domenica 14 luglio 2013

Costretti a scegliere tra verità e legge



Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân

Si sta avviando a conclusione l’iter parlamentare della legge cosiddetta “sull’omofobia”. Il 22 luglio essa arriverà in aula a Montecitorio. Tra le emergenze economiche e le polemiche politiche si rischia che venga approvata nel silenzio generale. Silenzio che purtroppo ha contrassegnato anche il mondo cattolico. Per fortuna in questi giorni c’è stato un risveglio da parte di alcuni gruppi ed organi di stampa che hanno cominciato a raccogliere firme contro la legge. Il nostro Osservatorio aderisce a queste iniziative.

Le notizie che arrivano dall’Europa, ove simili leggi sono già in vigore, sono allarmanti. Dire che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna può essere rubricato come omofobia e perseguito. La lettura in pubblico del libro della Genesi sulla creazione dell’uomo e della donna, oppure i passi di San Paolo sulla immoralità dell’atto omosessuale potrà essere considerato reato. Insegnare a scuola che la famiglia è una sola potrà essere considerato discriminante per odio omofobico. La legge, interpretando ideologicamente i diritti, obbliga al riconoscimento pubblico di quanto non merita riconoscimento pubblico e, così facendo, limita la libertà. Quella stessa libertà di opinione e religiosa che pure fa parte dei diritti a cui la legge stessa si appella.

Ci troviamo di fronte ad una prospettiva di pressione quando non di persecuzione. Si viene obbligati a negare le evidenze e le differenze e le coscienze sono chiamate a dover scegliere, pagando presumibilmente un costo sempre più pesante, tra la verità e la legge dello Stato. Non era mai successo che dei regimi democratici si facessero espressione di una ideologia oppressiva e violenta come in questo caso.

La questione riguarda tutti, perché è un fatto di libertà, di coscienza e di ragione. Troppo lampante la strumentalità di poggiare sulla lotta alla discriminazione attuando una più grande discriminazione. Troppo evidenti le enormi risorse messe in campo, la convergenza dei poteri forti su questa politica di negazione della libertà, la convergenza sinergica e programmata di grandi mezzi di comunicazione e lobbies politico sociali e culturali. 

Lo scenario, con tutti i suoi pericoli, è davanti a tutti. I cattolici, però, lo prendono in considerazione in modo particolare, perché sostenuti e guidati in questo, oltre che dalla loro ragione, dalla Parola di Dio, da ripetuti insegnamenti della Chiesa e dalle affermazioni del Catechismo. Niente di tutto ciò è cambiato da quando, nel 2007, i Vescovi italiani, e prima di loro i dicasteri pontifici, avevano chiarito dottrinalmente ed eticamente la questione.


*

Nei paesi dove già esiste, Regno Unito in testa, la legge contro l'omofobia s'è rivelata uno strumento di persecuzione e repressione di chiunque obiettasse alla condotta omosessuale. Ecco alcuni dei casi degli ultimi anni, che dimostrano come una tale legge sia il via libera per una nuova intolleranza.
Legge Omofobia: ecco cosa potrà accadere
di Alfredo Mantovano

Diamo per scontato che il Parlamento non andrà in ferie senza aver prima approvato la legge cosiddetta antiomofobia. Diamolo per scontato perché martedì prossimo il provvedimento viene votato in Commissione giustizia, alla Camera, e subito dopo – probabilmente la settimana successiva – ci sarà l’approvazione dell’Aula. Poiché finora nessuno nel Palazzo ha espresso serie riserve verso la nuova normativa – anzi, il testo base prossimo a essere votato viene dall' unificazione di tre proposte di legge, una delle quali del Pdl, primo firmatario il capogruppo Brunetta –, è da immaginare un iter rapido anche al Senato. E’ giusto così: che cosa mai saranno quisquilie come incentivi seri allo sviluppo, la sorte dell’Imu o dell’aumento dell’Iva, o le emergenze sociali e di ordine pubblico per le quali non si hanno strumenti adeguati? È tutto secondario! La priorità del momento è annientare le discriminazioni omofobe: è questione di civiltà. Esattamente come la legalizzazione dell’incesto, divenuta operativa col decreto legislativo varato dal governo nei giorni scorsi (esercitando una delega votata con legge dal precedente Parlamento nel novembre 2012) è stata presentata come la fine della differenza tra figli di serie A e figli di serie B!  
Proviamo a uscire dagli slogan? Guardiamo che cosa dice la legge che sta per passare: in modo automatico essa estende la “legge Mancino” del 1993 alle “discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere della vittima”. La “legge Mancino”, a sua volta, punisce con la reclusione fino a un anno e mezzo chi “propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico” o istiga in tale direzione, e con la reclusione fino a quattro anni chi istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi. La stessa legge vieta ogni associazione che fra i propri scopi abbia quelli appena indicati: per chi ne fa parte la reclusione è fino a quattro anni; per chi le promuove fino a sei anni. Il tutto è accompagnato da una serie di previsioni sul sequestro e sulla confisca dei mezzi adoperati per compiere tali attività. Le proposte di legge all’esame della Camera estendono queste disposizioni, come si è detto, alle “discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere della vittima”. 
Quale sarà l’area di applicazione della nuova disciplina? È lecito domandarselo non solo per curiosità accademica (che pure non manca: uno dei cardini del diritto penale è la precisione della norma incriminatrice, e qui si va molto sul generico), ma anche per capire come si può evitare una imputazione, per es., di propaganda di discriminazione che abbiano questa motivazione. Il testo unificato qualche aiuto lo fornisce, attraverso la definizione delle espressioni che introduce nel sistema penale; all’articolo 1 chiarisce che “orientamento sessuale” è “l’attrazione nei confronti di una persona dello stesso sesso, di sesso opposto, o di entrambi i sessi”, e che invece “identità di genere” è “la percezione che una persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico”. Chiaro? Archiviamo un sistema penale fondato, per senso di realtà e per garanzia, su dati oggettivi. Diventano penalmente rilevanti, con conseguenze non lievi, viste le sanzioni in discussione, due elementi, entrambi soggettivi e transitori: la “percezione di sé” quanto al genere, “anche se opposto al proprio sesso biologico” e “l’attrazione” verso il proprio o l’altro o entrambi i sessi.
Curiosità soddisfatta? Temo di no. Poiché il diritto vive se concretamente applicato, immaginiamo qualche ricaduta delle nuove disposizioni su casi specifici. Esempio n. 1. Il parroco organizza il corso di preparazione al matrimonio. Spiega che la famiglia è quella fondata sull’unione permanente fra un uomo e una donna, che non è immaginabile altro tipo di unione, e aggiunge che non sta bene assecondare l’ “attrazione” verso persone dello stesso sesso, o anche di altro sesso se si tratta di persona diversa dalla propria moglie, e infine che non funziona nemmeno la versione bisex. Di più, aggrava la situazione quando, a domanda di un nubendo se ciò di cui parla è materia di peccato, risponde che gli “atti impuri contro natura” costituiscono uno dei quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio” (copyright: Catechismo della Chiesa cattolica). A Rocco Buttiglione una decina d’anni fa una affermazione di questo tipo costò l’incarico di commissario europeo; al nostro parroco, con la nuova legge, può costare un po’ di carcere. Qualcuno mette la firma perché a nessun p.m. venga in mente una bella incriminazione di “propaganda” fondata su “discriminazione” per “orientamento sessuale”?         
Esempio n. 2. Il docente di psicologia insegna ai suoi allievi che “la percezione che una persona ha di sé” come appartenente a un genere “opposto al proprio sesso biologico” è qualcosa da affrontare con equilibrio e delicatezza, sapendo che provoca non poco disagio in cui la vive. Ma può essere positivamente risolta, superando situazioni difficili, come in più d’un caso è accaduto. Chi assicura che quel docente potrebbe continuare a tenere lezione, e non trasferirsi, anche lui, in un luogo più ristretto, nel quale riflettere con maggior tempo a disposizione? Esempio n. 3. Riguarda chi scrive e chi pubblica considerazioni come quelle che sto tentando. Lascio alla fantasia di chi legge arricchire la casistica.
Attenzione: l’articolo 4 del testo Scalfarotto-Brunetta-Fiano (sono i primi firmatari delle proposte originarie) si preoccupa saggiamente, dopo il profilo della repressione, di quello della rieducazione. A chi viene condannato per i fatti prima indicati viene inflitta pure una sanzione accessoria: quella di “prestare un’attività non retribuita a favore della collettività per finalità sociali” per un periodo fra tre mesi e un anno. Tra tali attività, è prescritto che vi sia pure “lo svolgimento di lavoro (…) a favore delle associazioni a tutela delle persone omosessuali”. Dunque, per il parroco del corso pre matrimoniale, per il docente di psicologia e per chi scrive, chiuse le porte del carcere, si aprirebbero quelle – per es. – nobilissime dell’Arcilesbica: qualche mese di lavoro obbligatorio e gratuito, socialmente rieducativo ad avviso di un legislatore che mai come oggi, a destra come a sinistra, ha mostrato tanta compattezza in questa materia.   
Invito coloro che immaginano che stia scherzando a consultare il testo omofobia sul sito della Camera. Ma invito, come meritoriamente fanno da qualche giorno questa e altre testate, a far presente con ogni mezzo lecito ai nostri parlamentari, che una legge del genere non è contro la religione: è contro la libertà e la ragionevolezza.