mercoledì 29 gennaio 2014

Bisogna rimboccarsi le maniche




Nuova tappa per l’evangelizzazione.



(Piero Coda)
«Che cosa dice, oggi, lo Spirito alla Chiesa?». Questa domanda che ritma il primo movimento dell’ultimo libro del Nuovo Testamento, è domanda che, da allora in poi, ha interrogato il cuore dei cristiani. Soprattutto nei momenti di crisi, e cioè di transito da un’epoca all’altra della storia dell’uomo che è anche sempre, misteriosamente, storia della salvezza. Questa domanda risuona oggi, con particolare vigore e urgenza, nei nostri cuori. Cinquant’anni sono trascorsi dal concilio Vaticano II, quando la Chiesa cattolica s’è impegnata con sincera e ardita apertura a discernere la voce dello Spirito per rinnovare, nel solco della tradizione, la sua gioiosa fedeltà al Vangelo e, così, la sua coraggiosa fedeltà nel servizio appassionato e responsabile degli uomini nelle loro gioie e speranze, nelle loro sofferenze e angosce (cfr. Gaudium et spes, 1).
A cinquant’anni da quel provvidenziale evento, scrive Papa Francesco, «anche se proviamo dolore per le miserie della nostra epoca e siamo lontani da ingenui ottimismi, il maggiore realismo non deve significare minore fiducia nello Spirito né minore generosità» (Evangelii gaudium, 84). E i due stupendi testi magisteriali di cui egli ci ha fatto dono in questo primo intenso anno del suo ministero — l’enciclica Lumen fidei e l’esortazione apostolica Evangelii gaudium —, suonano per noi come un vigoroso invito ad aderire gioiosamente al Vangelo per testimoniarlo e annunciarlo a tutti, e in ogni situazione e circostanza, per ciò che esso veramente è: luce e vita per gli uomini.
Il Papa sollecita così la Chiesa «a una nuova tappa evangelizzatrice» segnata dalla gioia che scaturisce dall’esperienza vissuta e condivisa del Vangelo e, in concreto, traccia alcune «vie per il cammino nei prossimi anni» (Evangelii gaudium, 1). I due testi sembrano con ciò idealmente segnare il passaggio dal cammino sin qui compiuto dal popolo di Dio e questa nuova tappa evangelizzatrice della missione della Chiesa, di cui l’Evangelii gaudium rappresenta una sorta di manifesto programmatico. Un documento, quest’ultimo da riprendere spesso tra le mani in quel processo di «discernimento, purificazione e riforma» (cfr. 30), personale e comunitario, che il Papa vi auspica e ci deve coinvolgere tutti attivamente.
Papa Francesco stesso, nell’ultimo capitolo dell’esortazione, introduce gli «evangelizzatori che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo», con questa riflessione: «Quando si afferma che qualcosa ha “spirito”, questo indica di solito qualche movente interiore che dà impulso, motiva, incoraggia e dà senso all’azione personale e comunitaria». E ne trae la conseguenza che, «in definitiva, un’evangelizzazione con spirito è un’evangelizzazione con Spirito Santo, dal momento che Egli è l’anima della Chiesa evangelizzatrice». Per questo, soggiunge, prima di proporre motivazioni e suggerimenti, «invoco ancora una volta lo Spirito Santo (...) che venga a rinnovare, a scuotere, a dare impulso alla Chiesa in un’audace uscita fuori da sé per evangelizzare tutti i popoli» (261).
Constatiamo tutti quanto le parole e i gesti del Papa “abbiano spirito”: toccano, coinvolgono, scuotono, non lasciano le cose come prima. Sono l’eco della voce dello Spirito che parla oggi alla Chiesa. E che il Papa ci invita con forza e convinzione ad ascoltare e seguire. Da ognuna delle tre formule che Papa Francesco ci propone — una tappa nuova, un nuovo sguardo, contemplativi della Parola e del Popolo di Dio — scaturiscono una serie di impegni concreti per la nostra vita personale e comunitaria. Uscire da noi stessi, lasciarci attrarre da Cristo nell’orbita dell’amore di Dio, e con lui andare verso i fratelli, i più poveri, gli esclusi, gli scartati, abitando con loro le periferie esistenziali e sociali del nostro mondo per accendervi la luce, la misericordia, la giustizia, la fraternità che testimoniano al mondo il cuore del Padre. È «la dinamica dell’esodo e del dono dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre» (21). È l’«orizzonte più grande», l’utopia evangelica «che ci apre al futuro come causa finale che attrae» (222).
Per dare concretezza e realismo a questo programma, ecco infine un salutare principio. È la quarta formula che l’Evangelii gaudium ci propone: «Dare priorità al tempo». Ascoltiamo ancora il Papa: occorre «Occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci» (223).
Iniziare processi, in ascolto e discernimento della voce dello Spirito, significa far spazio a Dio e agli altri nella nostra vita, nella vita della Chiesa e della società, intraprendendo un cammino comune in obbedienza alla voce di Dio e a servizio dei fratelli, sopportando anche il conflitto, quando si dia, per trasformarlo in un anello di collegamento a un nuovo processo (cfr. 227); accogliendo con sguardo aperto e riconciliando con misericordia, pazienza e discernimento le differenze in cui s’esprime, come in un arcobaleno di pace, l’inesauribile luce dell’amore di Dio nelle opere e nei giorni dell’uomo e del mondo in cui egli vive (cfr. 228).
Questo saggio e prudente principio ci ispira e ci incalza, ma insieme ci dà speranza, serenità e forza nell’intraprendere le vie percorrendo insieme le quali ciò che oggi lo Spirito dice alla Chiesa possa davvero segnare una tappa nuova dell’evangelizzazione e, proprio per questo, della storia dell’umana civiltà.
La Parola di Dio, conclude il Papa con accento profetico, «ha in sé una potenzialità che non possiamo prevedere. Il Vangelo parla di un seme che, una volta seminato, cresce da sé anche quando l’agricoltore dorme (cfr. Marco 4, 26-29). La Chiesa deve accettare questa libertà inafferrabile della Parola, che è efficace a suo modo, e in forme molto diverse, tali da sfuggire spesso le nostre previsioni e rompere i nostri schemi» (Evangelii gaudium, 22).
Occorre, certo, rimboccarsi le maniche: ma nella certezza grata che Dio ha già fatto la prima e decisiva mossa. E che nelle anfore della storia è già offerta alla nostra responsabile creatività l’acqua viva che attende soltanto — in risposta all’invito discreto, tenero e tenace di Maria — d’essere trasformata dalle parole di Gesù, come alle nozze di Cana, nel vino nuovo, e inebriante di gioia, dell’amore di Dio.
L'Osservatore Romano