sabato 6 luglio 2013

I want you




Una pubblicazione della Libreria editrice vaticana in vista dell’incontro di Rio de Janeiro. La sindrome di Gedeone



(Silvia Guidi) L’avventura continua; i tempi cambiano — oltre duemila anni sono passati — ma il metodo è sempre lo stesso: chiamare per nome e cognome, nel presente. Per questo il libro di Maria Rosa Poggio si intitola I want you (Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 2013, pagine 136, euro 9) Voglio te. I colori della copertina e delle pagine interne sono un omaggio al Brasile, in vista della prossima Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, mentre il contenuto è un antidoto, sempre utile e ripetibile nel tempo, a quella che potremmo chiamare la “sindrome di Gedeone”.
«Avete presente una matrioska? — scrive Samuel nel suo blog, nell’intervento intitolato “Esci dal tino” — Ecco, Gedeone, chiamato a far da giudice in Israele, era un po’ così: il più piccolo, della più piccola famiglia, della più piccola tribù di Israele che se ne stava in un tino a battere il grano per paura dei Madianiti. Eppure, o forse proprio per questo, il Signore lo sceglie e gli affida un mandato speciale per il suo popolo. E non c’è santo che tenga quando Lui chiama. In verità, Gedeone ha cercato di accampare delle scuse e ha chiesto delle prove: il Signore è stato al gioco». La stessa domanda del figlio di Ioas «Possibile che stia davvero chiamando me? Io sono l’ultimo della tribù di Manasse. Sicuro di non aver sbagliato persona?» assale chiunque si senta interpellato, o addirittura “sequestrato” dall’iniziativa di Dio. Dopo lo stupore iniziale avanza la schiera dei «ma, se, però» che accompagnano il prendere atto della propria abissale, “creaturale” inettitudine. Il «non sarò mai in grado» che affiora alla coscienza dei chiamati maschera un retropensiero latente, spesso quasi completamente oscurato da acrobazie dialettiche, sofismi, raffinati arabeschi di pensiero: abbiamo paura di Lui. Ci spaventano quegli occhi scuri che guardano fisso il fedele dalle icone bizantine, uno sguardo che giudica e perdona, pieno di amore ma franco, chiaro e inequivocabile, uno sguardo che ci interpella e quasi reclama una risposta.
È semplice, ma non automatico inoltrarsi nel mistero della passione che sconvolge il cuore di Dio. «Ci sono accenti nel Cantico — scrive Paolo Prosperi — che ci aiutano a sfiorare il fuoco della violenza, come dice Riccardo di San Vittore, dell’amore di Cristo: certo la passione di Dio non è come la nostra, non è passione mossa dal bisogno. È brama di dare, di donarsi. Eppure è passione reale, è brama violenta: Dio ha sete della Sua creatura ed esulta per il nostro sì, come un vero innamorato: Distogli da me i tuoi occhi. Il tuo sguardo mi turba... (Cantico, 4, 6). Divo Barsotti ha scritto pagine splendide su questo versetto: «Sono parole che Dio dice alla creatura, e che lo Sposo del Cantico dice alla Sposa». Gesù ha chiamato per nome i suoi discepoli e li ha scelti indicando loro un progetto e una missione. «Tra questi — nota l’autrice di I want you — dodici saranno a lui più vicini, investiti della responsabilità di essere le colonne della sua Chiesa. Un piccolo gruppo destinato a una straordinaria avventura: diffondere nel mondo il Vangelo della salvezza, annunciando il Cristo crocifisso e risorto. Quando Gesù li chiama non sanno ancora quale straordinaria esperienza stanno per iniziare a vivere: ma comprendono che Gesù è una persona speciale, capace di cambiare con uno sguardo la loro vita». Dodici furono i protagonisti di quell’esperienza di evangelizzazione «che nell’arco di una sola generazione portò il cristianesimo a diffondersi ai quattro angoli del mondo allora conosciuto. Da allora la Chiesa continua quella missione, annunciando il Vangelo, battezzando nuovi credenti, amministrando i sacramenti», servendo ogni generazione con quell’amore “dell’altro mondo”, inspiegabilmente tenace che si chiama carità. Il libro presenta alcuni dei brani più noti del Vangelo e del Nuovo Testamento riguardanti la chiamata e l’affidamento della missione; un sussidio per comprendere a quale vita Dio chiami ciascun uomo. L’avventura degli apostoli, infatti, «continua ancora oggi, con te, con voi» scrive l’autrice nella prefazione.
Ogni brano evangelico riportato viene brevemente contestualizzato e commentato in modo semplice; sono presentati i personaggi e spiegati i termini specifici. Vengono inoltre suggerite delle brevi tracce di riflessione, e alcune citazioni dal Catechismo della Chiesa cattolica e dall’insegnamento di Benedetto XVI e Papa Francesco.
La buona notizia è che non è necessario smettere di avere paura per dire di sì. Anche gli apostoli hanno paura, ma decidono. Chiede la decisione, non la forza alle sue creature, il Signore. Sa bene che possono disporre di una ben misera e deperibile riserva di coraggio, tenacia e fedeltà. La forza è un attributo di Dio, e dev’essere chiesta, ad ogni passo, all’Unico che può donarla. Solo questo permette di superare quella paura paralizzante, inevitabile ma non irreversibile, che blocca la libertà del singolo di fronte all’iniziativa di Dio che chiama a vivere più intensamente la vita. Perché «la fede è una partita da giocare a due» come scrive Samuel nel suo blog, “parola di Gedeone”.
L'Osservatore Romano