martedì 30 luglio 2013

Un incontro che salva la vita



Il 1° e il 2 agosto la festa del perdono di Assisi. 

Le celebrazioni. Il 1° e il 2 agosto prossimi si celebra la Festa del Perdono di Assisi. Presso il santuario della Porziuncola si terranno come di consueto diversi appuntamenti religiosi e celebrativi. Fra questi, il 1° agosto, il pellegrinaggio della diocesi di Assisi presieduta dal vescovo Domenico Sorrentino e la veglia di preghiera per la famiglia presieduta dal vescovo di Gubbio, Mario Ceccobelli. La mattina del 2 agosto si terrà invece una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, cui seguirà la Supplica alla Madonna degli Angeli.
(Stefano Orsi) Secondo un’antica e documentata tradizione, una notte, mentre Francesco sta pregando accanto alla Porziuncola, viene assalito da una violenta prova: è tentato di abbandonare la penitenza per godersi di nuovo la sua giovinezza. Subito si spoglia della tonaca e si getta in mezzo a un roveto, il quale, per grazia, si trasforma in un meraviglioso roseto privo di spine. Due angeli si avvicinano e lo conducono nella piccola chiesa, dove trova ad attenderlo il Cristo e la Madonna che gli domandano quale premio desideri per quel suo atto così eroico. Francesco chiede che venga concessa un’indulgenza straordinaria — cioè l’assoluzione generale di tutte le colpe — a coloro che fossero giunti in quel luogo pentiti e confessati. «Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande — gli disse il Signore — ma di maggiori cose sei degno e maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza».
Il poverello si reca subito da Onorio III, che in quei giorni si trovava a Perugia, e con candore gli racconta la visione avuta. Il papa lo ascolta attentamente e gli concede la sua approvazione: Poi dice: «Per quanti anni vuoi questa indulgenza?». Francesco prontamente risponde: «Santo padre, non domando anni, ma anime!». Così, pieno di gioia, si avvia verso l’uscita. Il Pontefice, però lo richiama: «Come, non vuoi nessun documento?». E Francesco: «Santo padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l’opera sua. Io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli angeli i testimoni». E qualche giorno più tardi, davanti ai vescovi dell’Umbria e al popolo convenuto alla Porziuncola, grida tra le lacrime: «fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!» (cfr. Fonti francescane, nn. 2707-2710).
Tutto questo va ricordato per rendere grazie a Dio e celebrare le meraviglie della sua bontà e i prodigi del suo amore. Il Santo di Assisi, con la sua vita, riconsegna all’uomo una grande promessa: pur essendo una creatura debole è chiamata a un destino eterno. Generati da Dio, noi siamo suoi figli. È questo il grande miracolo che i battezzati sono invitati a contemplare e a vivere.
Il mondo non può capire questa verità se dentro di noi serpeggia il grave pericolo di gettare via questo dono a causa del peccato che ci tiene prigionieri e non ci permette di guardare Dio faccia a faccia, «come realmente è». Per essere figli di Dio, occorre quotidianamente rinnovare la mente e lo spirito e rivestirsi dell’uomo nuovo. Chi è figlio di Dio ricerca la verità, si mantiene fedele nella verità, perché è la verità che ci ha generati. È la verità che rende liberi, è nella verità che si fa chiarezza ed è la verità che dona pace e gioia.
Francesco esorta gli uomini a cercare «le cose di lassù», a convertirsi, cioè a cambiare rotta nella strada del peccato. Un impegno esigente perché anche di fronte ai mali più gravi cerchiamo spesso una scappatoia, appellandoci al celebre interrogativo: «che male c’è?».
Già Pio XII aveva lanciato un grido di allarme, affermando che «il più grave peccato è che gli uomini hanno cominciato a perdere il senso del peccato». Si ha il senso del peccato solamente quando si vive il senso di Dio; si piange la gravità del peccato solamente quando si è sperimentato l’amore di Dio. Quando noi alziamo gli occhi verso di Lui, vogliamo invocare il perdono e la misericordia. Esaminarsi davanti a Dio, mettere il nostro cuore davanti ai suoi occhi, vuol dire prendere coscienza del suo amore infinito e della sua misericordia senza confini. Sull’esempio di san Francesco dobbiamo contemplare il crocifisso, per scoprire il nostro peccato e purificarlo nella sua misericordia divina, chiedendo perdono. E «se non si giunge a conoscere Dio personalmente, non in astratto ma “a tu a tu”, non ci si rende conto nemmeno del proprio peccato». È l’esperienza della misericordia divina, della sua fedeltà e compassione senza limiti, che avvolgendo l’umana creatura la guida a sentirsi trafiggere il cuore… In questo modo l’uomo può aprirsi alla conversione.
L’ansia di Francesco è stata quella di salvare le anime attraverso lo straordinario dono dell’Indulgenza della Porziuncola, che egli chiese e ottenne da Papa Onorio III, il quale decretò di promulgare così questa indulgenza davanti ai vescovi dell’Umbria, il 2 agosto 1216, in occasione della consacrazione solenne della chiesina di Santa Maria degli Angeli. Così, dalla sofferenza e dall’amore di un santo, era sgorgata una nuova fonte di grazia.
Siamo in cammino verso il regno di Dio, ma ognuno di noi trova numerose occasioni e situazioni per allontanarsi dalla strada che porta alla salvezza. Abbiamo bisogno di perdono e Gesù ne è la sorgente: «Il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati» (Marco, 2, 10). Egli esercita questo potere divino nel sacramento della riconciliazione, dove ogni uomo può sperimentare in modo singolare la misericordia di Dio.
Lasciamo che Gesù ci afferri, ci trasformi e ci conduca nella sfera dell’amore. È sufficiente aprire il cuore, spalancare la porta della nostra vita e permettergli di entrare.
Dobbiamo però ammettere che il sacramento della riconciliazione fa problema e fa discutere. Comunemente è indicato come il sacramento più in crisi, dicendo che la gente cerca più volentieri lo psicanalista che il confessore, ama di più confidarsi ai direttori di giornale che al direttore spirituale.
Più volte Giovanni Paolo II (negli anni del suo pontificato) ha invitato a un’inversione di marcia per scoprire in questo sacramento il dono del vero incontro con Cristo che ama e perdona. «Oggi la Penitenza è stata un po’ accantonata, dimenticata, e ciascuno di noi si priva di una grande esperienza Noi non sappiamo che cosa vuol dire essere liberi. Se vogliamo sperimentare la vera libertà, non dimentichiamo la Confessione… Non priviamoci di questa grande esperienza di libertà!».
L'Osservatore Romano