sabato 4 maggio 2013

Quando la pietà popolare è una ricchezza




Messa del segretario di Stato per il pellegrinaggio delle confraternite nell’Anno della fede. 
«Nella storia della Chiesa, le confraternite hanno dato il loro specifico contribuito, nella grande varietà che le caratterizza e che costituisce una ricchezza, perché diffonde l’unico messaggio in molteplici forme e in diversi ambienti. L’importante è che tutto — tradizioni, consuetudini, riti, opere — sia conforme a questa missione evangelizzatrice di Cristo e della Chiesa, e il Vangelo sia non solo proclamato con le parole, i simboli, le processioni, ma sia testimoniato con coerenza nella vita della stessa confraternita e dei suoi membri». Lo ha raccomandato il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, celebrando sabato pomeriggio, 4 maggio, la messa nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, per i partecipanti di lingua italiana al pellegrinaggio delle confraternite nell’Anno della fede.
Da ieri, venerdì 3, oltre sessantamila aderenti a queste realtà associative che promuovono la pietà popolare sono riuniti a Roma per una tre-giorni che culmina con l’Eucaristia domenicale celebrata da Papa Francesco in piazza San Pietro. Suddivise per quattro gruppi linguistici, le confraternite giunte da ogni parte del mondo sono ospitate in una ventina di parrocchie romane nelle quali è particolarmente viva questa tradizione. Dopo aver partecipato con tutte le altre sabato mattina a un breve pellegrinaggio sulla tomba di San Pietro, quelle arrivate dalle diocesi italiane si sono date appuntamento nel pomeriggio nella celebre chiesa di piazza della Repubblica per un momento di riflessione, di preghiera e di condivisione, culminata con la messa del cardinale Bertone. Alla presenza di tremila fedeli, hanno concelebrato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione; il vescovo Mauro Parmeggiani, assistente ecclesiastico della Confederazione delle confraternite delle diocesi d’Italia; e don Franco Cutrone, parroco di Santa Maria degli Angeli. Il rito — diretto da monsignor Guillermo Javier Karcher, cerimoniere pontificio — è stato allietato dai canti del coro dell’arciconfraternita della morte ed orazione di Lanciano e da quelli in sardo della confraternita san Gavino Martire di Monti (Olbia-Tempio).
All’omelia il porporato ha invitato in particolare «i presbiteri e i vescovi, a vigilare con sollecitudine pastorale» sulle attività delle confraternite, ricordando come anch’egli personalmente abbia «avuto la gioia di accompagnarne tante nel servizio pastorale a Vercelli e a Genova, e di ammirarne lo zelo e la fedeltà». E in proposito ha richiamato l’esortazione della lettera agli Ebrei, contenuta nella prima lettura, dove si chiede di prestare «attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone». Perciò, ha detto il porporato, «le confraternite sono un’esperienza privilegiata in cui esercitare la fraternità, il reciproco stimolarsi e incoraggiarsi nella carità, nel servizio ai poveri, nella partecipazione alle riunioni». E in tal senso, la prima regola, la prima testimonianza data agli altri, è «l’amore vicendevole, il volersi bene tra confratelli».
Un secondo aspetto messo in luce dal celebrante è l’importanza della formazione. «le confraternite — ha spiegato — sono ricche di tradizioni, ma sono chiamate a offrire ai loro membri anche alcuni momenti in cui approfondire le conoscenze liturgiche, bibliche, catechistiche».
Infine un terzo aspetto è quello «del vivere bene la dimensione ecclesiale», a livello sia parrocchiale, sia diocesano. «Le confraternite devono essere esemplari — ha affermato — nella collaborazione con i pastori e nel servizio alla comunità, secondo le esigenze indicate dal parroco o dal vescovo». E «questo non soltanto nelle grandi cose, nei compiti più rilevanti, ma anche e soprattutto per le necessità ordinarie, umili, nascoste». Da qui l’invocazione conclusiva affinché il pellegrinaggio romano porti alle confraternite «abbondanti frutti spirituali. La partecipazione a questo evento di grazia — ha auspicato il cardinale Bertone — possa farvi crescere sia personalmente sia come associati». Anche perché — ha concluso — «l’Anno della fede spinge i movimenti e i gruppi ecclesiali a ritrovare nella nuova evangelizzazione un elemento di comune partecipazione per il cammino della Chiesa».
In precedenza il porporato aveva ricordato come nella lettera apostolica Porta fidei Benedetto XVI avesse delineato «fin dall’inizio e chiaramente quali sarebbero state le caratteristiche essenziali e spirituali di tale evento», sottolineando che «l’immagine della porta è quanto mai felice ed efficace, perché Gesù stesso la utilizzò quando disse: “Io sono la porta delle pecore” (Giovanni 10, 7). Questa autorivelazione di Gesù — ha proseguito il cardinale Bertone — ci dice che Lui è il passaggio ben definito che occorre attraversare per entrare nello spazio di Dio, nella vita di Dio. Un passaggio stretto, ma aperto sempre e per tutti. Un simbolo, questo della porta, che trova una realizzazione forte nelle Porte sante dei Giubilei». E sebbene l’Anno della fede non sia un Giubileo, per analogia è comunque possibile affermare «che anche i pellegrinaggi di questo Anno speciale conducono a Cristo Porta fidei: è Lui, in effetti, la porta della fede, e se voi siete qui è perché avete scelto Lui come via e come passaggio decisivo della vostra vita, sia personale sia comunitaria». E questo — ha concluso — «è una salutare provocazione per l’intelligenza e la libertà dell’uomo».
L'Osservatore Romano, 5/6 maggio 2013