giovedì 11 luglio 2013

MI HA TELEFONATO IL PAPA. Anzi, mi ha ritelefonato...

L'autore dell'articolo alla sinistra di Bergoglio in una foto dell'agosto 2010
L'autore dell'articolo alla sinistra di Bergoglio in una foto dell'agosto 2010

… È un privilegio che mi è toccato in sorte, e forse per questo lo devo condividere con chi lo sa apprezzare, perché il bene, quando viene messo in comune, si moltiplica.
“Dodici pagine. Una lettera di dodici pagine!” – si è lamentato, riferendosi a una lettera che gli avevo scritto.
“Ma non puoi negare che ti ho fatto ridere…” – gli ho risposto.
Ha riso. Per quelle ragioni che nessuno può spiegare, tanto meno io, tollera ancora la mia prosa come tanti anni fa, quando eravamo professore e alunno. Gli ho detto che avevo iniziato a leggere l’enciclica Lumen Fidei e lui ha declinato ogni merito personale. Ha commentato che Benedetto XVI aveva fatto la maggior parte del lavoro, che era un pensatore sublime, non conosciuto o capito dalla maggior parte delle persone.
“Oggi ero con el viejo, il vecchio … – l’ha chiamato così, all’argentina, con quel carattere affettuoso che diamo alla parola – abbiamo chiacchierato molto; per me è un piacere scambiare idee con lui”.
E davvero quando parla di Ratzinger lo fa con riconoscenza e tenerezza. A me fa un po’ l’effetto di uno che ha ritrovato un vecchio amico, un ex compagno di classe, di quelli che si fanno vedere di tanto in tanto, che a scuola frequentavano uno o due corsi dopo il nostro e che in qualche modo ammiravamo, magari con le differenze che il tempo aveva levigato, ammorbidito.
“Non ti immagini l’umiltà e la saggezza di quest’uomo” – mi ha detto.
“Allora tienilo vicino …” gli ho ribattuto.
“Non ci penso nemmeno a rinunciare al consiglio di una persona del genere, sarebbe sciocco da parte mia!”.
Gli ho detto che la differenza tra loro era che la gente a lui lo vedeva più umano, lo poteva toccare, gli poteva parlare…
“E come no? Certo, lo devono poter fare! È mio dovere ascoltarli, confortarli, pregare con loro, stringergli le mani perché sentano che non sono soli …” ma mi ha assicurato che non è stato facile riuscire a farlo accettare da tanti che gli stanno attorno.
Si è messo a ridere di nuovo quando gli ho detto che se i miei nonni Carrara fossero vivi e venissero a sapere che gli sto dando del tu, smetterebbero di pregare per me e mi considererebbero definitivamente perduto. Loro avevano l’idea di un Papa inaccessibile, distante, la stessa immagine dei loro genitori e nonni.
E poi mi ha ripetuto : «Non è stato facile, Jorge, qui ci sono molti “padroni” del Papa e con molta anzianità di servizio».
Poi ha commentato che ogni cambiamento che ha introdotto gli è costato degli sforzi (e, suppongo, dei nemici …) Tra questi sforzi la cosa più difficile è stata di non accettare che gli gestissero l’agenda. Per questo non ha voluto vivere nel palazzo, perché molti Papi hanno finito con il diventare “prigionieri” dei loro segretari.
“Sono io che decido chi vedere, non i miei segretari… A volte non posso vedere chi vorrei, perché devo vedere chi chiede di me”.
Questa frase mi ha molto colpito. Io, che non sono Papa e non ho il suo potere, sento il cuore che si accelera quando aspetto un caro amico e non so proprio se darei la precedenza ad un altro al suo posto. Lui, invece, si priva dell’incontro che vorrebbe per stare con chi lo richiede. Mi ha detto che i Papi sono stati isolati per secoli e che questo non va bene, il posto del Pastore è con le sue pecore … Poi abbiamo parlato di due o tre cose personali.
Preoccupato come sempre per la situazione del paese, non poteva credere che mancasse il grano per fare il pane. Mi sono ricordato, come un paradosso, di quelle righe che declamano: “Non si può morire di fame / nella patria benedetta del pane “. Lui ha annuito con una certa amarezza, ma non ha fatto commenti su nessuno.
Alla fine mi ha chiesto, come sempre, di pregare per lui. A dir la verità stavamo ancora parlando e non volevo essere io a dare per terminata la conversazione quando, all’improvviso, mi ha detto:
- Beh, ci vediamo, o meglio ti leggerò. Ciao. Statti bene… e prega per me.
Resto con il telefono in mano. E penso: mi ha parlato Francisco, mi ha parlato il Papa. Sono un po’ confuso. Per fortuna ricordo la sua frase: “Non darti troppe arie, Jorge, ti ha solo parlato un amico.”
*Giornalista, scrittore, ex alunno di Bergoglio 
– © TERRE D’AMERICA