sabato 25 gennaio 2014

Omelia di Papa Francesco. "Solo Cristo può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità"


La Basilica di San Paolo Fuori le Mura
LA BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA

Celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della XLVII Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. 

[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio.
"Questa sera, mentre siamo qui riuniti in preghiera, avvertiamo che Cristo, che non può essere diviso, vuole attirarci a sé, verso i sentimenti del suo cuore, verso il suo totale e confidente abbandono nelle mani del Padre, verso il suo radicale svuotarsi per amore dell’umanità. Solo Lui può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità".
Alle ore 17.30 di oggi, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Francesco presiede la celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della XLVII Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: “Cristo non può essere diviso” (cfr. 1 Cor 1,1-17). Prendono parte alla celebrazione i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. Al termine dei Vespri, prima della benedizione apostolica, il Cardinale Kurth Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, rivolge al Santo Padre un indirizzo di saluto.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa pronuncia nel corso della celebrazione:

Cari fratelli e sorelle,
«E’ forse diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13). Il forte richiamo che san Paolo pone all’inizio dellasua Prima Lettera ai Corinzi, e che è risuonato nella liturgia di questa sera, è stato scelto da un gruppo di fratelli cristiani del Canada come traccia per la nostra meditazione durante la Settimana di Preghiera di quest’anno.

L’Apostolo ha appreso con grande tristezza che i cristiani di Corinto sono divisi in diverse fazioni. C’è chi afferma: “Io sono di Paolo”; un altro dice: “Io invece sono di Apollo”; un altro: “Io invece di Cefa”; e infine c’è anche chi sostiene: “E io di Cristo” (cfr v. 12). Neppure coloro che intendono rifarsi a Cristo possono essere elogiati da Paolo, perché usano il nome dell’unico Salvatore per prendere le distanze da altri fratelli all’interno della comunità. In altre parole, l’esperienza particolare di ciascuno, il riferimento ad alcune persone significative della comunità, diventano il metro di giudizio della fede degli altri.
In questa situazione di divisione, Paolo esorta i cristiani di Corinto, «per il nome del Signore Nostro Gesù Cristo», ad essere tutti unanimi nel parlare, perché tra di loro non vi siano divisioni, bensì perfetta unione di pensiero e di sentire (cfr v. 10). La comunione che l’Apostolo invoca, però, non potrà essere frutto di strategie umane. La perfetta unione tra i fratelli, infatti, è possibile solo in riferimento al pensiero e ai sentimenti di Cristo Gesù (cfr Fil 2,5). Questa sera, mentre siamo qui riuniti in preghiera, avvertiamo che Cristo, che non può essere diviso, vuole attirarci a sé, verso i sentimenti del suo cuore, verso il suo totale e confidente abbandono nelle mani del Padre, verso il suo radicale svuotarsi per amore dell’umanità. Solo Lui può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità.
Mentre ci troviamo alla sua presenza, diventiamo ancora più consapevoli che non possiamo considerare le divisioni nella Chiesa come un fenomeno in qualche modo naturale, inevitabile per ogni forma di vita associativa. Le nostre divisioni feriscono il suo corpo, feriscono la testimonianza che siamo chiamati a rendergli nel mondo. Il Decreto del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo, richiamando il testo di san Paolo che abbiamo meditato, significativamente afferma: «Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso». E, quindi, aggiunge: «Tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (Unitatis redintegratio, 1). (...)
Cari amici, Cristo non può essere diviso! Questa certezza deve incoraggiarci e sostenerci a proseguire con umiltà e con fiducia nel cammino verso il ristabilimento della piena unità visibile tra tutti i credenti in Cristo. Mi piace pensare in questo momento all’opera del beato Giovanni XXIII e del beato Giovanni Paolo II. Entrambi maturarono lungo il proprio percorso di vita la consapevolezza di quanto fosse urgente la causa dell’unità e, una volta eletti alla sede di Pietro, hanno guidato con decisione l’intero gregge cattolico sulle strade del cammino ecumenico: Papa Giovanni aprendo vie nuove e prima quasi impensate, Papa Giovanni Paolo proponendo il dialogo ecumenico come dimensione ordinaria ed imprescindibile della vita di ogni Chiesa particolare. Ad essi associo anche Papa Paolo VI, altro grande protagonista del dialogo, di cui ricordiamo proprio in questi giorni il cinquantesimo anniversario dello storico abbraccio a Gerusalemme con il Patriarca di Costantinopoli Atenagora.
L’opera di questi Pontefici ha fatto sì che la dimensione del dialogo ecumenico sia diventata un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma, tanto che oggi non si comprenderebbe pienamente il servizio petrino senza includervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo. Possiamo dire anche che il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e dobbiamo avere fiducia che continuerà ad agire in tal senso anche per il futuro. Mentre guardiamo con gratitudine ai passi che il Signore ci ha concesso di compiere, e senza nasconderci le difficoltà che oggi il dialogo ecumenico attraversa, chiediamo di poter essere tutti rivestiti dei sentimenti di Cristo, per poter camminare verso l’unità da lui voluta. 
(...) 
In questo clima di preghiera per il dono dell’unità, vorrei rivolgere i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, qui convenuti questa sera. (...)  
Cari fratelli e sorelle, preghiamo il Signore Gesù, che ci ha reso membra vive del suo Corpo, affinché ci mantenga profondamente uniti a Lui, ci aiuti a superare i nostri conflitti, le nostre divisioni, i nostri egoismi (...) e ad essere uniti gli uni agli altri da un’unica forza, quella dell’amore, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori (cfr Rm 5,5). Amen.
Francese
Chers frères et soeurs, 
« Le Christ, est-il divisé ? » (1 Co 1, 13). Le vigoureux rappel que saint Paul place au début de sa Première lettre aux Corinthiens, et qui a résonné dans la liturgie de ce soir, a été choisi par un groupe de frères chrétiens du Canada, comme piste pour notre méditation durant la Semaine de Prière de cette année. 
L’Apôtre a appris avec grande tristesse que les chrétiens de Corinthe sont divisés en plusieurs factions. Il y a celui qui affirme : “Moi, je suis à Paul”; un autre dit : “ Et moi, à Apollos”; un autre : “Et moi, à Céphas”; et à la fin il y a aussi celui qui soutient : “Et moi, au Christ” (cf. v. 12). Pas même ceux qui entendent se référer au Christ ne peuvent être loués par Paul, parce qu’ils utilisent le nom de l’unique Sauveur pour prendre leurs distances avec d’autres frères à l’intérieur de la communauté. Autrement dit, l’expérience particulière de chacun, la référence à quelques personnes significatives de la communauté, deviennent la norme du jugement de la foi des autres. 
Dans cette situation de division, Paul exhorte les chrétiens de Corinthe, « par le nom de notre Seigneur Jésus Christ », à être tous unanimes dans la façon de parler, pour qu’entre eux il n’y ait pas de divisions, mais une parfaite union d’esprit et de sentiments (cf. v. 10). La communion que l’Apôtre invoque, cependant, ne peut être le fruit de stratégies humaines. La parfaite union entre les frères, en effet, est possible seulement en référence à la pensée et aux sentiments du Christ Jésus (cf. Ph 2, 5). Ce soir, alors que nous sommes réunis ici en prière, nous sentons que le Christ, qui ne peut être divisé, veut nous attirer à lui, vers les sentiments de son coeur, vers son abandon total et confiant dans les mains du Père, vers son dépouillement radical par amour de l’humanité. Lui seul peut être le principe, la cause, le moteur de notre unité. 
Tandis que nous nous trouvons en sa présence, devenons encore plus conscients que nous ne pouvons pas considérer les divisions dans l’Église comme un phénomène comme naturel, inévitable dans toute forme de vie associative. Nos divisions blessent son Corps, blessent le témoignage que nous sommes appelés à lui rendre dans le monde. Le Décret du Concile Vatican II sur l’oecuménisme, rappelant le texte de saint Paul que nous avons médité, affirme de façon significative : « Une Église une et unique a été fondée par le Christ Seigneur, et pourtant plusieurs communions chrétiennes se présentent aux hommes comme représentant le véritable héritage de Jésus-Christ ; certes, tous confessent qu’ils sont les disciples du Seigneur, mais ils ont des opinions différentes et suivent des chemins différents, comme si le Christ lui-même était divisé ». Et puis, il ajoute : « Assurément, une telle division contredit ouvertement la volonté du Christ, et est un sujet de scandale pour le monde et une source de préjudices pour la très sainte cause de la prédication de l’Évangile à toute créature » (Unitatis redintegratio, 1). 
Chers amis, le Christ ne peut être divisé ! Cette certitude doit nous encourager et nous soutenir à poursuivre avec humilité et avec confiance le chemin vers le rétablissement de la pleine unité visible entre tous les croyants dans le Christ. J’aime penser en ce moment à l’oeuvre de deux grands Papes : le bienheureux Jean XXIII et le bienheureux Jean-Paul II. Pour tous les deux, au cours de leur vie, a mûri la conscience de l’urgence de la cause de l’unité et, une fois élus au Siège de Pierre, ils ont guidé avec détermination le troupeau catholique tout entier sur les routes de l’oecuménisme : le Pape Jean en ouvrant des voies nouvelles et auparavant presqu’impensables, le Pape Jean-Paul en proposant le dialogue oecuménique comme dimension ordinaire et incontournable de la vie de chaque Église particulière. Je leur associe aussi le Pape Paul VI, autre grand protagoniste du dialogue, dont nous rappelions justement en ces jours le cinquantième anniversaire de l’accolade historique avec le Patriarche Athénagoras de Constantinople. 
L’oeuvre de mes prédécesseurs a fait en sorte que la dimension du dialogue oecuménique est devenue un aspect essentiel du ministère de l’Évêque de Rome, si bien qu’aujourd’hui, on ne comprendrait pas pleinement le service pétrinien sans y inclure cette ouverture au dialogue avec tous les croyants dans le Christ. Nous pouvons dire aussi que le chemin oecuménique a permis d’approfondir la compréhension du ministère du Successeur de Pierre, et nous devons avoir confiance qu’il continuera d’agir dans ce sens aussi à l’avenir. Alors que nous regardons avec gratitude les pas que le Seigneur nous a permis d’accomplir, et sans nous cacher les difficultés que le dialogue oecuménique traverse aujourd’hui, nous demandons de pouvoir être tous revêtus des sentiments du Christ, pour pouvoir marcher vers l’unité voulue par lui. 
Dans ce climat de prière pour le don de l’unité, je voudrais adresser mes salutations cordiales et fraternelles à Son Éminence le Métropolite Gennadios, représentant du Patriarcat oecuménique, à Sa Grâce David Moxon, représentant personnel à Rome de l’Archevêque de Canterbury, et à tous les représentants des différentes Églises et Communautés ecclésiales, réunies ici ce soir. 
Chers frères et soeurs, prions le Seigneur Jésus, qui nous a rendu membres vivants de son Corps, afin qu’il nous maintienne profondément unis à lui, qu’il nous aide à dépasser nos conflits, nos divisions, nos égoïsmes et à être unis les uns aux autres dans une unique force, celle de l’amour, que l’Esprit Saint répand dans nos coeurs (cf. Rm 5, 5). Amen. 
Inglese
Dear Brothers and Sisters,
“Has Christ been divided?” (1 Cor 1:13). The urgent appeal which Saint Paul makes at the beginning of his First Letter to the Corinthians, and which has been proclaimed at this evening’s liturgy, was chosen by a group of our fellow Christians in Canada as the theme for our meditation during this year’s Week of Prayer.
The Apostle was grieved to learn that the Christians of Corinth had split into different factions. Some claimed: “I belong to Paul”; while others claimed: “I belong to Apollos” or “I belong to Cephas”, and others yet claimed: “I belong to Christ” (cf. v. 12). Paul could not even praise those who claimed to belong to Christ, since they were using the name of the one Saviour to set themselves apart from their other brothers and sisters within the community. In other words, the particular experience of each individual, or an attachment to certain significant persons in the community, had become a yardstick for judging the faith of others.
Amid this divisiveness, Paul appeals to the Christians of Corinth “by the name of our Lord Jesus Christ” to be in agreement, so that divisions will not reign among them, but rather a perfect union of mind and purpose (cf. v. 10). The communion for which the Apostle pleads, however, cannot be the fruit of human strategies. Perfect union among brothers and sisters can only come from looking to the mind and heart of Christ Jesus (cf. Phil 2:5). This evening, as we gather here in prayer, may we realize that Christ, who cannot be divided, wants to draw us to himself, to the sentiments of his heart, to his complete and confident surrender into the hands of the Father, to his radical self-emptying for love of humanity. Christ alone can be the principle, the cause and the driving force behind our unity.
As we find ourselves in his presence, we realize all the more that we may not regard divisions in the Church as something natural, inevitable in any form of human association. Our divisions wound Christ’s body, they impair the witness which we are called to give to him before the world. The Second Vatican Council’s Decree on Ecumenism, appealing to the text of Saint Paul which we have reflected on, significantly states: “Christ the Lord founded one Church and one Church only. However, many Christian communities present themselves to people as the true inheritance of Jesus Christ; all indeed profess to be followers of the Lord but they differ in outlook and go their different ways, as if Christ were divided”. And the Council continues: “Such division openly contradicts the will of Christ, scandalizes the world, and damages the sacred cause of preaching the Gospel to every creature” (Unitatis Redintegratio, 1).
Christ, dear friends, cannot be divided! This conviction must sustain and encourage us to persevere with humility and trust on the way to the restoration of full visible unity among all believers in Christ. Tonight I think of the work of two great Popes: Blessed John XXIII and Blessed John Paul II. In the course of their own lives, both came to realize the urgency of the cause of unity and, once elected to the See of Peter, they guided the entire Catholic flock decisively on the paths of ecumenism. Pope John blazed new trails which earlier would have been almost unthinkable. Pope John Paul held up ecumenical dialogue as an ordinary and indispensable aspect of the life of each Particular Church. With them, I think too of Pope Paul VI, another great promoter of dialogue; in these very days we are commemorating the fiftieth anniversary of his historic embrace with the Patriarch Athenagoras of Constantinople.
The work of these, my predecessors, enabled ecumenical dialogue to become an essential dimension of the ministry of the Bishop of Rome, so that today the Petrine ministry cannot be fully understood without this openness to dialogue with all believers in Christ. We can say also that the journey of ecumenism has allowed us to come to a deeper understanding of the ministry of the Successor of Peter, and we must be confident that it will continue to do so in the future. As we look with gratitude to the progress which the Lord has enabled us to make, and without ignoring the difficulties which ecumenical dialogue is presently experiencing, let us all pray that we may put on the mind of Christ and thus progress towards the unity which he wills.
In this climate of prayer for the gift of unity, I address a cordial and fraternal greeting to His Eminence Metropolitan Gennadios, the representative of the Ecumenical Patriarch, and to His Grace David Moxon, the personal representative in Rome of the Archbishop of Canterbury, and to all the representatives of the various Churches and Ecclesial Communities gathered here this evening.
Dear brothers and sisters, let us ask the Lord Jesus, who has made us living members of his body, to keep us deeply united to him, to help us overcome our conflicts, our divisions and our self-seeking, and to be united to one another by one force, by the power of love which the Holy Spirit pours into our hearts (cf. Rom 5:5). Amen. 

Spagnolo
Queridos hermanos y hermanas
«¿Está dividido Cristo?» (1 Co 1,13). La enérgica llamada de atención de san Pablo al comienzo de su Primera carta a los Corintios, que resuena en la liturgia de esta tarde, ha sido elegida por un grupo de hermanos cristianos de Canadá como guión para nuestra meditación durante la Semana de Oración de este año.
El Apóstol ha recibido con gran tristeza la noticia de que los cristianos de Corinto están divididos en varias facciones. Hay quien afirma: «Yo soy de Pablo»; otros, sin embargo, declaran: « Yo soy de Apolo»; y otros añaden: «Yo soy de Cefas». Finalmente, están también los que proclaman: «Yo soy de Cristo» (cf. v. 12). Pero ni siquiera los que se remiten a Cristo merecen el elogio de Pablo, pues usan el nombre del único Salvador para distanciarse de otros hermanos en la comunidad. En otras palabras, la experiencia particular de cada uno, la referencia a algunas personas importantes de la comunidad, se convierten en el criterio para juzgar la fe de los otros.
En esta situación de división, Pablo exhorta a los cristianos de Corinto, «en nombre de nuestro Señor Jesucristo», a ser unánimes en el hablar, para que no haya divisiones entre ellos, sino que estén perfectamente unidos en un mismo pensar y un mismo sentir (cf. v. 10). Pero la comunión que el Apóstol reclama no puede ser fruto de estrategias humanas. En efecto, la perfecta unión entre los hermanos sólo es posible cuando se remiten al pensar y al sentir de Cristo Jesús (cf. Flp 2,5). Esta tarde, mientras estamos aquí reunidos en oración, nos damos cuenta de que Cristo, que no puede estar dividido, quiere atraernos hacia sí, hacia los sentimientos de su corazón, hacia su abandono total y confiado en las manos del Padre, hacia su despojo radical por amor a la humanidad. Sólo él puede ser el principio, la causa, el motor de nuestra unidad.
Cuando estamos en su presencia, nos hacemos aún más conscientes de que no podemos considerar las divisiones en la Iglesia como un fenómeno en cierto modo natural, inevitable en cualquier forma de vida asociativa. Nuestras divisiones hieren su cuerpo, dañan el testimonio que estamos llamados a dar en el mundo. El Decreto sobre el ecumenismo del Concilio Vaticano II, refiriéndose al texto de san Pablo que hemos meditado, afirma de manera significativa: «Con ser una y única la Iglesia fundada por Cristo Señor, son muchas, sin embargo, las Comuniones cristianas que se presentan a los hombres como la verdadera herencia de Jesucristo; ciertamente, todos se confiesan discípulos del Señor, pero sienten de modo distinto y marchan por caminos diferentes, como si Cristo mismo estuviera dividido». Y, por tanto, añade: «Esta división contradice clara y abiertamente la voluntad de Cristo, es un escándalo para el mundo y perjudica a la causa santísima de predicar el Evangelio a toda criatura» (Unitatis redintegratio, 1).
Queridos amigos, Cristo no puede estar dividido. Esta certeza debe animarnos y sostenernos para continuar con humildad y confianza en el camino hacia el restablecimiento de la plena unidad visible de todos los creyentes en Cristo. Me es grato recordar en este momento la obra de dos grandes Papas: los beatos Juan XXIII y Juan Pablo II. Tanto uno como otro fueron madurando durante su vida la conciencia de la urgencia de la causa de la unidad y, una vez elegidos a la Sede de Pedro, han guiado con determinación a la grey católica por el camino ecuménico. El papa Juan, abriendo nuevas vías, antes casi impensables. El papa Juan Pablo, proponiendo el diálogo ecuménico como dimensión ordinaria e imprescindible de la vida de cada Iglesia particular. Junto a ellos, menciono también al papa Pablo VI, otro gran protagonista del diálogo, del que recordamos precisamente en estos días el quincuagésimo aniversario del histórico abrazo en Jerusalén con el Patriarca de Constantinopla, Atenágoras.
La obra de estos predecesores míos ha conseguido que el aspecto del diálogo ecuménico se haya convertido en una dimensión esencial del ministerio del Obispo de Roma, hasta el punto de que hoy no se entendería plenamente el servicio petrino sin incluir en él esta apertura al diálogo con todos los creyentes en Cristo. También podemos decir que el camino ecuménico ha permitido profundizar la comprensión del ministerio del Sucesor de Pedro, y debemos confiar en que seguirá actuando en este sentido en el futuro. Mientras consideramos con gratitud los avances que el Señor nos ha permitido hacer, y sin ocultar las dificultades por las que hoy atraviesa el diálogo ecuménico, pidamos que todos seamos impregnados de los sentimientos de Cristo, para poder caminar hacia la unidad que él quiere.
En este ambiente de oración por el don de la unidad, quisiera saludar cordial y fraternalmente a Su Eminencia el Metropolita Gennadios, representante del Patriarcado Ecuménico, a Su Gracia David Moxon, representante personal del arzobispo de Canterbury en Roma, y a todos los representantes de las diversas Iglesias y Comunidades Eclesiales que esta tarde han venido aquí.
Queridos hermanos y hermanas, oremos al Señor Jesús, que nos ha hecho miembros vivos de su Cuerpo, para que nos mantenga profundamente unidos a él, nos ayude a superar nuestros conflictos, nuestras divisiones, nuestros egoísmos, y a estar unidos unos a otros por una sola fuerza, la del amor, que el Espíritu Santo derrama en nuestros corazones (cf. Rm 5,5). Amén. 

Portoghese
Amados irmãos e irmãs,
«Estará Cristo dividido?» (1 Cor 1, 13). Este repto forte, que São Paulo lança quase ao início da sua Primeira Carta aos Coríntios e que ressoou na liturgia desta tarde, foi escolhido por um grupo de irmãos cristãos do Canadá como linha de fundo para a nossa meditação durante a Semana de Oração deste ano.
Com grande tristeza, o Apóstolo soube que os cristãos de Corinto estão divididos em várias facções. Uns afirmam: «Eu sou de Paulo»; outros dizem: «Eu sou de Apolo»; e outros: «Eu sou de Cefas»; e há ainda quem sustente: «Eu sou de Cristo» (cf. 1 Cor 1, 12). Nem sequer estes que pretendem apelar-se a Cristo podem ser elogiados por Paulo, porque usam o nome do único Salvador para se distanciarem dos outros irmãos dentro da comunidade. Por outras palavras, a experiência particular de cada um, o referimento a algumas pessoas significativas da comunidade tornam-se a norma para julgar a fé dos outros.
Nesta situação de divisão Paulo, «em nome de Nosso Senhor Jesus Cristo», exorta os cristãos de Corinto a serem todos unânimes no falar, para que não haja, entre eles, divisões mas perfeita união de pensar e sentir (cf. 1 Cor 1, 10). Mas a comunhão, a que chama o Apóstolo, não poderá ser fruto de estratégias humanas. De facto, a perfeita união entre os irmãos só é possível referida ao pensamento e aos sentimentos de Cristo Jesus (cf. Fil 2, 5). Nesta tarde, encontrandonos aqui reunidos em oração, sentimos que Cristo – que não pode ser dividido – quer atrair-nos a Si, aos sentimentos do seu coração, ao seu abandono total e íntimo nas mãos do Pai, ao seu esvaziar-se radicalmente por amor da humanidade. Só Ele pode ser o princípio, a causa, o motor da nossa unidade.
Encontrando-nos na sua presença, tornamo-nos ainda mais conscientes de que não podemos considerar as divisões na Igreja como um fenómeno de certo modo natural, inevitável em toda a forma de vida associativa. As nossas divisões ferem o corpo de Cristo, ferem o testemunho que somos chamados a prestar-Lhe no mundo. O Decreto do Concílio Vaticano II sobre o ecumenismo, fazendo apelo ao texto de São Paulo que estamos a meditar, afirma significativamente: «Cristo Senhor fundou uma só e única Igreja. Todavia, são numerosas as Comunhões cristãs que se apresentam aos homens como a verdadeira herança de Jesus Cristo. Todos, na verdade, se professam discípulos do Senhor, mas têm pareceres diversos e caminham por rumos diferentes, como se o próprio Cristo estivesse dividido». E, depois, acrescenta: «Esta divisão, porém, contradiz abertamente a vontade de Cristo, e é escândalo para o mundo, como também prejudica a santíssima causa da pregação do Evangelho a toda a criatura» (Unitatis redintegratio, 1).
Queridos amigos, Cristo não pode estar dividido! Esta certeza deve incentivar-nos e susternos a continuar, com humildade e confiança, o caminho para o restabelecimento da plena unidade visível entre todos os crentes em Cristo. Apraz-me pensar, neste momento, na obra de dois grandes Papas: os Beatos João XXIII e João Paulo II. Em ambos foi amadurecendo, ao longo do percurso de suas vidas, a consciência de como era urgente a causa da unidade e, uma vez eleitos para a Sé de Pedro, guiaram decididamente todo o rebanho católico pelas estradas do caminho ecuménico: o Papa João, abrindo caminhos novos e quase impensáveis antes; o Papa João Paulo, propondo o diálogo ecuménico como dimensão ordinária e imprescindível da vida de cada Igreja particular. A eles associo também o Papa Paulo VI, outro grande protagonista do diálogo: justamente nestes dias, recordamos o cinquentenário daquele seu abraço histórico, em Jerusalém, ao Patriarca de Constantinopla Atenágoras.
O obra destes meus antecessores fez com que a dimensão do diálogo ecuménico se tivesse tornado um aspecto de tal modo essencial do ministério do Bispo de Roma, que hoje não se compreenderia plenamente o serviço petrino sem incluir nele esta abertura ao diálogo com todos os crentes em Cristo. Podemos afirmar também que o caminho ecuménico permitiu aprofundar a compreensão do ministério do Sucessor de Pedro e devemos ter confiança de que vai continuar a fazê-lo também no futuro. Ao mesmo tempo que olhamos com gratidão para os passos que o Senhor nos concedeu realizar, mas sem ignorarmos as dificuldades que o diálogo ecuménico atravessa actualmente, peçamos a graça de sermos todos revestidos dos sentimentos de Cristo, para podermos caminhar para a unidade querida por Ele.
Neste clima de oração pelo dom da unidade, quero dirigir as minhas cordiais e fraternas saudações a Sua Eminência o Metropolita Gennadios, representante do Patriarcado Ecuménico, a Sua Graça David Moxon, representante pessoal em Roma do Arcebispo de Cantuária, e a todos os representantes das diversas Igrejas e Comunidades eclesiais, aqui reunidos nesta tarde.
Amados irmãos e irmãs, ao Senhor Jesus, que nos tornou membros vivos do seu Corpo, peçamos que nos conserve profundamente unidos a Ele, nos ajude a superarmos os nossos conflitos, as nossas divisões, os nossos egoísmos e a vivermos unidos uns aos outros por uma única força, a do amor, que o Espírito Santo derrama nos nossos corações (cf. Rm 5, 5). Amen.

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Il Papa: «Le divisioni nella Chiesa non sono un fenomeno inevitabile»

Il Papa celebra i vespri nella basilica di San Paolo: oggi non si comprende pienamente il servizio petrino senza l'apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

«Non possiamo considerare le divisioni nella Chiesa come un fenomeno in qualche modo naturale, inevitabile per ogni forma di vita associativa». Le divisioni feriscono il corpo di Cristo, «feriscono la testimonianza che siamo chiamati a rendergli nel mondo». Lo ha detto Papa Francesco nell'omelia dei vespri celebrati nella basilica di San Paolo fuori le Mura a conclusione della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che quest'anno ha avuto come tema: «Cristo non può essere diviso».

Bergoglio ha ricordato il forte richiamo dell'apostolo delle genti che si trova all'inizio della Prima Lettera ai Corinzi. Paolo manifesta la sua tristezza dopo aver appreso che i cristiani di Corinto sono divisi in fazioni. «Neppure coloro che intendono rifarsi a Cristo - ha detto il Papa - possono essere elogiati da Paolo, perché usano il nome dell’unico Salvatore per prendere le distanze da altri fratelli all’interno della comunità. In altre parole, l’esperienza particolare di ciascuno, il riferimento ad alcune persone significative della comunità, diventano il metro di giudizio della fede degli altri».

In questa situazione di divisione, l'apostolo esorta i corinzi, «ad essere tutti unanimi nel parlare, perché tra di loro non vi siano divisioni, bensì perfetta unione di pensiero e di sentire». Una comunione, ha spiegato Francesco, che «non potrà essere frutto di strategie umane. La perfetta unione tra i fratelli, infatti, è possibile solo in riferimento al pensiero e ai sentimenti di Cristo Gesù. Questa sera, mentre siamo qui riuniti in preghiera - ha aggiunto il Papa -  avvertiamo che Cristo, che non può essere diviso, vuole attirarci a sé, verso i sentimenti del suo cuore, verso il suo totale e confidente abbandono nelle mani del Padre, verso il suo radicale svuotarsi per amore dell’umanità. Solo Lui può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità».

«Le nostre divisioni - ha detto ancora Francesco - feriscono il suo corpo, feriscono la testimonianza che siamo chiamati a rendergli nel mondo». Il Papa ha quindi ribadito: «Cristo non può essere diviso! Questa certezza deve incoraggiarci e sostenerci a proseguire con umiltà e con fiducia nel cammino verso il ristabilimento della piena unità visibile tra tutti i credenti in Cristo».
Solo lo Spirito può portare «alla diversità riconciliata», ha detto a braccio: «Il Signore ci aspetta tutti, ci accompagna tutti». E ha citato i beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, fra poco nuovi santi. Entrambi «hanno guidato con decisione l’intero gregge cattolico sulle strade del cammino ecumenico: Papa Giovanni aprendo vie nuove e prima quasi impensate, Papa Giovanni Paolo proponendo il dialogo ecumenico come dimensione ordinaria ed imprescindibile della vita di ogni Chiesa particolare». Ad essi Bergoglio associa anche Paolo VI, «altro grande protagonista del dialogo», di cui ricorda l'abbraccio con il patriarca Atenagora nel gennaio di cinquant'anni fa a Gerusalemme.

«L’opera di questi Pontefici - ha spiegato Francesco - ha fatto sì che la dimensione del dialogo ecumenico sia diventata un aspetto essenziale del ministero del vescovo di Roma, tanto che oggi non si comprenderebbe pienamente il servizio petrino senza includervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo. Possiamo dire anche che il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e dobbiamo avere fiducia che continuerà ad agire in tal senso anche per il futuro». Dunque, «senza nasconderci le difficoltà che oggi il dialogo ecumenico attraversa, chiediamo di poter essere tutti rivestiti dei sentimenti di Cristo, per poter camminare verso l’unità da lui voluta... Camminare insieme è già fare unità».

Erano presenti nella basilica il metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, e il rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, David Moxon, insieme ad altri esponenti delle diverse Chiese e comunità ecclesiali.
«Abbiamo pregato sul sepolcro di Paolo - ha concluso a braccio il Papa - L'unità non verrà come un miracolo alla fine, l'unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino. Se noi camminiamo insieme, se non preghiamo gli uni per gli altri, se non lavoriamo insieme per fare qualcosa per i nostri fratelli nel mondo, l'unità non verrà...».