lunedì 23 dicembre 2013

Sposati, Lady Oscar!


di Maria Elena Rosati    trenatmenouno
Come molti bambini nati nei primi anni ’80, sono cresciuta con i cartoni animati giapponesi. Quelle serie lunghe, che duravano un’infinità di puntate, e che parlavano spesso di robot, di amici magici, di ragazzini che facevano sport.
Il mio preferito, su tutti, senza gara, è Lady Oscar. Lo sa bene la mia amica Barbara,  con cui ho commentato quasi tutte le puntate, per telefono,  durante tutta l’adolescenza.
Una storia su una ragazza nella Francia pre – rivoluzionaria, con un padre che “voleva un maschietto”, (“ma ahimé sei nata tu”), e che per questo le aveva dato un nome da maschio e l’aveva educata come se fosse un uomo. Lei era cresciuta così, biondissima, altissima, magrissima, nascondendo la sua bellezza dietro l’uniforme, tirando di fioretto a destra e a manca, facendo a pugni, suonando il pianoforte, facendo sussurrare di pettegolezzo tutta la corte di Francia.
Una storia assurda, certo. Anche perché era davvero poco credibile che lei potesse cavalcare, tirare di spada, sventare complotti contro la corona con i capelli perennemente sciolti. Ma una storia affascinante, perché – come dice Barbara -  ti permetteva di ripassare le tappe principali della rivoluzione francese senza fatica, ma soprattutto perché parlava – in sostanza – di una donna. Una donna costretta ad vestirsi e comportarsi come un uomo, ma consapevole di essere donna.
Una delle puntate più belle è quella in cui lei, innamorata persa del conte di Fersen, decide di tentare il tutto per tutto presentandosi ad un ballo vestita da donna,  e prova l’emozione di ballare abbracciata a lui. Il conte la respinge,  dicendole che è solo un’amica (un classico!), lei ci sta malissimo,  e vuole abbandonare tutto, quando scopre che il suo fedele scudiero, quello con cui è cresciuta, la ama da sempre. Struggimenti, tormenti, frasi ad effetto; alla fine, alla vigilia della presa della Bastiglia,  si accorge di amarlo anche lei, lascia titolo e privilegi  e si schiera  al fianco dei rivoluzionari con lui. Che la puntata dopo muore. E nella mezza puntata in cui lei rimane da sola (prima di morire anche lei, dopo che le hanno ammazzato pure il cavallo) si dispera per il tempo perso. Tragedie a parte, è la storia di una donna che riscopre con la bellezza della sua femminilità grazie ad un uomo, e che lo segue fino alla morte certa.
Chissà come sarebbe stato un personaggio simile calato nella realtà di oggi, col suono delle battaglie sulle teorie di genere, e sulle quote rosa. Chissà se avrebbe sposato il suo scudiero e applicato le strategie militari per districarsi nel traffico, dirimere beghe condominiali, riunioni di lavoro o liti con la suocera, e la sua precisione da spadaccina per montare un mobile Ikea.
Chissà cosa avrebbe pensato  del libro di Costanza Miriano che sta facendo gridare allo scandalo, parlando così apertamente alle donne di differenza, di accoglienza, addirittura di sottomissione.
Un libro che ha fatto discutere le donne, e gli uomini, che ci ha costretto a intraprendere una nuova fase di confronto, mettendo nero su bianco i punti deboli di cui noi donne non  vogliamo mai parlare,  tipo la smania di controllo, l’ansia da perfezione, la fiducia incondizionata nel romanticismo,  l’incapacità di riconoscere un uomo solido e sicuro di sé, e affidarci a lui. Una polemica che divampa proprio ora che siamo così impegnate a combattere la battaglia di uguaglianza perfetta da aver perso di vista noi stesse, e da non saper più costruire rapporti equilibrati, così abituate a cercare un posto che conta nel mondo, da aver dimenticato come difenderci dalle violenza più subdola, quella sul nostro corpo, quella che riguarda le vite che solo noi possiamo custodire, nel privilegio misterioso della maternità.
Costanza Miriano ci ha messo al l’angolo con le paroline “Sposati” – addirittura all’imperativo!  -  e “sii sottomessa”, citazione di quel San Paolo che non ci piace (preferivamo “ L’amore non avrà mai fine”,  è molto più romantico). Parole che ci hanno costretto a riflettere su di noi, su come ci vediamo, e su come ci vede il mondo. Parole che ci bloccano,  e che ci ricordano che nella nostra vita, più che in quella di un uomo, l’ accoglienza è  la parola chiave.Parole ci infastidiscono perché ci ricordano che siamo diversi, noi e gli uomini, e che la nostra superiorità è  nell’intelligenza di  capire quando fare un passo indietro, per diventare base, per metterci in ascolto, per accogliere e dare fiducia ad un altro. E per perdere il controllo sull’esistenza di chi è chiamato a dare la vita per noi, per amore, e non perché lo costringiamo a farlo.
Parliamoci chiaro: tutte vorremmo un uomo capace di morire per noi;  il problema è che forse troppo spesso vorremmo dargli noi tempi e modi della sua morte, perché in fondo siamo convinte che solo noi sappiamo spenderci fino a morire,  con quella grazia e leggerezza che manco la Pavlova nella “Morte del Cigno”.
Intelligenti e creative, dolcemente complicate, emozionate, delicate, come canta una splendida Fiorella Mannoia, ma anche pratiche e decise, come spiega Sally ad Harry. Siamo tutto questo, con fierezza,  e anni di battaglie lo hanno messo in evidenza. Affidarsi ed accogliere non sono segni di debolezza, non smentiscono tutte queste qualità, ma al contrario ci offrono l’opportunità di metterle in pratica in modo nuovo, al massimo della potenzialità, per il bene delle persone che ci sono affidate.
E’ segno di intelligenza anche (tapparsi il naso e) leggere il libro, prima di sparare giudizi,  solo in base al titolo, come sta succedendo in Spagna –  dove il libro è sotto minaccia di censura – o anche qui da noi, dove è ancora oggetto di fortissime critiche (e insulti all’autrice).  Solo dopo questo passaggio il confronto sul tema della condizione della donna può essere fertile. Proprio perché sappiamo quanto costa la libertà, non possiamo  fermarci alla superficie, ma dobbiamo scendere in profondità per capire se le parole di questo libro sono davvero una minaccia o no.  In fondo, anni di studio di Lady Oscar insegnano: bisogna conoscere il nemico, per poter affrontare la battaglia.
fonte: trentamenouno