mercoledì 25 dicembre 2013

Riconoscere i miracoli quotidiani


Madonna di Foligno, Raffaello

Tu pastore d'Israele ascolta, 
tu che assiso sui cherubini rifulgi. (Sal 79,2)

Ci sono documenti storici che celebrano nei secoli la professione di fede del salmista, di fronte ai quali anche le opere e i giorni della nostra vita chiedono di essere contanti, soppesati, passati al vaglio della fede. 
E' il caso della cosiddetta Madonna di Foligno, ormai definitivamente attribuita a Raffaello come prima opera del suo soggiorno romano.
In realtà l'attribuzione non fu accolta all'unanimità almeno fino al XIX secolo, a causa delle vicissitudini storiche della Pala che, vittima delle confische napoleoniche, ci fu restituita solo nel 1816. Ora, tuttavia, si è certi della paternità di Raffaello su quest’opera che si rivelò innovativa nella composizione e divenne paradigma, in epoca di controriforma, per le rappresentazioni sacre che dovevano adornare gli altari.
E' davvero un'apparizione maestosa, eppure semplice, quella della Madre con divino Figlio, fra nubi in cui si celano cherubini. Il cielo turchino è attraversato da un guizzo, una lacrima rosso sangue proprio sotto l'arcobaleno, simbolo di pace: è un fulmine o un bolide che si abbatte su Foligno. Più esposta al pericolo è la grande casa del committente, Sigismondo de’ Conti, nobile personalità della Curia romana, il quale riconobbe nello scampato pericolo l'intervento diretto della Vergine Maria. Egli desiderò immortalare l’evento e lasciarlo, in perpetua memoria, all’altare maggiore della chiesa di Santa Maria in Araceli a Roma, di proprietà̀ dei Frati Minori. Ma è evidente che con questa sorta di gigantesco ex voto, il de Conti, segretario domestico di papa Giulio II della Rovere e Prefetto della Fabbrica di San Pietro, voleva additare ai posteri la via sicura della salvezza, quella che quotidianamente permette di riconoscere in Cristo il pastore di Israele. 
Oltre al committente inginocchiato in primo  piano sulla destra, ci sono altri tre personaggi, tre santi: san Girolamo, san Francesco, san Giovanni Battista.

San Girolamo

Girolamo, grande studioso della Bibbia, stende la mano sul suo protetto e guarda verso l'apparizione: ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo. Possiamo invocare nella fede solo Colui che conosciamo attraverso un attento e obbediente ascolto della Parola di Dio.

Giovanni Battista

Il Battista, dall'altra parte della tela, guarda verso l’esterno; guarda noi che siamo testimoni della fede nel Signore del buon Sigismondo. San Giovanni Battista, invocato in avvento come il più grande fra i nati di donna, è anche il santo che per primo intuisce il dono sacrificale del Cristo. Il suo grido: «Ecco l'Agnello di Dio», è un grido eucaristico che insegna ad accostarsi al Sacramento con fede viva e con la certezza di essere esauditi.

San Francesco

San Francesco, invece, patrono dei frati minori, proprietari - appunto - della Chiesa che ospitava l'opera, guardando la Vergine ci addita. Francesco intercede per noi tenendo alto, come il Battista, il fulcro della nostra fede e cioè il crocefisso.
Centrale nella pala e incorniciato dall'arcobaleno, vediamo un putto che regge un cartiglio singolarmente vuoto. Forse era destinato a contenere il motivo dell’esecuzione della pala, il rendimento di grazie per il dono ricevuto, eppure è rimasto vuoto. Ignoriamo il motivo di una tale omissione, tuttavia possiamo a ragione - per quel caso che nella fede ha il nome di provvidenza - leggere in questo un invito, anzi un impegno. 
Allo scadere del 2013, quel cartiglio vuoto ci invita a un bilancio, nel quale riconoscere i piccoli miracoli quotidiani di cui siamo spettatori e a scrivere di nostro pugno quel PGR (per grazia ricevuta), che tante volte omettiamo di attestare davanti a Dio e agli uomini. 
 Gloria Riva