giovedì 18 luglio 2013

La vita e altre “guerre de Dios”

Tweet di Papa Francesco: "In quest'Anno della fede, ricordiamo che la fede non è un nostro possesso, ma va condivisa. Ogni cristiano è un apostolo" (18 luglio 2013)

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La vita e altre “guerre de Dios”

La battaglia bioetica non è la sua cifra pastorale. Qualcuno si era già rassegnato (o rallegrato). Ora Francesco scrive ai fedeli inglesi dell’“inestimabile valore di ogni vita umana”. Continuità magisteriali

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Con un piede già sulla scaletta dell’airbus che lo condurrà a Rio de Janeiro per la Giornata mondiale della gioventù – padre Federico Lombardi ha sottolineato ieri che il programma è stato intensificato con l’avvicendamento al Soglio petrino – Papa Francesco parla di questioni bioetiche. Lo fa con una lettera ai cattolici di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda, che il 28 luglio celebreranno la Giornata per la vita. “Tutti devono arrivare a riconoscere l’inestimabile valore di ogni vita umana. Anche i più deboli e i più vulnerabili, i malati, gli anziani, i non nati e i poveri, sono capolavori della creazione di Dio, fatti a sua immagine, destinati a vivere per sempre e meritevoli della massima riverenza e rispetto”, scrive Bergoglio, garantendo “le sue preghiere affinché la Giornata della vita contribuisca a garantire che la vita umana riceva sempre la protezione che le è dovuta”.
Parole chiare come mai prima d’ora si erano sentite dal successore di Benedetto XVI. A colpire erano stati soprattutto i silenzi in occasione della Giornata dell’Evangelium Vitae, celebrata in San Pietro lo scorso giugno. L’occasione era perfetta: si ricordava la grande enciclica di Giovanni Paolo II del 1995 centrata sulla battaglia per la difesa della vita “dal concepimento alla morte naturale”. Un contributo talmente importante che tra le righe di quell’enciclica ci fu chi vide proclamati almeno due dogmi di fede. Ecco perché da Bergoglio ci si attendevano parole forti sulla materia. Ma le attese andarono deluse. Francesco si limitò solo a  qualche accenno, pochi riferimenti diretti a quel testo e nessuna parola su aborto, eutanasia, nozze omosessuali. Silenzi che preoccuparono non solo i protagonisti delle marce e dei movimenti per la vita, ma anche quel fronte ecclesiale che dal pontificato di Wojtyla in poi viveva quotidianamente la lotta in difesa dei principi non negoziabili. Un  comportamento, quello del Pontefice argentino, che aveva portato il  vaticanista dell’Espresso, Sandro Magister, a dare ormai per “comprovato che (il Papa, ndr) abbia deciso di tacere su questi temi, che investono la sfera pubblica, convinto che tali interventi competano non al Papa ma ai vescovi di ciascuna nazione”.
Un indizio che confermava questa tesi poteva essere letto nelle parole pronunciate a braccio davanti ai vescovi italiani che lo scorso maggio si erano recati in Vaticano per la professione di fede. Quel giorno, parlando con il cardinal Bagnasco, Bergoglio disse che “il dialogo con le istituzioni politiche è cosa vostra”. Frase usata da quel momento in poi per giustificare i silenzi del Papa sui principi non negoziabili. Il rischio di questa distinzione di ruoli, aggiungeva ancora Magister, “è alto, dato il giudizio poco lusinghiero che Francesco ha mostrato di avere sulla qualità media dei vescovi del mondo”. Eppure, il gesuita argentino sul piano dottrinale è in piena continuità con Ratzinger e Wojtyla, e basta rileggersi certe sue omelie a Buenos Aires o pensare alla chiamata alla “guerra de Dios” contro i matrimoni gay per rendersi conto che la linea non è cambiata. A cambiare è lo stile pastorale, le priorità dell’agenda missionaria che il Papa preso quasi alla fine del mondo si è dato per questo primo scorcio di pontificato.
Matzuzzi - Il Foglio
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Papa Francesco sulla bioetica è ratzingeriano
Papa Francesco parla della tutela della vita e dei più deboli perché "anche loro sono capolavori della creazione di Dio, fatti a sua immagine, destinati a vivere per sempre e meritevoli della massima riverenza e rispetto". Parole inequivocabili che confermano come sui cosiddetti principi non negoziabili Papa Francesco la pensi esattamente come il suo predecessore, Benedetto XVI...
Le sorprese con Francesco sono sempre dietro l’angolo. Quando meno te l’aspetti, ecco che Bergoglio parla di questioni bioetiche. Ma lo fa non in una celebrazione solenne a San Pietro né in una delle omelie del mattino a Santa Marta (sospese per il periodo estivo). L’occasione è la giornata per la vita che si celebrerà in Irlanda, Scozia, Inghilterra e Galles il prossimo 28 luglio. Ed è ai cattolici di quelle terre che il Papa ricorda l’importanza di “difendere la vita dal concepimento fino alla morte naturale”. L’invito perentorio del Pontefice “preso quasi alla fine del mondo” è di tutelare “i più deboli e i più vulnerabili, i malati, gli anziani, i non nati e i poveri”, perché “anche loro sono capolavori della creazione di Dio, fatti a sua immagine, destinati a vivere per sempre e meritevoli della massima riverenza e rispetto”. Il testo si conclude con una preghiera affinché la Giornata “contribuisca ad assicurare che la vita umana riceva sempre la protezione che le è dovuta”.
La continuità con Ratzinger e Wojtyla
Parole inequivocabili che confermano come sui cosiddetti principi non negoziabili Papa Francesco la pensi esattamente come il suo predecessore, Benedetto XVI. D’altronde, basterebbe riprendersi certe sue omelie pronunciate a Buenos Aires, in cui tuonava contro le Istituzioni che non facevano abbastanza per tutelare la vita. Certo, lo stile rispetto a Joseph Ratzinger (e a Karol Wojtyla) è diverso. Bergoglio riflette e non è uomo da marciare in strada per questioni che riguardano prima di tutto le conferenze episcopali nazionali. Il suo passato racconta che solo quando si giunge allo scontro totale e le mediazioni non possono più nulla, lui entra in campo in modo determinato. Riguardo la battaglia sul riconoscimento delle nozze gay in Argentina, dopo silenzi e inviti a cercare soluzioni compromissorie, arrivò a parlare di “guerra de Dios” con una lettera inviata a tutte le chiese di Buenos Aires.
Questioni affidate agli episcopati nazionali
Su questo punto è stato estremamente chiaro lo scorso maggio, quando al cardinale Angelo Bagnasco (presidente della Cei) disse parlando a braccio che “il dialogo con le istituzioni politiche è cosa vostra”. Tutti ebbero l’opportunità di ascoltare il tono con cui Francesco parlava, la sicurezza che mostrava nel pronunciare quelle parole. Non si trattava infatti di un discorso al termine di un’udienza privata, ma della professione di fede in San Pietro con tutti i vescovi italiani. Una divisione dei compiti che il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister giudica rischiosa per lo stesso Francesco, “dato il giudizio poco lusinghiero che egli ha più volte mostrato di avere sulla qualità media dei vescovi del mondo”.
I silenzi sull’Evangelium Vitae
Molto rumore aveva fatto in particolare il silenzio del Papa sui temi bioetici lo scorso 16 giugno, quando a Roma si celebrava la Giornata dell’Evangelium Vitae, in ricordo dell’enciclica di Giovanni Paolo II pubblicata nel 1995 e centrata sulla battaglia in difesa della vita dal concepimento alla fine naturale. Quel giorno, Bergoglio, citò l’enciclica solo un paio di volte, ma mai dalla sua bocca uscirono le parole aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale. Pronunciò un’omelia che aveva nell’Amore il suo punto focale. Solo leggendo tra le righe si coglieva la chiara continuità con la linea dei due pontefici precedenti, soprattutto nel passaggio in cui si esortava il fedele cattolico “ad accogliere e testimoniare sempre il Vangelo della vita”.
Matzuzzi - Formiche

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"Pillole" del magistero episcopale del cardinale Jorge Mario Bergoglio sulla vita, l'aborto e la morte

Michela Coricelli, il 26 marzo scorso su Avvenire, 13 giorni dopo l'elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio al Soglio di Pietro, racimolando tra le molte omelie e scritti dell'arcivescovo di Buenos Aires (archivio digitale), ormai Papa Francesco, individuò diversi brani del magistero del cardinale bonaerense sulla vita, l'aborto, la morte ... Mi sembra opportuno riprorre l'articolo.
Vale sempre la pena. «Che cos’è il messaggio della vita? Sono cose molto semplici, sono cose pratiche. Dire che la vita vale sempre la pena significa che dal primo momento che un bimbo o una bambina vengono concepiti sono vivi, lì c’è il soffio di Dio.
Significa che i nove mesi di sala d’attesa, nella pancia della madre, bisogna avere cura della mamma e del piccolo perché lì c’è vita...E quando nasce non finisce tutto con la prima settimana, quando andiamo a salutare la mamma e poi via, che Dio ti aiuti, ma bisogna accompagnare la crescita del bambino perché si sviluppi sano, abbia una buona educazione, non gli manchi mai il cibo, abbia dei principi, dei valori morali e poi venga accompagnato durante tutta l’esistenza. E quando si ammalerà, bisogna accompagnarlo nel suo dolore e nella malattia. Debbono esserci ospedali puliti, belli, dove non manchi nulla. Dove si prendano cura di lui. Questa è vita. Questo è il messaggio della vita».
Il "non-nato". Il 31 agosto del 2009 il cardinale Bergoglio parla di fronte a migliaia di fedeli, nel santuario di Buenos Aires di San Raimondo Nonnato: religioso mercedario catalano del ’200, soprannominato "non-nato" perché, secondo la tradizione, venne estratto dal corpo della madre già morta. Venerato come il patrono delle donne incinte, a Buenos Aires viene invocato come protettore dei bimbi non ancora nati. Le argentine in stato interessante portano delle scarpine al santuario e ricevono quelle di chi le ha precedute: una catena d’amore che simboleggia l’attenzione alla maternità e l’impegno a favore della vita. Un messaggio che padre Bergoglio – come ha sempre amato farsi chiamare l’attuale Papa – non si è mai stancato di ripetere. Anche se vi chiameranno «antiquati, bacchettoni o bigotti», disse nel 2007, «vale la pena lottare per la vita: non è mai una perdita di tempo. Il premio è avere un bambino fra le braccia». Le dichiarazioni contro l’aborto e in difesa della vita di ognuno, per piccolo che sia, sono come un filo rosso che accompagna il lavoro pastorale di Bergoglio, di anno in anno. Chi dice no all’aborto può essere attaccato, ma non c’è spazio per i tentennamenti: la missione va portata avanti a costo della vita, senza temere calunnie, tribunali o aggressioni. Perché l’«egoismo della cultura della morte» è come «la gramigna, la cicuta, che poco a poco crescono, invadono e uccidono gli alberi, i frutti, i fiori. Uccidono la vita».
La cultura della vita. Contro le piante cattive che soffocano i campi, Bergoglio ricorda la positività della «cultura della vita»: «Non deve esserci un solo ragazzino che non abbia il diritto di nascere, che non abbia il diritto di essere bene alimentato, che non abbia il diritto di andare a scuola. Non deve esserci un solo anziano abbandonato, solo», disse nel 2005 di fronte a migliaia di argentine in dolce attesa. Il riferimento alla tappa finale della vita, sempre e comunque sacra, è un elemento frequente, che l’arcivescovo nelle sue omelie ha legato spesso al concepimento. Quando il bambino «sarà ormai un vecchietto, bisogna assisterlo con molto amore. I nonni sono la saggezza della vita» e tutto «questo è cultura della vita».
È necessario un impegno continuo, faticoso: è innegabile. Il futuro Papa ricorre ad un aneddoto di vita quotidiana, vicino alla gente comune: «La vita è bella, ma la vita è una fatica. Sempre. L’altro giorno un papà, che ha avuto la prima figlia, mi diceva che sia lui sia sua moglie dormono due ore a notte, perché la creatura piange molto… La vita è bella, ma è faticosa perché mi richiede sacrificio. Quando vediamo queste donne e questi uomini che hanno i genitori moribondi ormai e trascorrono le notti prendendoli per mano, perché sentano l’affetto, e il giorno dopo vanno a lavorare e poi tornano lì... faticosa, ma questa è vita. Non si può camminare verso l’annuncio della vita, della cultura della vita, se non come abbiamo detto nel Salmo: in presenza del Signore».
Aborto. I messaggi continuano, finché la Conferenza episcopale argentina convoca l’Anno della vita: è il 2011. «L’aborto non è mai una soluzione», sottolinea il cardinale nel giorno in cui si festeggia il bimbo non ancora nato. «È urgente dare priorità nella nostra patria al diritto alla vita in tutte le sue manifestazioni, dando una speciale attenzione ai bambini non ancora nati, così come ai nostri fratelli che crescono nella povertà e nella marginalità», dichiara la Conferenza episcopale. Sono mesi di tensione. In Argentina fremono le associazioni e le cordate politiche favorevoli alla depenalizzazione dell’aborto. Nel 2012 il Parlamento della città di Buenos Aires tenta lo "strappo" e approva una legge sui cosiddetti aborti non punibili, ma poi il sindaco la blocca con un veto. In un tira e molla giuridico e politico, fra ipotesi e strumentalizzazioni, per settimane si parla di aborti legali o meno, dopo una sentenza della Corte Suprema riferita al caso specifico di una donna violentata. Nel paese sudamericano l’interruzione volontaria della gravidanza è un reato, ma il Codice Penale prevede due eccezioni, una delle quali riguarda il concepimento frutto di violenza sessuale. Bergoglio non si stanca di ripetere: «L’aborto non è mai la soluzione. Dobbiamo ascoltare, accompagnare, comprendere» con il «fine di salvare le due vite».

I "padroni della vita".  «Ancora una volta – dice a proposito dei tentativi di legalizzazione parziale – si procede deliberatamente verso la limitazione ed eliminazione del valore supremo della vita, ignorando i diritti dei bambini che devono nascere". Ma la sua non è una mera risposta al dibattito in corso. Ben prima, nel 2007, aveva avvertito: «Coloro che pensano di essere padroni della vita, non possono convivere nella società». Qui «siamo tutti invitati alla vita» e l’unico padrone di casa è Dio. «Custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore»: nelle parole pronunciate martedì mattina, a San Pietro, c’è l’eco dell’insegnamento di vita portato avanti per anni nella sua Buenos Aires.