Prima che «di assicurare dei limiti e degli argini», è necessario «trovare delle ragioni di vita». Proprio questa è la «missione più propria del cristianesimo », il quale «ci dice innanzitutto non ‘come’ vivere ma ‘perché’ vivere, perché scegliere la vita, perché gioirne e perché trasmetterla». Ad affermarlo è stato ieri pomeriggio a Roma il cardinale Camillo Ruini, aprendo, nel tempio di Adriano, la sua lectio magistralis sul tema «Quale ruolo della fede in Dio nello spazio pubblico?», tenuta in occasione della lettura annuale della Fondazione Magna Carta. Introdotto dal saluto del ministro Gaetano Quagliarello, presidente d’onore della Fondazione, il porporato ha osservato come «ci troviamo in una fase nuova, e acuta, della contesa intorno alla laicità, o forse più propriamente al ruolo della fede nello spazio pubblico ». In realtà, però, «l’oggetto del contendere s’è profondamente modificato», e in ballo «non c’è più, almeno in linea di principio, il rapporto tra Chiesa e Stato come istituzioni», quanto piuttosto «le grandi problematiche etiche e antropologiche che sono emerse negli ultimi decenni», che hanno «chiaramente una dimensione non soltanto personale e privata ma anche pubblica».
Di qui la «strana tendenza » dell’Europa, che «sembra
compiacersi di prosciugare le energie vitali e morali di cui si nutrono
le persone, le famiglie, i popoli». Ma il cristianesimo, ha
affermato Ruini, è religione del «logos», della «libertà», dell’«amore e
della persona come essere in relazione» e «sono questi i contenuti
essenziali da salvaguardare », quelli che «aprono al futuro». Se nel
Medioevo si ebbe «una prevalenza unilaterale della verità sulla
libertà», nel nostro tempo la libertà prevale «sulla verità del nostro
essere: tenere distinti questi due piani, della libertà e della verità,
ma anche cercare sempre di nuovo una loro possibile sintesi», che alla
fine è la «difficile impresa » del tempo in cui viviamo. Affrontando poi
«l’obiezione che viene continuamente ripetuta», secondo la quale «ogni
riferimento a contenuti e valori oggettivi e non relativistici
costituirebbe un’inaccettabile limitazione della libertà e, in concreto,
l’imposizione di una visione particolare, quella cristiana, anche a chi
non la condivide », Ruini ha posto in evidenza come «in realtà nessuna
società o consorzio umano può sussistere senza dotarsi di alcune norme
che valgano per tutti i suoi membri». In tale processo, è chiaro,
«prevarrà chi saprà ottenere la maggioranza dei consensi», ma «ciò
naturalmente non significa che competa a una maggioranza stabilire cosa
sia vero o falso, e nemmeno cosa sia in se stesso giusto o ingiusto».
«Il gioco democratico – ha scandito Ruini – non riguarda la verità delle
cose, ma solo le regole comuni di comportamento». Per questo, ha
aggiunto il cardinale, «coloro che, per motivi di coscienza, ritengono
di non potersi adeguare a tali norme, è giusto che abbiano la
possibilità dell’obiezione di coscienza ». Nel caso, poi, che le leggi
non consentano l’obiezione di coscienza, ha detto ancora Ruini, «si
potrà dare testimonianza delle proprie convinzioni in una forma più
costosa ma anche più forte, affrontando le pene previste dalla legge».
«In effetti – ha concluso – i più eroici ed efficaci obiettori di
coscienza furono e sono i martiri cristiani delle diverse epoche
storiche».
Salvatore Mazza – Avvenire, 7 maggio 2013
Di seguito il testo della lectio magistralis:
Di seguito il testo della lectio magistralis: