sabato 28 dicembre 2013

DOMENICA FRA L'OTTAVA DI NATALE. SANTA FAMIGLIA DI GESÙ MARIA E GIUSEPPE

   

DOMENICA FRA L'OTTAVA DI NATALE

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ
MARIA E GIUSEPPE

Anno A - Festa

Nella prima Domenica di Natale, la Chiesa celebra la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. La liturgia ci propone il Vangelo in cui un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: 

«Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».


*
Preghiera di Papa Francesco alla Santa Famiglia 


Gesù, Maria e Giuseppe
a voi, Santa Famiglia di Nazareth,
oggi, volgiamo lo sguardo
con ammirazione e confidenza;
in voi contempliamo
la bellezza della comunione nell’amore vero;
a voi raccomandiamo tutte le nostre famiglie,
perché si rinnovino in esse le meraviglie della grazia.

Santa Famiglia di Nazareth,
scuola attraente del santo Vangelo:
insegnaci a imitare le tue virtù
con una saggia disciplina spirituale,
donaci lo sguardo limpido
che sa riconoscere l’opera della Provvidenza
nelle realtà quotidiane della vita.

Santa Famiglia di Nazareth,
custode fedele del mistero della salvezza:
fa’ rinascere in noi la stima del silenzio,
rendi le nostre famiglie cenacoli di preghiera
e trasformale in piccole Chiese domestiche,
rinnova il desiderio della santità,
sostieni la nobile fatica del lavoro, dell’educazione,
dell’ascolto, della reciproca comprensione e del perdono.

Santa Famiglia di Nazareth,
ridesta nella nostra società la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
bene inestimabile e insostituibile.
Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace
per i bambini e per gli anziani,
per chi è malato e solo,
per chi è povero e bisognoso.

Gesù, Maria e Giuseppe
voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia ci affidiamo.


*

Il Natale ha spezzato l’oscurità della notte. Negozi, strade, paesi, città sono rivestite di luminarie, che spesso non hanno nulla a che fare col Natale cristiano, anche se manifestano il bisogno di luce che c’è in ogni uomo. “Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna”, grida S. Giovanni (1 Gv 1,5). E questa luce, Dio, è venuto a noi. È venuta a noi la Vita divina. Il cristianesimo – insieme all’ebraismo – è questa cultura della luce e della vita. La volontà di Dio è illuminare, è dare vita, lo Spirito di Dio, mediante il Figlio suo Gesù Cristo. Questa “cultura della luce e della vita” non è accolta, anzi è aggredita ogni giorno dalla “cultura della morte”. Oggi più che mai questo rifiuto si manifesta nell’aggressione alla donna e alla famiglia. Proprio per questo è importante riscoprire ciò che oggi celebriamo: la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, una famiglia voluta da Dio, un dono di Dio per noi; ha un’urgenza impressionante per questa nostra generazione. Davanti all’”ideologia dei generi”, che confonde fin dall’infanzia il dono di essere donna e madre, o di essere uomo e padre, sostituendo la natura con la cultura di una innaturale uguaglianza di tutti, davanti alla violenza delle alchimie di tanti laboratori farmaceutici, è fondamentale innalzare la luce della vita, il dono della Famiglia di Nazaret. Che nelle tenebre di questa cultura, che porta alla morte, che è morte, torni a splendere la Luce, l’amore di Dio manifestato in Gesù.
(don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)




MESSALE

Antifona d'Ingresso  Lc 2,16
I pastori si avviarono in fretta
e trovarono Maria e Giuseppe,
e il Bambino deposto nella mangiatoia.

 


Colletta

O Dio, nostro Padre, che nella santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, f
a' che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché, riuniti insieme nella tua casa, possiamo godere la gioia senza fine. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 

Oppure:

O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell'aurora del mondo, divenisse membro dell'umana famiglia;
ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia, rendendo lode al tuo santo nome.

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
  Sir 3, 3-7.14-17a
Chi teme il Signore onora i genitori.
 

Dal libro di Siracide
Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli
e ha stabilito il diritto della madre sulla prole.
Chi onora il padre espìa i peccati e li eviterà
e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita.
Chi onora sua madre è come chi accumula tesori.
Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli
e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera.
Chi glorifica il padre vivrà a lungo,
chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre.
Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia,
non contristarlo durante la sua vita.
Sii indulgente, anche se perde il senno,
e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore.
L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata,
otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa. 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 127
Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
 
Seconda Lettura  Col 3, 12-21
Vita familiare cristiana, secondo il comandamento dell'amore.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi
Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro.
Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!
La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.
Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.

Canto al Vangelo   Col 3,15.16
Alleluia, alleluia.

La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.

Alleluia.

  


Vangelo 
 Mt 2, 13-15. 19-23

Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.
 

Dal vangelo secondo Matteo
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

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Nella luce del Natale la festa della santa famiglia di Nazareth. Il vero dono

(Gualtiero Bassetti) Secondo un’indagine di un’associazione di consumatori, in Italia quest’anno una famiglia su cinque non ha fatto i regali per le feste natalizie. Al di là del fatto c’è un elemento importante su cui riflettere: i tradizionali regali che di solito vengono scambiati a Natale hanno una radice profonda, che non può ovviamente essere banalizzata in una consuetudine consumistica, ma è direttamente collegata alla gioia immensa di questa festa, cioè alla nascita del Salvatore.
Ciò che sta alla base dei regali natalizi, infatti, non è una sorta di mercificazione degli affetti ma è la “cultura del dono” che, come ha scritto Benedetto XVI, «è lo specchio dell’amore ricevuto da Dio» e che scaturisce da una relazione gratuita e unilaterale, da un atto di libertà e da un incontro autentico con l’altro. La cultura del dono è, dunque, prima di tutto una cultura dell’accoglienza che si oppone a quella “cultura dello scarto” tanto volte stigmatizzata da Papa Francesco. Un’accoglienza che si manifesta in modo mirabile nella figura di san Giuseppe e nella famiglia di Nazareth. Un’accoglienza silenziosa e sapiente, obbediente e amorevole. Un’accoglienza che si prende cura degli altri senza pretese e con gioia autentica.
La festa della santa famiglia di Nazareth che si celebra in questa domenica è perciò un elemento insostituibile della gioia del Natale. Una gioia che, a ben guardare, non è incrinata solamente dalla perdurante crisi economica e dal calo dei consumi, quanto piuttosto da una mentalità collettiva sempre più diffusa che negli ultimi decenni, e con maggiore insistenza negli ultimi anni, ha finito per svilire il Natale, derubricandolo a festa secolare, anestetizzandolo ed edulcorandolo in mille modi diversi, nei linguaggi e nei modi di viverlo, nei significati più profondi e nelle rappresentazioni tradizionali. Sono emblematiche, a questo proposito, le ricorrenti polemiche sui presepi nelle scuole.
Uno svilimento del Natale che, in definitiva, ha prodotto due risultati preoccupanti: prima di tutto, la perdita della gioia per il mistero dell’incarnazione; e in secondo luogo, la marginalizzazione della famiglia nella nostra società. Ciò che si è smarrito, in particolar modo, è il senso storico della famiglia di Nazareth. La quale non rappresenta un archetipo narrativo o un residuo devozionale del passato, ma è, all’opposto, un modello concreto di amore coniugale e di collaborazione sponsale che si è perpetuato nella storia, di generazione in generazione, fino a oggi. Basti pensare, per limitarsi a un solo esempio, alla carità coniugale testimoniata da Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini, una coppia di sposi beatificati da Giovanni Paolo II che hanno vissuto il loro matrimonio come un cammino di santità e la propria famiglia come un luogo d’amore per donare se stessi reciprocamente.
Mai come oggi, dunque, per superare una società individualista inquinata da una cultura dello scarto che ignora i più deboli e i più fragili è fondamentale riscoprire la cultura del dono. Una cultura che ci mette in profonda comunione con Dio e che trova nella famiglia un momento di sintesi unico e insostituibile.
L'Osservatore Romano

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La famiglia è "il terreno di scontro fra il potere di questo mondo e la voce di Dio

Di seguito l’omelia del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, in occasione della festa della Sacra Famiglia.
***
Cari fratelli e sorelle, la pagina evangelica ci fa capire in quale condizione versa oggi la famiglia, e come dobbiamo giudicare e vivere questa condizione. E’ assai importante che ascoltiamo con docilità la parola evangelica.
1. La famiglia di cui parla il Vangelo è la S. Famiglia di Giuseppe, Maria, e Gesù ancora bambino.
Su questa umile famiglia, povera e debole, si scontrano il potere del male che cerca di uccidere il bambino e la protezione divina. Cerchiamo di meditare un poco su questo fatto.
Da una pare, dunque, abbiamo Erode, il potere di questo mondo, che «sta cercando il bambino per ucciderlo». Perché proprio il bambino? Perché Erode pensava che fosse un concorrente alla sua regalità.
Dall’altra parte, quale difesa ha Giuseppe per salvare la sua famiglia? Una sola: Dio e la sua protezione. Giuseppe si lascia semplicemente guidare dalla voce di Dio, dalla sua parola che gli viene comunicata attraverso l’angelo.
Cari fratelli e sorelle, vi dicevo all’inizio che questa pagina evangelica ci fa capire quale è la condizione della famiglia anche oggi.
Essa si trova ad essere il terreno di scontro fra il potere di questo mondo e la voce di Dio.
E dove avviene questo scontro? In primo luogo nel cuore, nella coscienza di ogni uomo e di ogni donna. È in essa che la voce di Dio risuona; è nel cuore che il divino progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia è scritto. Ma dall’altra parte potenti lobbies in possesso non raramente dei mezzi della produzione del consenso, cercano di distogliere gli uomini e le donne dall’ascoltare la voce di Dio che parla nella loro coscienza; dal leggere quella legge divina che è scritta nel cuore umano.
Cari fratelli e sorelle, il Papa Francesco nella sua recente Esortazione Apostolica, vera carta programmatica del suo pontificato, narra in modo semplice e profondo lo scontro di cui stiamo parlando. Egli dice: «La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società… Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno» [Es. Ap. Evangelii Gaudium 66].
Ma lo scontro non avviene solo nell’intimo dei cuori e delle coscienze. Avviene sul piano anche pubblico, nei luoghi della deliberazione e della decisione legislativa e giurisprudenziale; come ideologia, come programma di azione e formazione del comportamento; come delegittimazione pubblica di ogni forma di dissenso da quella ideologia.
2. Cari fratelli e sorelle, carissimi sposi e genitori, in che modo Giuseppe ha difeso la sua famiglia? Ponendosi semplicemente in obbedienza al progetto di Dio. Non aveva altro strumento.
Ed oggi cari amici? «La Chiesa, seguendo Cristo, cerca la verità, che non sempre coincide con l’opinione della maggioranza. Ascolta la coscienza e non il potere ed in questo difende i poveri e i disprezzati» [b. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio 5].
Questa, cari fratelli e sorelle, è la vostra forza: la docilità alla voce di Dio che risuona nella vostra coscienza. In che modo risuona? Donandovi la luce di alcune evidenze originarie. Mi piace semplicemente enunciarle.
La prima: il matrimonio avviene fra un uomo con una donna.
La seconda: il bambino ha diritto ad un uomo ed ad una donna che siano suo padre e sua madre; e quindi non possono essere sostituiti da due adulti dello stesso sesso che non sono, ma “fanno” da padre e da madre.
Preghiamo, specialmente oggi, perché il Signore ci custodisca sempre nella rettitudine delle nostre coscienze; perché non si attenui mai in noi la sana sensibilità di fronte al bene o al male. E Dio ci guardi dall’aver paura dai decreti o leggi emanate a seconda del trend della moda.
Quando l’uomo e la donna «…divengono un “corpo solo” - o mirabile unione – nell’orizzonte  di questo connubio si schiude la paternità e la maternità. Ed è allora che attingono alle fonti della vita, che si trovano in loro - Risalgono al principio. … sanno che hanno varcato la soglia della più grande responsabilità» [b. Giovanni Paolo II, Trittico romano, 27].
Non perdiamo mai la capacità di stupirci di fronte a questo evento, e di venerarlo come un “grande mistero” [Ef 5, 32].

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Maschio e femmina li creò
di Padre Raniero Cantalamessa


La Domenica dopo Natale si celebra la festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Nella seconda lettura san Paolo dice: “Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non inaspritevi con esse. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, genitori, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino”. In questo testo sono presentati i due rapporti fondamentali che, insieme, costituiscono la famiglia: il rapporto moglie - marito, e il rapporto genitori - figli.

Dei due rapporti il più importante è il primo, il rapporto di coppia, perché da esso dipende in gran parte anche il secondo, quello con i figli. Leggendo con occhi moderni quelle parole di Paolo una difficoltà balza subito agli occhi. Paolo raccomanda al marito di “amare” la propria moglie (e questo ci sta bene), ma poi raccomanda alla moglie di essere “sottomessa” al marito e questo, in una società fortemente (e giustamente) consapevole della parità dei sessi, sembra inaccettabile.

Su questo punto san Paolo è, in parte almeno, condizionato dalla mentalità del suo tempo. Tuttavia la soluzione non sta nell’eliminare dai rapporti tra marito e moglie la parola “sottomissione”, ma semmai nel renderla reciproca, come reciproco deve essere anche l’amore. In altre parole, non solo il marito deve amare la moglie, ma anche la moglie il marito; non solo la moglie deve essere sottomessa al marito, ma anche il marito alla moglie. La sottomissione non è allora che un aspetto e un’esigenza dell’amore. Per chi ama, sottomettersi all’oggetto del proprio amore non umilia, ma rende anzi felici. Sottomettersi significa, in questo caso, tener conto della volontà del coniuge, del suo parere e della sua sensibilità; dialogare, non decidere da solo; saper a volte rinunciare al proprio punto di vista. Insomma, ricordarsi che si è diventati “coniugi”, cioè, alla lettera, persone che sono sotto “lo stesso giogo” liberamente accolto.

La Bibbia pone un rapporto stretto tra l’essere creati “a immagine di Dio” e il fatto di essere “maschio e femmina” (cf. Gen 1, 27). La somiglianza consiste in questo. Dio è unico e solo, ma non è solitario. L’amore esige comunione, scambio interpersonale; richiede che ci siano un “io” e un “tu”. Per questo il Dio cristiano è uno e trino. In lui coesistono unità e distinzione: unità di natura, di volere, di intenti, e distinzione di caratteristiche e di persone. Proprio in questo la coppia umana è immagine di Dio. La famiglia umana è un riflesso della Trinità. Marito e moglie sono infatti una carne sola, un cuore solo, un’anima sola, pur nella diversità di sesso e di personalità. Gli sposi stanno di fronte, l’uno all’altro, come un “io” e un “tu” e stanno di fronte a tutto il resto del mondo, cominciando dai propri figli, come un “noi”, quasi si trattasse di una sola persona, non più però singolare ma plurale. “Noi”, cioè “tua madre ed io”, “tuo padre ed io”. Così parlò Maria a Gesú, dopo averlo ritrovato nel tempio.

Lo sappiamo bene che questo è l’ideale e che, come in tutte le cose, la realtà è spesso assai diversa, più umile e più complessa, a volte addirittura tragica. Ma siamo così bombardati dai casi negativi di fallimento che forse, per una volta, non è male riproporre l’ideale della coppia, prima sul piano semplicemente naturale e umano e poi su quello cristiano. Guai se si arrivasse a vergognarsi degli ideali, in nome di un malinteso realismo. La fine di una società sarebbe, in questo caso, segnata. I giovani hanno diritto di vedersi trasmettere, dai grandi, degli ideali e non solo scetticismo e cinismo. Nulla ha la forza di attrazione che possiede l’ideale.

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Santa Famiglia
29 Dicembre 2013
di ENZO BIANCHI
Anno AMatteo 2,13-15.19-23


A Natale abbiamo contemplato nel vangelo secondo Luca la nascita di Gesù a Betlemme, mentre la madre Maria e il padre secondo la Legge, Giuseppe, erano in viaggio a causa del censimento voluto dall’imperatore romano (cf. Lc 2,1-14). Oggi, prima domenica dopo Natale, la chiesa ci fa contemplare nel vangelo secondo Matteo la famiglia di Gesù, il suo essere nato in una genealogia di ebrei discendenti dal re e messia David (cf. Mt 1,1-17). Ognuno di noi nasce da una madre, è accolto da qualcuno, da una famiglia che lo nutre e lo fa crescere, e in questo modo viene al mondo. È stato così anche per Gesù.
Ma questa famiglia che storia aveva? Era una famiglia il cui padre era un artigiano, una famiglia povera ma non misera, ma alla nascita di quel figlio ecco emergere un grave pericolo per lui. Un decreto di Erode prescriveva l’uccisione dei bambini maschi, perché secondo i magi tra di loro era nato il Messia di Israele (cf. Mt 2,2.16-18).
Giuseppe allora fu avvertito in sogno da un angelo: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto”, e, sempre nel suo silenzio, subito obbedì e si ritirò in quella terra straniera. Furono anni di esilio, di stranierità, vissuti in mezzo a un popolo dalla lingua e dalla cultura diversa, dove questa famiglia conobbe lo statuto dell’emigrante: solitudine, diffidenza, difficoltà a vivere… Ma ecco, finito il pericolo per Gesù a causa della morte di Erode, di nuovo l’angelo disse a Giuseppe in sogno: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. E Giuseppe, sempre con prontezza, nel silenzio realizza la parola del Signore.
Si tratta dunque di una vicenda umanissima che rese la famiglia di Gesù perseguitata, migrante, straniera, ma nello stesso tempo comprendiamo come questa quotidiana e semplice vicenda fosse anche un adempimento della promessa di Dio e fosse un ricapitolare una storia che era stata quella di Abramo, di Israele e dei suoi figli, del popolo entrato in alleanza con il Dio vivente. Infatti Abramo era sceso in Egitto e dall’Egitto era risalito, Giacobbe e i suoi figli vi erano discesi in cerca di cibo e poi ne erano risaliti come popolo.
È il cammino della discesa e dell’esodo-salita, quello che Gesù compie con Maria e Giuseppe, sicché anche lui potrà considerarsi salvato, come il credente ebreo proclama la notte di Pasqua: “In ogni generazione ciascuno deve considerare se stesso come se proprio lui in quella notte fosse uscito dall’Egitto”. Ma possiamo anche scorgere un parallelo tra la storia di Gesù e quella di Mosè, anche lui minacciato di morte dal faraone (cf. Es 2,15), anche lui in fuga in terra straniera, anche lui tornato dall’esilio, su ordine del Signore, per adempiere la sua missione verso il popolo (cf. Es 4,19-20).
Storia quotidiana, ma agli occhi di chi ha fede anche storia di salvezza. Storia di una famiglia simile a tante storie delle nostre famiglie: condizioni di vita difficili, allevare e far crescere un figlio in condizioni precarie, mutare casa e luogo in cui vivere, e certamente le fatiche del vivere insieme di una coppia e di un figlio…
Ma in questa pagina dobbiamo mettere in evidenza la fede e l’obbedienza pronta di Giuseppe, così come a Natale avevamo meditato sulla fede e l’obbedienza di Maria. Giuseppe è l’uomo giusto (cf. Mt 1,19), che sa discernere la voce di Dio mentre dorme: non ha visioni né teofanie, ma soltanto una voce in sogno, un ordine, al quale obbedisce realizzando subito quelle parole. La sua giustizia viene sempre dalla sua obbedienza, che predispone tutto perché si possa adempiere nella storia la promessa di Dio.
Matteo lo dice alla fine del racconto, citando il profeta Osea: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Os 11,1). Ovvero, come Dio ha chiamato suo figlio, il popolo di Israele, dall’Egitto verso la terra promessa, così ha chiamato suo Figlio Gesù il Messia dall’Egitto, perché potesse un giorno iniziare la sua missione pubblica nella sua terra, la terra dei suoi padri e del suo popolo, per il quale era stato inviato da Dio stesso. E così tutto inizierà da Nazaret, che gli darà anche il soprannome Nazareno.
Fr. Enzo Bianchi, Priore di Bose