giovedì 25 luglio 2013

Papa Francesco visita la Comunità di Varginha.

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Papa Francesco visita la Comunità di Varginha. "Ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto ciò che si condivide si moltiplica! La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!"

[Text: Italiano, Português, Français, English, Español]
Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio
"Qui, come in tutto il Brasile, ci sono tanti giovani. Voi, cari giovani, avete una particolare sensibilità contro le ingiustizie, ma spesso siete delusi da fatti che parlano di corruzione, da persone che, invece di cercare il bene comune, cercano il proprio interesse. Anche a voi e a tutti ripeto: non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la speranza".
Carissimi fratelli e sorelle,
È bello poter essere qui con voi! Fin dall’inizio, nel programmare la visita in Brasile, il mio desiderio era di poter visitare tutti i rioni di questa Nazione. Avrei voluto bussare a ogni porta, dire “buongiorno”, chiedere un bicchiere di acqua fresca, prendere un “cafezinho” (non di acquevite ...), parlare come ad amici di casa, ascoltare il cuore di ciascuno, dei genitori, dei figli, dei nonni... Ma il Brasile è così grande! E non è possibile bussare a tutte le porte! Allora ho scelto di venire qui, di fare visita alla vostra Comunità che oggi rappresenta tutti i rioni del Brasile. Che bello essere accolti con amore, con generosità, con gioia!
Basta vedere come avete decorato le strade della Comunità; anche questo è un segno di affetto, nasce dal vostro cuore, dal cuore dei brasiliani, che è in festa! Grazie tante a ognuno di voi per la bella accoglienza! Ringrazio Mons. Orani Tempesta e gli sposi Rangler e Joana  per le calorose parole.
1. Fin dal primo momento in cui ho toccato la terra brasiliana e anche qui in mezzo a voi, mi sento accolto. Ed è importante saper accogliere; è ancora più bello di qualsiasi abbellimento o decorazione. Lo dico perché quando siamo generosi nell’accogliere una persona e condividiamo qualcosa con lei - un po’ di cibo, un posto nella nostra casa, il nostro tempo - non solo non rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo. So bene che quando qualcuno che ha bisogno di mangiare bussa alla vostra porta, voi trovate sempre un modo di condividere il cibo; come dice il proverbio, si può sempre “aggiungere più acqua ai fagioli”!(...) E voi lo fate con amore, mostrando che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nel cuore!
E il popolo brasiliano, in particolare le persone più semplici, può offrire al mondo una preziosa lezione di solidarietà, una parola spesso dimenticata o taciuta, perché scomoda. Vorrei fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo! Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali. Non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile, ma la cultura della solidarietà; (...) vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello.
Desidero incoraggiare gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta contro la fame e la miseria. Nessuno sforzo di “pacificazione” sarà duraturo, non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente impoverisce se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa. (...) Ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto ciò che si condivide si moltiplica! (...) La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!
2. Vorrei dirvi anche che la Chiesa, “avvocata della giustizia e difensore dei poveri contro le disuguaglianze sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo” (Documento di Aparecida, 395), desidera offrire la sua collaborazione ad ogni iniziativa che possa significare un vero sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. Cari amici, certamente è necessario dare il pane a chi ha fame; è un atto di giustizia. Ma c’è anche una fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare. (...) Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell'uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale, che non si riduce ad una semplice trasmissione di informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l'equilibrio umano e per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal cambiamento del cuore umano.
3. Un’ultima cosa vorrei dire. (...) Qui, come in tutto il Brasile, ci sono tanti giovani. (...) Voi, cari giovani, avete una particolare sensibilità contro le ingiustizie, ma spesso siete delusi da fatti che parlano di corruzione, da persone che, invece di cercare il bene comune, cercano il proprio interesse. Anche a voi e a tutti ripeto: non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la speranza. La realtà può cambiare, l’uomo può cambiare. Cercate voi per primi di portare il bene, di non abituarvi al male, ma di vincerlo. La Chiesa vi accompagna, portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo, che è «venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Oggi a tutti voi, in particolare agli abitanti di questa Comunità di Varginha dico: non siete soli, la Chiesa è con voi, il Papa è con voi. Porto ognuno di voi nel mio cuore e faccio mie le intenzioni che avete nell’intimo: i ringraziamenti per le gioie, le richieste di aiuto nelle difficoltà, il desiderio di consolazione nei momenti di dolore e di sofferenza. Tutto affido all'intercessione di Nostra Signora di Aparecida, Madre di tutti i poveri del Brasile, e con grande affetto vi imparto la mia Benedizione.
PORTOGHESE
Queridos irmãos e irmãs,
Que bom poder estar com vocês aqui! Desde o início, quando planejava a minha visita ao Brasil, o meu desejo era poder visitar todos os bairros deste País. Queria bater em cada porta, dizer “bom dia”, pedir um copo de água fresca, beber um "cafezinho", falar como a amigos de casa, ouvir o coração de cada um, dos pais, dos filhos, dos avós... Mas o Brasil é tão grande! Não é possível bater em todas as portas! Então escolhi vir aqui, visitar a Comunidade de vocês que hoje representa todos os bairros do Brasil. Como é bom ser bem acolhido, com amor, generosidade, alegria! Basta ver como vocês decoraram as ruas da Comunidade; isso é também um sinal do carinho que nasce do coração de vocês, do coração dos brasileiros, que está em festa! Muito obrigado a cada um de vocês pela linda acolhida! Agradeço a Dom Orani Tempesta e ao casal Rangler e Joana pelas suas belas palavras.
1. Desde o primeiro instante em que toquei as terras brasileiras e também aqui junto de vocês, me sinto acolhido. E é importante saber acolher; é algo mais bonito que qualquer enfeite ou decoração. Isso é assim porque quando somos generosos acolhendo uma pessoa e partilhamos algo com ela – um pouco de comida, um lugar na nossa casa, o nosso tempo - não ficamos mais pobres, mas enriquecemos. Sei bem que quando alguém que precisa comer bate na sua porta, vocês sempre dão um jeito de compartilhar a comida: como diz o ditado, sempre se pode “colocar mais água no feijão”! E vocês fazem isto com amor, mostrando que a verdadeira riqueza não está nas coisas, mas no coração!
E povo brasileiro, sobretudo as pessoas mais simples, pode dar para o mundo uma grande lição de solidariedade, que é uma palavra frequentemente esquecida ou silenciada, porque é incômoda. Queria lançar um apelo a todos os que possuem mais recursos, às autoridades públicas e a todas as pessoas de boa vontade comprometidas com a justiça social: Não se cansem de trabalhar por um mundo mais justo e mais solidário! Ninguém pode permanecer insensível às desigualdades que ainda existem no mundo! Cada um, na medida das próprias possibilidades e responsabilidades, saiba dar a sua contribuição para acabar com tantas injustiças sociais! Não é a cultura do egoísmo, do individualismo, que frequentemente regula a nossa sociedade, aquela que constrói e conduz a um mundo mais habitável, mas sim a cultura da solidariedade; ver no outro não um concorrente ou um número, mas um irmão.
Quero encorajar os esforços que a sociedade brasileira tem feito para integrar todas as partes do seu corpo, incluindo as mais sofridas e necessitadas, através do combate à fome e à miséria. Nenhum esforço de “pacificação” será duradouro, não haverá harmonia e felicidade para uma sociedade que ignora, que deixa à margem, que abandona na periferia parte de si mesma. Uma sociedade assim simplesmente empobrece a si mesma; antes, perde algo de essencial para si mesma. Lembremo-nos sempre: somente quando se é capaz de compartilhar é que se enriquece de verdade; tudo aquilo que se compartilha se multiplica! A medida da grandeza de uma sociedade é dada pelo modo como esta trata os mais necessitados, quem não tem outra coisa senão a sua pobreza!
2. Queria dizer-lhes também que a Igreja, «advogada da justiça e defensora dos pobres diante das intoleráveis desigualdades sociais e econômicas, que clamam ao céu» (Documento de Aparecida, 395), deseja oferecer a sua colaboração em todas as iniciativas que signifiquem um autêntico desenvolvimento do homem todo e de todo o homem. Queridos amigos, certamente é necessário dar o pão a quem tem fome; é um ato de justiça. Mas existe também uma fome mais profunda, a fome de uma felicidade que só Deus pode saciar. Não existe verdadeira promoção do bem-comum, nem verdadeiro desenvolvimento do homem, quando se ignoram os pilares fundamentais que sustentam uma nação, os seus bens imateriais: a vida, que é dom de Deus, um valor que deve ser sempre tutelado e promovido; a família, fundamento da convivência e remédio contra a desagregação social; a educação integral, que não se reduz a uma simples transmissão de informações com o fim de gerar lucro; a saúde, que deve buscar o bem-estar integral da pessoa, incluindo a dimensão espiritual, que é essencial para o equilíbrio humano e uma convivência saudável; a segurança, na convicção de que a violência só pode ser vencida a partir da mudança do coração humano.
3. Queria dizer uma última coisa. Aqui, como em todo o Brasil, há muitos jovens. Vocês, queridos jovens, possuem uma sensibilidade especial frente às injustiças, mas muitas vezes se desiludem com notícias que falam de corrupção, com pessoas que, em vez de buscar o bem comum, procuram o seu próprio benefício. Também para vocês e para todas as pessoas repito: nunca desanimem, não percam a confiança, não deixem que se apague a esperança. A realidade pode mudar, o homem pode mudar. Procurem ser vocês os primeiros a praticar o bem, a não se acostumarem ao mal, mas a vencê-lo. A Igreja está ao lado de vocês, trazendo-lhes o bem precioso da fé, de Jesus Cristo, que veio «para que todos tenham vida, e vida em abundância» (Jo 10,10).
Hoje a todos vocês, especialmente aos moradores dessa Comunidade de Varginha, quero dizer: Vocês não estão sozinhos, a Igreja está com vocês, o Papa está com vocês. Levo a cada um no meu coração e faço minhas as intenções que vocês carregam no seu íntimo: os agradecimentos pelas alegrias, os pedidos de ajuda nas dificuldades, o desejo de consolação nos momentos de tristeza e sofrimento. Tudo isso confio à intercessão de Nossa Senhora Aparecida, Mãe de todos os pobres do Brasil, e com grande carinho lhes concedo a minha Bênção.
FRANCESE
Chers frères et sœurs,
Il est beau de pouvoir être ici avec vous ! Dès le début, en programmant ma visite au Brésil, mon désir était de pouvoir visiter tous les quartiers de cette Nation. J’aurai voulu frapper à chaque porte, dire " bonjour ", demander un verre d’eau fraîche, prendre un " cafezinho ", parler comme à des amis de la maison, écouter le cœur de chacun, des parents, des enfants, des grands-parents… Mais le Brésil est si grand ! Et il n’est pas possible de frapper à toutes les portes ! Alors j’ai choisi de venir ici, de visiter votre ‘Communauté’ qui représente aujourd’hui tous les quartiers du Brésil. Qu’il est beau d’être accueillis avec amour, avec générosité, avec joie ! Il suffit de voir comment vous avez décoré les rues de cette ‘Communauté’ ; cela aussi est un signe d’affection, il naît de votre cœur, du cœur des Brésiliens qui est en fête ! Merci beaucoup à chacun de vous pour le bel accueil ! Je remercie Monseigneur Orani Tempesta et les époux Rangler et Joana pour leurs chaleureuses paroles.
1. Dès le premier moment où j’ai mis pied sur la terre brésilienne et aussi ici, au milieu de vous, je me sens accueilli. Et il est important de savoir accueillir ; c’est encore plus beau que tout embellissement ou décoration. Lorsque nous sommes généreux dans l’accueil d’une personne, je vous le dis, et que nous partageons quelque chose avec elle – un peu de nourriture, une place dans notre maison, notre temps – non seulement nous ne restons pas plus pauvres, mais nous nous enrichissons. Lorsqu’une personne qui a besoin de manger frappe à votre porte, je sais bien que vous trouvez toujours une façon de partager la nourriture ; comme dit le proverbe, on peut toujours " ajouter plus d’eau aux haricots " ! Et vous le faites avec amour, montrant que la véritable richesse n’est pas dans les choses, mais dans le cœur !
Et le peuple brésilien, en particulier les personnes plus simples, peut offrir au monde une précieuse leçon de solidarité, une parole souvent oubliée ou tue, parce qu’elle gêne. Je voudrais faire appel à celui qui possède plus de ressources, aux autorités publiques et à tous les hommes de bonne volonté engagés pour la justice sociale : ne vous lassez pas de travailler pour un monde plus juste et plus solidaire ! Personne ne peut rester insensible aux inégalités qu’il y a encore dans le monde ! Que chacun, selon ses possibilités et ses responsabilités, sache offrir sa contribution pour mettre fin à beaucoup d’injustices sociales. Ce n’est pas la culture de l’égoïsme, de l’individualisme qui souvent régule notre société, à construire et à mener vers un monde plus habitable, mais la culture de la solidarité qui voit dans l’autre non un concurrent ou un numéro, mais un frère.
Je désire encourager les efforts que la société brésilienne fait pour intégrer toutes ses composantes, même les plus souffrantes et nécessiteuses, dans la lutte contre la faim et la misère. Aucun effort de “pacification” ne sera durable, il n’y aura ni harmonie, ni bonheur pour une société qui ignore, qui met en marge et abandonne dans la périphérie une partie d’elle-même. Une telle société s’appauvrit ainsi simplement et perd même quelque chose d’essentiel pour elle-même. Rappelons-nous-le toujours : c’est seulement quand nous sommes capables de partager que nous nous enrichissons vraiment ; tout ce qui se partage se multiplie ! La mesure de la grandeur d’une société est donnée par la façon dont elle traite celui qui est le plus nécessiteux, qui n’a rien d’autre que sa pauvreté !
2. Je voudrais vous dire aussi que l’Église, “avocate de la justice et défenseur des pauvres contre les inégalités sociales et économiques intolérables qui crient vers le ciel” (Document d’Aparecida, p. 395), désire collaborer à toute initiative ayant le sens du vrai développement de tout homme et de tout l’homme. Chers amis, il est certainement nécessaire de donner du pain à celui qui a faim ; c’est un acte de justice. Mais il y a aussi une faim plus profonde, la faim d’un bonheur que seul Dieu peut rassasier. Il n’y a ni de véritable promotion du bien commun, ni de véritable développement de l’homme quand on ignore les piliers fondamentaux qui soutiennent une Nation, ses biens immatériels : la vie, qui est don de Dieu, valeur à préserver et à promouvoir toujours ; la famille, fondement de la vie ensemble et remède contre l’effritement social ; l’éducation intégrale, qui ne se réduit pas à une simple transmission d’informations dans le but de produire du profit ; la santé, qui doit chercher le bien-être intégral de la personne, aussi dans sa dimension spirituelle, essentielle pour l’équilibre humain et pour une saine vie en commun ; la sécurité, dans la conviction que la violence peut être vaincue seulement à partir du changement du cœur humain.
3. Je voudrais dire une dernière chose. Ici, comme dans tout le Brésil, il y a beaucoup de jeunes. Vous, chers jeunes, vous êtes particulièrement sensibles aux injustices, mais souvent vous êtes déçus par des faits qui parlent de corruption, de personnes qui, au lieu de chercher le bien commun, cherchent leur propre intérêt. À vous aussi et à tous, je répète : ne vous découragez jamais, ne perdez pas confiance, ne laissez pas s’éteindre l’espérance. La réalité peut changer, l’homme peut changer. Cherchez, vous les premiers, à apporter le bien, à ne pas vous habituer au mal, mais à le vaincre. L’Église vous accompagne, vous apportant le bien précieux de la foi, de Jésus Christ qui est « venu pour que les hommes aient la vie, pour qu’ils l’aient en abondance » (Jn 10, 10).
Aujourd’hui à vous tous, en particulier aux habitants de cette ‘Communauté’ de Varginha je dis : vous n’êtes pas seuls, l’Église est avec vous, le Pape est avec vous. Je porte chacun de vous dans mon cœur et je fais miennes les intentions que vous avez au fond de vous-mêmes : les remerciements pour les joies, les demandes d’aide dans les difficultés, le désir de consolation dans les moments de peine et de souffrance. Je vous confie tous à l’intercession de Nossa Senhora Aparecida, Mère de tous les pauvres du Brésil, et je vous donne avec grande affection ma Bénédiction.
INGLESE
Dear Brothers and Sisters,
It is wonderful to be here with you!  From the start, my wish in planning this visit to Brazil was to be able to visit every district throughout the nation.  I would have liked to knock on every door, to say “good morning”, to ask for a glass of cold water, to take a cafezinho, to speak as one would to family friends, to listen to each person pouring out his or her heart – parents, children, grandparents ...  But Brazil is so vast!  It is impossible to knock on every door!  So I chose to come here, to visit your community, which today stands for every district in Brazil.  How wonderful it is to be welcomed with such love, generosity, and joy!  One need only look at the way you have decorated the streets of the community; this is a further mark of affection, it comes from your heart, from the heart of all Brazilians in festive mood.  Many thanks to each of you for this kind welcome!  And I thank Archbishop Orani Tempesta as well as Rangler and Joana for their kind words.
1. From the moment I first set foot on Brazilian soil, right up to this meeting here with you, I have been made to feel welcome.  And it is important to be able to make people welcome; this is something even more beautiful than any kind of ornament or decoration.  I say this because when we are generous in welcoming people and sharing something with them – some food, a place in our homes, our time – not only do we no longer remain poor: we are enriched.  I am well aware that when someone needing food knocks at your door, you always find a way of sharing food; as the proverb says, one can always “add more water to the beans”!  And you do so with love, demonstrating that true riches consist not in material things, but in the heart!
And the Brazilian people, particularly the humblest among you, can offer the world a valuable lesson in solidarity, a word that is too often forgotten or silenced, because it is uncomfortable.  I would like to make an appeal to those in possession of greater resources, to public authorities and to all people of good will who are working for social justice: never tire of working for a more just world, marked by greater solidarity!  No one can remain insensitive to the inequalities that persist in the world!  Everybody, according to his or her particular opportunities and responsibilities, should be able to make a personal contribution to putting an end to so many social injustices.  The culture of selfishness and individualism that often prevails in our society is not what builds up and leads to a more habitable world: it is the culture of solidarity that does so, seeing others not as rivals or statistics, but brothers and sisters.
I would like to encourage the efforts that Brazilian society is making to integrate all its members, including those who suffer most and are in greatest need, through the fight against hunger and deprivation.  No amount of “peace-building” will be able to last, nor will harmony and happiness be attained in a society that ignores, pushes to the margins or excludes a part of itself.  A society of that kind simply impoverishes itself, it loses something essential.  Let us always remember this: only when we are able to share do we become truly rich; everything that is shared is multiplied!  The measure of the greatness of a society is found in the way it treats those most in need, those who have nothing apart from their poverty!
2. I would also like to tell you that the Church, the “advocate of justice and defender of the poor in the face of intolerable social and economic inequalities which cry to heaven” (Aparecida Document, 395), wishes to offer her support for every initiative that can signify genuine development for every person and for the whole person.  Dear friends, it is certainly necessary to give bread to the hungry – this is an act of justice.  But there is also a deeper hunger, the hunger for a happiness that only God can satisfy.  There is neither real promotion of the common good nor real human development when there is ignorance of the fundamental pillars that govern a nation, its non-material goods: life, which is a gift of God, a value always to be protected and promoted; the family, the foundation of coexistence and a remedy against social fragmentation; integral education, which cannot be reduced to the mere transmission of information for purposes of generating profit; health, which must seek the integral well-being of the person, including the spiritual dimension, essential for human balance and healthy coexistence; security, in the conviction that violence can be overcome only by changing human hearts.
I would like to add one final point.  Here, as in the whole of Brazil, there are many young people.  Dear young friends, you have a particular sensitivity towards injustice, but you are often disappointed by facts that speak of corruption on the part of people who put their own interests before the common good.  To you and to all, I repeat: never yield to discouragement, do not lose trust, do not allow your hope to be extinguished.  Situations can change, people can change.  Be the first to seek to bring good, do not grow accustomed to evil, but defeat it.  The Church is with you, bringing you the precious good of faith, bringing Jesus Christ, who “came that they may have life and have it abundantly” (Jn 10:10).
Today, to all of you, especially to the residents of this Community of Varginha, I say: you are not alone, the Church is with you, the Pope is with you.  I carry each of you in my heart and I make my own the intentions that you carry deep within you: thanksgiving for joys, pleas for help in times of difficulty, a desire for consolation in times of grief and suffering.  I entrust all this to the intercession of Our Lady of Aparecida, Mother of all the poor of Brazil, and with great affection I impart my blessing.
SPAGNOLO
Queridos hermanos y hermanas
Es bello estar aquí con ustedes. Ya desde el principio, al programar la visita a Brasil, mi deseo era poder visitar todos los barrios de esta nación. Habría querido llamar a cada puerta, decir «buenos días», pedir un vaso de agua fresca, tomar un «cafezinho», hablar como amigo de casa, escuchar el corazón de cada uno, de los padres, los hijos, los abuelos... Pero Brasil, ¡es tan grande! Y no se puede llamar a todas las puertas. Así que elegí venir aquí, a visitar vuestra Comunidad, que hoy representa a todos los barrios de Brasil. ¡Qué hermoso es ser recibidos con amor, con generosidad, con alegría! Basta ver cómo habéis decorado las calles de la Comunidad; también esto es un signo de afecto, nace del corazón, del corazón de los brasileños, que está de fiesta. Muchas gracias a todos por la calurosa bienvenida. Agradezco a Mons. Orani Tempesta y a los esposos Rangler y Joana sus cálidas palabras.
1. Desde el primer momento en que he tocado el suelo brasileño, y también aquí, entre vosotros, me siento acogido. Y es importante saber acoger; es todavía más bello que cualquier adorno. Digo esto porque, cuando somos generosos en acoger a una persona y compartimos algo con ella —algo de comer, un lugar en nuestra casa, nuestro tiempo— no nos hacemos más pobres, sino que nos enriquecemos. Ya sé que, cuando alguien que necesita comer llama a su puerta, siempre encuentran ustedes un modo de compartir la comida; como dice el proverbio, siempre se puede «añadir más agua a los frijoles». Y lo hacen con amor, mostrando que la verdadera riqueza no está en las cosas, sino en el corazón.
Y el pueblo brasileño, especialmente las personas más sencillas, pueden dar al mundo una valiosa lección de solidaridad, una palabra a menudo olvidada u omitida, porque es incomoda. Me gustaría hacer un llamamiento a quienes tienen más recursos, a los poderes públicos y a todos los hombres de buena voluntad comprometidos en la justicia social: que no se cansen de trabajar por un mundo más justo y más solidario. Nadie puede permanecer indiferente ante las desigualdades que aún existen en el mundo. Que cada uno, según sus posibilidades y responsabilidades, ofrezca su contribución para poner fin a tantas injusticias sociales. No es la cultura del egoísmo, del individualismo, que muchas veces regula nuestra sociedad, la que construye y lleva a un mundo más habitable, sino la cultura de la solidaridad; no ver en el otro un competidor o un número, sino un hermano.
Deseo alentar los esfuerzos que la sociedad brasileña está haciendo para integrar todas las partes de su cuerpo, incluidas las que más sufren o están necesitadas, a través de la lucha contra el hambre y la miseria. Ningún esfuerzo de «pacificación» será duradero, ni habrá armonía y felicidad para una sociedad que ignora, que margina y abandona en la periferia una parte de sí misma. Una sociedad así, simplemente se empobrece a sí misma; más aún, pierde algo que es esencial para ella. Recordémoslo siempre: sólo cuando se es capaz de compartir, llega la verdadera riqueza; todo lo que se comparte se multiplica. La medida de la grandeza de una sociedad está determinada por la forma en que trata a quien está más necesitado, a quien no tiene más que su pobreza.
2. También quisiera decir que la Iglesia, «abogada de la justicia y defensora de los pobres ante intolerables desigualdades sociales y económicas, que claman al cielo» (Documento de Aparecida, 395), desea ofrecer su colaboración a toda iniciativa que pueda significar un verdadero desarrollo de cada hombre y de todo el hombre. Queridos amigos, ciertamente es necesario dar pan a quien tiene hambre; es un acto de justicia. Pero hay también un hambre más profunda, el hambre de una felicidad que sólo Dios puede saciar. No hay una verdadera promoción del bien común, ni un verdadero desarrollo del hombre, cuando se ignoran los pilares fundamentales que sostienen una nación, sus bienes inmateriales: la vida, que es un don de Dios, un valor que siempre se ha de tutelar y promover; la familia, fundamento de la convivencia y remedio contra la desintegración social; la educación integral, que no se reduce a una simple transmisión de información con el objetivo de producir ganancias; la salud, que debe buscar el bienestar integral de la persona, incluyendo la dimensión espiritual, esencial para el equilibrio humano y una sana convivencia; la seguridad, en la convicción de que la violencia sólo se puede vencer partiendo del cambio del corazón humano.
3. Quisiera decir una última cosa. Aquí, como en todo Brasil, hay muchos jóvenes. Queridos jóvenes, ustedes tienen una especial sensibilidad ante la injusticia, pero a menudo se sienten defraudados por los casos de corrupción, por las personas que, en lugar de buscar el bien común, persiguen su propio interés. A ustedes y a todos les repito: nunca se desanimen, no pierdan la confianza, no dejen que la esperanza se apague. La realidad puede cambiar, el hombre puede cambiar. Sean los primeros en tratar de hacer el bien, de no habituarse al mal, sino a vencerlo. La Iglesia los acompaña ofreciéndoles el don precioso de la fe, de Jesucristo, que ha «venido para que tengan vida y la tengan abundante» (Jn 10,10).
Hoy digo a todos ustedes, y en particular a los habitantes de esta Comunidad de Varginha: No están solos, la Iglesia está con ustedes, el Papa está con ustedes. Llevo a cada uno de ustedes en mi corazón y hago mías las intenciones que albergan en lo más íntimo: la gratitud por las alegrías, las peticiones de ayuda en las dificultades, el deseo de consuelo en los momentos de dolor y sufrimiento. Todo lo encomiendo a la intercesión de Nuestra Señora de Aparecida, la Madre de todos los pobres del Brasil, y con gran afecto les imparto mi Bendición

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Da Aparecida a Rio de Janeiro la giornata di Papa Francesco.  La gioia della fede e il riscatto dal dolore

(Gianluca Biccini) «Mantenere la speranza, lasciarsi sorprendere da Dio, e vivere nella gioia»: in questi «tre semplici atteggiamenti», indicati soprattutto ai giovani «luci di speranza» per la Chiesa e per la società, c’è tutta la visione di fede di Papa Francesco, recatosi in pellegrinaggio ad Aparecida  mercoledì mattina, 24 luglio.  Vi era già stato sei anni fa da cardinale, per partecipare ai lavori della v conferenza generale del Celam presieduti dal  predecessore Benedetto xvi. Oggi è tornato  per  consacrare alla Vergine il suo pontificato e invocarne la protezione sul buon esito della  Giornata mondiale della gioventù e sulla vita dell’intero popolo latinoamericano.E nel santuario mariano nazionale del Brasile, il più grande dell’America latina con le sue dimensioni di poco inferiori alla basilica di San Pietro, ha intenzione di ritornare in un futuro non lontano: lo ha confidato lui stesso al termine della messa, quando affacciatosi per benedire quanti avevano seguito il rito dai maxischermi, ha chiesto di pregare perché possa essere lì anche nel 2017, quando sarà celebrato il terzo centenario del ritrovamento della venerata statuina nera.
Dopo le precedenti visite di Giovanni Paolo ii (luglio 1980) e di Benedetto XVI (maggio 2007), quella di Papa Francesco è la terza di un Pontefice a questo luogo mariano fra i più frequentati e amati al mondo: oltre 11 milioni di pellegrini vi si sono recati solo nell’ultimo anno.
Percorsi in aereo e poi in elicottero i 200 chilometri che separano la cittadella mariana da Rio de Janeiro, il Pontefice è giunto ad Aparecida accolto dall’entusiasmo di  oltre duecentomila fedeli, presenti nonostante la pioggia caduta incessantemente e il freddo di queste giornate, che hanno ben poco del decantato  mite inverno carioca.
Dopo un bagno di folla a bordo della papamobile, con conseguente   ritardo di almeno mezz’ora sugli appuntamenti in programma, il Santo Padre è stato accolto dal rettore della stupenda basilica, il redentorista Domingos Sávio. Nella Sala dei dodici  Apostoli, dov’è custodita, ha pregato davanti alla venerata immagine, ripescata spezzata — prima fu trovato il corpo, poi la testa — da tre pescatori nel fiume Paraíba. Da allora è divenuta la protettrice degli oppressi, dapprima degli schiavi neri, poi di tutti quelli che soffrono per le ingiustizie. Nel 1930 è stata proclamata patrona del Brasile.
Al termine della preghiera in privato, il vescovo di Roma ha quindi celebrato all’interno della basilica la prima messa pubblica in terra brasiliana — utilizzando le letture della festa patronale del 12 ottobre — e ha letto in portoghese la prima omelia di questo viaggio. Con lui hanno concelebrato, con i paramenti bianchi, gli ecclesiastici del seguito e i vescovi della regione. Al termine il Pontefice ha impartito la benedizione stringendo tra le mani la riproduzione lignea della Vergine nera donatagli a nome dei devoti del santuario dal cardinale arcivescovo Damasceno Assis; poi dalla loggia del santuario ha ripetuto il gesto benedicente, dopo aver scambiato alcune battute con i fedeli  che lo attendevano all’esterno.
Per il pranzo Papa Francesco si è quindi trasferito al vicino seminario Bom Jesús,  noto come Colegião, dov’erano ad attenderlo i vescovi della provincia e i candidati al sacerdozio di diverse regioni del Paese. Nella struttura in stile rinascimentale, che nel 1980 ospitò per alcune ore Giovanni Paolo ii, Papa Francesco ha benedetto un’immagine di sant’Antonio de Santana Galvão  che sarà collocata nel santuario a lui dedicato a Guaratinguetá.  Il frate brasiliano fu canonizzato da Papa Ratzinger a San Paolo nel 2007.
Nel pomeriggio, rientrato in volo a Rio de Janeiro, il Pontefice ha chiuso l’intensa giornata con una visita all’Hospital São Francisco de Assis na Providência de Deus. Sorvolando la metropoli carioca, ha potuto vedere le stridenti contraddizioni tra i grattacieli in vetro e acciaio, i centri commerciali illuminati al neon e i campi da golf da una parte, e le colline dove si distendono le baracche delle favelas dall’altra. Mentre negli spostamenti in automobile si sono ripetute, nonostante il maltempo, le scene di gioia del giorno dell’arrivo; con tanta gente in festa lungo le strade, in questa circostanza meglio presidiate e transennate.
Nella struttura sanitaria che sorge nel quartiere Tijuca, il Pontefice ha inaugurato un reparto specializzato nella cura delle dipendenze chimiche: si chiama Polo di attenzione integrale per la salute mentale (Pai) e il suo ideatore, il francescano Francesco Bellotti, nel 1985 avviò con pochi volontari una realtà che oggi è diffusa in varie parti del Brasile, all’avanguardia nella cura dei “lebbrosi del ventunesimo secolo”: i fantasmi del crack, uomini e donne che fumano gli scarti della lavorazione della coca. Nel Paese sono oltre due  milioni, seimila dei quali solo nelle favelas di Rio. Che non a caso sono chiamate anche crackolandias: luoghi in cui i poveri annegano le sofferenze quotidiane in questo veleno chimico che annienta, un po’ come avviene nelle vilas miserias di Buenos Aires, dove dilaga il paco, ottenuto con rimasugli della pasta di coca.
Grazie anche al contributo della Conferenza episcopale italiana, il Pai può ora garantire 40 nuovi posti letto, che vanno ad aggiungersi ai 500 del nosocomio, offrendo oltre alla prima emergenza anche un progetto integrale di recupero. Dopo la degenza, infatti, i malati proseguono un percorso di recupero nei centri riabilitativi dell’arcidiocesi. La realizzazione di questo progetto  vuole essere un segno sociale tangibile per ricordare il raduno mondiale delle nuove generazioni a Rio.
La cerimonia si è svolta all’insegna della semplicità francescana: dopo aver pregato nella cappella del nosocomio, il Santo Padre ha offerto in dono un completo liturgico composto da calici e ampolle in ceramica decorata a mano. Successivamente nel cortile, tra canti e numerosi applausi, prima del discorso del Santo Padre hanno preso la parola l’arcivescovo Tempesta, il coordinatore del progetto e vicario della Pastorale della carità nell’arcidiocesi carioca, padre Manoel de Oliveira Manangão, due pazienti e il direttore della struttura, fra Francisco Bellotti. Particolarmente significative le parole dei due giovani, che con la loro testimonianza di dolore e di speranza hanno commosso il Papa e tutti i presenti. Tra questi anche alcuni ex tossicodipendenti che hanno confezionato le sedie utilizzate nell’occasione. Da parte sua il Pontefice ha ammonito i mercanti di morte che diffondono la piaga del narcotraffico e ribadito la sua contrarietà alla liberalizzazione delle droghe, di cui si sta discutendo in varie parti dell’America latina.
L'Osservatore Romano


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 Appena arrivato a Rio de Janeiro il vescovo di Roma ha concluso il primo discorso dicendo di voler abbracciare l’intero Brasile, perché «nessuno si senta escluso dall’affetto del Papa». Tutta la prima parte di questo primo viaggio internazionale ha mostrato al di là di ogni dubbio che non erano per nulla di circostanza le sue parole. È infatti l’immagine dell’abbraccio quella che meglio rappresenta l’accoglienza al Pontefice e l’eloquente introduzione alla giornata mondiale della gioventù — nella metropoli carioca e nel santuario mariano di Aparecida — svoltesi senza problemi ma sotto una pioggia incessante.
Al freddo invernale hanno però risposto il calore e l’entusiasmo di molte centinaia di migliaia di brasiliani e di pellegrini, venuti da tutta l’America latina e da ogni parte del mondo. Riversati nelle strade stracolme di Rio e ad Aparecida hanno abbracciato il Pontefice, che senza risparmiarsi ha ricambiato, sorridendo a tutti, stringendo mani, accarezzando e baciando bambini, anziani, malati. Naturalmente sono stati soprattutto i giovani a non spaventarsi del maltempo e affollatissima è stata la concelebrazione serale d’apertura della giornata mondiale presieduta dall’arcivescovo di Rio sulla spiaggia di Copacabana, mentre centinaia di bandiere sventolavano al vento dell’oceano.
Ma freddo e pioggia non hanno scoraggiato nemmeno le centinaia di migliaia di brasiliani che hanno voluto pregare con il Papa nel grande santuario dedicato a Maria o aspettarlo lungo le strade di Rio quando le ha attraversate per visitare l’ospedale di San Francesco. Poche ore prima di questo incontro commovente, ad Aparecida, dove ogni anno arrivano molti milioni di persone, con la preghiera davanti alla piccola immagine della Vergine il Pontefice aveva affidato non solo l’incontro mondiale dei giovani, ma la vita del popolo latinoamericano.
 Nel santuario Papa Francesco ha voluto ricordare la straordinaria esperienza vissuta come arcivescovo di Buenos Aires durante la quinta conferenza dell’episcopato dell’America latina e dei Caraibi, inaugurata da Benedetto XVI, definendola «un grande momento di Chiesa» per quanto allora accadde. I vescovi si sentirono infatti circondati — «incoraggiati, accompagnati e, in un certo senso, ispirati» — da quanti ogni giorno affollavano il grande santuario mariano per affidarsi alla Vergine.
«Proprio da questo intreccio fra i lavori dei Pastori e la fede semplice dei pellegrini, sotto la protezione materna di Maria» — ha detto il Pontefice — è nato il documento di Aparecida sull’incontro con Cristo e sulla missione della Chiesa. Veniva così rilanciato in modo nuovo il fondamentale rapporto tra vescovo e popolo che Papa Francesco ha voluto sottolineare la sera stessa della sua elezione invocando la benedizione di Dio.
Ad Aparecida e poi a Rio nell’ospedale di San Francesco — dove si curano anche molte vittime della droga e del narcotraffico che lucra sulla morte — il vescovo di Roma ha parlato di speranza, respingendo con pacata nettezza la via della liberalizzazione delle droghe e additando quella risolutiva della rimozione delle cause che portano al loro uso: soprattutto l’impegno per una maggiore giustizia e la pazienza della rieducazione. Per divenire tutti «portatori di speranza» secondo il modello evangelico del buon samaritano.
L'Osservatore Romano