mercoledì 29 gennaio 2014

Mai dare un libro per scontato

Cosa significa il libro nel contesto della vita umana? Con Romano Guardini, per capire.
di Claudia Mancini    LaPorzione.it
Dall’ultimo rapporto Istat «La produzione e la lettura di libri in Italia», il dato più allarmante non è il calo dei lettori, sceso dal 46% al 43%, bensì che il 10,3% di loro – diciamo una famiglia su dieci – non possiede neanche un libro in casa. Il numero di libri letti in dodici mesi rimane modesto: il 46% ha risposto di averne letto al massimo tre; rimane sempre una modesta quota di lettori “forti”, cioè quelli che leggono almeno un libro al mese, che sono quasi il 14%.
“Adesso, io, rilancio l’editoria e promuovo la lettura”, deve aver pensato Flavio Zanonato – ministro dello Sviluppo economico – quando ha annunciato che dovrebbero arrivare detrazioni fiscali per le famiglie e le persone giuridiche che acquistano libri. La detrazione in questione è pari al 19%, vale per gli anni 2014/2015/2016, fino ad una spesa annua di duemila euro, di cui mille per l’acquisto dei libri di testo che rappresentano una spesa gravosa per le famiglie. Con notevole stupore apprendiamo che la detrazione non riguarderà i libri digitali (ebook), perchè vengono considerati come prodotti informatici e non accorpati a quelli editoriali. Insomma, per aiutare l’editoria e promuovere la lettura, sono in arrivo detrazioni fiscali per i libri ma non per l’ebook.Tuttavia, stando al rapporto Istat in oggetto, il 2013 è stato positivo proprio per la vendita di ebook e contenuti editoriali (o informatici?!) digitalizzati: circa 5 milioni e mezzo di italiani (dai 6 anni in su) hanno letto o scaricato libri online o ebook; il 5,2% delle persone che hanno dichiarato di non avere a casa nessun libro e che hanno utilizzato Internet negli ultimi tre mesi ha letto o scaricato libri online o ebook. Se nel complesso la domanda di libri in Italia è ancora molto limitata e in molte case i libri sono del tutto assenti, negli ultimi anni si sta lentamente, ma progressivamente, espandendo il consumo di prodotti editoriali digitali. Incoraggiati dai dati, gli editori guardano con sempre maggior favore alle librerie indipendenti e ai canali di distribuzione online,perché potrebbero rappresentare un’opportunità di accesso e di traino anche per coloro che finora hanno mostrato una minore confidenza con le librerie e i libri cartacei. Alla luce di questi dati, ci sembra di poter affermare che chiunque abbia veramente a cuore la lettura e il suo futuro dovrebbe astenersi da qualsiasi impaludamento politico e culturale che avvalli o incoraggi la competizione tra ebook (libro digitale) e book (libro cartaceo). Il nostro Paese sembra indugiare ancora tra sostenitori o detrattori del libro digitale, quanto sarebbe forse più utile – per il bene della lettura – valutare adeguatamente le differenze tra libro digitale e cartaceo e comprendere i cambiamenti in atto.
È per prima la storia a ricordarci che il libro non è solo il suo contenuto, ma è anche un oggetto materiale. I primi materiali che hanno fatto da supporto alla scrittura umana sono stati la pietra, l’argilla, il papiro, poi la pergamena e molto dopo la carta; il passaggio dal volumen, che si avvolgeva in rotoli, al codex modificò anche i formati e la composizione dei testi; nella metà del Quattrocento, ci fu la rivoluzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg; così dai primi “incunabula”, progressivamente, siamo arrivati al libro cartaceo come lo conosciamo ora. Una delle più belle lodi al libro come oggetto è stata formulata da Romano Guardini, il quale, in Elogio al Libro, scrive: «Avete mai pensato, amici miei, che meravigliosa opera della creatività umana è un libro? Con ciò non penso ancora affatto al suo contenuto spirituale: l’opera del poeta, o la rappresentazione dello storico, o l’ideologia del filosofo – intendo bensì, come ho già detto, la cosa concreta, che si può tenere in mano e che appunto si chiama “il libro”». Leggere un libro è un’esperienza reale, che non può prescindere dalla materialità dell’oggetto. Il fruscio delle pagine, il gesto di sfogliarle, il sentire la consistenza della carta, il fatto di poterle sottolineare, la grafica, la rilegatura, la copertina, determinano una peculiare esperienza di lettura che può sviluppare, in alcuni, una specifica, per quanto personale, forma di amore per “il libro”. A riguardo, scrive Guardini: «Questo vero amante del libro lo si riconosce già dal modo in cui lo prende dallo scaffale, lo apre, lo sfoglia, e lo rimette al suo posto». […] L’amore per il libro è proprio di colui che se ne sta seduto alla sera nella sua stanza, mentre intorno è silenzio […] ed ecco che intorno i libri presenti nella stanza diventano per lui come esseri viventi. Singolarmente viventi. Oggetti piccoli, eppure pieni di mondo». Chi ama “il libro”, veramente, non lo considera solo come semplice mezzo per raggiungere la conoscenza o il diletto, «bensì come qualcosa di pienamente compiuto in se stesso, saturo di significati molteplici e capace di dare ricchezza». E così lo stesso Guardini suggerisce come si possa riconoscere colui che, pur amando il contenuto, non ama il libro in se stesso«quell’oggetto singolare in cui materia  e spirito si uniscono in maniera così meravigliosa».
Il libro, inteso come oggetto, è frutto di un’evoluzione tecnologica lunghissima; e così anche il libro digitale meriterebbe di essere inserito all’interno di questa evoluzione progressiva del modo di fruire e leggere i testi. Che gli ebook, e i lettori digitali di testi come il Kindle, siano molto utili è evidente: un lettore digitale può contenere al suo interno centinaia di libri o altre pubblicazioni, a seconda della memoria, in pochi grammi di peso; un lettore digitale permette di avere sempre a portata di mano una libreria da visitare, oppure di portare con sé, ad esempio in viaggio, moltissimi libri; pensiamo a come sia possibile avere a disposizione libri ormai esauriti che non vengono ristampati; pensiamo ai prezzi vantaggiosi degli ebook e alla immediata disponibilità e reperibilità dei titoli, e molto altro ancora. Certo è indubitabile, quanto evidente, che la lettura di un ebook sia differente dalla lettura di un libro cartaceo: il libro digitale non offre la stessa esperienza di lettura del libro cartaceo. Questo non significa screditare l’ebook o farne un concorrente del libro cartaceo, piuttosto pensare che sia giunto il momento di individuare e promuovere l’esperienza di lettura propria dell’ebook. Una parte dell’editoria, fortunatamente, sembra aver raccolto questa sfida: l’ebook si presenta sempre di meno come la trasposizione su supporto elettronico dello stesso testo proposto a stampa. Si sta puntando sulla valorizzazione delle qualità che sono proprie del libro digitale: un quinto degli ebook proposti in Italia nel 2013 presenta contenuti o funzionalità aggiuntive rispetto alla versione a stampa della stessa opera, come ad esempio collegamenti ipertestuali e applicazioni audio-visive o multimediali. Si sta affermando sempre più la tendenza a sperimentate e promuovere quelle caratteristiche che sono proprie dell’ebook e che un libro cartaceo non può offrire. L’esperienza nuova nel leggere un libro digitale, si comincia a capire, sta proprio nella possibilità di fruizione interattiva dei contenuti, e, nel futuro, magari anche dalla possibilità di condivisione con l’autore o con gruppi di lettura. L’ebook dovrebbe essere sempre meno una copia del libro cartaceo, e sempre più un prodotto multimediale e interattivo. Naturalmente occorrerà tempo perché questa esperienza nuova si consolidi, tanto da poter sviluppare anche una forma di amore nuovo – quella per il libro digitale, appunto.
Libro cartaceo e libro digitale sono diversi, e tali devono restare, perché forniscono una diversa esperienza di lettura. Dall’altra parte, però, il significato della lettura resta lo stesso. Per capire cosa sia “la lettura” bisogna tornare all’essenziale, scrive Guardini, e precisamente al legame che intercorre tra il libro e «il mistero della parola». «Il libro è un discorso che permane anche dopo che è stato pronunciato»: grazie ai segni, che hanno la proprietà della durata, il lettore può far sì che la parola venga continuamente ripetuta e salvata dalla «dimenticanza». La lettura, allora, dovrebbe essere capace di «risvegliare l’originario discorso parlato». L’uomo è parola – spirito che prende corpo nella parola, e quest’ultima trova la possibilità di fissarsi in segni permanenti nel libro. Il libro è un pensiero che parla per sempre, per provare a suscitare nel lettore una risposta – la «contro-parola». Per questo, conclude Guardini, «Il libro è veramente quintessenza e simbolo della vita umana».
Il libro cartaceo e il libro digitale devono, perché possono, generare una diversa esperienza di lettura e di amoreper “il libro”. Il destino e il futuro della lettura, invece, dipenderanno sempre dall’esistenza di uomini che abbiano qualcosa di significativo da domandare, e di altri che abbiano qualcosa di significativo da rispondere. La crisi della lettura è il simbolo di una vita umana che ha sempre meno parole capaci di domandare, e «contro-parole» capaci di rispondere. Non esiste amore senza esperienza di significati che ci interpellano per sempre.
Romano Guardini, Elogio del libro, Morcelliana, Brescia 1993; in ordine di citazione: pp. 16; 14-15; 28; 32-34; 40.
*Immagine: La devozione al nonno, Albert Anker, 1893.

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Il libro di Elena Bono
Elena Bono: «Scrivo quello che Dio mi detta»
di Giovanni Fighera
Tanti sono i casi letterari nella letteratura del Novecento. Poeti e romanzieri dimenticati, soprattutto donne, come Ada Negri o il Premio Nobel Grazia Deledda (ricorreva nel 2013 il centenario della pubblicazione di Canne al vento). «È un fatto che quella che riteniamo la scrittrice italiana più importante della seconda metà del XX secolo sia da quasi quarant’anni emarginata dalla cosiddetta grande editoria». Così scrive il critico Giovanni Casoli in Novecento Letterario Italiano ed Europeo (2002) su Elena Bono. Poetessa, autrice di romanzi e di opere drammaturgiche, ha conseguito numerosi Premi letterari tra cui il Premio «Vallombrosa» (per la poesia religiosa), il Premio «Dante Alighier – Cultura ligure», il Premio «Universo Donna», il Premio del Consiglio Organizzativo Mondiale Arte e Cultura a Città del Messico. Imminenti sono la pubblicazione in e-book del suo capolavoro Morte di Adamo e l’inizio delle riprese di un film sulla sua vita, la cui sceneggiatura è stata scritta dalla regista, critica d’arte e gallerista Gabriella Bairo Puccetti. Possiamo considerare anche Elena Bono un vero e proprio caso letterario. Ci auguriamo che la sua opera possa essere conosciuta e apprezzata da un vasto pubblico. 
L’abbiamo intervistata grazie alla collaborazione di Stefania Venturini che la conosce dal 1990, è sua amica e dal 2009 è diventata suo press agent. Accanto alle risposte di Elena Bono (molto sintetiche, perché le condizioni di salute non le consentono di parlare troppo) abbiamo, per l’appunto, riportato in corsivo il commento e qualche racconto di Stefania Venturini.

Che cosa ti senti di dire, di raccomandare, di ricordare ad un bambino, ad un adolescente, ad un adulto di oggi riguardo alla vita e alla felicità?Come si fa ad un bambino: un bambino è un bambino. Quanto agli adolescenti e agli adulti: ognuno ha le sue esperienze.
Elena non ha avuto figli, e forse questo non le rende facile pensare a come parlare ad un bambino. Tuttavia lei è stata una bambina particolare: fin da molto piccola sentiva il richiamo dell’infinito. E non a caso il suo legame intimo e spirituale con Giacomo Leopardi è fortissimo. Aveva solo tre anni quando coi genitori, da Sonnino, andò a Recanati, dove il padre, Francesco Bono, insigne grecista e latinista, era preside del Liceo Classico Leopardi. Appena arrivata nel centro del paese col taxi, fu fatta scendere e per qualche istante rimase sola fra la macchina, la portiera ed il muro del palazzo dove sarebbe andata ad abitare. Fu presa da una specie di sgomento e realizzò: “Ma io sono sola!”. Sperimentò la solitudine cosmica a soli tre anni! Suo papà la portava con sé nello studio che fu del Leopardi. Elena si metteva sotto il busto del poeta e si sentiva inondare dalla sue lacrime. Coi giovani, invece, Elena ha sempre avuto un bellissimo rapporto: lei li ha sempre amati, e loro amano lei, ancora oggi. A loro Elena ha dedicato la sua opera. E in molti lo hanno capito. E chi l’ha letta non l’ha mai più dimenticata. A qualcuno ha letteralmente salvato la vita. Morte di Adamo, soprattutto, è stato ed è un libro che ha scosso profondamente tante coscienze.
Che cos'è per te la poesia? Che cos'è l'urgenza di raccontare e di ricordare? Io scrivo sotto una misteriosa dettatura: è sempre stato così.
Tutto è cominciato quando Elena, appena finita la guerra, stava seduta nel suo salotto mentre ascoltava musica ungherese. Ad un certo punto, lei racconta, si fece un grande silenzio, un silenzio assoluto, difficile da descrivere. E udì distintamente le parole : “Quando venne il suo giorno, dopo novecentotrenta anni di vita, Adamo tornò alla terra”. Prese il primo foglio e penna che trovò e iniziò a scrivere. Era l’inizio di quello che sarebbe diventato il suo capolavoro assoluto Morte di Adamo. Finito di scrivere andò da suo padre e gli disse: “Papà, guarda cosa mi è successo!”. E lui dopo aver letto le disse: “Povera figlia mia”.
È questa urgenza che ha mosso i tuoi primi passi nella poesia? O è altro?Io non ho fatto che scrivere quello che mi veniva dettato: ho risposto ad una chiamata. (Familiaris Consortio)
Elena racconta che ebbe la conferma di questa chiamata a Roma, quando andò a confessarsi con un padre gesuita, p. Copello. Entrò in Chiesa quando ormai stava per chiudere. Ma in confessionale c’era un Padre. Elena stava meditando di entrare in convento, nell’ordine delle Brigidine. Ne parlò al confessore e lui, dopo un lungo silenzio, le disse: “No figlia mia. Sai che quello che devi fare non potresti farlo in Convento”. E da allora Elena non poté più sottrarsi alla sua vocazione di scrittrice, tutta dedicata a restituire alla parola non solo la dignità e il senso, ma la sua sacralità. Perché, dice sempre, “il Verbo si è fatto carne”. Pertanto, chi profana la parola, profana Dio. Profana la vita. Profana l’uomo.
Ami particolarmente il teatro. Perché? 
Io lo facevo fin da bambina coi pupazzetti che ritagliavo dal Corriere dei Piccoli.
Che cosa intendi raccontare dell'uomo attraverso il teatro e attraverso la storia? Che rapporto c’è tra storia e teatro?Tutta la storia è un teatro. Se avessimo un apparecchio adatto potremmo vederlo dal principio del mondo.
C'è una poesia a cui sei particolarmente affezionata e che rispecchia più fedelmente la tua persona, il tuo cuore, le tue domande, le tue aspettative? Tempo di Dio.
Elena la scrisse poco dopo la fine della guerra. E fu profetica. Tutto il tema della lotta per la libertà contro la schiavitù dell’uomo, Elena lo ha sviluppato poi con la trilogia “uomo e superuomo”, scritta nell’arco di un trentennio e che si snoda dagli anni ‘20 fino agli anni 1958. Tempo di Dio si può, a mio parere, collegare perfettamente a Invito a palazzo (una poesia che, per la sua ricchezza, potrebbe persino diventare un film!….: il linguaggio è quello dell’oriente, ma i contenuti sono cristiani. Come dice Elena: “Ho ricondotto l’oriente all’occidente”. Lei che, da giovanissima, era stata attratta dalla mistica orientale, poi ne prese le distanze e rinnegò quel periodo. La vita non va verso il nulla e non è frutto del caso, ma va verso l’incontro definitivo con Dio che è Padre! E la storia è il luogo delle nostre scelte, della nostra responsabilità per il bene o per il male, per la libertà o per la schiavitù: il “risveglio alla storia” (come dice Elena) avvenne proprio l’8 settembre 1943, quando Elena vide, nella stazione di Chiavari, una vecchietta scagliarsi contro due soldati SS chiedendo conto dei soldati italiani feriti che erano ricoverati nelle colonie di Chiavari. Il coraggio di quella anziana donna la richiamò all’esigenza di dover fare la propria parte e di prendere posizione. Elena, sfollata a Bertigaro, sulle alture di Chiavari, fu staffetta nella sesta zona operativa comandata dal primo partigiano d’Italia Aldo Gastaldi “Bisagno”). 
Ci puoi parlare delle «Stanze per Rinaldo Simonetti, "Cucciolo"»?Rinaldo Simonetti (ragazzo fucilato per la libertà nei boschi di Calvari dove era nato pochi anni prima). Scrisse a suo padre e a sua madre: «Vendicheranno il mio nome». A me è toccato. Io non l’ho conosciuto. (Questa poesia è forse fra le più alte della resistenza. Ha fatto commuovere infinite volte le tante persone che l’hanno letta (io ancora non riesco a leggerla senza piangere: e non so quante volte l’ho letta! Eppure….). Ugo Gregoretti, in occasione di una sua visita a Chiavari, la lesse ad una conferenza e, ad un certo punto, gli venne un nodo alla gola e dovette fermarsi un po’ prima di proseguire (ero presente anche io)).
Che cos'è il tempo di Dio? Quando arriva? Arriva per ognuno quando il Signore vuole. Mio padre mi portava in Chiesa e mi indicava la Via Crucis. E io piangevo.
Come vedi tu il panorama della poesia, dell'arte e della letteratura contemporanee?Senza Dio.
Che cosa diresti ad uno studente che oggi volesse intraprendere la strada delle lettere, della poesia e della scrittura in una società e in una cultura in cui l'orizzonte economico sembra dominare ed escludere le altre prospettive?Quello che disse a me mio padre: «Povera figlia mia!».