sabato 27 luglio 2013

Un milione di giovani contro l’«eutanasia» della fede




Dopo le giornate dedicate al Brasile, al suo cuore mariano ad Aparecida e alle sue periferie dei malati e dei poveri, Papa Francesco nella serata del 25 e il 26 luglio è entrato nel vivo della Giornata Mondiale della Gioventù, incontrando un milione di giovani in un clima di entusiasmo davvero indescrivibile. Il Papa ha assecondato i giovani e ha scherzato con loro, ma ha anche proposto un messaggio impegnativo. 
Il programma è stato anticipato ai numerosi giovani venuti dall’Argentina nella Cattedrale di San Sebastián di Rio de Janeiro, in cui il Pontefice ha detto ai ragazzi: «Spero che ci sia chiasso. Qui ci sarà chiasso, ci sarà. […] Però io voglio che ci sia chiasso nelle diocesi, voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi». Si tratta del tema ripetuto tante volte in questi primi mesi di pontificato: non ci sarà nessuna nuova evangelizzazione se rimaniamo chiusi in noi stessi, nelle nostre parrocchie, nei nostri movimenti, impegnati in riunioni, piani e chiacchiere senza fine, autoreferenziali, dove parliamo solo tra noi. «Le parrocchie, le scuole, le istituzioni sono fatte per uscire fuori». Chi non esce fuori – è l’altro grande tema del pontificato – corre il rischio della mondanità spirituale, di fare tante opere anche buone solo per amore dell’applauso del mondo, o per amore dell’uomo, ma non – come dovrebbe essere – per amore di Dio. Per questo è obbligatorio che parrocchie e movimenti «escano» a evangelizzare chi è fuori. «Se non lo fanno diventano una ONG e la Chiesa non può essere una ONG».
Il momento è drammatico, e il Papa pensa che «questa civiltà mondiale sia andata oltre i limiti», dotandosi «di una filosofia e di una prassi di esclusione dei due poli della vita che sono le promesse dei popoli»: gli anziani e i giovani. C’è una «eutanasia nascosta» degli anziani e «c’è anche un’eutanasia culturale» sia degli anziani sia dei giovani, che vuole escludere la fede ed emarginare chiunque si opponga all’omologazione a un pensiero unico dominante o porti in sé la memoria e la speranza dello scandalo cristiano. «La fede in Gesù Cristo – ha detto Francesco – non è uno scherzo, è una cosa molto seria. È uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi. È uno scandalo che sia morto su una croce». Anche i cristiani sono tentati di ridurre la loro fede, di sottrarsi allo scandalo, e il Papa li ha invitati: «Per favore, non “frullate” la fede in Gesù Cristo», non diluitela con le idee del mondo.
Nella grande riunione notturna di Copacabana, Francesco ha salutato nei giovani «la bellezza del volto giovane di Cristo», ripetendo con loro lo slogan di questa GMG:  «Bota fé – Metti fede», una formula – ha affermato – che si situa «nel cuore dell'Anno della fede». Nell’omelia, il Papa ha ricordato che la grande riunione di giovani di tutto il mondo in Brasile non è una kermesse, un evento come gli altri: il suo senso è «essere qui riuniti insieme attorno a Gesù». Occorre allora riflettere in profondità su che cosa significa il motto «Metti fede». «Quando si prepara un buon piatto – ha spiegato Francesco – e vedi che manca il sale, allora tu “metti” il sale; manca l'olio, allora tu “metti” l'olio... “Mettere”, cioè collocare, versare. Così è anche nella nostra vita cari giovani: se vogliamo che essa abbia veramente senso e pienezza, […] “metti fede” e la tua vita avrà un sapore nuovo, avrà una bussola che indica la direzione; “metti speranza” e ogni tuo giorno sarà illuminato e il tuo orizzonte non sarà più oscuro, ma luminoso; “metti amore” e la tua esistenza sarà come una casa costruita sulla roccia».
Non possiamo certamente cambiare la nostra vita da soli. È Cristo che la cambia. «Per questo oggi vi dico con forza: “metti Cristo” nella tua vita e troverai un amico di cui fidarti sempre; “metti Cristo” e vedrai crescere le ali della speranza per percorrere con gioia la via del futuro; “metti Cristo” e la tua vita sarà piena del suo amore, sarà una vita feconda». Papa Francesco ha proposto uno dei suoi consueti esami di coscienza: «in chi riponiamo la nostra fiducia? In noi stessi, nelle cose, o in Gesù? Noi siamo tentati di metterci al centro, di credere che siamo solo noi a costruire la nostra vita o che essa sia resa felice dal possedere, dai soldi, dal potere. Ma non è così». 
Il Papa non propone nulla di meno di «una rivoluzione che potremmo chiamare copernicana, perché ci toglie dal centro e lo ridona a Dio». Può sembrare una semplice formula devozionale. «All’apparenza non cambia nulla, ma nel più profondo di noi stessi tutto cambia»: «la nostra esistenza si trasforma, il nostro modo di pensare e di agire si rinnova, diventa il modo di pensare e di agire di Gesù, di Dio». Per cambiare, dice il Papa a ogni giovane, devi riconoscere in te «le ferite del peccato. Non avere paura di chiedere perdono a Dio». Per questo il Pontefice ha voluto personalmente confessare cinque giovani – tra cui una ragazza italiana –, richiamando tutti all’importanza di questo sacramento, e incontrare privatamente prima dell’Angelus del 26 luglio anche alcuni detenuti.
L’Angelus in Brasile si chiama «l’Ora di Maria». Francesco ha invitato i giovani a prendere l’abitudine di recitarla «in tre momenti caratteristici della giornata che segnano il ritmo delle nostre attività quotidiane: al mattino, a mezzogiorno e al tramonto». E il 26 luglio, festa dei santi Gioacchino e Anna, l’Angelus dei giovani ha ricordato due nonni: i genitori della Madonna, dunque i nonni di Gesù, nella cui casa è venuta al mondo ed è stata educata alla fede la Vergine Maria. Il Papa ne ha tratto occasione per ricordare «il valore prezioso della famiglia come luogo privilegiato per trasmettere la fede», che la Madonna, invocata nella preghiera familiare, può davvero rendere «focolare di fede e di amore». Il 26 luglio, proprio a causa dei santi Gioacchino e Anna, in Brasile e in altri Paesi si celebra la festa dei nonni. I nonni, ha detto il Pontefice, «sono importanti nella vita della famiglia per comunicare quel patrimonio di umanità e di fede che è essenziale per ogni società». I giovani della GMG dunque «vogliono salutare i nonni»: e «li ringraziano per la testimonianza di saggezza che ci offrono continuamente».
Introvigne

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La Repubblica - Rassegna "Fine settimana"
 
(Marco Ansaldo) A guardarlo, il lungomare di Copacabana non evoca di certo pensieri penitenziali. E percorrerlo significa apprezzarne di continuo la bellezza, su fino al quartiere residenziale di Ipanema. Eppure, all’ombra del Pan di zucchero e della statua liberty di Cristo (...)
Rassegna stampa del sito Incontri di "Fine Settimana"
- Il Papa chiede un patto tra giovani e nonni (Franca Giansoldati in Il Messaggero)
- "Cari ragazzi, fate casino" a Rio un papa movimentista(Maurizio Chierici in il Fatto Quotidiano)