venerdì 3 maggio 2013

Two is better che uan! (2)


Cari amici, da ieri, come sapete, in Vaticano ci sono due Papi: Francesco, eletto dal conclave lo scorso 13 marzo, e l’emerito Benedetto XVI, che ha lasciato Castel Gandolfo dopo 62 giorni per ritirarsi nel monastero Mater Ecclesiae, opportunamente ristrutturato. Per la prima volta in epoca moderna abbiamo sia il Papa che il suo predecessore, e per la prima volta entrambi convivono a pochi passi uno dall’altro. Una situazione nuova, inedita.
In questo ampio commento che ho appena pubblicato su Vatican Insider (V. infra) cerco di analizzare il gesto di Benedetto XVI, anche alla luce del dibattito sulla continuità/discontinuità tra Ratzinger e Bergoglio, che come sapete è uno dei temi discussi sia negli ambienti tradizionalisti sia in quelli di segno opposto.
Ne abbiamo parlato e discusso anche su questo blog, in almeno un paio di post precedenti: alcune scelte di Francesco vengono lette come espressione di “discontinuità” in riferimento al predecessore, e c’è persino chi paventa la “demolizione del papato” a motivo della scelta del Papa di dotarsi di un gruppo di cardinali consiglieri.
Nella riflessione su Vatican Insider che lo linkato sopra faccio notare come ben più forte, dal punto di vista storico, sia stata la decisione di Ratzinger di rinunciare al pontificato. Ma questo suo gesto fa vedere, a mio avviso, come Benedetto XVI non sia affatto legato all’immagine sacrale e immobile del papato. E dunque, anche se Ratzinger è tornato a utilizzare paramenti antichi, con la sua rinuncia ha riportato il papato stesso più vicino alle sue origini. Mostrando al contempo di non ritenere affatto così essenziale una certa sacralizzazione e assolutizzazione della figura papale: la rinuncia infatti avvicina il vescovo di Roma agli altri vescovi.
Il gesto di Benedetto XVI, teologo di grande profondità e grande conoscitore della storia della Chiesa e dei padri della Chiesa, mostra come la “desacralizzazione” comportata dalla rinuncia non lede in alcun modo il primato petrino, il presiedere nella carità che compete alla Chiesa di Roma e al suo vescovo, la custodia del “depositum fidei”. La rinuncia, insomma, può risultare in discontinuità con una certa forma in cui si è andato configurando storicamente il papato, non con il papato né con il primato. E se non è vera discontinuità l’atto storicamente dirompente della rinuncia al papato, figuriamoci se possono esserlo alcune scelte riguardanti l’abbigliamento papale.

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Chi critica Francesco per la presunta «discontinuità» con Benedetto XVI, dimentica l'importanza storica della rinuncia

ANDREA TORNIELLI

Da ieri il Vaticano ha due Papi, che vivono a qualche centinaio di metri uno dall'altro, all'interno dello stesso chilometro quadrato di territorio, quello dello Stato più piccolo del mondo. Il vescovo di Roma Francesco e il suo predecessore sono ora fianco a fianco, il primo nel pieno dei suoi poteri dopo l'elezione avvenuta lo scorso 13 marzo, il secondo ritirato,  «nascosto al mondo», che trascorre l'ultimo periodo della sua vita pregando e studiando.


Fintanto che il Papa emerito è rimasto confinato nel grande palazzo pontificio di Castel Gandolfo, affacciato sul lago, il problema quasi non si è posto. La presenza di Joseph Ratzinger, discreta come sempre, non si è avvertita, tornando alla ribalta soltanto il 23 marzo, quando il successore gli ha fatto visita. Ma da ieri, da quando ha fatto ritorno in Vaticano per abitare nell'ex monastero di clausura «Mater Ecclesiae» opportunamente ristrutturato per accogliere lui e la sua piccola «famiglia», Benedetto XVI è tornato a essere una presenza, un punto di riferimento, proprio all'interno del «recinto di Pietro». Più che comprensibile la sua volontà di non far diffondere il video dell'arrivo, limitandosi a una foto per tranquillizzare chi teme per la sua salute (peraltro va ricordato che proprio la sua debolezza fisica è stato il motivo della rinuncia). Ma anche se non si farà vedere o incontrare, continuerà a essere una presenza. Non c'è più solo il Papa, c'è anche il «Papa emerito», come lo stesso Benedetto XVI ha voluto farsi chiamare, scegliendo la categoria canonica dell'«emeritato», che prevede di conseguenza il permanere di tutte le insegne usate in precedenza.


La situazione che vive oggi il Vaticano e tutta la Chiesa cattolica non ha precedenti in epoca moderna. E non era mai era accaduto che un Papa rinunciasse alla cattedra di vescovo di Roma per motivi di vecchiaia. L'umiltà e la discrezione di Ratzinger faranno sì che egli non diventi ingombrante per il suo successore, evitando di trasformarsi, suo malgrado, nel riferimento per gli scontenti o i delusi dal nuovo pontificato.


Com'è noto alcuni ambienti tradizionalisti hanno pubblicamente criticato alcune scelte di Papa Francesco, a cui imputano un eccesso di sobrietà, il mancato uso di alcune insegne, di alcune vesti, di ricchi paramenti antichi o in stile antico. Gli imputano persino di aver cominciato a minare lo stesso primato petrino, per aver accentuato il suo essere «vescovo di Roma» - il titolo primo e più antico del Papa - e per aver nominato un gruppo di otto cardinali «consiglieri» ai quali affidare la riforma della Curia e ai quali chiedere suggerimenti nel governo della Chiesa. I critici, sottolineando la presunta discontinuità con Benedetto XVI,  paventano la demolizione del papato stesso, il venir meno della sacralità della figura papale.


A questi critici, pronti a leggere qualsiasi gesto di Francesco come un segno di discontinuità dal predecessore, sembra sfuggire che ben più delle scelte contingenti di Francesco, il vero atto che in un certo senso desacralizza la figura papale, è stata la rinuncia di Benedetto XVI. È stata la sua decisione di abbandonare il pontificato, dopo essersi reso conto di non avere più le forze fisiche e spirituali per reggere il timone della barca di Pietro. La sua rinuncia, che ha di fatto azzerato gli incarichi della Curia romana (i più stretti collaboratori del Papa e i capi dicastero sono stati confermati da Francesco «donec aliter provideatur» e dunque sono tutti passibili di spostamenti e cambiamenti), ha aperto all'elezione di un nuovo Pontefice e ha creato la situazione storicamente inedita in epoca moderna dei due Papi.


Ma sarebbe un errore indicare in questo gesto di Benedetto, seppur dirompente dal punto di vista storico, una vera «discontinuità». Con la sua decisione, infatti, Ratzinger ha contribuito a riportare il ministero del vescovo di Roma più vicino alle sue origini e alla sua  natura: il Papa è il successore di Pietro, il pastore della Chiesa che presiede nella carità, il custode del «tesoro» che non gli appartiene, quel «depositum fidei» che deve trasmettere. Non è un imperatore a vita né un super-governatore delle Chiese. Certe forme storiche e storicamente giustificate, un'enfasi sacralizzante della figura papale, erano andate oltre quell'essenza delle origini: il decidere di distaccarsene, il ritenerle non più così adeguate alla presente situazione, non mina in alcun modo il papato.


In fondo, poco importa se il Papa indossa o meno mitre altissime e preziosissime, se fa riesumare il «fanone», se usa ferule d'oro dei tempi passati, se si siede su grandi troni di legno dorato. Tutti segni che accentuano visivamente la sacralità, l'unicità e l'universalità del ministero pontificale. Con la sua rinuncia Benedetto XVI ha però dimostrato di non ritenere affatto indispensabile l'immobile sacralità del Papa regnante. E così si è ritirato, come avviene per gli altri vescovi nelle diocesi del mondo a motivo dell'età. Con la sua rinuncia, ha riavvicinato la figura del Papa a quella degli altri vescovi, senza minare in alcun modo l'essenzialità e le prerogative del primato petrino.

 C'è dunque un'evidente continuità, una profonda consonanza, una comune visione che unisce Papa Ratzinger, l'emerito, e Papa Francesco, il vescovo di Roma: ed è lo sguardo di fede e la consapevolezza che la Chiesa la guida il Signore, non il Papa. «La Chiesa non è mia, non è nostra, ma è del Signore, che non la lascia affondare; è Lui che la conduce...», aveva esclamato Benedetto XVI nell'ultima udienza del mercoledì. L'eccezionale «normalità» di un Papa che rinuncia per vecchiaia e che va a vivere «nascosto al mondo» accanto al suo successore sta a indicare proprio questo.
(A. Tornielli) 

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 Ritorna Ratzinger. Due Papi in Vaticano
Corriere della Sera - Rassegna "Fine settimana"

(Gian Guido Vecchi) "Joseph Ratzinger è tornato ieri in Vaticano dopo due mesi a Castel Gandolfo e papa Francesco ha accolto il suo predecessore davanti alla residenza che il Pontefice emerito ha scelto per vivere «anzitutto in preghiera» e «nascosto al mondo» (...) 
Rassegna stampa del sito Incontri di "Fine Settimana" 
- I due Papi insieme in Vaticano di Marco Ansaldo in la Repubblica  
- Ratzinger in Vaticano. L'abbraccio di Francesco di Alessandro Speciale in La Stampa 
- Il monastero di Benedetto di Andrea Tornielli in La Stampa