domenica 7 luglio 2013

Messa in San Pietro. L’omelia di Papa Francesco: una cascata di consolazione...


Messa in San Pietro. L’omelia di Papa Francesco: “La diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, e innestare la propria vita nell’albero della vita, che è la croce del Signore"
Sala stampa della Santa Sede
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
“Giornata dei Seminaristi, Novizi, Novizie e di quanti sono in cammino vocazionale”. I riferimenti della missionarietà della Chiesa: La gioia della consolazione - La croce di Cristo - La preghiera. 
Il segno (...)  indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio. Testo dell’omelia del Papa:
Cari fratelli e sorelle,
già ieri ho avuto la gioia di incontrarvi, e oggi la nostra festa è ancora più grande perché ci ritroviamo per l’Eucaristia, nel giorno del Signore. Voi siete seminaristi, novizi e novizie, giovani in cammino vocazionale, provenienti da ogni parte del mondo: rappresentate la giovinezza della Chiesa! Se la Chiesa è la Sposa di Cristo, in un certo senso voi ne raffigurate il momento del fidanzamento, la primavera della vocazione, la stagione della scoperta, della verifica, della formazione.
Ed è una stagione molto bella, in cui si gettano le basi per il futuro. Grazie di essere venuti! Oggi la Parola di Dio ci parla della missione. Da dove nasce la missione? La risposta è semplice: nasce da una chiamata, quella del Signore e chi è chiamato da Lui lo è per essere inviato. Ma quale dev’essere lo stile dell’inviato? Quali sono i punti di riferimento della missione cristiana? Le Letture che abbiamo ascoltato ce ne suggeriscono tre: la gioia della consolazione, la croce e la preghiera.
1. Il primo elemento: la gioia della consolazione. Il profeta Isaia si rivolge a un popolo che ha attraversato il periodo oscuro dell’esilio, ha subito una prova molto dura; ma ora per Gerusalemme è venuto il tempo della consolazione; la tristezza e la paura devono fare posto alla gioia: «Rallegratevi… esultate… sfavillate di gioia» - dice il Profeta (66,10). È un grande invito alla gioia. Perché? Qual è il motivo? (...) Perché il Signore effonderà sulla Città santa e sui suoi abitanti una “cascata” di consolazione,(...) una cascata di tenerezza materna: «Sarete portati in braccio e sulle ginocchia sarete accarezzati. (...) Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò» (vv. 12- 13). Ogni cristiano, soprattutto noi, siamo chiamati a portare questo messaggio di speranza che dona serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti. Ma ne possiamo essere portatori se sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati da Lui, di essere amati da Lui. Questo è importante perché la nostra missione sia feconda: sentire la consolazione di Dio e trasmetterla!(...) L’invito di Isaia deve risuonare nel nostro cuore: «Consolate, consolate il mio popolo» (40,1) e diventare missione. (...) La gente oggi ha bisogno certamente di parole, ma soprattutto ha bisogno che noi testimoniamo la misericordia, la tenerezza del Signore, che scalda il cuore, che risveglia la speranza, che attira verso il bene. La gioia di portare la consolazione di Dio!
2. Il secondo punto di riferimento della missione è la croce di Cristo. San Paolo, scrivendo ai Galati, afferma: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (6,14). E parla di «stigmate», cioè delle piaghe di Gesù Crocifisso, come del contrassegno, del marchio distintivo della sua esistenza di Apostolo del Vangelo. Nel suo ministero Paolo ha sperimentato la sofferenza, la debolezza e la sconfitta, ma anche la gioia e la consolazione. Questo è il mistero pasquale di Gesù: mistero di morte e di risurrezione. Ed è proprio l’essersi lasciato conformare alla morte di Gesù che ha fatto partecipare san Paolo alla sua risurrezione, alla sua vittoria. Nell’ora del buio e della prova è già presente e operante l’alba della luce e della salvezza. Il mistero pasquale è il cuore palpitante della missione della Chiesa! E se rimaniamo dentro questo mistero noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica della missione, sia dallo scoraggiamento che può nascere di fronte alle prove e agli insuccessi. La fecondità pastorale, la fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore. È la Croce - sempre Croce con Cristo (...) - che garantisce la fecondità della nostra missione. Ed è dalla Croce, supremo atto di misericordia e di amore, che si rinasce come «nuova creatura» (Gal 6,15).
3. Infine il terzo elemento: la preghiera. Nel Vangelo abbiamo ascoltato: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Lc 10,2). Gli operai per la messe non sono scelti attraverso campagne pubblicitarie o appelli al servizio e alla generosità, ma sono «scelti» e «mandati» da Dio. (...) Per questo è importante la preghiera. La Chiesa, ci ha ripetuto Benedetto XVI, non è nostra, ma è di Dio; (...) il campo da coltivare è suo. La missione allora è soprattutto grazia. (...) E se l’apostolo è frutto della preghiera, in essa troverà la luce e la forza per la sua azione. La nostra missione, infatti, non è feconda, anzi si spegne nel momento stesso in cui si interrompe il collegamento con la sorgente, con il Signore.
Cari seminaristi, care novizie e cari novizi, cari giovani in cammino vocazionale.
(...) “L’evangelizzazione si fa in ginocchio”, mi diceva l’altro ieri uno di voi. (...) Siate sempre uomini e donne di preghiera! Senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere. (...) Il rischio dell’attivismo, di confidare troppo nelle strutture, è sempre in agguato. Se guardiamo a Gesù, vediamo che alla vigilia di ogni decisione o avvenimento importante, si raccoglieva in preghiera intensa e prolungata. Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pressanti. E più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore. Qui sta il segreto della fecondità pastorale di un discepolo del Signore!
Gesù manda i suoi senza «borsa, né sacca, né sandali» (Lc 10,4). La diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, e innestare la propria vita nell’albero della vita, che è la croce del Signore. Cari amici e amiche, con grande fiducia vi affido all’intercessione di Maria Santissima. Lei è la Madre che ci aiuta a prendere le decisioni definitive con libertà, senza paura. Lei vi aiuti a testimoniare la gioia della consolazione di Dio, a conformarvi alla logica di amore della Croce, a crescere in un’unione sempre più intensa con il Signore nella preghiera. Così la vostra vita sarà ricca e feconda! Amen.
FRANCESE
Chers frères et soeurs,
Déjà hier j’ai eu la joie de vous rencontrer, et aujourd’hui notre fête est encore plus grande parce que nous nous retrouvons pour l’Eucharistie, le jour du Seigneur. Vous êtes séminaristes, novices, jeunes en cheminement vocationnel, venant de toutes les parties du monde : vous représentez la jeunesse de l’Eglise ! Si l’Eglise est l’épouse du Christ, dans un certain sens vous représentez le moment des fiançailles, le printemps de la vocation, la saison de la découverte, de la vérification, de la formation. Et c’est une saison très belle dans laquelle sont jetées les bases pour l’avenir. Merci d’être venus.
Aujourd’hui la parole de Dieu nous parle de la mission. D’où nait la mission ? La réponse est simple : elle nait d’un appel, l’appel du Seigneur ; et celui qui est appelé l’est pour être envoyé. Mais quel doit être la manière d’être de celui qui est envoyé ? Quels sont les points de repère de la mission chrétienne ? Les lectures que nous avons écoutées nous en suggèrent trois : la joie de la consolation, la croix et la prière.
1. Le premier élément : la joie de la consolation. Le prophète Isaïe s’adresse à un peuple qui a traversé la période sombre de l’exil, qui a subi une épreuve très dure ; mais maintenant est venu pour Jérusalem le temps de la consolation, la tristesse et la peur doivent céder la place à la joie : « Réjouissez-vous…exultez…soyez pleins d’allégresse » dit le prophète (66, 10). C’est une grande invitation à la joie. Pourquoi ? Quel en est le motif ? Parce que le Seigneur répandra sur la Cité sainte et ses habitants un « torrent » de consolations, de tendresse maternelle : « Vous serez portés dans les bras et caressés sur les genoux. De même qu’une mère console son enfant, moi-même je vous consolerai » (v. 12-13). Tout chrétien, surtout nous, est appelé à porter ce message d’espérance qui donne sérénité et joie : la consolation de Dieu, sa tendresse envers tous. Mais nous ne pouvons pas en être porteur si nous n’expérimentons pas nous-mêmes en premier la joie d’être consolés par Lui, d’être aimés de Lui. Cela est important pour que notre mission soit féconde : sentir la consolation de Dieu et la transmettre ! L’invitation d’Isaïe doit résonner dans notre coeur : « Consolez, consolez mon peuple » (40, 1) et devenir une mission. Les gens aujourd’hui ont besoin, certainement, de paroles, mais ils ont besoin surtout que nous témoignons la miséricorde, la tendresse du Seigneur qui réchauffe le coeur, qui réveille l’espérance, qui attire vers le bien. La joie de porter la consolation de Dieu.
2. Le second point de repère de la mission est la croix du Christ. Saint Paul, écrivant aux galates affirme : « pour moi, que la croix de Notre Seigneur Jésus-Christ reste mon seul orgueil » (6, 14). Il parle des « stigmates », c'est-à-dire des plaies de Jésus crucifié, comme le signe, la marque distinctive de son être d’Apôtre de l’Evangile. Dans son ministère, Paul a expérimenté la souffrance, la faiblesse et la défaite, mais aussi la joie et la consolation. C’est le mystère pascal de Jésus : mystère de mort et de résurrection. Et c’est parce qu’il s’est laissé configurer à la mort de Jésus que Paul à participé à sa résurrection, à sa victoire. A l’heure de l’obscurité et de l’épreuve est déjà présente et agissante l’aube de la lumière et du salut. Le mystère pascal est le coeur palpitant de la mission de l’Eglise ! Et si nous demeurons dans ce mystère, nous sommes à l’abri, aussi bien d’une vision mondaine et triomphaliste de la mission, que du découragement qui peut naître devant les épreuves et les insuccès. La fécondité de l’annonce de l’Evangile n’est donnée ni par le succès, ni par l’insuccès évalués selon des critères humains, mais par la conformité avec la logique de la Croix de Jésus, qui est la logique du sortir de soi-même pour se donner, la logique de l’amour. C’est la Croix - toujours la Croix avec le Christ – qui assure la fécondité de notre mission. Et c’est de la Croix, acte suprême de miséricorde et d’amour, que l’on renaît comme « créature nouvelle » (Ga 6, 15).
3. Enfin, le troisième élément : la prière. Dans l’Evangile nous avons entendu : « priez donc le maître de la moisson d’envoyer des ouvriers pour sa moisson » (Lc 10, 2). Les ouvriers pour la moisson ne sont pas choisis par campagne publicitaire ou appel au service et à la générosité, mais ils sont « choisis » et « envoyés » par Dieu. Pour cette raison, la prière est importante. L’Eglise, nous a répété Benoît XVI, n’est pas nôtre, mais elle est de Dieu ; le champ à cultiver est le sien. En conséquence, la mission est essentiellement grâce. Et si l’apôtre est le fruit de la prière, il trouvera en elle la lumière et la force pour son action. Notre mission, en effet, n’est plus féconde, ou plutôt s’éteint, dans le moment même où est interrompue la relation avec la source, avec le Seigneur.
Chers séminaristes, chers novices, chers jeunes en cheminement vocationnel.
« l’évangélisation se fait à genoux », me disait l’autre jour l’un d’entre vous. Soyez toujours des hommes et des femmes de prière ! Sans un rapport constant avec Dieu la mission devient un métier. Le risque de l’activisme, d’une trop grande confiance dans les structures, est toujours un piège. Si nous regardons Jésus, nous voyons qu’à la veille de chaque décision ou évènement important, il se recueillait dans une prière intense et prolongée. Cultivons la dimension contemplative, y compris dans le tourbillon des engagements les plus urgents et pressants. Et plus la mission vous appelle à aller vers les périphéries existentielles, plus votre coeur doit être uni à celui du Christ, plein de miséricorde et d’amour. Là se trouve le secret de la fécondité d’un disciple du Seigneur !
Jésus envoie le siens sans « argent, ni sac, ni sandales » (Lc 10, 4). La diffusion de l’Evangile n’est assurée ni par le nombre de personnes, ni par le prestige de l’institution, ni par la quantité des ressources disponibles. Ce qui compte, c’est d’être imprégné de l’amour du Christ, se laisser conduire par le Saint Esprit, et greffer sa propre vie sur l’arbre de vie, qui est la Croix du Seigneur.
Chers amis, avec grande confiance je vous confie à l’intercession de Marie Très Sainte. Elle est la Mère qui nous aide à prendre librement les décisions définitives, sans peur. Elle vous aide à témoigner de la joie de la consolation de Dieu, à vous conformer à la logique de l’amour de la Croix, à croître dans l’union toujours plus intime avec le Seigneur. Ainsi votre vie sera riche et féconde ! Amen.
INGLESE
Dear Brothers and Sisters,
Yesterday I had the pleasure of meeting you, and today our joy is even greater, because we have gathered for the Eucharist on the Lord’s Day. You are seminarians, novices, young people on a vocational journey, from every part of the world. You represent the Church’s youth! If the Church is the Bride of Christ, you in a certain sense represent the moment of betrothal, the Spring of vocation, the season of discovery, assessment, formation. And it is a very beautiful season, in which foundations are laid for the future. Thank you for coming!
Today the word of God speaks to us of mission. Where does mission originate? The answer is simple: it originates from a call, the Lord’s call, and when he calls people, he does so with a view to sending them out. But how is the one sent out meant to live? What are the reference points of Christian mission? The readings we have heard suggest three: the joy of consolation, the Cross and prayer.
1. The first element: the joy of consolation. The prophet Isaiah is addressing a people that has been through a dark period of exile, a very difficult trial. But now the time of consolation has come for Jerusalem; sadness and fear must give way to joy: “Rejoice .. be glad ... rejoice with her in joy,” says the prophet (66:10). It is a great invitation to joy. Why? For what reason? Because the Lord is going to pour out over the Holy City and its inhabitants a “torrent” of consolation, of maternal tenderness: “You shall be carried upon her hip and dandled upon her knees. As one whom his mother comforts, so I will comfort you” (vv. 12-13). Every Christian, especially you and I, is called to be a bearer of this message of hope that gives serenity and joy: God’s consolation, his tenderness towards all. But if we first experience the joy of being consoled by him, of being loved by him, then we can bring that joy to others. This is important if our mission is to be fruitful: to feel God’s consolation and to pass it on to others! Isaiah’s invitation must resound in our hearts: “Comfort, comfort my people” (40:1) and it must lead to mission. People today certainly need words, but most of all they need us to bear witness to the mercy and tenderness of the Lord, which warms the heart, rekindles hope, and attracts people towards the good. What a joy it is to bring God’s consolation to others!
2. The second reference point of mission is the Cross of Christ. Saint Paul, writing to the Galatians, says: “Far be it from me to glory except in the Cross of our Lord Jesus Christ” (6:14). And he speaks of the “marks of Jesus”, that is, the wounds of the crucified Lord, as a countersign, as the distinctive mark of his life as an Apostle of the Gospel. In his ministry Paul experienced suffering, weakness and defeat, but also joy and consolation. This is the Paschal mystery of Jesus: the mystery of death and resurrection. And it was precisely by letting himself be conformed to the death of Jesus that Saint Paul became a sharer in his resurrection, in his victory. In the hour of darkness and trial, the dawn of light and salvation is already present and operative. The Paschal mystery is the beating heart of the Church’s mission! And if we remain within this mystery, we are sheltered both from a worldly and triumphalistic view of mission and from the discouragement that can result from trials and failures. The fruitfulness of the Gospel proclamation is measured neither by success nor by failure according to the criteria of human evaluation, but by becoming conformed to the logic of the Cross of Jesus, which is the logic of stepping outside oneself and spending oneself, the logic of love. It is the Cross – the Cross that is always present with Christ – which guarantees the fruitfulness of our mission. And it is from the Cross, the supreme act of mercy and love, that we are reborn as a “new creation” (Gal 6:15). 3. Finally the third element: prayer. In the Gospel we heard: “Pray therefore the Lord of the harvest, to send out labourers into his harvest” (Lk 10:2). The labourers for the harvest are not chosen through advertising campaigns or appeals for service and generosity, but they are “chosen” and “sent” by God. For this, prayer is important. The Church, as Benedict XVI has often reiterated, is not ours, but God’s; the field to be cultivated is his. The mission, then, is primarily about grace. And if the Apostle is born of prayer, he finds in prayer the light and strength for his action. Our mission ceases to bear fruit, indeed, it is extinguished the moment the link with its source, with the Lord, is interrupted.
Dear seminarians, dear novices, dear young people discerning your vocations: “evangelization is done on one’s knees”, as one of you said to me the other day. Always be men and women of prayer! Without a constant relationship with God, the mission becomes a job. The risk of activism, of relying too much on structures, is an ever-present danger. If we look towards Jesus, we see that prior to any important decision or event he recollected himself in intense and prolonged prayer. Let us cultivate the contemplative dimension, even amid the whirlwind of more urgent and pressing duties. And the more the mission calls you to go out to the margins of existence, let your heart be the more closely united to Christ’s heart, full of mercy and love. Herein lies the secret of the fruitfulness of a disciple of the Lord!
Jesus sends his followers out with no “purse, no bag, no sandals” (Lk 10:4). The spread of the Gospel is not guaranteed either by the number of persons, or by the prestige of the institution, or by the quantity of available resources. What counts is to be permeated by the love of Christ, to let oneself be led by the Holy Spirit and to graft one’s own life onto the tree of life, which is the Lord’s Cross.
Dear friends, with great confidence I entrust you to the intercession of Mary Most Holy. She is the Mother who helps us to take life decisions freely and without fear. May she help you to bear witness to the joy of God’s consolation, to conform yourselves to the logic of love of the Cross, to grow in ever deeper union with the Lord. Then your lives will be rich and fruitful! Amen.
SPAGNOLO
Queridos hermanos y hermanas:
Ya ayer tuve la alegría de encontrarme con ustedes, y hoy nuestra fiesta es todavía mayor porque nos reunimos de nuevo para celebrar la Eucaristía, en el día del Señor. Ustedes son seminaristas, novicios y novicias, jóvenes en el camino vocacional, provenientes de todas las partes del mundo: ¡representan a la juventud de la Iglesia! Si la Iglesia es la Esposa de Cristo, en cierto sentido ustedes constituyen el momento del noviazgo, la primavera de la vocación, la estación del descubrimiento, de la prueba, de la formación. Y es una etapa muy bonita, en la que se ponen las bases para el futuro. ¡Gracias por haber venido!
Hoy la palabra de Dios nos habla de la misión. ¿De dónde nace la misión? La respuesta es sencilla: nace de una llamada que nos hace el Señor, y quien es llamado por Él lo es para ser enviado. Pero, ¿cuál debe ser el estilo del enviado? ¿Cuáles son los puntos de referencia de la misión cristiana? Las lecturas que hemos escuchado nos sugieren tres: la alegría de la consolación, la cruz y la oración.
1. El primer elemento: la alegría de la consolación. El profeta Isaías se dirige a un pueblo que ha atravesado el periodo oscuro del exilio, ha sufrido una prueba muy dura; pero ahora, para Jerusalén, ha llegado el tiempo de la consolación; la tristeza y el miedo deben dejar paso a la alegría: “Festejad… gozad… alegraos”, dice el Profeta (66,10). Es una gran invitación a la alegría. ¿Por qué? ¿Cuál es el motivo? Porque el Señor hará derivar hacia la santa Ciudad y sus habitantes un “torrente” de consolación, de ternura materna: “Llevarán en brazos a sus criaturas y sobre las rodillas las acariciarán; como a un niño a quien su madre consuela, así os consolaré yo” (v. 12-13). Todo cristiano, sobre todo nosotros, estamos llamados a ser portadores de este mensaje de esperanza que da serenidad y alegría: la consolación de Dios, su ternura para con todos. Pero sólo podremos ser portadores si nosotros experimentamos antes la alegría de ser consolados por Él, de ser amados por Él. Esto es importante para que nuestra misión sea fecunda: sentir la consolación de Dios y transmitirla. La invitación de Isaías ha de resonar en nuestro corazón: “Consolad, consolad a mi pueblo” (40,1), y convertirse en misión. La gente de hoy tiene necesidad ciertamente de palabras, pero sobre todo tiene necesidad de que demos testimonio de la misericordia, la ternura del Señor, que enardece el corazón, despierta la esperanza, atrae hacia el bien. ¡La alegría de llevar la consolación de Dios!
2. El segundo punto de referencia de la misión es la cruz de Cristo. San Pablo, escribiendo a los Gálatas, dice: “Dios me libre de gloriarme si no es en la cruz de nuestro Señor Jesucristo” (6,14). Y habla de las “marcas”, es decir, de las llagas de Cristo Crucificado, como el cuño, la señal distintiva de su existencia de Apóstol del Evangelio. En su ministerio, Pablo ha experimentado el sufrimiento, la debilidad y la derrota, pero también la alegría y la consolación. He aquí el misterio pascual de Jesús: misterio de muerte y resurrección. Y precisamente haberse dejado conformar con la muerte de Jesús ha hecho a San Pablo participar en su resurrección, en su victoria. En la hora de la oscuridad y de la prueba está ya presente y activa el alba de la luz y de la salvación. ¡El misterio pascual es el corazón palpitante de la misión de la Iglesia! Y si permanecemos dentro de este misterio, estamos a salvo tanto de una visión mundana y triunfalista de la misión, como del desánimo que puede nacer ante las pruebas y los fracasos. La fecundidad del anuncio del Evangelio no procede ni del éxito ni del fracaso según los criterios de valoración humana, sino de conformarse con la lógica de la Cruz de Jesús, que es la lógica del salir de sí mismos y darse, la lógica del amor. Es la Cruz –siempre la Cruz con Cristo-, la que garantiza la fecundidad de nuestra misión. Y desde la Cruz, acto supremo de misericordia y de amor, renacemos como “criatura nueva” (Ga 6,15).
3. Finalmente, el tercer elemento: la oración. En el Evangelio hemos escuchado: “Rogad, pues, al dueño de la mies que mande obreros a su mies” (Lc 10,2). Los obreros para la mies no son elegidos mediante campañas publicitarias o llamadas al servicio y a la generosidad, sino que son “elegidos” y “mandados” por Dios. Por eso es importante la oración. La Iglesia, nos ha repetido Benedicto XVI, no es nuestra, sino de Dios; el campo a cultivar es suyo. Así pues, la misión es sobre todo gracia. Y si el apóstol es fruto de la oración, encontrará en ella la luz y la fuerza para su acción. En efecto, nuestra misión pierde su fecundidad, e incluso se apaga, en el mismo momento en que se interrumpe la conexión con la fuente, con el Señor.
Queridos seminaristas, queridas novicias y queridos novicios, queridos jóvenes en el camino vocacional. “La evangelización se hace de rodillas”, me decía uno de ustedes el otro día. ¡Sean siempre hombres y mujeres de oración! Sin la relación constante con Dios la misión se convierte en función. El riesgo del activismo, de confiar demasiado en las estructuras, está siempre al acecho. Si miramos a Jesús, vemos que la víspera de cada decisión y acontecimiento importante, se recogía en oración intensa y prolongada. Cultivemos la dimensión contemplativa, incluso en la vorágine de los compromisos más urgentes y acuciantes. Cuanto más les llame la misión a ir a las periferias existenciales, más unido ha de estar su corazón a Cristo, lleno de misericordia y de amor. ¡Aquí reside el secreto de la fecundidad de un discípulo del Señor!
Jesús manda a los suyos sin “talega, ni alforja, ni sandalias” (Lc 10,4). La difusión del Evangelio no está asegurada ni por el número de personas, ni por el prestigio de la institución, ni por la cantidad de recursos disponibles. Lo que cuenta es estar imbuidos del amor de Cristo, dejarse conducir por el Espíritu Santo, e injertar la propia vida en el árbol de la vida, que es la Cruz del Señor.
Queridos amigos y amigas, con gran confianza les pongo bajo la intercesión de María Santísima. Ella es la Madre que nos ayuda a tomar las decisiones definitivas con libertad, sin miedo. Que Ella les ayude a dar testimonio de la alegría de la consolación de Dios, a conformarse con la lógica de amor de la Cruz, a crecer en una unión cada vez más intensa con el Señor. ¡Así su vida será rica y fecunda! Amén.
PORTOGHESE
Amados irmãos e irmãs!
Já ontem tive a alegria de vos encontrar, e hoje a nossa festa é ainda maior porque nos reunimos para a Eucaristia, no Dia do Senhor. Sois seminaristas, noviços e noviças, jovens em caminhada vocacional, vindos dos diversos cantos do mundo: representais a juventude da Igreja. Se a Igreja é a Esposa de Cristo, de certo modo vós representais o seu tempo de noivado, a primavera da vocação, o período da descoberta, do discernimento, da formação. E é um período muito belo, em que se lançam as bases do futuro. Obrigado por terdes vindo!
Hoje a Palavra de Deus fala-nos da missão. Donde nasce a missão? A resposta é simples: nasce de uma chamada – a do Senhor – e Ele chama para ser enviado. Mas qual deve ser o estilo do enviado? Quais são os pontos de referência da missão cristã? As leituras que ouvimos sugerem-nos três: a alegria da consolação, a cruz e a oração.
1. O primeiro elemento: a alegria de consolação. O profeta Isaías dirige-se a um povo que atravessou o período escuro do exílio, sofreu uma prova muito dura; mas agora, para Jerusalém, chegou o tempo da consolação; a tristeza e o medo devem dar lugar à alegria: «Alegrai-vos (...), rejubilai (…) regozijai-vos» – diz o Profeta (66, 10). É um grande convite à alegria. Porquê? Qual é o motivo? Porque o Senhor derramará sobre a Cidade Santa e seus habitantes uma «cascata» de consolação, de ternura materna: «Serão levados ao colo e acariciados sobre os seus regaços. Como a mãe consola o seu filho, assim Eu vos consolarei» (vv. 12-13). Cada cristão, mas sobretudo nós, somos chamados a levar esta mensagem de esperança, que dá serenidade e alegria: a consolação de Deus, a sua ternura para com todos. Mas só podemos ser seus portadores, se experimentarmos nós primeiro a alegria de ser consolados por Ele, de ser amados por Ele. Isto é importante para que a nossa missão seja fecunda: sentir a consolação de Deus e transmiti-la! O convite de Isaías: «consolai, consolai o meu povo» (40,1) deve ressoar no nosso coração e tornar-se missão. Hoje as pessoas precisam certamente de palavras, mas sobretudo têm necessidade que testemunhemos a misericórdia, a ternura do Senhor, que aquece o coração, desperta a esperança, atrai para o bem. A alegria de levar a consolação de Deus!
2. O segundo ponto de referência da missão é a cruz de Cristo. São Paulo, ao escrever aos Gálatas, diz: «Quanto a mim, de nada me quero gloriar, a não ser na cruz de Nosso Senhor Jesus Cristo» (6, 14). E fala de «estigmas», isto é, das chagas de Jesus crucificado, como selo, marca distintiva da sua vida de apóstolo do Evangelho. No seu ministério, Paulo experimentou o sofrimento, a fraqueza e a derrota, mas também a alegria e a consolação. Isto é o mistério pascal de Jesus: mistério de morte e ressurreição. E foi precisamente o ter-se deixado configurar à morte de Jesus que fez São Paulo participar na sua ressurreição, na sua vitória. Na hora da escuridão e da prova, já está presente e operante a alvorada da luz e da salvação. O mistério pascal é o coração palpitante da missão da Igreja. E, se permanecermos dentro deste mistério, estamos a coberto quer de uma visão mundana e triunfalista da missão, quer do desânimo que pode surgir à vista das provas e dos insucessos. A fecundidade do anúncio do Evangelho não deriva do sucesso nem do insucesso vistos segundo critérios de avaliação humana, mas de conformar-se com a lógica da Cruz de Jesus, que é a lógica de sair de si mesmo e dar-se, a lógica do amor. É a Cruz – sempre Cruz com Cristo – que garante a fecundidade da nossa missão. E é da Cruz, supremo acto de misericórdia e amor, que se renasce como «nova criação» (Gl 6, 15).
3. Finalmente, o terceiro elemento: a oração. Ouvimos no Evangelho: «Rogai ao dono da messe que mande trabalhadores para a sua messe» (Lc 10, 2). Os trabalhadores para a messe não são escolhidos através de campanhas publicitárias ou apelos ao serviço e à generosidade, mas são «escolhidos» e «mandados» por Deus. Por isso é importante a oração. A Igreja – repetia Bento XVI – não é nossa, mas de Deus; o campo a cultivar é d’Ele. Assim, a missão é sobretudo graça. E, se o apóstolo é fruto da oração, nesta encontrará a luz e a força para a sua acção. De contrário, a nossa missão não será fecunda; mais, apaga-se no próprio momento em que se interrompe a ligação com a fonte, com o Senhor.
Queridos seminaristas, queridas noviças e queridos noviços, queridos jovens em caminhada vocacional! «A evangelização faz-se de joelhos»: dizia-me um de vós anteontem. Sede sempre homens e mulheres de oração! Sem o relacionamento constante com Deus a missão torna-se um ofício. O risco do activismo, de confiar demasiado nas estruturas, está sempre à espreita. Se olhamos a vida de Jesus, constatamos que, na véspera de cada decisão ou acontecimento importante, Ele Se recolhia em oração intensa e prolongada. Cultivemos a dimensão contemplativa, mesmo no turbilhão dos compromissos mais urgentes e prementes. E quanto mais a missão vos chamar para ir para as periferias existenciais, tanto mais o vosso coração se mantenha unido ao de Cristo, cheio de misericórdia e de amor. Aqui reside o segredo da fecundidade de um discípulo do Senhor!
Jesus envia os seus sem «bolsa, nem alforge, nem sandálias» (Lc 10, 4). A difusão do Evangelho não é assegurada pelo número das pessoas, nem pelo prestígio da instituição, nem ainda pela quantidade de recursos disponíveis. O que conta é estar permeados pelo amor de Cristo, deixar-se conduzir pelo Espírito Santo e enxertar a própria existência na árvore da vida, que é a cruz do Senhor.

Queridos amigos e amigas, com grande confiança vos confio à intercessão de Maria Santíssima. Ela é a Mãe que nos ajuda a tomar as decisões definitivas com liberdade, sem medo. Que Ela vos ajude a testemunhar a alegria da consolação de Deus, a conformar-vos com a lógica de amor da Cruz, a crescer numa união cada vez mais intensa com o Senhor. Assim a vossa vida será rica e fecunda! Amen.

*

Vatican Insider
"La Chiesa sia più missionaria e meno tranquilla. Più gioiosa e non triste» ha sottolineato Bergoglio ai seminaristi, ai novizi e le novizie religiosi riuniti in aula Paolo VI. «Coerenza e autenticità» debbono caratterizzare sacerdoti e suore. Lo ha detto Papa Francesco ai (...)

*

Korazym
(Angela Ambrogetti) Pomeriggio di festa per i seminaristi e i novizi delle famiglie religiose di tutto il mondo in attesa domani di celebrare l’ Anno delle Fede con la messa presieduta dal Papa in San Pietro. E intanto il Papa oggi pomeriggio nell’ Aula Paolo VI ha portato la (...)

*

La rivoluzione di papa Francesco, senza corte, ori e vallette  
La Stampa - Rassegna "Fine settimana"
(Andrea Tornielli) A lle quattro di pomeriggio con l’afa romana che dà il meglio di sé, due guardie svizzere in uniforme e un gendarme con la divisa stazionano davanti all’ingresso della Casa Santa Marta, la residenza stabile del Papa e di un’altra quarantina fra  (...)

*

La scossa del papa “Voglio una Chiesa povera e rinnovata”   
La Stampa - Rassegna "Fine settimana" 
(Giacomo Galeazzi) L’austerity di Francesco rivoluziona la Curia. Nello stile e nella sostanza. Alla messa a Santa Marta e all’incontro in Vaticano con 6mila seminaristi e novizie, il Papa che gira in utilitaria traccia l’identikit della «Chiesa povera per i poveri». Parlando a (...)

*

Il Papa: fa male vedere preti su auto di lusso 
La Repubblica - Rassegna "Fine settimana" 
(Paolo Rodari) Francesco, fedele al nome impegnativo che ha scelto il 13 marzo scorso appena eletto al soglio di Pietro, incontra dei seminaristi, novizi e novizie giunti a Roma per l’Anno della fede, e li istruisce sul futuro della loro vita dedicata a Dio: «A me fa male (...) 
Il papa: «Fa male vedere preti su auto di lusso» (Roberto Monteforte, l'Unità)
Il Papa: no ai preti con auto di lusso La visita «povera» a Lampedusa (Gian Guido Vecchi in “Corriere della Sera”)

*

Vaticano

Le risposte che i due papi non hanno ancora dato  
La Repubblica - Rassegna "Fine settimana"
(Eugenio Scalfari) La politica e l’economia non forniscono novità in questo week-end estivo. Solo Renzi e i suoi contraddittori proseguono nel loro chiacchiericcio ma, per quanto mi riguarda, mi sembra inutilmente ripetitivo. Le vere novità riguardano quanto sta accadendo(...)