lunedì 25 novembre 2013

La conversione di Napoleone Bonaparte



di Rino Cammilleri

I torti di Napoleone nei confronti della Chiesa e della libertà dei popoli sono noti ai cattolici. La sua epopea devastò l’Europa e provocò milioni di morti per niente. C’è chi ancora lo ammira e c’è chi lo detesta per quel che fece, i cui frutti (centralismo statale e burocratico, codici civili “laici”, depredazioni) ancora oggi subiamo. Ma non si può negare che fosse un genio. E non solo militare e politico.
Un’intelligenza superiore non può non essere almeno stuzzicatadalla ricerca della Verità. E Napoleone, quando a Sant’Elena ebbe finalmente il tempo di riflettere sulle Grandi Domande, la Verità la trovò. Sorprenderà alcuni, dunque, la scoperta di un Napoleone non solo confesso cattolico, ma anche apologeta, e dei più acuti. Le sue Conversazioni sul cristianesimo, tenute in esilio con lo scettico generale Bertrand e fedelmente trascritte quasi Tischreden (i “discorsi a tavola” di luterana ma anche hitleriana memoria), dimostrano come il Corso sia morto nella religione cattolica apostolica romana perfettamente consapevole della sua scelta. Infatti, morì con i sacramenti e debitamente confessato. A fare impressione è la lucidità dei suoi ragionamenti, dai quali emerge anche un’insospettata conoscenza di tutte le altre religioni, le antiche comprese.
Chi pensa un Napoleone sempre immerso in strategie, piani di battaglia, mosse politiche sugli scenari interni ed esteri, si stupirà di trovare un uomo molto colto che padroneggia la storia, la filosofia e anche il pensiero del suo tempo. A un Bertrand che si stupisce della sua religiosità e che, da buon positivista, gli propina la solita manfrina di Cristo come «grande uomo» al pari di Alessandro Magno, Cesare e Maometto, risponde: «Io conosco gli uomini e le dico che Gesù non era un uomo. Gli spiriti superficiali vedono una somiglianza tra il Cristo e i fondatori di imperi, i conquistatori e le divinità delle altre religioni. Questa somiglianza non c’è: tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito».
Bertrand, rispettosamente, si permette di insistere e Napoleone gli dice che quasi si pente di averlo fatto generale: «Lei, generale Bertrand, parla di Confucio, Zoroastro, Giove e Maometto. Ebbene, la differenza tra loro e Cristo è che tutto ciò che riguarda Cristo denuncia la natura divina, mentre tutto ciò che riguarda tutti gli altri denuncia la natura terrena». E continua: «Cristo affida tutto il proprio messaggio alla propria morte: come può essere ciò l’invenzione di un uomo?». Ma Bertrand non è ancora persuaso e continua a balbettare di Cesare e Alessandro. E l’ex Imperatore, spazientito: «Ma l’impero di Cesare quanti anni è durato? Per quanto tempo Alessandro si è sostenuto sull’entusiasmo dei propri soldati? (…) I popoli passano, i troni crollano ma la Chiesa resta. Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo?». A questo punto Napoleone va avanti da solo come un torrente in piena: «Non c’è via di mezzo: o Cristo è un impostore o è Dio (…). È vero che Gesù propone alla nostra fede una serie di misteri, il primo dei quali è la seguente sconcertante affermazione: Io sono Dio, con la quale affermazione scava un solco incolmabile tra la sua e tutte le altre religioni».
Non seguiremo qui, però, tutta la ferrea logica argomentativa del Bonaparte, manca lo spazio. Ci limiteremo a sottolineare la sua niente affatto superficiale conoscenza anche del Corano: «Maometto è credibile solo quando si appoggia sulla Bibbia e sul sentimento innato della fede in Dio. Per tutto il resto, il Corano è un sistema ardito di dominazione e di penetrazione politica». O l’acuta osservazione che «Gesù non è mai stato soggetto a critiche». Infatti, tutti gli eretici di ogni tempo, compresi quelli “laici” come gli illuministi, se la sono sempre presa semmai con la Chiesa, colpevole ai loro occhi di aver tradito il «vero» insegnamento di Gesù. La figura di Gesù, anzi, è stata accaparrata da tutti: Gesù primo massone, primo rivoluzionario, primo socialista…
Altro spunto di meraviglia per Napoleone: «Dopo san Pietro, i trentadue vescovi di Roma che gli succedettero furono tutti, senza eccezione alcuna, martirizzati. Così, per almeno tre secoli, la cattedra romana fu sinonimo di morte sicura per coloro che vi salivano (…). In questa guerra, tutti i poteri della terra si trovarono coalizzati da una parte, contro chi? Poveri uomini e donne, miserabili e inermi». Eppure, il cristianesimo ha trionfato su Roma e sul mondo intero. Gesù un semplice «grande uomo»? Napoleone scuote il capo: «Il mio esercito ha già dimenticato me, mentre sono ancora in vita (…). Ecco qual è il potere di noi grandi uomini! Una sola sconfitta ci disintegra e le avversità si portano via tutti i nostri amici». Invece, Cristo è sempre qui, e dopo di Lui anche i suoi nemici odierni continuano a non poter dirsi cristiani, perché anche l’attuale relativismo non è che una eresia cristiana secolarizzata.

Napoleone Bonaparte, Conversazioni sul cristianesimo, prefazione di Giacomo Biffi, ESD, pp. 90