mercoledì 26 giugno 2013

I due vessilli

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Nuovo tweet del Papa: 
La carità, la pazienza e la tenerezza sono tesori bellissimi. E quando li hai, vuoi condividerli con gli altri. 
(26 giugno 2013)

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Nel 2006 il cardinale argentino tenne gli esercizi spirituali all’episcopato spagnolo. La contemplazione dei misteri della vita pubblica del Signore comincia con la meditazione dei due Vessilli. È una meditazione programmatica e il programma è di lotta: il Signore ci invita a un combattimento spirituale. Una lotta fino alla morte che Egli porta avanti e nel quale noi siamo invitati a trovare il nostro posto di battaglia definitivo, coscienti che la guerra è di Dio.
 La guerra è contro il «nemico mortale della nostra umana natura», come Ignazio chiama il demonio. E pertanto è guerra dell’«amico della nostra umana natura», del Signore Gesù che vuole conquistarci per Dio e ricapitolare in sé tutto il bene della creazione per offrirlo al Padre, per la sua gloria. Ciò che sta in gioco è se nel mio cuore e in quello della Chiesa e nel mondo intero si va instaurando il Regno dei cieli, con la sua legge della carità e con lo stile di vita del Signore — di povertà, umiltà e servizio — oppure se si va instaurando il regno di questo mondo, con le sue leggi e il suo stile di ricchezza, vanità e superbia.
La caratteristica di Ignazio è che ci porta a contemplare i misteri della vita del Signore investigando al tempo stesso «in quale stato di vita la sua divina Maestà vuole servirsi di noi» (Esercizi spirituali, 135). E se abbiamo già scelto lo stato di vita, riformandolo per migliorarlo. La domanda non riguarda tanto i «posti di servizio» bensì qualcosa di più profondo e definitivo: è una domanda riguardo al mio stato di vita. E non come forma esteriore, ma come principio vitale: in quale stato di vita o con quale riforma del mio stato di vita sento che il mio cuore continuerà a diventare più «amico di Gesù», più simile a Lui, più povero, più umile e più servizievole?
In quale stato di vita o con quale riforma al mio stato di vita l’amore di Gesù potrà in me instaurarsi in maniera definitiva? L’ambito oggettivo per continuare a farci questa domanda è quello della lotta fino alla morte tra i due vessilli. Il cardinale Martini ha parlato di «due progetti di vita contrapposti» (vita e morte, progresso e degradazione dell’esistenza umana). Due programmi per i quali non vale la legge del più e del meno, bensì la legge dei contrari, o uno o l’altro.
Noi concepiamo spesso le situazioni pastorali nel loro aspetto lineare o evolutivo — dal male al bene, dal bene al meglio — o regressivo, dal bene al meno buono, sino al male. E ci lamentiamo quando non si realizza lo sviluppo buono o avviene molto lentamente. Ne deriva che registriamo con amarezza la decadenza della fede, della partecipazione alla messa... e facciamo il paragone con i tempi passati migliori... Corriamo il rischio di rendere statico qualcosa che è in movimento. Dimentichiamo che la vita del cristiano è una continua lotta contro il potere suggestivo degli idoli, contro Satana e il suo tentativo di portare l’uomo all’incredulità, alla disperazione, al suicidio morale e fisico. Dimentichiamo che il cammino cristiano si misura non solo con il metro del tragitto percorso, ma con quello della grandezza della lotta, con quello della difficoltà degli ostacoli superati e con quello della ferocia degli assalti a cui si è resistito.
Per questo motivo il giudizio sull’odierna vita di fede è complesso. Non è sufficiente considerare le statistiche sociologiche — l’aspetto quantitativo di quanti cristiani, quanti praticanti, e così via — ma bisogna tenere presente la lotta forse drammatica per la fede e il Vangelo che un cristiano deve sostenere ogni giorno per continuare a credere, operando secondo il Vangelo, o almeno resistendo contro l’incredulità. La meditazione dei due vessilli ci insegna che il Signore ci vede come il suo popolo in lotta contro il nemico, e per questo ha compassione, ci incoraggia, ci sostiene e consola. Il Signore è un Sommo Capitano (Esercizi spirituali, 136) che dà coraggio ai suoi nella battaglia e continuamente rianima e conforta, perché sa quanto dura è la lotta e quanto spietato e astuto il nemico. La soddisfazione di lottare gomito a gomito col Signore evita molte frustrazioni legate a un concetto di tipo imprenditoriale della gestione pastorale.
Dobbiamo chiedere al Signore questa percezione drammatica della vita cristiana, che sebbene sia dura nella sua formulazione produce frutti di gioia e di pace in mezzo alla lotta, mentre altre formulazioni più “pacifiche” o conciliatrici suonano bene all’orecchio ma non consolano nella pratica.
L'Osservatore Romano

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Due bandiere... una sola scelta!

Pubblicato 2012/01/06
Autore: Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
Una delle più intense meditazioni proposte da Sant’Ignazio nei suoi famosi Esercizi Spirituali è quella delle “Due Bandiere”. In essa, il fondatore della Compagnia di Gesù...
Vangelo
21 “Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.
23 Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a  gridare: 24 ‘Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu  sei: il santo di Dio’. 25 E Gesù lo sgridò: ‘Taci! Esci da quell’uomo!’. 26 E lo spirito  immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore,  tanto che si chiedevano a vicenda: ‘Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata  con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!’. 28 La sua fama  si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea” (Mc 1, 21-28).
Commento al Vangelo – IV Domenica del Tempo Ordinario
Per vincere la battaglia della nostra vita spirituale dobbiamo fare in modo
di raggiungere un’unione piena e perfetta col Supremo Capitano,
servendoci di tutti gli elementi che Egli mette
alla nostra portata.
Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
I – La battaglia della nostra vita spirituale
Una delle più intense meditazioni proposte da Sant’Ignazio nei suoi famosi Esercizi Spirituali è quella delle  “Due Bandiere”. In essa, il fondatore della Compagnia di Gesù ci presenta la vita spirituale come un campo  di battaglia dove si affrontano due eserciti: quello del Signore Gesù, supremo Capitano e Signore e quello di  satana, mortale nemico della natura umana.
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“Tentazione di Cristo”, del Beato Angelico –
Convento di San Marco, Firenze
Di fronte a questi comandanti antagonisti, con tratti molto ben definiti, diventa impossibile assumere una  posizione di neutralità. “Cristo chiama e vuole tutti gli uomini sotto la sua bandiera; Lucifero, al contrario,  sotto quella di lui”.1 Non c’è una terza opzione; è necessario fare una scelta.
Il peculiare governo del demonio
Quali sono le caratteristiche del capo dei cattivi? Nel Vangelo di San Giovanni, Nostro Signore lo qualifica  come “menzognero e padre della menzogna”. “Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato  nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre  della menzogna” (Gv 8, 44).
Incapace di agire direttamente sull’intelligenza e sulla volontà dell’uomo, il demonio cerca di governare le  anime attraverso un influsso esterno che mira ad oscurarne progressivamente il raziocinio fino ad obnubilare  la loro capacità di discernimento tra il bene e il male. Per mezzo di espedienti psicologici, che utilizza con  maestria, cerca di riempire i loro cuori di desideri che le portano a peccare sempre di più. Ad ogni mancanza commessa, la volontà del peccatore si debilita, la sua intelligenza perde lucidità ed egli diventa più  vulnerabile al suo fattore.
Ora, questo arrogante duce non ha alcun potere di penetrare nell’anima, nemmeno in quella di un posseduto,  poiché, in questo caso, il suo dominio riguarda soltanto il corpo. La sua azione è analoga a quella  dell’assalitore che, rubando una macchina, ne assume la direzione, spingendo il proprietario sul sedile del  passeggero: ha il controllo del veicolo, ma non dell’intelligenza o della volontà del proprietario.
Cristo vive nelle anime in stato di grazia
Il Signore Gesù sta all’estremità opposta del campo di battaglia. Al contrario del “padre della menzogna”  che aspira a schiavizzare le creature razionali per tutta l’eternità nell’inferno, Cristo desidera la nostra  salvezza.
Come il capo dei malvagi, il Supremo Comandante dei buoni Si serve molte volte di influssi esterni per  condurre coloro che Gli appartengono ma, al contrario del demonio, Egli può agire nell’intimo delle anime  attraverso una grazia efficace, davanti alla quale la volontà e l’intelligenza si sottomettono senza opporre il  minimo ostacolo.2 Perché “come l’argilla nelle mani del vasaio che la forma a suo piacimento, così sono gli  uomini nelle mani di colui che li ha creati, per retribuirli secondo la sua giustizia” (Sir 33, 13-14).
La presenza del demonio è sempre esterna all’anima. E sebbene, in caso di possessione, la vita cosciente di  questa si trovi sospesa, egli non potrà mai invaderla, perché “soltanto Dio ha il privilegio di penetrare nella  stessa essenza dell’anima, con la sua virtù creatrice, e lì stabilire la sua dimora”.3
“Sant’Ignazio di Loyola”
“Cristo chiama e vuole tutti gli uomini sotto
la sua bandiera; Lucifero, al contrario,
sotto quella di lui”
“Sant’Ignazio di Loyola” Atelier artistico
degli Araldi del Vangelo
Santificata dalla grazia, l’anima è abitata dalla Santissima Trinità, che in lei infonde la sua propria vita  attraverso il Verbo Incarnato. Per questo San Paolo afferma, con tutta proprietà: “Non sono più io che vivo,  ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha  dato se stesso per me.” (Gal 2, 20).
Lotta infinitamente diseguale
Analizzata sotto quest’ottica, la lotta descritta da Sant’Ignazio si presenta infinitamente diseguale: il duce  dei malvagi ottiene potere sull’intelligenza e la volontà delle creature soltanto nella misura in cui esse gli  aprono le porte dell’anima; Nostro Signore, al contrario, produce “tanto il volere che l’operare secondo i  suoi benevoli disegni” (Fl 2, 13).
Infatti, Cristo può operare nel nostro intimo “in modo così efficace che produce infallibilmente il disegno di  Dio senza, però, compromettere la libertà dell’anima che aderisce alla grazia e la asseconda in un modo  liberissimo e allo stesso tempo infallibile”.4 È quello che è accaduto a San Paolo sulla via di Damasco (cfr.  At 9, 1-6): una grazia creata da Dio, per Propria iniziativa, lo ha convertito immediatamente.
Pertanto, per vincere la battaglia della nostra vita spirituale, dobbiamo fare in modo di raggiungere  un’unione piena e perfetta col Supremo Capitano, servendoci di tutti gli elementi che Egli mette alla nostra  portata. Infatti solamente attraverso la partecipazione alla stessa vita divina potremo vincere definitivamente  gli astuti conflitti del “padre della menzogna”.
II – La dottrina viva del Divino maestro
Nell’episodio raccolto dalla liturgia di questa 4ª Domenica del Tempo Ordinario contempleremo un incontro  tra queste due bandiere nella sinagoga di Cafarnao. Da un lato vediamo il Divino Maestro che predica la  Buona Novella per la prima volta; dall’altro lo “spirito malvagio”, insediato nel corpo di uno dei presenti.
L’incarico di interpretare e adattare la Legge
21 “Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad  insegnare”.
Secondo la prassi del culto giudaico, essendo “giorno di sabato”, Nostro Signore e i suoi primi discepoli dovevano recarsi alla sinagoga per ascoltare le Scritture. Invece, il Vangelo chiarisce che Gesù non era andato solo per ascoltare, ma principalmente per insegnare.
Predicare nella sinagoga non era una funzione che chiunque poteva svolgere. Era necessario esser stato  formato in una delle scuole rabbiniche e aver dato prova di capacità di interpretare la Legge e i Profeti secondo i principi stabiliti. I dottori delle sinagoghe trasmettevano quello che essi stessi avevano imparato  da famosi maestri come Shamai o Hilel, evitando criteri propri che potevano dar occasione al sorgere delle  più svariate dottrine.
Gustavo Kralj, per concessione del Ministero dei Beni
Culturali della Repubblica Italiana
“Discorso della montagna”
Lo sguardo di Gesù percorreva i presenti in
una forma soave, tranquilla, ferma, penetrante
e attraente, causando estasi in coloro
sui quali ricadeva
“Discorso della montagna”, del Beato
Angelico –  Convento di San Marco, Firenze
Ai tempi del Deuteronomio, spettava ai sacerdoti insegnare e spiegare la Legge, e così tale costume si è  esteso per molti secoli. Dopo l’esilio in Babilonia, si costituisce una nuova categoria di uomini dediti a  questo compito: gli scribi. Il primo a ricevere questo nome nel senso di “maestro della Legge” è stato Esdra,  di stirpe sacerdotale (cfr. Es 7, 1-6), ma molti altri hanno ricevuto lo stesso titolo, senza appartenere al  lignaggio di Aronne.
Predicazione dei maestri della Legge
All’epoca del Signore Gesù, gli scribi formavano una classe a parte. Avendo l’incarico di trasmettere e  interpretare la Legge di generazione in generazione, hanno adattato poco a poco certe prescrizioni della  Sacra Scrittura fino al punto di creare norme estranee allo spirito dei precetti mosaici. Davanti al popolo essi  si presentavano come i saggi, o hakamim, e si proteggevano da qualsiasi critica inculcando l’idea che sottovalutare le parole dei capi religiosi fosse un peccato tanto grave quanto disprezzare la parola di Dio.5
La sostanza della loro predicazione era la stessa del Divino Maestro, poiché avevano per ministero il  compito di trasmettere e interpretare la Sacra Scrittura, il cui autore ultimo è Egli stesso. Ma, lasciandosi  condurre dalle loro cattive inclinazioni, avevano distorto la dottrina rivelata secondo la loro convenienza,  come spiegano i professori Robert e Tricot: “Grazie a una sottile casistica, essi accomodavano certe  prescrizioni della Legge alla necessità dei tempi o alla debolezza degli uomini; altre volte ancora,  avvalendosi di ingegnosi artifici o di astuzie esegetiche, creavano obblighi estranei alla lettera e allo spirito  della Legge”.6
Nel corso dei tempi, gli errori si sono consolidati. La decadenza degli scribi era tale che essi cercavano di  occultare al popolo la vera dottrina, perché non fossero smascherate le deturpazioni fatte secondo il  capriccio dei loro vizi. Di conseguenza, la loro predicazione era destituita di autorità, perché la parola di chi  non vive quello che insegna è priva di qualsiasi forza.
Gesù insegnava “come chi ha autorità”
22 “Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha  autorità e non come gli scribi”.
Quando è cominciata la sua predicazione, Gesù non Si è presentato come discepolo di qualche rabbino.  Davanti ai suoi ascoltatori appariva come “il figlio del falegname” (Mt 13, 55), ma dimostrava di conoscere  le Lettere Sacre come nessun altro e insegnava ex auctoritate propria una dottrina nuova. Di fronte alle  deviazioni che imperavano nella società del tempo, alzava lo stendardo della Verità, la cui sostanza è Egli  stesso, sapendo perfettamente ciò che era necessario dire o fare per attrarre ed elevare quel popolo. Era  ancora all’inizio della vita pubblica, ma la sua presenza e la sua parola già contraddicevano tutti i modelli  errati dell’epoca.
Essendo il Creatore di tutte le cose, spiega San Girolamo, non operava come un maestro, ma come il  Signore. “Non parlava poggiandosi su un’autorità superiore, ma con l’autorità che Gli era propria. Agiva  così perché la sua stessa essenza diceva ciò che prima aveva affermato per mezzo dei profeti. ‘Io, che per  mezzo loro parlavo, ecco che sono qui presente’”.7
Senza senso sarebbe indagare su dove avrebbe studiato la Sapienza Eterna e Incarnata. Essendo la Seconda  Persona della Santissima Trinità, possedeva fin dall’eternità la scienza divina. Conosceva assolutamente  tutto: tanto l’universo degli esseri creati – passati, presenti e futuri – come il mondo infinito delle creature  possibili.
Oltretutto, essendo la sua anima stata creata nella visione beatifica, beneficiava della conoscenza propria  degli Angeli e delle anime beate, che contemplano Dio faccia a faccia. Alla scienza beatifica si univa in  Gesù la scienza infusa, privilegio concesso agli Angeli quando sono stati creati, a tutte le anime che hanno  già abbandonato questa Terra, e, per un dono speciale, ad alcuni eletti ancora in vita, ai quali il Figlio  dell’Uomo non poteva esser inferiore. Essa Gli dava una conoscenza ricchissima, superiore a quella di  qualsiasi altro uomo, di tutte le cose create, delle verità naturali e dei misteri della grazia.
Infine, Gesù possedeva anche la scienza naturale, acquisita progressivamente con l’azione dell’intendimento  operante nel corso della sua vita terrena. E questo senza mai necessitare di un maestro, poiché questo genere  di scienza Gli serviva soltanto per confrontare le nozioni acquisite attraverso il suo intelletto naturale con  quello che, come Dio, conosceva da tutta l’eternità.8
La creatura più bella e perfetta
Il Divino Maestro, afferma un autore del secolo scorso, non era “un filosofo alla maniera greca, e neppure  un rabbino allo stile ebreo. Egli Si rivolge direttamente alle anime mirando, più che a convincerle, a  conquistarle e introdurle nella corrente profonda e trasbordante della sua vita religiosa”.9
Per questo, al di là del suo insegnamento, la presenza stessa del Signore Gesù suscitava ammirazione. La sua  fisionomia non poteva esser più perfetta. Capelli, labbra, sopracciglia e orecchie erano di insuperabile  bellezza. Il suo sguardo percorreva i presenti in una forma soave, tranquilla, ferma, penetrante e attraente,  causando estasi in coloro sui quali ricadeva. Una voce magnifica, comunicativa, dotata di un timbro e  un’inflessione interamente fuori del comune, accompagnava i movimenti delle mani, i quali, a loro volta,  erano proporzionatissimi, sobri, perfetti, senza esagerazioni né timidezze. La postura delle spalle, il modo di  sederSi o di volgere il capo, erano inimmaginabili.
Cercando di esprimere qualcosa della bellezza ineffabile di Gesù, Sant’Agostino proclama: “Egli è bello in  Cielo, bello in Terra; bello nel seno materno, bello tra le braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello mentre  è flagellato, bello mentre invita alla vita, bello quando non teme la morte; bello quando consegna l’anima, bello quando la riprende; bello in Croce, bello nel sepolcro, bello in Cielo. Udite questo canto con  l’intendimento, e la debolezza della carne non allontani i vostri occhi dallo splendore di quella bellezza”.10
III – Uno scontro tra Dio e il demonio
Non poteva il “caudillo dei nemici”11 rimanere indifferente di fronte alla predicazione di Gesù. Si è sentito,  al contrario, molto infastidito da questa, perché l’esposizione della verità pregiudica sempre il suo disegno di  condurre gli uomini all’inferno. Quel Maestro, il cui divino potere ancora non conosceva, aveva predicato in  forma magnifica la più pura dottrina. AscoltandoLo, i cuori si allontanavano dal peccato e le menti si  aprivano al soprannaturale.
Gustavo Kralj    
Cristo caccia via lo spirito malvagio
Gesù ha voluto render chiaro a tutti che
quell’uomo non era un malato, ma
un posseduto
“Cristo caccia via lo spirito malvagio”
– Chiesa del  Salvatore sul Sangue
Versato, San Pietroburgo (Russia)
Sebbene non gli fosse stato direttamente intimato, il “padre della menzogna” non riusciva a contenere la sua  indignazione. La esprime attraverso le labbra di un possesso, che interpellerà rozzamente il Redentore. Ne  avrebbe guadagnato di più a rimanere in silenzio...
La tattica astuta e cangiante del demonio
23 “Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise  a gridare: 24 ‘Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu  sei: il santo di Dio’”.
Essere volgare per eccellenza, il demonio non si avvicina a Nostro Signore per parlarGli, ma grida da  distante, con l’intenzione di esser udito da tutti e provocare confusione. Esperto nell’esplorazione delle  miserie umane, Lo chiama Gesù Nazareno, ricordando così che Lui proveniva da una cittadina  “insignificante e sconosciuta”.12
Il Divino Maestro, però, rimane impassibile davanti alla provocazione. Egli non ha vanità e meno ancora  preconcetti sociali, non Si sarebbe mai pentito di aver scelto quella città, nella sua infinita Sapienza, per  abitarci con Maria e Giuseppe.
Di fronte all’inefficacia del primo tentativo, lo spirito malvagio cambia tattica, cercando di creare dentro la  sinagoga un clima di indisposizione contro Nostro Signore. Quell’uomo posseduto può darsi fosse  considerato dai presenti soltanto come un infermo, che chiedendo a Gesù “sei venuto per distruggerci?” si  presentava come un infelice, degno di compassione, che attribuiva al Signore il carattere di un tiranno, che  veniva per maltrattarlo.
Vedendo frustrata anche questa sua intenzione di farsi oggetto di commiserazione, il “padre della  menzogna” ritiene preferibile passare all’estremo opposto. Visto che non riesce a screditarLo, lancia su Gesù  il più audace degli elogi, chiamandoLo “Santo di Dio”. Spera, con questa nuova manovra, di sublimare Nostro Signore con un’aureola di gloria, che in quel momento non Gli conviene, in modo da tentarLo  all’orgoglio. Mira anche, esaltandoLo, a suscitare l’invidia e l’odio contro di Lui.
Nuova invettiva e nuovo insuccesso. Perché come commenta San Giovanni Crisostomo, “la Verità non  vuole la testimonianza degli spiriti immondi”.13 Cristo ci insegna qui, una volta per sempre, che non  possiamo mai credere ai demoni, “anche se annunciano la verità”.14
Impero assoluto di Nostro Signore su tutte le cose
25 “E Gesù lo sgridò: ‘Taci! Esci da quell’uomo!’. 26 E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”.
Tra i giudei, afferma Maldonado, c’erano esorcisti “che avevano una certa arte segreta per espellere demoni  ereditata da Salomone, come ci narra Giuseppe”.15 San Luca li menziona negli Atti degli Apostoli (19, 13- 14) e Gesù dice che erano figli dei farisei (Mt 12, 27; Lc 11, 19). Ma essi adempivano il loro ufficio a costo  di enormi sforzi, con cerimonie che duravano ore, alle volte giorni consecutivi.
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
“Sant’Alfonso Maria de’ Liguori” – Chiesa di
Sant’Alfonso, Cuenca (Ecuador)
In questo passo, Nostro Signore dice semplicemente: “Taci ed esci da lui!”. Deve aver pronunciato queste  parole con la maggiore serenità e sdegnosità, poiché Cristo non ha bisogno di fare nessuno sforzo per  imporre la sua volontà. Egli impera in forma assoluta su tutte le cose.
Il Divino Maestro comincia con l’ordinare il silenzio allo spirito malvagio. Nel dirgli “taci”, gli nega il  ministero della parola, privilegio esclusivo di quelli che Dio ama. Subito dopo, gli ordina di uscire da  quell’uomo. Il demonio si vede immediatamente obbligato ad obbedire. Cristo ha voluto, pertanto, render  chiaro a tutti che quell’uomo non era un malato, ma un posseduto. La violenza con cui lo spirito malvagio lo  ha scosso nell’uscire e il grande grido proferito, hanno confermato la presenza diabolica e la costrizione con  cui egli si ritirava da quel corpo.
“Non discuta col suo nemico, né gli risponda neppure una parola”
L’analisi della tattica usata in questo episodio dal “padre della menzogna” ci porta, infine, a trarre una  lezione per la nostra vita spirituale: nel loro obiettivo di trascinarci sulla via della perdizione, gli spiriti  malvagi sono sempre in attesa che noi entriamo in confabulazione con loro, e si servono per questo dei più  vari stratagemmi. Essendo angeli, tutto captano per intuizione; sono molto sagaci e incomparabilmente più  intelligenti di qualsiasi uomo.
Quale deve essere, allora, il nostro atteggiamento di fronte a loro nei momenti di tentazione? Il fatto di aver  appreso ad argomentare, fare buoni ragionamenti, o aver studiato psicologia a nulla gioverà in quest’ora.  L’unico mezzo valido per chi è in preda all’assedio del demonio è non prestargli attenzione, pregare e  deviare altrove il pensiero e l’immaginazione. E chiedere a Nostro Signore che, come ha fatto nel caso di  questo posseduto, dia al demonio l’ordine affinché si allontani da noi.
Ci consiglia di agire in questo modo il grande moralista Sant’Alfonso Maria de’ Liguori: “Non appena  percepiamo che ci si presenta un pensiero sospetto, dobbiamo ricacciarlo nello stesso istante, sbattendogli,  per così dire, la porta sul naso, negandogli l’entrata nella nostra mente, senza preoccuparci di scoprire quello  che esso significa o pretende. È necessario espellere senza indugio questi cattivi suggerimenti, come un  uomo scrolla le faville che cadono sui suoi indumenti”.16
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“Cristo benedicente” Cattedrale
di Barcellona (Spagna)
San Francesco di Sales, nella sua famosa opera Introduzione alla vita devota, fa la stessa raccomandazione: “Non discuta col suo nemico, né gli risponda nemmeno una parola. [...] Quando assaltata dalla tentazione,  l’anima devota non deve perder tempo in discussioni né argomentazioni”.17
“E la fama di Gesù subito si sparse dappertutto...”
27 “Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: ‘Che è mai questo?  Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli  obbediscono!’. 28 La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea”.
La reazione dei presenti rivela come questo episodio abbia facilitato la loro comprensione su Chi avevano  davanti. Ossia, volendo causar danno al Divino Salvatore, il demonio ha finito per prestarGli un servizio.
IV – Dio è sempre più forte
Così, quando le difficoltà ci affliggono, o la tentazione ci tormenta, abbiamo la certezza che il “supremo e  vero Capo dei buoni”18 sta dalla nostra parte, disposto a intervenire nel momento più opportuno per la sua  gloria e il nostro profitto spirituale.
Il Gesù che oggi ci aspetta nella Santa Comunione è lo stesso che ha espulso il demonio a Cafarnao e ha  fatto ogni sorta di miracoli in Galilea. Sotto il velo delle Sacre Specie, si occulta la figura maestosa del “più  bello dei Figli degli uomini” (Sl 44, 3), davanti alla cui onnipotenza è impossibile al demonio resistere.
1 SANT’ IGNAZIO DI LOYOLA. Obras Completas. Madrid: BAC, 1952, pag.186.
2 Garrigou-Lagrange afferma che questa grazia è “efficace di per se stessa, perché Dio così lo vuole, e non solo per  aver previsto che noi l’avremmo accettata senza resistenza” (GARRIGOU-LAGRANGE, OP, Réginald. La  predestinación de los santos y la gracia. Buenos Aires: Desclée de Brouwer, 1947, pag.280).
3 ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología de la Perfección Cristiana. 5.ed. Madrid: BAC, 1968, pag.314.
4 ROYO MARÍN, OP, Antonio. Somos hijos de Dios. Madrid: BAC, 1977, pag.63.
5 Cf. ROBERT, André; TRICOT, Alphonse. Initiation Biblique. 2.ed. Paris: Desclée & Cie, 1948, pag.721-722.
6  Idem, pag.722.
7 SAN GIROLAMO. Comentario al Evangelio de Marcos. Homilía 2. In: ODEN, Thomas C. y HALL, Christopher A. La Biblia comentada por los Padres de la Iglesia. Nuevo Testamento. Madrid: Ciudad Nueva, 2000, vol.II,  pag.68.
8 Cfr. ROYO MARÍN, OP, Antonio. Jesucristo y la vida cristiana. Madrid: BAC, 1961, pag.104-124.
9 Cfr. CASTRILLO AGUADO, Tomás. Jesucristo Salvador. Madrid: BAC, 1957, pag.311.
10 SANT’AGOSTINO. Enarrationes in Psalmos. Ps.44, c.3.
11 SANT’ IGNAZIO DI LOYOLA, op. cit., pag.186.
12 TUYA, OP, Manuel de; SALGUERO, OP, José. Introducción a la Biblia. Madrid: BAC, 1967, v.II, pag.573.
13 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea – Expositio in Marcum.  c.1, l.9.
14 Idem, ibidem.
15 Cfr. MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los cuatro Evangelios. Madrid: BAC, 1950, v.I, p.464.
16 SANT’ ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI. Obras Ascéticas. Madrid: BAC, 1952, vol.I, pag.498.
17 SAN FRANCESCO DI SALES. Obras selectas. Madrid: BAC, 1953, vol.I, pag.235.
18 SANT’ IGNAZIO DI LOYOLA, op. cit., pag.139.
(Rivista Araldi del Vangelo, Gennaio/2011, n. 105, p. 10 - 17)