sabato 1 febbraio 2014

A scuola di Ratzinger

Joseph Ratzinger e Georg  Gaenswein

Presentato al Quirinale dal presidente della Corte Costituzionale e da monsignor Gänswein il volume su ragione e diritto nei discorsi di Benedetto XVI

ANDREA TORNIELLI





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  • L'intervento di mons. Georg Gänswein alla presentazione de <em>La legge di re Salomone. Diritto e ragione in Benedetto XVI</em>, a cura di Marta Cartabia e Andrea Simoncini (Palazzo del Quirinale, 30 gennaio 2014). L'intervento di mons. Georg Gänswein alla presentazione de La legge di re Salomone. Diritto e ragione in Benedetto XVI, a cura di Marta Cartabia e Andrea Simoncini (Palazzo del Quirinale, 30 gennaio 2014). (106,19 KB)

Un approccio laico e non fideistico, lontano anni luce da qualsiasi fondamentalismo. Un esplicito apprezzamento per  la tradizione democratica liberale e un'esaltazione della ragione e di un sano relativismo nell'ambito delle scelte mondane. C'è tutto questo e molto di più nei discorsi del teologo Joseph Ratzinger e poi di Papa Benedetto XVI, come emerge dal libro «La legge di Re Salomone», curato da Marta Cartabia (giudice costituzionale) e da Andrea Simoncini (Bur, pp. 258, 11 euro), presentato ieri pomeriggio nella Biblioteca del Quirinale dal presidente della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri, dal Prefetto della Casa Pontificia Georg Gänswein, e dai giuristi Franco Viola e Francesco D'Agostino. Tra i presenti, il cardinale Tarcisio Bertone.


Il libro porta la prefazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ricorda del suo rapporto con Papa Ratzinger le «analoghe attitudini al dialogo pacato, libero e rispettoso» e le «affinità generazionali», con entrambe le vite «iscritte integralmente nell'esperienza storica del Novecento». Insieme al «comune implicito identificarsi con quei fondamenti della cultura europea di una politica illuminata dalla storia e retta dalla ragione» che non vuole escludere il fattore religioso dalla sfera pubblica. Dai vari saggi presenti nel libro emerge la grande domanda sul fondamento del pensiero giuridico occidentale di fronte al confronto con altre tradizioni culturali e antropologiche e la peculiarità del cristianesimo rispetto ad altre religioni: per i cristiani non esiste un diritto rivelato, un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione, ma natura e ragione sono le vere fonti del diritto.


Come ha affermato Benedetto XVI nel discorso alla Westminster Hall (settembre 2010): «La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della ragione nel dibattito politico non è (...) quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti - ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto fuori dalla competenza della religione».



Nel libro «Fede, verità e tolleranza», l'allora cardinale Ratzinger scriveva: «Una società liberale è una società relativista, solo per questo presupposto essa è in grado di rimanere libera e aperta a un ulteriore cammino. Nell'ambito politico questa concezione ha ampiamente ragione. Non esiste un'opzione politica che sia l'unica giusta (...) Però anche nella sfera politica con il relativismo totale non se ne viene a capo. V'è dell'ingiustizia che non può mai diventare giustizia (per esempio uccidere innocenti; negare a singoli o gruppi il diritto alla loro dignità umana e a condizioni corrispondenti); v'è giustizia che non può mai diventare ingiustizia».


Spunti riscoperti e forse in qualche caso scoperti per la prima volta, dato che non è questo il cliché in base al quale, complici anche tante semplificazioni mediatiche, si è continuato a leggere la figura e l'insegnamento di Papa Ratzinger. Lo ha sottolineato il presidente della Corte Costituzionale, parlando del reciproco ruolo «purificatore» tra il pensiero della Chiesa e il pensiero laico. Silvestri si è soffermato sul fondamento dei valori e ha ricordato che «non si possono fondare i principi sull'autorità ma bisogna fondare l'autorità sui principi». «Neppure il voto del cento per cento degli elettori renderebbe oggi legittime le leggi razziali», ha detto, riprendendo le osservazioni di Ratzinger sull'ingiustizia che non può mai diventare giustizia.


L'arcivescovo Georg Gänswein ha spiegato che il «cuore del pensiero di Benedetto XVI è una appassionata difesa per il ritorno del diritto naturale», quel diritto che «nell'ultimo mezzo secolo, a motivo del positivismo giuridico, è stato considerato una dottrina cattolica» mentre si tratta di un pensiero condiviso che rappresenta l'«eredità dell'Europa». «La ragione ha bisogno della religione - ha detto - ma anche la religione necessita del ruolo chiarificatore della ragione per non rischiare di finire nel settarismo o nel fondamentalismo. Il diritto naturale, la legge naturale è la capacità di distinguere tra il bene e il male e il linguaggio della natura è il linguaggio della ragione, un linguaggio che apre il nostro sguardo al Dio creatore».


Il professor Franco Viola, filosofo del diritto, ha parlato dei due «idoli» del mondo post-cristiano, da un lato «lo scientismo, fondato sull'oggettività inerte dei dati»; dall'altro «il soggettivismo, fondato sull'insindacabile coscienza e nella totale soggettività». E ha sottolineato invece l'originalità dell'approccio di Benedetto XVI nel rapporto tra ragione e diritto. «La fede cristiana è opzione per il razionale - ha detto - e il vero e proprio avversario del cristianesimo non è l'ateismo (che porta in sé un seme positivo contro gli idoli e le credenze troppo umane), ma è la cancellazione dell'idea stessa di verità, la negazione dell'idea stessa di prendersi cura dell'essere», cioè il nichilismo. Benedetto XVI rifiuta «la separazione tra ragione critica e tradizione - ha spiegato Viola - e bisogna ribadire che anche la ragione critica ha un grembo che la tiene in vita a patto di non recidere il cordone ombelicale: sola ragione non vuol dire ragione sola». Papa Ratzinger, ha concluso, «non dice che il positivismo giuridico è falso, dice che è parziale».

Infine, il professor D'Agostino, presidente dei Giuristi cattolici, ha messo in luce l'importanza e l'originalità dei saggi pubblicati nel libro, soffermandosi in particolare su quello del musulmano Wael Farouq, che commentando i discorsi di Ratzinger propone un diritto naturale dal punto di vista islamico. «I diversi approcci talvolta non concordanti che emergono nel libro - ha sottolineato D'Agostino - stanno a indicare la fecondità del pensiero di Ratzinger». Il professore, sulla scia di quanto detto all'inizio dal presidente Silvestri, ha parlato di «principi fondamentali» che sono «assoluti» e dunque non possono essere soggetti alle maggioranze: «Il diritto porta con sé una vocazione all'assoluto».