lunedì 15 luglio 2013

Intanto che ci pensi....


Vorrei possedere l’archivietto delle amiche di Sally, che sfogliavano prontamente lo schedario quando lei rimaneva sola, senza fidanzato, per vedere quale dell’elenco potesse adattarsi a lei. Dallo schedario toglievano solo i morti, mentre per gli sposati bastava fare un’orecchietta sul foglio, in attesa come il cinese sulla riva del fiume che il soggetto tornasse libero.
Ora, a parte una correzione nel senso dell’ortodossia (per me il foglietto dello sposato è tolto definitivamente), troverei quello un modo molto sensato di investire il mio tempo, cioè cercare di abbinare amici non accoppiati, se non fosse che di tempo non destinato alla sopravvivenza mi avanzano dai quattro ai sei minuti a settimana, e se non fosse anche che come Cupido sono negata.
Se potessi starei sempre a organizzare cene, proporre inviti, uscite di gruppo, cercando di fare uno sgambetto a M. perché inciampi, e casualmente cada ai piedi di E.; spingendo con noncuranza B. tra le braccia di C. (“ma lo sai che Infinite Jest è il suo libro preferito?” – segue calcio sugli stinchi sotto il tavolo per ricordare alla mia amica che anche lei sin dall’infanzia adora Foster Wallace, non è forse vero?); facendo sposare in due mesi R. e M., giusto il tempo che si presentino e prenotino una chiesa.
Poiché, dicevo, non ho tempo, e per combinare incontri bisognerebbe almeno avere una vita sociale (non che io non trovi il massimo del jet set i pomeriggi al parco, le merende a casa e le cene di classe, per carità) vorrei almeno dire a tutte queste schiere di baldi giovani e soprattutto di leggiadre fanciulle di buttarsi, per favore, di accogliere il reale che si presenta loro sotto forma di amico, pieno di difetti ma presente, limitato appunto perché in carne ed ossa, e di provare seriamente a conoscerlo. Di telefonare, proporre un caffè insieme (per la cronaca, io l’ho fatto, e il mio futuro marito la prima volta mi ha detto di no), di non avere paura, di perdere la faccia, sperimentare, conoscere (non in senso biblico, per favore, non al secondo appuntamento almeno).
Non vorrei fare un’altra delle mie generalizzazioni, ma mi sembra di veder circolare – sono così concrete che mi pare proprio di vederle – tante idee strampalate sull’amore romantico, che a me pare entrarci pochissimo con l’amore che davvero esiste. Credo che l’amore abbia più a che fare con un lavoro su se stessi, con un paziente cesellare quel  sasso duro che siamo, con lo scolpirsi e soprattutto con il lasciarsi scolpire, molto più che con un miracoloso riconoscimento, un’apparizione folgorante di qualcuno che alla fine ci corrisponde in una sinfonia miracolosamente orchestrata.
Gli amori possono cominciare in molti modi e, sì, può capitare anche che comincino con un’inattesa agnizione, ma il cuore dell’amore è un altro, e si arriva a toccare solo con gli anni, dopo che si è scavato nella carne e tra le ossa che lo custodivano, questo cuore segreto.
Quando si incontra qualcuno, dunque, possono anche non esplodere subito i fuochi artificiali, ma non importa. Quello che importa è scegliere una persona, una sola, per sempre e buttarsi senza rete. E se Messori propone addirittura il ritorno ai matrimoni combinati (detta così sembra una sparata, ma il ragionamento ha un suo senso), certo l’idea dell’amore che va per la maggiore è molto più strampalata. L’amore in cui molti – di sicuro un sacco di sceneggiatori e scrittori – mostrano di credere assomiglia all’assecondare le emozioni, a lasciarsi trascinare, soggiogare da qualcosa di spontaneo.
È chiaro che non sto dicendo che si possa prendere una persona a caso e immolarsi con quella sull’altare del sacrificio, decidendolo a priori. Ma la vita va data, e spesa e una volta per tutte bisogna decidere, se per caso le cose sembrano “non venire”. Buttarsi, abbracciare una scelta, non voltarsi indietro. Il tempo non è infinito, la vita ha delle stagioni, che passano, e non è una lunga serie di bivii che alla fine ti conducono di nuovo al punto di inizio.
Insomma, non so se il messaggio è arrivato all’amica a cui deve arrivare: chiamalo. Digli che vuoi uscire. Digli che ti ha colpito per quel motivo. Non avere paura perché di sicuro gli farà piacere, poi tutt’al più ti dice di no. Che cosa mai succederà? Una brutta figura? Ma chi se ne importa. Affronta la realtà piuttosto che l’idea dell’uomo ideale che esiste solo nella tua testa. Prova, frequenta, proponiti, telefona, incontra, esci, fai brutte figure a palate, se il desiderio di conoscere qualcuno può essere considerata una brutta figura. Magari esci con lui e ti innamori del suo migliore amico. E non ti fermare neanche davanti alle sue difese, se per caso ti convinci che Mister Right è lui. Conosco un soggetto che diceva di non essere sicuro di volersi impegnare. Adesso abbiamo quattro figli, tanto che ci pensa.
C. Miriano
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Messori: “Meglio ripristinare le nozze combinate”


Un modo per salvare la famiglia tradizionale? «Ritornare ai matrimoni combinati». Il compito dei cattolici? «Dichiarare guerra all’amore romantico». Il divorzio? «Ai tempi del referendum, quando già ero convertito al cattolicesimo, ho votato per il suo mantenimento, dunque contro le indicazioni clericali». Vittorio Messori, lo scrittore cattolico più letto al mondo, l’unico che può sfoggiare il record di libri-interviste ai Papi (ben due: Wojtyla e Ratzinger quando era ancora cardinale), se ne infischia allegramente del “politicamente (e clericalmente) corretto”. Nel cosiddetto mondo cattolico, a suo dire, circola da troppo tempo un’immagine edulcorata, zuccherosa, della famiglia. Un’immagine lontana dal “sale” del Vangelo.

Scusi, Messori, a Milano la Chiesa celebra l’incontro mondiale delle famiglie con il Papa. Lei, invece, parla di matrimoni combinati e fa un (quasi) elogio del divorzio?
«I cattolici devono essere consapevoli di un fatto: il matrimonio monogamico e indissolubile, ce l’abbiamo solo noi , è una specie di esclusiva. Nelle altre religioni, così come nella versione protestante e ortodossa del cristianesimo, il divorzio, in modo più o meno mascherato,  è ammesso. Ora, sul piano solo umano difendere questo tipo di famiglia è impossibile: per natura è difficile che un uomo sia fedele alla stessa donna sino alla morte. Solo la fede in Gesù, che per il nostro bene ci ha “comandato” questo tipo di rapporto, può giustificare tale unione indissolubile. La nostra è una scommessa sulla fede che agli occhi dei non credenti appare giustamente “folle”».


Che c’entrano, però, le unioni combinate?
«È una sana provocazione. Se il matrimonio non è solo un continuo cinguettio emotivo, ma è anche un patto di vita tanto vale rivalutare la saggezza di un passato nel quale i genitori sceglievano il marito alle ragazze. Tante mie amiche quarantenni single o separate me lo hanno sussurrato: quella pratica sarebbe da riscoprire. Piuttosto che lasciare fare al caso meglio affidarsi all’esperienza di chi ha già vissuto e sa valutare non solo in base all’emotività, ma tiene presenti fattori quali l’età, la solidità e, perché no, il patrimonio…».

E il sentimento dove lo mettiamo?
«Ma è proprio questa concezione romantica dell’amore, figlia dell’Ottocento, tutta intrisa di retorica da libro Cuore, di “angeli del focolare”, che ha rovinato la famiglia cattolicamente intesa. Oggi,semmai, il compito dei cattolici è quello di combattere l’amore romantico. Il matrimonio, lo ripeto, non può basarsi soltanto sul sentimento, perché il sentimento è per sua natura mutevole. Senza la fede in Gesù, il “per sempre” fra un uomo e una donna è irragionevole. Il matrimonio cattolico appartiene al mondo rovesciato e paradossale (ricordate “ama i tuoi nemici?”) del Vangelo. Cristo stesso ci ha messo in guardia dicendo che non tutti avrebbero capito. Tanto è vero che, una volta intesa l’antifona, perfino i discepoli esclamarono: “Beh, se le cose stanno così non conviene sposarsi…».

A proposito di famiglia: qual è stata, da bambino, la sua esperienza personale?
«Terribile: se i miei genitori si fossero separati sarebbe stato meglio per tutti. Ma mio padre era un impiegato e la disponibilità economica era scarsa».

Dunque Messori è favorevole al divorzio?
«Ormai, in Occidente, viviamo in una condizione di “poligamia successiva”: se ho i soldi per mantenere le ex posso passare da una moglie all’altra. Lo confesso: quando c’è stato il referendum, benché fossi già convertito al cattolicesimo, ho votato per il mantenimento di questo istituto. Non ho partecipato alle campagne clericali contro il divorzio e non ho seguito, su questa strada, i miei correligionari. Il punto resta sempre lo stesso: se il mio vicino di casa, faccio per dire, non ha la fede in Gesù che senso ha impedirgli di lasciare la moglie per andarsene con una più giovane e carina?».