venerdì 31 gennaio 2014

È così nell’uomo perché è così in Dio



Nel documento della Commissione teologica internazionale su monoteismo e violenza.

(Javier María Orades López)
Chi non ricorda la famosa tesi kantiana secondo la quale «dal dogma della Trinità, preso alla lettera, non si potrebbe assolutamente cavare nulla per la prassi, anche nel caso in cui si credesse di capirlo (…) Se dobbiamo onorare tre o dieci persone nella divinità, il novizio lo accetterà sulla parola con eguale facilità, perché egli non ha nessuna idea di un Dio in tre persone (ipostasi), o meglio ancora perché egli non può trarre da questa differenza delle regole diverse per la condotta della sua vita»?
Dopo un processo lungo ed estremamente complesso, l’Europa illuminista aveva finito con l’allontanarsi dall’esperienza cristiana di Dio. Le sue élite intellettuali erano quindi arrivate a pensare che la Trinità non solo è di per sé incomprensibile, ma è anche inutile per la vita degli uomini e dei popoli.
La fede in un Dio Padre, Figlio e Spirito Santo aggiungeva complicazioni inutili alla conoscenza razionale dell’unico Dio del deismo. Complicazioni che, inoltre, si traducevano in sottigliezze dannose per il bene comune. Di ciò si lamentava Goethe: «Io credevo in Dio, nella natura e nella vittoria del bene sul male; ma questo non bastava alle anime pie; dovevo anche credere che tre è uno e uno è tre; e questo contraddiceva il sentimento di verità della mia anima; né vedevo come ciò potesse anche solo minimante giovarmi».
Il testo della Commissione teologica internazionale su monoteismo e violenza vuole farsi carico di queste difficoltà, condivise ancora oggi da non pochi nostri concittadini, in un orizzonte forse più segnato dal pluralismo culturale e religioso. Le esamina sia dal punto di vita speculativo sia dal punto di vista delle loro implicazioni antropologiche e morali. Mentre i primi quattro capitoli si dedicano a rendere conto del monoteismo trinitario, a partire dalla sua originalità rivelata in Gesù Cristo, e mediante un approfondimento teologico e filosofico, specialmente per affrontare l’accusa tanto diffusa che il monoteismo — e in particolare il monoteismo cristiano — è intollerante e potenzialmente violento, il capitolo quinto esplora alcuni aspetti della fede nel Dio Trino legati alla vita personale e sociale.
Com’è naturale, il documento non si limita a una “difesa” della rivelazione cristiana — sebbene non gli manchi una sana dose di apologetica — ma vuole presentare l’inimmaginabile originalità di una comprensione di Dio alla quale abbiamo avuto accesso solo grazie alla libera iniziativa del Padre che ci ha inviato suo Figlio Gesù Cristo e lo Spirito Santo, propter nos homines et propter nostram salutem. Quali benefici trae l’uomo dal fatto che il Dio Trino si sia rivelato? La gioia del Vangelo si riconosce soprattutto a partire dalla sua massima convenienza per la vita umana: il centuplo in questa vita, e la vita eterna (con persecuzioni). Altrimenti non sarebbe una buona novella che suscita gioia, bensì uno tra i tanti affanni che comporta la sofferenza umana.
Il capitolo 5 del documento descrive proprio il “guadagno” antropologico derivato dalla fede trinitaria. Ci viene ricordata la comprensione cristiana dell’imago Dei genesiaca, interpretata cristologicamente da san Paolo e san Giovanni. In effetti, la rivelazione intende svelare che il principio radicale di tutte le cose, e pertanto anche dell’uomo, si trova nel disegno salvifico di Dio Trino. La condizione umana riflette perciò i segni del suo Artefice, non solo grazie alle sue inalienabili caratteristiche personali in quanto «uno in anima e corpo», con la sua conseguente dignità morale incondizionata, ma anche per la sua costitutiva socialità. L’immagine di Dio non rimanda solo all’uomo o solo alla donna isolati, ma anche alla misteriosa “unità duale” di uomo e donna. Già nella creazione stessa troviamo così una “grammatica” comune a tutti gli uomini che permette di leggere la realtà, come una dimensione della piena manifestazione e comunicazione gratuita di Dio in Cristo. La differenza, costitutiva e insuperabile, tra l’uomo e la donna, e, in senso più ampio, la differenza tra l’individuo e la comunità, possono essere lette giustamente come una ricchezza e non come un motivo di sfiducia e di sospetto. Si tratta in entrambi i casi di una differenza che rimanda a un’unità originale, e di un’unità che si esprime misteriosamente nella comunione d’amore. È così nell’uomo perché è così in Dio, in modo eminente. Sebbene la ferita del peccato abbia danneggiato profondamente l’esperienza umana elementare, questa conserva la sua capacità di trascendere se stessa, di rimandare a un Mistero senza il quale non può essere compresa e vissuta per quello che è.
Dio Trino ci rivela inoltre come la generazione, e con essa la filiazione — della quale tutti noi uomini abbiamo esperienza perché siamo tutti figli — si realizzano pienamente in Dio. Il mistero dell’unità e unicità divine è tanto divino quanto il mistero dell’eterna generazione del Figlio dal Padre, nello Spirito Santo. Si apre qui uno spazio per una definitiva comprensione della libertà e della realizzazione di ogni persona, che è forse l’emblema del nostro tempo. Per quanto diverse siano le interpretazioni, nessuno smetterà oggi di rivendicare la propria esigenza di libertà e di autonomia. La proposta che ci fa Dio Figlio è quella di una libertà generata, che non ha bisogno né di rassegnarsi né di ribellarsi di fronte al Padre, ma di essere precisamente filiale, per raggiungere la più grande auto-possessione. Chi fa l’esperienza di quel bene che è il proprio padre, non solo nell’infanzia e nell’adolescenza, ma per tutta la vita, comprenderà appieno la credibilità dell’annuncio cristiano. E potrà commuoversi scoprendo per grazia che il Principio radicale, il Fondamento verso il quale si orienta attraverso la conoscenza e l’amore di tutte le cose, non è un Ente impersonale o un anonimo Soggetto assoluto, ma un Padre amorevole, saggio e buono, che si manifesta come Amore senza riserve, fino al dono del suo Figlio unigenito, affinché possiamo continuare a fare l’esperienza umana della libertà, dell’amore, del per sempre.
Il documento approfondisce le caratteristiche di questa inimmaginabile iniziativa di amore di Dio Trino a favore degli uomini. L’invio kenotico del Figlio culmina nella morte in Croce per sconfiggere la potenza del male e del peccato, assumendo fino alle sue ultime conseguenze la condizione storica in cui il genere umano si è venuto a trovare nell’esercizio della sua libertà. Nella passione del Figlio, che assume la nostra estrema debolezza, si rivela la singolare concezione cristiana della potenza divina dell’amore, che nessuno può arrestare nella sua lotta contro la violenza di qualsiasi tipo, sia essa atea o religiosa. Veniamo messi in guardia contro le teologie riduttive che insistono unilateralmente sull’esaltazione dell’amore come debolezza, separata dal potere divino. Se così fosse, un Dio il cui amore è incapace di sconfiggere la morte, abbassato fino all’estremo di fallire completamente, non ci offrirebbe maggiore consolazione di quella di un’inane vicinanza sentimentale.
Al contrario, dalla vittoria pasquale dell’amore del Padre nel Figlio risorto e nel dono dello Spirito, nasce una vita nuova che può essere descritta come una vera fraternità. Nasce una comunità nuova, composta da fratelli, che permette di vivere l’esperienza dell’unità tra gli uomini, tanto anelata quanto irrealizzabile con le nostre sole forze.
Con l’aiuto delle vigorose formule paoline, ci viene ricordato che siamo «uno in Cristo», superando le più crudeli e dolorose separazioni tra gli uomini. Questa koinonía cristiana è a sua volta l’origine continuamente rinnovata di un atteggiamento aperto, teso verso i confini della terra, al punto che il nome della Chiesa, finché non giungerà la consumazione finale, è quello di missione.
La fede in Dio Trino mostra così la sua massima convenienza per “la prassi”, per la vita degli uomini, in tutte le sue dimensioni personali e sociali. Non come un apriori che debba essere accolto forzatamente, ma per il fascino che ai nostri occhi esercita la sua effettiva realizzazione.
L'Osservatore Romano

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Korazym
(Michelangelo Nasca) Il testo, “Dio Trinità, unità degli uomini. Il monoteismo cristiano contro la violenza”, pubblicato dalla Commissione teologica internazionale sul fascicolo n. 3926 de La Civiltà Cattolica (18 gennaio 2014) è un documento di notevole importanza teologica (...)