mercoledì 27 novembre 2013

La Evangelii Gaudium e i poveri




Cari amici, ieri come sapete è stata presentata e pubblicata l’esortazione apostolica «Evangelii gaudium», il documento programmatico del pontificato di Papa Francesco. Vi invito a leggerla integralmente – è lunga ma si legge facilmente ed è accessibile davvero a tutti.

Qui sul blog vorrei soffermarmi su un punto particolare, che è stato discusso nei mesi scorsi. Diciamo subito che «Evangelii gaudium» non è un’enciclica sociale, e non tratta specificamente dei temi economici. Il suo scopo è quello di esortare, di smuovere, diinfiammare la Chiesa perché sia sempre missionaria e sappia distaccarsi da tutto ciò che non aiuta e spesso ostacola questo compito che è la ragione stessa per cui la Chiesa esiste.
Papa Francesco ha però dedicato alcuni densi passaggi al tema della povertà, della globalizzazione, dell’economia malata che esclude invece di includere. Ma ha anche dato ragione e fondamento all’accento più volte da lui stesso posto sul tema dei poveri. Accento e parole che nel corso degli ultimi otto mesi sono stati da qualcuno commentate con sarcasmo o con preoccupazione, parlando di «pauperismo». C’è stato anche chi, dalle colonne di un noto quotidiano, avendo poca dimestichezza con la storia della Chiesa e con la teologia, s’è impancato persino nell’accusa al Papa di aver fatto affermazioni «ereticali» quando ha detto che toccare i poveri significa «toccare la carne di Cristo».
Nella meditazione fatta a braccio durante la veglia di Pentecoste lo scorso 18 maggio, il Papa aveva detto: «Questo è il problema: la carne di Cristo, toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore per i poveri. La povertà, per noi cristiani, non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà della carne di Cristo, la povertà che ci ha portato il Figlio di Dio con la sua incarnazione. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l’andare verso la carne di Cristo».
Nell’«Evangelii gaudium», Francesco scrive: «Se la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi dovrebbe privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchibensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, “coloro che non hanno da ricambiarti” (Lc 14,14). Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, “i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo”, e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli». E’ evidente che per Francesco l’annuncio evangelico va di pari passo con l’aiuto materiale.
L’affermazione che «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo» è citata dal discorso di Benedetto XVI all’incontro con i vescovi del Brasile presso la cattedrale di San Paolo, nel maggio 2007.
Scrive ancora il Papa: «L’etica – un’etica non ideologizzata – consente di creare un equilibrio e un ordine sociale più umano. In tal senso, esorto gli esperti finanziari e i governanti dei vari Paesi a considerare le parole di un saggio dell’antichità: “Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro“». Il «saggio dell’antichità» è il padre della Chiesa san Giovanni Crisostomo.
Ancora, il Papa scrive: «Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano».
Sono parole profondamente radicate nella tradizione della Chiesa. A coloro che si stupiscono per certe affermazioni papali, bisognerebbe ricordare, ad esempio, ciò che affermava Giovanni Cristostomo in un’omelia: «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorare Cristo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: “Questo è il mio Corpo”, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare”».
E ancora, affermava Giovanni Crisostomo in quell’omelia: «Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell’onore che egli ha comandato, fa’ che i poveri beneficino delle tue ricchezzeDio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro».
Quanto ai passaggi sulle distorsioni e i danni provocati da un certo modo di intenderel’economia e la finanza, oggi sotto gli occhi di tutti, bisognerebbe che i cristiani fossero un po’ più coscienti della grandezza, della ricchezza e del coraggio presenti in tanti documenti del magistero passato e più recente della Chiesa. Ad esempio, le lucide e profetiche parole di Pio XI contro «l’imperialismo internazionale del denaro», così dimenticate anche da tanti politici che oggi si ammantano dell’etichetta di «cattolico» ma finiscono per essere espressione del più benpensante status quo.
Tornielli
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Evangelli gaudium - Papa Francesco che vuole indicare il cammino della Chiesa nei prossimi anni. La gioia del Vangelo

Ciò che ho espresso in questo documento ha un significato programmatico e conseguenze importanti. Papa Francesco ha «un sogno». Quello di una Chiesa incamminata senza indugio sulla strada della «conversione pastorale e missionaria»: un atteggiamento personale e comunitario «capace di trasformare» nel profondo consuetudini, stili, linguaggio, strutture, orientandoli verso l’evangelizzazione piuttosto che verso «l’autopreservazione».Quel «sogno» è al centro dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, presentata questa mattina, martedì 26 novembre, nella Sala Stampa della Santa Sede. Un documento di 224 pagine, suddiviso in cinque capitoli, che raccoglie i frutti del Sinodo dei vescovi su «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede» svoltosi in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012. Ma è evidente che l’intenzione del Pontefice va ben al di là della semplice recezione delle indicazioni dei padri sinodali. Perché quello che viene offerto all’intera comunità cristiana è un testo denso e impegnativo, che — sottolineatura di non poco conto — «ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti».
«Desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani — scrive Papa Francesco — per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni». Al Pontefice sta a cuore che ogni battezzato porti agli altri con nuovo dinamismo l’amore di Gesù, vivendo in «stato permanente di missione».
Questo invito a «recuperare la freschezza originale del Vangelo» coinvolge ogni fedele, perché «il sogno missionario» del vescovo di Roma è «arrivare a tutti». E «dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri — puntualizza — devo anche pensare a una conversione del papato», perché sia «più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione». È necessaria, in questo senso, «una salutare decentralizzazione», finalizzata anche a uno statuto delle Conferenze episcopali «che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo una qualche autentica autorità dottrinale». In ogni caso, non bisogna aver paura di rivedere consuetudini della Chiesa «non direttamente legate al nucleo del Vangelo», anche qualora risultassero «molto radicate nel corso della storia». L’appello è a essere sempre «audaci e creativi», abbandonando una volta per tutte «il comodo criterio pastorale del “si è sempre fatto così”».
A partire da queste premesse il documento propone le linee di un percorso dove si ritrovano molti dei temi più cari al magistero pastorale di Papa Bergoglio. Tra questi, l’invito a riscoprire la misericordia come «la più grande di tutte le virtù», evitando che nella predicazione «alcuni accenti dottrinali o morali» oscurino eccessivamente il messaggio di amore del Vangelo. E la necessità di aprire le porte della Chiesa per «uscire verso gli altri» e raggiungere «le periferie umane» del nostro tempo.
Tagliente è il giudizio del Pontefice sugli attuali assetti economico-finanziari mondiali, che moltiplicano diseguaglianze ed esclusione sociale: «questa economia uccide» denuncia, puntando nuovamente il dito contro «la cultura dello scarto» e «l’idolatria del denaro». Non a caso un intero capitolo si sofferma sulla «dimensione sociale dell’evangelizzazione», con penetranti sottolineature sulla necessità dello sviluppo integrale dei più bisognosi — «per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica, prima che culturale, sociologica, politica o filosofica» ricorda — e della promozione del dialogo e della pace.
Il nucleo centrale del documento è dedicato espressamente a quanti nella Chiesa lavorano al servizio dell’annuncio evangelico. Per evidenziarne potenzialità e iniziativa, ma anche per metterli in guardia dalle «tentazioni» ricorrenti dell’«accidia egoistica», del «pessimismo sterile», della «mondanità spirituale». In questo senso, grande importanza il Papa attribuisce alla «forza evangelizzatrice della pietà popolare» e alla cura della predicazione da parte dei sacerdoti.
L'Osservatore Romano
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(Carlo Marroni) È il testo-base con cui Papa Francesco avvierà in concreto il profondo rinnovamento della Chiesa. Non è un'enciclica – la forma canonica con cui si dà avvio ai grandi movimenti – ma ne ha tutta la forza. Dietro la formula della "Esortazione apostolica (...) 

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La "regola pastorale" di Francesco   
Chiesa - L'Espresso

(Sandro Magister) S'intitola "Evangelii gaudium", la gioia del Vangelo. È chilometrica ed enciclopedica. Ma con una precisa scala delle priorità. Eccone i paragrafi chiave, con un passaggio dedicato all'aborto (...) 

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Evangelii gaudium. La scommessa del papa che mira lontano   
Corriere della Sera - Rassegna "Fine settimana"

(Luigi Accattoli) Papa Francesco rimette all’avventura la Chiesa di Roma: l’avevamo capito dal nome che aveva scelto, ma ora c’è il proclama del documento di ieri, intitolato con forte scelta simbolica alla «gioia del Vangelo». Esso mira a mettere in stato di missione l’intera (...)
Rassegna stampa del sito Incontri di "Fine Settimana" 
- La Chiesa e l'importanza della parola (Franco Cardini in La Stampa) 
- «Questo potere economico uccide» (Luca Kocci in il manifesto) 
- Il Papa: «Questa economia uccide» (Roberto Monteforte inl'Unità) 
- Il vento della curia (Hans Küng in la Repubblica) 
- L'Enciclica della conversione del papato (Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera)
- Una Chiesa fuori dalle mura (Dominique Greiner in La Croix) 
- L'invito alla gioia di papa Francesco (Sébastien Maillard in La Croix)