lunedì 26 agosto 2013

“Aspettando i pellegrini”




 Ecco la sfida tra i paesi dei due papi presto santi
di Jenner Meletti
in “la Repubblica” del 26 agosto 2013
Miracoli ne hanno già fatti, per diventare santi. Ma adesso papa Giovanni XXIII e papa Wojtyla
debbono compiere un altro prodigio: portare i pellegrini nei paesi dove sono nati (Sotto il Monte,
per il «papa buono») o nei luoghi dove hanno vissuto momenti di vacanza e preghiera. Per il papa
polacco in prima fila c’è Lorenzago di Cadore, dove fece la sua prima vacanza nel 1987 e poi tornò
in altre cinque estati. «Non abbiamo bisogno di costruire una cattedrale — dice il parroco del paese
bellunese, don Sergio De Martin — Ce l’abbiamo già: il grande bosco tanto amato da Wojtyla. Le
colonne sono gli abeti alti trenta metri. C’è un piccolo altare costruito dalla Forestale. È il più bel
santuario che avremmo potuto erigere a San Wojtyla. Speriamo solo di avere una sua reliquia ». «La
mia diocesi — racconta invece monsignor Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte — ha
investito 10 milioni di euro per far rinascere il paese di Angelo Giuseppe Roncalli e trasformare
quella che era una visita di 35 minuti alla casa natale in un vero pellegrinaggio. Non ci interessano i
visitatori mordi e fuggi. Chi viene da noi deve percorrere un itinerario di fede».
Una canonizzazione a volte porta sconvolgimenti economici. Per il papa buono e il papa polacco,
per fortuna, non c’è la febbre del mattone (come avvenne a San Giovanni Rotondo, che con padre
Pio sugli altari passò da 12 a 120 hotel). C’è solo una non dichiarata (e non cruenta) «guerra» a
distanza, per far sì che insieme alle grazie i nuovi Santi portino qualche beneficio economico. «Qui
da noi — dice Mario Tremonti, sindaco di Lorenzago — c’è stata la prima vacanza di un papa nella
storia. E adesso che Wojtyla diventa santo, possiamo dire: è anche nostro. Siamo un paese che
arranca, speriamo che ci dia una mano. Qui ci sono i monti e le passeggiate che Wojtyla ha amato,
le persone, me compreso, che gli hanno baciato la mano. Nel nostro piccolo museo c’è il bicchiere
con il quale il concittadino Luigi Vecellio gli offrì un’aranciata, quando il Giovanni Paolo II si
presentò all’improvviso davanti alla sua porta e gli disse: “Buongiorno, ho sete. Mi può offrire un
bicchiere d’acqua?”». Negli anni Ottanta c’erano 8 alberghi e ne sono rimasti 2. Anche il parroco
dice che, con Wojtyla sugli altari, ci potrà essere «una ricaduta sul sociale: l’anno scorso ad agosto
per due settimane abbiamo esposto una reliquia del papa nella nostra chiesa. Era un’ampolla del suo
sangue, prelevato dai medici il giorno prima della sua morte. In quindici giorni, in questo paesino di
570 anime, sono arrivati 5mila pellegrini. Finalmente c’è stato lavoro per negozi e ristoranti.
Speriamo di poter avere una reliquia per sempre. La custodiremo qui in chiesa. La cattedrale di
abeti nel bosco sarà invece il luogo del silenzio e della preghiera».
Nella casa natale di Giovanni XXIII ci sono ancora i nidi delle rondini. Negli anni del pontificato
(1958 — 1963) e nei primi dopo la sua morte, si parlava di «un milione di pellegrini» che
arrivavano qui. «Ora pensiamo — dice Gimmy Schiavi, direttore della Casa del pellegrino — che
siano circa 100mila. Ma i numeri non ci interessano: l’importante è alzare la qualità della nostra
offerta». La diocesi di Bergamo ha investito molto su Sotto il Monte perché in questo 2013 (il 3
giugno) è stato celebrato il 50esimo anniversario della morte di papa Roncalli. «Poi è arrivata la
notizia della prossima canonizzazione — dice il parroco, Claudio Dolcini — che per noi è un
evento bellissimo, il suggello dello sforzo avviato».
I dieci milioni investiti (in un paese di 4.301 abitanti) hanno un obiettivo preciso: trasformare la
breve visita alla casa natale nel pellegrinaggio di un giorno intero. «L’accoglienza avviene nella
nuova Casa del pellegrino, con bar, libreria, souvenir. Si mostra un filmato di 15 minuti, si prepara
la visita in 11 tappe. La più importante e la cripta con il calco del volto e della mano di Giovanni
XXIII e il Crocefisso che era nella sua stanza da letto. Ogni pellegrinaggio deve portare davanti
al Cristo».
Tecnica manageriale, non più alla «viva il parroco »: ai pellegrini si offrono, su prenotazione,
pacchetti tutto compreso. Visione filmato, guida, sacca del pellegrino («con foulard JXXIII, libretto
di preghiere, mappa, foto ufficiale, spilla»), stampa attestato nominale di avvenuto pellegrinaggio,
«pranzo con bis di primi, secondo con contorno, vino, acqua, dolce e caffè», tutto a 25 euro. Senza
pranzo, 12 euro. Affitto spazio per pranzo al sacco, 2 euro. Nell’attesa del miracolo dei nuovi Santi,
meglio organizzarsi.