mercoledì 22 maggio 2013

Un quarto d’ora prima di morire



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di Costanza Miriano
Una mamma, si sa, non può permettersi di morire prematuramente, con i bambini ancora piccoli. È categoricamente escluso. Tanto meno senza preavviso. Chi saprebbe penetrare nell’arcano, delicatissimo meccanismo dei cambi di stagione, chi manterrebbe quello straccio di vita sociale necessario a non scendere sotto il livello minimo, chi ricorderebbe vaccini e colloqui con le maestre?
Quando sarà la mia ora cercherò senz’altro di strappare almeno un altro quarto d’ora allo Sposo (d’altra parte ci provo sempre), per lasciare consegne e sistemare almeno le ultime due o tre cosette più urgenti. Comunque vada, mi rimarrà una lunga lista di cose da fare.
Uno dei punti inevasi sarà ringraziare tutte le persone che mi hanno passato il tesoro prezioso della fede. Già perché nella Chiesa cattolica funziona così: la fede, che o è incarnata o non è, si passa di mano in mano, come un vasetto prezioso che non può mai essere abbandonato a terra, deve stare sempre nelle mani di qualcuno. È sempre stato così, dal deposito degli Apostoli a oggi, per secoli, millenni: dalle mani,vive, di qualcuno, nelle mani di qualcun altro.
Pensiamo a quelli che ci hanno annunciato Cristo convincendoci davvero. Per quanto mi riguarda i gesti che hanno conquistato il mio cuore, se mi volto indietro, sono stati quelli di chi ha fatto qualcosa di buono per me, perdendoci qualcosa lui. Il gesto di chi si è occupato di me senza guadagnarci niente.
Ecco, se vogliamo anche noi essere credibili e conquistare altri cuori non c’è altra via che questa, spendere qualcosa di noi, tagliarci qualche fetta di carne viva, perché la fede si passa solo incarnata, sennò sarebbe bastato un bel cartellone.
Ecco, neanche stavolta ho ringraziato nessuno, porca miseria. Vorrà dire che non posso morire ancora. Non prima di un quarto d’ora, almeno…