sabato 28 dicembre 2013

Una buona notizia




(Vicenzo Paglia) È davanti ai nostri occhi la profonda crisi che oggi sta traversando la famiglia ovunque nel mondo soprattutto là dove cresce il tenore di vita. L’egemonia di una cultura individualista e consumista — che va di pari passo con la globalizzazione del solo mercato — sembra avere come primo effetto l’indebolimento prima e la distruzione poi della famiglia e, con la famiglia, di ogni forma di vita associata stabile.
Non si tratta di un progetto esplicito, anche perché tutti si rendono conto della grande utilità dell’istituto familiare nel creare una forma stabile di tessuto sociale, è piuttosto la conseguenza di una serie di processi economici, sociali e culturali messi in moto dal progresso economico e dalla modernizzazione culturale.
Il paradosso è questo. Da un lato, si attribuisce un grande valore ai legami familiari, sino a farne la chiave della felicità e il luogo della sicurezza, del rifugio, del sostegno per la propria vita; dall’altro lato, la famiglia è divenuta il crocevia di tutte le fragilità: i legami vanno a pezzi, le rotture coniugali sono sempre più frequenti e, con esse, l’assenza di uno dei due genitori. Le famiglie si disperdono, si dividono, si ricompongono. C’è chi afferma che «la deflagrazione delle famiglie è il problema numero uno della società odierna». Non mi fermo nel rilevare la moltiplicazione delle forme di “famiglia”: è scontato ormai che gli individui possano “fare famiglia” nelle maniere più diverse, l’importante — si sottolinea — è l’amore. In tale orizzonte la famiglia non viene più negata, ma posta accanto a nuove forme di esperienza relazionale che sono apparentemente compatibili con essa, anche se in verità la scardinano.
Diviene normale, anzi logico, che in una cultura individualista si preferisca la coabitazione al matrimonio, l’indipendenza individuale alla dipendenza reciproca. La famiglia, con un capovolgimento totale, più che “cellula base della società” viene concepita come “cellula base per l’individuo”.  Ognuno dei due coniugi pensa l’altro in funzione di se stesso. Purtroppo, però, con l’indebolimento della cultura della famiglia, si incrina anche quella della stessa società. In effetti, non è più lo “stare insieme” ma lo “stare separati” a diventare la principale strategia per sopravvivere nelle megalopoli contemporanee. C’è ovunque una crisi della socialità e delle numerose forme comunitarie conosciute sino ad oggi, dagli storici partiti di massa alla comunità cittadina, dalla crisi della società delle nazioni alla stessa famiglia intesa come dimensione associata di esistenza. Alain Touraine, un sociologo francese, parla chiaramente di la fin des sociétés, con tutte le conseguenze di riorientamento che questo comporta.
A conferma di questa tendenza è piuttosto preoccupante rilevare, in Europa, la crescita di famiglie “unipersonali”. Se per un verso assistiamo al crollo delle famiglie tradizionali (padre-madre-figli), per l’altro verso vediamo crescere le famiglie formate da una sola persona. Questo vuol dire che la diminuzione dei matrimoni religiosi e di quelli civili non si è trasferita nella formazione di altre forme di convivenza, come a esempio le cosiddette coppie di fatto o quelle omosessuali, ma nella crescita di persone che scelgono di vivere da sole. Qual è la ragione di fondo? La scelta di stare da soli significa che qualsiasi legame impegnativo viene sentito come insopportabile. La conseguenza che ne deriva è che andiamo verso una società de-familiarizzata, fatta cioè di persone sole che se si uniscono lo fanno senza alcun impegno duraturo. L’esaltazione assoluta dell’individuo porta allo sgretolamento di quei legami che siano un minimo saldi e duraturi. Insomma, il “per sempre” non gode più di cittadinanza culturale.
Se vogliamo dare solidità alla società è necessario ridarla a partire dalla famiglia. È in essa, infatti, che si inizia a costruire, difendere e promuovere il “noi” dell’umanità. Tale prospettiva è ancor più urgente in un contesto di globalizzazione come quello della società contemporanea. La società globalizzata potrà trovare un futuro saldo di civiltà se e nella misura in cui sarà capace di promuovere una nuova cultura della famiglia, che resta la risorsa più importante delle società. Papa Francesco ribadisce che la famiglia «è il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana. Essa è fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole. Si potrebbe dire, senza esagerare, che la famiglia è il motore del mondo e della storia».
In tale contesto si staglia per le nostre Chiese la grave e urgente responsabilità di testimoniare il Vangelo della famiglia, ossia affermare che la famiglia è una buona notizia per la nostra società globalizzata e individualista. L’apostolo Paolo quando parlava del matrimonio legandolo a quel «mistero grande» che è il rapporto tra Cristo e la Chiesa (Efesini, 5, 32), voleva iscriverlo nel disegno salvifico di Dio per l’intera umanità. C’è urgente bisogno pertanto di una rinnovata pastorale familiare in tutti i suoi aspetti e audace nelle due prospettive, quella della testimonianza gioiosa e quella dell’azione culturale perspicace. Vi sono poi non poche questioni di ordine culturale e politico che non possiamo non affrontare. Penso, a esempio, alla questione dell’identità di genere, ossia di cosa significhi oggi essere un uomo ed essere una donna. La distruzione della specificità sessuale, proposta dalla nuova cultura di genere, trionfante oggi in tutti i contesti internazionali, deve trovare da parte nostra risposte che siano chiare e convincenti. Così pure è decisivo il tema della trasmissione culturale fra le generazioni, e quindi anche la trasmissione della fede. Senza famiglia — e le donne in particolare — è di fatto impossibile trasmettere la fede alla generazione che viene.
L'Osservatore Romano

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Loreto, Nazareth e Roma unite nella preghiera. Il tema fondamentale

(Alessandro Trentin) «La famiglia non è un tema ma è il tema fondamentale»: a sottolinearlo all’«Osservatore Romano» è monsignor Giovanni Tonucci, arcivescovo prelato di Loreto, delegato pontificio per il Santuario Lauretano, in vista della messa che presiederà domenica 29 dicembre, festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.
La celebrazione fa parte di una serie di iniziative di preghiera in preparazione all’assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi su «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione», in programma dal 5 al 19 ottobre 2014. I fedeli sono chiamati a partecipare alla messa che si terrà alle ore 11 presso il Santuario della Santa Casa di Loreto e che si concluderà con l’Angelus in collegamento con piazza San Pietro, dove Papa Francesco reciterà una speciale preghiera per la famiglia che egli stesso ha composto. In collegamento sarà anche la basilica dell’Annunciazione a Nazareth, dove la celebrazione eucaristica sarà presieduta dall’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi.
«È con grande gioia che abbiamo accolto l’iniziativa del Pontefice — afferma monsignor Tonucci — che ci invita a guardare al Sinodo dei vescovi, chiamandoci a una preghiera intensa». La crisi che avvolge le famiglie e i tentativi di sminuire il suo valore fondamentale hanno portato, osserva l’arcivescovo, a «profondi squilibri» nella società e il fatto che la Chiesa si interroghi oggi su tale questione la pone come «il tema fondamentale». Da qui l’invito a porre il valore della famiglia al centro di una costante azione di sensibilizzazione. Questa azione, spiega il presule, «non deve infatti esaurirsi nel contesto della celebrazione della messa, ma proseguire nel tempo».
Il Santuario diverrà luogo privilegiato di preghiera per la famiglia, assieme a Nazareth. L’esortazione, afferma monsignor Tonucci, è «quella a unire le due parti sacre della Grotta e della Casa». Il Santuario di Loreto conserva infatti, secondo un’antica tradizione, la casa nazaretana della Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazareth era costituita da due parti: da una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella basilica dell’Annunciazione a Nazareth, e da una camera in muratura antistante, composta da tre pareti di pietre poste a chiusura della grotta, che si trovano all’interno del complesso lauretano.
Il Santuario sarà al centro di una rete di legami con altri luoghi o strutture dedicati alla Madonna di Loreto. «Sono circa in 4.000 — osserva monsignor Tonucci — ad avere come riferimento la Madonna di Loreto. Luoghi che richiamano la devozione alla Vergine. Tra questi anche una città in Argentina». Si tratta di una città appartenente alla provincia di Santiago del Estero, il cui nome è proprio Loreto. In tale modo, conclude, «manterremo sempre viva questa unione spirituale con la Madonna di Loreto, un’iniziativa della quale ho avuto modo di parlare anche con il Papa».
L'Osservatore Romano

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Festa della Santa Famiglia. Mons. Paglia: distruggere la famiglia significa distruggere la società

All’Angelus di questa domenica, in occasione della Festa della Santa Famiglia, Papa Francesco pronuncerà una speciale preghiera per la famiglia da lui composta. Durante la preghiera mariana è previsto anche un video-collegamento che unirà Piazza San Pietro con i fedeli presenti nella Basilica dell’Annunciazione a Nazaret, nella Santa Casa di Loreto e nella Basilica della Sagrada Familia di Barcellona. Su questa Giornata ascoltiamo mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

R. – E’ una Giornata voluta dal Papa nel giorno della festa della Famiglia di Nazareth, che viene celebrata contemporaneamente a Nazareth, dove Gesù ha vissuto 30 anni, a Loreto – la casa dove Gesù è cresciuto – e a Barcellona, dove quel grande artista che era Gaudí ha creato il Santuario della Sagrada Familia, che è davvero una delle bellezze di questo nostro tempo. E il Papa, a mezzogiorno si unirà ai tre Santuari, nel momento della recita dell’Angelus, per una preghiera comune. A me pare un’esperienza particolarmente significativa, perché si tratta di sottolineare la decisività della famiglia da quella di Nazareth. Potremmo dire: “Gesù è il Figlio di Dio, è il Creatore stesso, eppure anche Lui, venendo sulla Terra, ha avuto bisogno della famiglia”. E’ ovvio che viene da dire immediatamente: se così Lui, quanto più noi! E credo che sottolineare oggi la dimensione centrale della famiglia nella vita e dei singoli, e delle società oltre che della Chiesa, sia quanto mai significativo.

D. – Quali sono gli ostacoli che la famiglia deve affrontare oggi?

R. – Ma, io direi questo: anzitutto, va rivendicata una realtà maggioritaria, che è quella delle famiglie “padre-madre-figli”. Purtroppo, nessuno ne parla; spesso sono sfruttate, la politica le dimentica, l’economia le sfrutta, la cultura le bastona … e tuttavia, sono la risorsa più importante delle nostre società. In realtà, è proprio la dimenticanza della politica che si organizza senza pensare alla famiglia, per cui – ad esempio – il fidanzamento è diventato una decisione che si sposta sempre più avanti negli anni. Ci si sposa – e quindi ci si fidanza – quando le cose sono sistemate, e così il matrimonio diventa la fine e non l’inizio di un progetto a due. La cultura, poi, sta indebolendo ogni legame per cui un legame “per sempre” rischia di diventare inconcepibile. Ma indebolire la famiglia vuol dire indebolire la società. E’ sintomatico che stiano crescendo in Europa, come numero, le famiglie cosiddette unipersonali: il rischio che si vada verso una società de-familiarizzata, è un rischio terribile, perché poi vuol dire che alla fine si sta bene soltanto da soli. Ma questa è l’uccisione della società – direi, della stessa antropologia …

D. – Ci sono anche tante sfide che attendono la Chiesa nei confronti della famiglia …

R. – Io direi che la Chiesa sta dando – con Papa Francesco ma anche con i precedenti, particolarmente Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto – indicazioni su come ci si debba porre di fronte alla famiglia. Infatti, il Papa convoca tutta la Chiesa a mettere al centro delle sue preoccupazioni la famiglia. Infatti, è vero oggi che la famiglia lasciata sola è come in balìa di una cultura che le è nemica: ecco perché è indispensabile che, pur nella trasformazione della famiglia, ci si renda conto che se essa viene distrutta, viene distrutta la stessa società. Non possiamo lasciar correre in maniera rassegnata una cultura individualista che elimina il “noi”, a incominciare dal primo che tutti incontriamo appena nati, quel “noi” della famiglia che è come un genoma che poi sostiene e solidifica le città, le nazioni, i popoli fino alla famiglia dei popoli. Ecco perché parlare di famiglia, oggi, non vuol dire parlare di un aspetto: vuol dire parlare dell’intera società. E ce n’è bisogno.


 Radio Vaticana