venerdì 5 luglio 2013

Semplicità. E prudenza.



Giovanni XXIII: Semplicità e prudenza

(Mons. Loris Capovilla) È difficile mettere insieme alcune parole per esprimere la ridda di sentimenti in me suscitati dalla splendida decisione di Papa Francesco di unire nella stessa canonizzazione due Pontefici la cui santità ho potuto sperimentare di persona. Quella di Papa Giovanni l’ho vissuta nella quotidianità della sua esistenza, standogli accanto, respirandola quasi. C’è un principio espresso da san Giovanni Crisostomo al quale Angelo Roncalli si è sempre ispirato: cioè semplicità e prudenza sono il culmine della filosofia.
Per tutta la vita egli ha cercato di seguire questa strada. Per quanto riguarda Papa Giovanni Paolo II ricordo con grande emozione il primo incontro con lui dopo la sua elezione. Mi portò in cappella pregammo a lungo. Poi, una volta conclusa la preghiera mi chiese se fossi contento di essere tornato in un luogo in cui avevo vissuto momenti importanti. Io, quasi provocandolo, gli dissi che in quei luoghi avevo anche vissuto momenti difficili e di sofferenza accanto e con Giovanni XXIII. E lui mettendomi una mano sulla spalla mi disse «Tutti dobbiamo soffrire. Papa Giovanni poi, che era un profeta, doveva soffrire per la sua fedeltà a Cristo. Ma prima o poi se ne accorgeranno: era un santo». E la stessa cosa me l’aveva detta Paolo VI quando, nella stanza in cui era morto Papa Roncalli, mi ricevette e mi assicurò di aver accettato con cuore aperto la volontà del Signore proprio per proseguire l’opera profetica iniziata da Papa Giovanni».
Sono felice anche per la coincidenza della canonizzazione di Papa Roncalli con l’Anno della fede, il suo grande amore. Un giorno mi confidò: «Non ho mai avuto dubbi di fede. Sono sereno». E contento e mi lesse alcune note della sua giovinezza sacerdotale: «Il primo tesoro della mia anima è la fede, la santa fede schietta ed ingenua dei miei genitori e dei miei buoni vecchi. Sarò scrupoloso e austero con me stesso perché in nessun modo la purezza della mia fede patisca danno alcuno» (Giornale dell’anima, 528). «I gravi compiti di professore del seminario, impostimi dai superiori, mi obbligano non solo a pensare a me stesso per la purezza della mia fede, ma provvedere anche perché da tutto il mio pensiero esposto ai giovani chierici nella scuola, dalle mie parole, dal mio tratto, traspiri tutto quello spirito di intima unione colla Chiesa e col Papa, che li edifichi e li educhi a pensare essi pure così. Perciò sarò delicatissimo in tutte le mie espressioni, badando anche ad infondere negli alunni quello spirito di umiltà e di preghiera negli studi sacri, che rende più forte l’intelletto e più generoso il cuore» (ivi, 529).
E a chi mi chiede quale momento dell’11 ottobre 1962, inaugurazione del concilio Vaticano II, mi sia rimasto più impresso nella memoria, rispondo senza esitazione: «La professione di fede di Papa Giovanni al cospetto dell’immensa assemblea inginocchiata e silenziosa: Ego Joannes, catholicae ecclesiae episcopus, credo in unum Deum Patrem omnipotentem. Riaffermò pieno consenso alla rivelazione, agli insegnamenti e ai documenti della Madre Chiesa». È stato per tutti un grande insegnamento e oggi siamo chiamati a professare quella stessa fede che ci rende forti e coraggiosi, e a ripetere quello che Giovanni XXIII affermò nell’ultimo colloquio coi cardinali nella festa di San Giuseppe 1963: «Le note evangeliche che ci parlano di lui si accordano bene con le applicazioni ascetiche che se ne son fatte nel corso dei secoli: Chi ha fede non trema (Isaia 28, 16), non precipita gli eventi, non sgomenta il suo prossimo. Questo particolare tratto della fisionomia sua mi è familiare e mi infonde coraggio. La serenità del mio animo di umile servo del Signore trae di qui continua ispirazione; e non ha origine dalla non conoscenza degli uomini e della storia, e non chiude gli occhi davanti alla realtà. È serenità che viene da Dio, ordinatore sapientissimo delle umane vicissitudini, così in riferimento al fatto straordinario del Concilio, come all’ordinario e grave servizio dell’universale governo della Chiesa
L'Osservatore Romano