venerdì 3 maggio 2013

Predicare spiazza




Le omelie a braccio del Papa e quella curia poco abituata




E’ tutta colpa delle brevi omelie del mattino,quelle che Papa Francesco tiene puntualmente ogni giorno poco dopo le sette nella piccola cappella del residence di Santa Marta, davanti a un pubblico sempre diverso: giardinieri, impiegati delle poste, giornalisti, suore e sacerdoti venuti dalle più lontane periferie. E’ il gesuita argentino il primo Pontefice ad aver inaugurato questo stile. Prima di lui, i papi celebravano all’alba una messa nel chiuso dell’appartamento privato. Assistevano i pochi membri della famiglia pontificia, concelebravano il segretario e i più stretti collaboratori. L’omelia non era prevista. Bergoglio, invece, ama vedere la cappella di Santa Marta gremita, va a sedersi nelle ultime file dopo la messa. Parla a braccio, non ha testi scritti. Guarda il Vangelo, ripassa le letture e commenta. Come farebbe qualunque parroco di campagna. Il Papa non vuole neppure che i testi delle sue prediche mattutine vengano trascritti e diffusi integralmente. Non sono discorsi ufficiali che passano sotto le mani sapienti dei correttori di bozze e che tornano sulla sua scrivania per l’imprimatur definitivo. Le omelie di Santa Marta sono semplicemente registrate e diffuse per estratto sull’Osservatore Romano e Radio Vaticana. Non c’è neppure la diretta televisiva. Non esistono testi integrali e spesso le citazioni e i resoconti sommari creano qualche imbarazzo o incomprensione.
E’ accaduto la scorsa settimana, quando una mezza frase sul destino dello Ior è stata interpretata – secondo il Vaticano – in modo errato. “La burocrazia è necessaria, ma fino a un certo punto”, diceva Papa Francesco, parlando della chiesa come di una “storia d’amore” diversa da una ong. “Tutto è necessario, gli uffici sono necessari, ma solo come aiuto a questa storia d’amore”, aggiungeva. E, dopo una breve pausa e con il sorriso sulle labbra, diceva “ma ci sono quelli dello Ior, scusatemi eh!”. Un inciso che l’Osservatore Romano non riteneva necessario riportare, ma che ha fatto pensare all’intenzione di Francesco di chiudere (come peraltro richiesto nelle Congregazioni generali pre Conclave da cardinali come il nigeriano Onaiyekan e l’austriaco Schönborn) l’Istituto per le opere religiose, o quanto meno di riformarlo profondamente. Impressione sbagliata. Con una lunga intervista sull’Osservatore Romano del 1° maggio (immediatamente inserita nel bollettino ufficiale della Santa Sede) e una più breve a Radio Vaticana, il sostituto della segreteria di stato per gli Affari generali, monsignor Angelo Becciu, ha spiegato che quello del Papa sullo Ior era solo “un cenno di battuta”, nulla di più. Non solo, ma Jorge Mario Bergoglio fa sapere di apprezzare la Banca vaticana per “i servizi che ha fatto” e per quanto si sta facendo per “renderla più trasparente e presentabile”. Insomma, il suo pensiero è stato travisato e di ciò il Pontefice “è rimasto sorpreso”.

“La riforma della curia è certa”
Stesso discorso per la riforma della curia: da quando il successore di Benedetto XVI ha costituito il gruppo di lavoro che studierà come riformare la Pastor Bonus (la costituzione apostolica promulgata nel 1988 da Giovanni Paolo II che regola il governo della chiesa), “i consigli piovono”, dice Becciu. Consigli non richiesti ma che in molti (dentro e fuori le Mura leonine) si affannano a dare. Eliminazione dei filtri tra Pontefice e capi dicastero, introduzione di un mediator curiae, soppressione di congregazioni e riduzione del peso della segreteria di stato. Da quando Francesco è salito al soglio di Pietro, le ipotesi sull’organizzazione della macchina curiale si sono sprecate. “Che riforma ci sarà, è certo”, ha chiarito monsignor sostituto a Radio Vaticana. Nessuno sa, però, come questa si concretizzerà, benché sia facile presumere che la strada scelta sarà quella di un governo più orizzontale che includa maggiormente gli episcopati locali. “Il Papa ascolta tutti”, aggiungono dalla Santa Sede, si muove con calma, non fa trapelare nulla dei suoi piani. Sta esplorando un terreno fino a un mese e mezzo fa a lui del tutto ignoto, abituato com’era alle dinamiche della chiesa argentina. Prima di tutto, spiega Becciu, Francesco “ascolterà chi ha scelto come suoi consiglieri”, senza che ciò metta in discussione il primato. Bergoglio parla, si consulta, prende appunti, riflette. Ma alla fine, da buon gesuita, decide da solo.
M.Matzuzzi
FOGLIO QUOTIDIANO
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“National Catholic Reporter”- Rassegna "Fine settimana"
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