martedì 25 giugno 2013

Il Papa: essere cristiano non è una casualità, ma una chiamata d’amore



La strada per la pace in Medio Oriente è quella indicata dalla «saggezza» di Abramo, padre comune nella fede per ebrei, cristiani e musulmani. Lo ha detto Papa Francesco nella messa celebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae martedì 25 giugno, riferendosi alla «lotta per la terra» tra Abramo e Lot, raccontata al capitolo 13 della Genesi (2.5-18). «Quando io leggo questo, penso al Medio Oriente e chiedo tanto al Signore che ci dia a tutti la saggezza, questa saggezza: non litighiamo — tu di qua e io di là — per la pace» ha detto all’inizio dell’omelia. E Abramo, ha aggiunto, ci ricorda anche che «nessuno è cristiano per caso» perché Dio ci chiama per nome e con «una promessa».
Con il Papa hanno concelebrato, tra gli altri, i cardinali Camillo Ruini e Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, che accompagnava un gruppo di officiali e collaboratori del dicastero; il vescovo Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, con i suoi collaboratori; e il gesuita Gabriel G. Funes, direttore della Specola Vaticana, con il personale dell’osservatorio astronomico.
C’è una promessa, ha ricordato il Pontefice, alla radice della storia di Abramo che è pronto a lasciare la sua terra «per andare non sapeva dove, ma dove il Signore gli avrebbe detto». Il Santo Padre ha ripercorso le sue vicissitudini, il passaggio in Egitto e, appunto, la disputa e poi la pace con Lot per la questione della terra.  Papa Francesco ha ripetuto le bellissime parole della Genesi: «Allora il Signore disse ad Abramo: “Alza gli occhi e, dal luogo dove tu stai, spingi lo sguardo verso il settentrione e il mezzogiorno”, dappertutto, tutto è tuo, tutto sarà tuo, della tua discendenza». E, ha aggiunto, «quest’uomo, forse già novantenne, guarda tutto e crede alla parola di Dio che lo ha invitato a uscire dalla sua terra. Crede. E poi va a stabilirsi alle Querce di Mamre, il posto dove il Signore gli parlerà tante volte».
Abramo, ha sottolineato il Pontefice, «parte dalla sua terra con una promessa. Tutto il suo cammino è andare verso questa promessa. E il suo percorso è anche un modello del nostro percorso. Dio chiama Abramo, una persona, e di questa persona fa un popolo. Se noi andiamo al libro della Genesi, all’inizio, alla creazione, possiamo trovare che Dio crea le stelle, crea le piante, crea gli animali». Tutto al plurale. Ma «crea l’uomo: singolare. Uno. Dio parla a noi sempre al singolare, perché ci ha creati a sua immagine e somiglianza. E Dio ci parla al singolare e ha parlato ad Abramo, gli ha fatto una promessa e lo ha invitato a uscire dalla sua terra».
Anche «noi cristiani — ha proseguito il Papa — siamo stati chiamati al singolare. Nessuno di noi è cristiano per puro caso: nessuno. C’è una chiamata a te, a te, a te». È una chiamata «con il nome, con una promessa: vai avanti, io sono con te, io cammino affianco a te».
«Questo — ha spiegato — lo sapeva pure Gesù che nei momenti più difficili si rivolge al Padre», come accade «nell’orto degli ulivi. E alla fine, quando sente quel buio tanto profondo», dice: «Padre, perché mi hai abbandonato?». Dunque, «sempre in rapporto al Padre che lo ha chiamato e lo ha inviato. E, anche quando ci lascia nel giorno dell’Ascensione, ci dice quella bella parola: io sarò tutti i giorni con voi, accanto a voi: accanto a te, accanto a te, accanto a te. Sempre».
«Dio ci accompagna, Dio ci chiama per nome, Dio ci promette una discendenza» ha ricordato ancora il Pontefice. «E questa è la sicurezza del cristiano: non è una casualità, è una chiamata. Una chiamata che ci fa andare avanti. Essere cristiano è una chiamata d’amore, d’amicizia. Una chiamata a diventare figlio di Dio, fratello di Gesù, a diventare fecondo nella trasmissione di questa chiamata agli altri, a diventare strumento di questa chiamata».
Certo, ha riconosciuto, «ci sono tanti problemi, momenti difficili. Anche Gesù ne ha passati tanti, ma sempre con quella sicurezza: il Signore mi ha chiamato, il Signore è con me, il Signore mi ha promesso. Ma forse il Signore si è sbagliato su di me? Il Signore è fedele, perché Lui mai può rinnegare se stesso. Lui è la fedeltà».
Proprio «pensando ad Abramo, a questo brano della Scrittura, dove lui è unto padre per la prima volta, padre del popolo, pensiamo anche a noi — ha proseguito il Pontefice — che siamo stati unti nel battesimo e pensiamo alla nostra vita cristiana». E a chi dice «Padre, ma io sono peccatore!» il Papa ha ricordato che tutti noi lo siamo. L’importante è «andare avanti, con il Signore. Andare avanti con quella promessa che ci ha fatto, con quella promessa di fecondità; e dire agli altri, raccontare agli altri, che il Signore è con noi, che il Signore ci ha scelti e che lui non ci lascia soli mai. Quella certezza del cristiano ci farà bene».
Papa Francesco ha concluso con l’auspicio che «il Signore dia a tutti noi questa voglia di andare avanti che ha avuto Abramo» anche  in mezzo alle difficoltà. Andare avanti, con la sicurezza di Abramo, la sicurezza che il Signore «mi ha chiamato, che mi ha promesso tante cose belle, che è con me».
L'Osservatore Romano