martedì 25 febbraio 2014

Abortismo libertario, abortismo umanitario e tanta confusione

conf


(di Paolo Deotto su Riscossa Cristiana) Non scopro certo una gran novità dicendo che viviamo in un’epoca in cui c’è bisogno di chiarezza, di chiarezza assoluta, come dell’aria che respiriamo. Facciamo l’ultimo esempio, in attesa delle prossime sciagure. Sotto la menzogna della compassione e della pietà per la sofferenza, il Parlamento belga ha approvato una legge che definire satanica è poco, con la quale si autorizza l’eliminazione dei bambini affetti da malattie gravissime, incurabili, che procurano terribili sofferenze, eccetera.
Quando una società è in grado di produrre leggi di questo tipo, senza dubbio si è ormai nell’abisso, in un abisso di cui è difficile vedere ancora il fondo, perché la fantasia del maligno è inesauribile. La corruzione delle coscienze è arrivata a punti che nessuno avrebbe mai immaginato, né ci conforta che questa mostruosità riguardi il Belgio, perché la società “globalizzata” è soprattutto un efficace veicolo di infezione a largo raggio. Aspettiamo solo un po’, arriverà anche il nostro turno.
Tutto sarà sempre ammantato di parole dolci, di pensosa preoccupazione per chi troppo soffre e allora… accoppiamolo, così ce ne togliamo il peso. Non diverso è il discorso per l’aborto. Si enfatizza il problema della madre – che magari ha solo paura di trovarsi le “smagliature” sul pancino – e si arriva a legittimare l’uccisione dell’essere più innocente che ci sia, il bambino nel grembo materno.
In nome di altri grandi e umanitari principi (in questo caso si parla di eguaglianza e di libertà) si sta diffondendo a macchia d’olio l’omosessualismo, col chiaro intento di distruggere la famiglia e di far cadere l’uomo nei vizi più bestiali e ripugnanti. Insomma, ovunque spira una mefitica aria di morte. L’umanitarismo parolaio diffonde morte, morte e poi ancora morte.
Non dico insomma nulla di nuovo. Ma ci tenevo a fare questa premessa perché sono convinto che in quest’atmosfera satanica ogni parola sia ben da calibrare, per stare attenti a non generare confusioni. Magari le intenzioni sono buone, ma se si generano le confusioni, i risultati sono disastrosi.
Mi chiedo quindi di quale utilità possa essere (l’ho letta ieri) la distinzione tra aborto e abortismo e la dissertazione, peraltro non nuova, su abortismo libertario, abortismo umanitario e abortismo totalitario. Non voglio qui giudicare le intenzioni di chi ha rimesso in ballo questa distinzione, ma per prima cosa vorrei capire dove sia l’utilità di far questo. Le perplessità aumentano quando poi leggo l’affermazione lapidaria secondo cui la famigerata legge 194 è al tempo stesso libertaria e umanitaria. L’abortismo totalitario è lasciato per strada e giammai sapremo cosa sia. Viva la chiarezza. Transeat.
Mi viene da chiedermi: “E allora? Adesso che ho fatto questa distinzione, che ho scoperto che la 194 è un mix di a + b, cosa mai ho realizzato di utile?”
Però a ben pensarci c’è un di più, e non da poco. La dissertazione sa molto di accademico, e come tale potrebbe già esaurirsi ogni domanda sulla sua utilità. Però c’è anzitutto un equivoco di fondo. Voluto o meno da chi ha tirato in ballo questa singolare classificazione, l’equivoco si genera ed è pericoloso.
Facciamo un esempio. Tutti sappiamo che il comunismo è stato definito dalla Chiesa “intrinsecamente perverso”, ossia perverso nella sua stessa natura. Certamente poi ci sono uomini onestissimi che hanno abbracciato le teorie comuniste e per esse hanno agito, facendolo in buona fede. Hanno insomma fatto una colossale fesseria, ma l’hanno fatta non per malvagità, ma forse per ingenuità, per scarsa cultura, per stupidità (malattia questa diffusissima, e di cui si sottovaluta la pericolosità…). Comunque anche i comunisti “onesti” hanno dato il loro contributo a diffondere il male. Su questo, come suol dirsi, non ci piove.
Ora, credo che nessuna persona sensata possa negare che l’aborto merita a pieni voti la stessa considerazione del comunismo, ossia anch’esso è perverso intrinsecamente, per sua natura, tant’è che la Chiesa lo definisce “crimine abominevole”. E allora, che senso ha mettersi a discutere di abortismo libertario e abortismo umanitario? Se l’abortismo è “teoria, ideologia dell’aborto procurato”, da esso non potrà che venire il male, perché comunque il risultato dell’abortismo è sempre quello di giustificare la pratica dell’aborto, ovvero di un crimine abominevole. È poi quasi superfluo sottolineare come l’abortismo “umanitario” sia l’anticamera del “diritto” di aborto più sfrenato. L’esempio che facevamo sopra, parlando della perversa legge belga sull’assassinio dei bambini malati, dovrebbe fa riflettere sul fatto che la più piccola smagliatura nella rete porta, prima o poi, allo sfascio di tutta la rete. In Belgio in fondo sono stati coerenti. Quando ci si mette sulla strada dell’omicidio, è solo questione di velocità nell’allargare il numero delle vittime che si possono fare “legalmente”. Quanto avviene ora in Belgio lo predisse, in un racconto, Ray Bradbury, una trentina di anni fa, come normale evoluzione del crimine di aborto.
L’aborto è un crimine, l’abortismo è la teorizzazione del crimine. È assolutamente normale voler dare “dignità ideologica” alle peggiori porcherie che la mente umana è in grado di concepire. Basta pensare alla “teoria del gender”, che si potrebbe tradurre in “ora ti giustifico le schifezze”. Punto e basta.
Ma poi c’è un’altra gran confusione che si sta facendo, quella tra Dottrina e prassi. Mi spiego. Un avvocato che si trovi a difendere un imputato accusato in base a una legge perversa (pensiamo, per fare un esempio concreto, alle leggi cinesi che comminano la pena di morte per un numero incredibile di reati, molti dei quali di natura economica)  farà uso anche di tutti i cavilli possibili utilizzando la legge ingiusta, per evitare al suo assistito il massimo della pena. Invocherà le attenuanti previste dalla legge ingiusta, perché in quel momento ha in mano solo quello strumento e il suo compito è salvare il suo assistito.
Applichiamo questo esempio alla legge 194. Può ben accadere, ed è già accaduto, che in una situazione specifica ci si trovi a poter solo invocare un “corretto uso” della legge 194 per evitare che una madre uccida il figlio che porta in sé. Questo però non sposta di un millimetro il giudizio su quella legge, sia che la sua impostazione sia “libertaria” sia che sia “umanitaria”.
In definitiva, non riesco a veder e l’utilità di questa distinzione, ma senza dubbio è una distinzione che può dar adito a molti equivoci, tanto più perniciosi in un’epoca in cui i corruttori, i profeti della morte marciano a ranghi compatti e sempre più in fretta. Viviamo in una situazione in cui appare un po’ ingenua l’idea di poter a poco a poco smantellare la legge 194 lavorando perché la “componente umanitaria” venga fatta pesare sempre di più. Siamo allo scontro totale finale, Belgio docet, tra la Vita e la morte. Quello di cui abbiamo bisogno è un messaggio chiaro, univoco, indiscutibile, come dice il logo della Marcia, “senza compromessi”.
Le politiche del carciofo o dell’asparago o di non so che altro vegetale potrebbero avere un senso in una situazione sociale politica in cui anzitutto i meccanismi democratici realmente funzionassero (mentre ormai viviamo in una dittatura sovranazionale) e in cui esistesse un minimo accettabile di base politica su cui far conto.
Si rischia di cadere nella stessa utopia di chi vuole fare un referendum per abrogare la 194, non pensando che avrà contro tutto l’apparato (compresa buona parte della Chiesa, vergognosamente secolarizzata e “dialogante”…) e si troverà di fronte a un elettorato anestetizzato.
Dobbiamo riaffermare e recuperare una cultura della Vita, uno spirito cristiano, una coscienza popolare ormai obnubilata da compromessi, tatticismi, scelte del male minore e compagnia bella. Se il nostro parlare deve essere “sì, sì, no, no” ogni “se, però, ma…”, anche se detto con le migliori intenzioni, può portare solo danni. È esattamente quello che aspettano i nostri nemici, i nemici della Vita. Sono tanti, dispongono di mezzi enormi e purtroppo sono più furbi di noi… che a volte prendiamo clamorosi abbagli credendoci “furbissimi”.