una cappella della chiesa romanica di San Peter in Perlach, tenuta dai gesuiti nel cuore della città di Augsburg, in Baviera.
 

Qui, ha ricordato Stefania Falasca sul quotidiano «Avvenire», durante i suoi soggiorni di studio a Ingolstadt, padre Bergoglio l'ha scoperta, e tornato in Argentina ha iniziato a divulgarne la conoscenza. Da ausiliare di Buenos Aires ha fatto in modo che a quella effige venisse dedicato un santuario. E da arcivescovo ha continuato a inaugurare cappelle a lei dedicate servendosi anche di quella immagine come suo
personale «biglietto da visita» da inserire nella sua corrispondenza. La Madonna si presenta intenta a sciogliere piccoli e grandi nodi di un nastro che le viene passato dagli angeli.
«Tutti – ha spiegato più volte Bergoglio – abbiamo nodi nel cuore, mancanze, e attraversiamo difficoltà. Il nostro Padre buono, che distribuisce la grazia a tutti i suoi figli, vuole che noi ci fidiamo di Lei, che le affidiamo i nodi dei nostri mali, i grovigli delle nostre miserie che ci impediscono di unirci a Dio, affinché Lei li sciolga e ci avvicini a suo figlio Gesù. Questo è il significato dell’immagine».
 

Nella preghiera che è riportata nel retro dell'immaginetta, diffusa con l’imprimatur dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, si legge: «Il maligno mai fu capace di imbrogliarti con le sue confusioni... e intercedendo insieme a tuo Figlio per le nostre difficoltà, con tutta semplicità e pazienza ci desti un esempio di come dipanare la matassa delle nostre vite».



Francesco è poi molto devoto di san Giuseppe, il custode dell'infanzia di Gesù, sotto la cui protezione ha iniziato il suo pontificato con la messa inaugurale celebrata proprio il 19 marzo, festa dello sposo di Maria. Tra i santi con i quali il nuovo Papa ha uno speciale rapporto c'è Teresa di Lisieux, la patrona delle missioni, la cui devozione Bergoglio ha voluto diffondere specialmente nelle «villas miserias», le povere baraccopoli di Buenos Aires. «Quando ho un problema lo affido a lei - aveva raccontato il cardinale a Stefania Falasca - Non le chiedo che lo risolva, solo che lo tenga nelle sue mani e mi aiuti; come segnale ricevo quasi sempre una rosa».
 

La tradizionale pietà popolare, quel fiume carsico di devozioni che anche negli anni della crisi e della secolarizzazione ha tenuto legate tante persone ai santuari, è dunque un elemento importante per la nuova evangelizzazione, espressione di una fede del popolo, di quella fede dei semplici che il magistero - come affermava l'allora cardinale Ratzinger - deve tutelare esercitando proprio in questo modo il suo compito «democratico», dando voce a chi non ha voce, non scrive sui giornali e non va in televisione a esprimere le sue opinioni teologiche. (Tornielli)