sabato 22 febbraio 2014

VII Domenica del Tempo Ordinario. Anno A



Nella settima Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice ai discepoli: 
 
“Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”.


La parola del Sermone della Montagna di oggi va diritta al cuore della fede cristiana: l’amore al nemico. Sulla legge del taglione, che già poneva un limite alla vendetta senza limiti che voleva soddisfazione ad ogni costo, il Signore innalza l’amore della perfezione di Dio: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Questa pagina dell’amore al nemico la troviamo compiuta interamente nell’amore che il Padre ci mostra nel suo Figlio sulla croce. A noi che quotidianamente lo colpiamo sulla guancia destra, offendendolo nell’onore, con i nostri peccati, Cristo, sulla croce, ci ha offerto l’altra guancia, senza resistere al nostro male. A noi che portiamo Dio costantemente in tribunale, giudicandolo per come conduce la storia, per il suo agire, perché le cose non sono come noi vorremmo, Cristo, sulla croce, ci ha dato la sua tunica e il suo mantello d’amore. A noi, che ci riempiamo la bocca così spesso con la nostra “presunta giustizia”, a noi che ci facciamo giudici degli altri misurando tutto con il povero metro della nostra giustizia, mettendo sempre i carichi sulle spalle altrui, Cristo si è caricato della croce, frutto delle nostre ingiustizie e infedeltà, e l’ha portata fin sulla cima del Calvario e vi si è lasciato inchiodare, chiedendo al Padre di perdonare anche questo nostro ultimo peccato: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Davanti a questo amore di Dio per noi sulla croce, il Sermone della Montagna non è più una legge, ma la stessa natura di Dio che si fa dono all’uomo, che lo fa nuovo: l’amore al nemico. Così fa il cristiano: ama il nemico.

(don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)


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Di seguito testi e commenti.

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno A 



MESSALE
Antifona d'Ingresso   Sal 12,6
Confido, Signore, nella tua misericordia,
Gioisca il mio cuore nella tua salvezza,
canti al Signore che mi ha beneficato.
 
Colletta
Il tuo aiuto, Padre misericor
dioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore ... 

 
Oppure:

O Dio, che nel tuo Figlio spogliato e umiliato sulla croce, hai rivelato la forza dell'amore, apri il nostro cuore al dono del tuo Spirito e spezza le catene della violenza e dell'odio, perché nella vittoria del bene sul male testimoniano il tuo vangelo di riconciliazione e di pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  Lv 19, 1-2. 17-18Ama il prossimo tuo come te stesso.

Dal libro del Levitico
Il Signore parlò a Mosè e disse:
«Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.
Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».
  
    

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 102 
Il Signore è buono e grande nell'amore
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.
  
     

Seconda Lettura
  1 Cor 3, 16-23Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Canto al Vangelo   
1Gv 2, 5
Alleluia, alleluia.

Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
 
Alleluia.

   
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Vangelo 
  Mt 5, 38-48Amate i vostri nemici.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
 

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"Dio ama ciascuno esattamente come è"

Commento al Vangelo della VII Domenica del Tempo Ordinario. Anno A




Con il brano di questa domenica entriamo nel cuore del Discorso della Montagna, il cuore di Dio. Qui il Padre ci ha pensato con struggente tenerezza, chiamandoci all'esistenza in un battito d'amore. Ogni fibra del nostro spirito e ciascun millimetro della nostra carne è stato creato in questa Parola: l’amore è in ogni nostra cellula, nelle pupille come nei polpastrelli, nei muscoli come nel cervello.
Quel giorno sulla splendida erta del Monte Korazim, di fronte al Mare di Galilea, Gesù dava voce al Mistero nel quale siamo stati creati. Un prodigio di “perfezione”, un ingranaggio fatto di carne e spirito plasmato per schiudere in terra una finestra sul Cielo.
Sappiamo come poi sia andata, l’invidia del demonio e il peccato che ci ha graffiato il cuore. Per questo Gesù era salito su quel Monte, per annunciare a tutti il perdono di ogni peccato e la speranza di vivere amando. Quelle parole venivano dall’eternità e planavano finalmente in terra, nella storia degli uomini che non le avevano mai viste compiute. 
Con esse Gesù annuncia che Dio ama ciascuno esattamente come è: il Discorso della montagna, infatti, è storia e cronaca diretta dell’amore fatto carne in Gesù per ciascuno di noi. Racconta come Egli ci ami istante dopo istante descrivendo l’attitudine paziente e misericordiosa con cui ha sempre risposto ad ogni nostro peccato. E profetizza l'uomo nuovo ricreato in Lui, tu ed io liberi per amare comesiamo amati.
Quante volte Gesù ci ha offerto “l’altra guancia” mentre lo schiaffeggiavamo sulla destra, sfidandolo a duello. Per dare uno schiaffo sulla guancia destra, infatti, occorre darlo di manrovescio, nel gesto proprio della sfida a duello. Magari è stato ieri, quando, incapaci di accettare la stanchezza della moglie o l’ira del marito, abbiamo sbattuto la porta e urlato più forte, chiudendo il cuore per ottenere giustizia. 
Era Gesù che sfidavamo per lavare nel sangue il tradimento che crediamo ci abbia fatto non compiendo la nostra volontà di cambiare l'altro. E Lui ha offerto l’altra guancia a parare il colpo, salvando ancora una volta il matrimonio…  
Quante volte si è lasciato “citare in giudizio” dalle nostre mormorazioni che lo hanno condannato a non contare nulla nelle decisioni. E Lui lì zitto, come un agnello di fronte ai suoi tosatori, a lasciarsi condannare perché noi fossimo assolti.
Quante “tuniche” e quanti “mantelli” gli abbiamo chiesto e mai restituito, gli unici beni inalienabili dei poveri, secondo la legge dell'Antico Testamento, e per questo segni della stessa vita. E giudicare un fratello come spessissimo facciamo con una superficialità disarmante, è togliergli la vita, così come la calunnia o il parlar male e lo spettegolare. E Gesù, eccolo lasciarsi spogliare di tutto e morire nudo sulla Croce, dalla quale ha abbracciato calunniatori e calunniati per riconciliarli nel mantello della sua misericordia.
Quante volte Gesù ha accettato l'ingiustizia di “percorrere un miglio in più”, qualcosa di proibito secondo la Legge che stabiliva in meno di un miglio il limite massimo del lavoro permesso; uno sforzo sovrumano, destinato alla morte. E sulla via del Calvario quante miglia ha percorso al posto nostro, pigri nello zelo e nel compiere la volontà di Dio. 
Ogni volta che siamo scappati imboscandoci, schivando le responsabilità di coniugi, genitori, pastori, Lui era lì a fare quel tratto di strada che toccava a noi, sino a morire per proteggerci da una pena che avremmo meritato. Per questo oggi ci è concesso di ascoltare ancora la sua Parola, mentre dovremmo essere rinchiusi in qualche prigione…
E' Lui che anche oggi ci “dona tutto quel chiediamo”, senza sperarne nulla, sapendo di aver gettato la sua vita in mano a degli "ingrati" che usano della religione per aggiustarsi la vita. 
Così, istante dopo istante, ci ama Dio, innanzi tutto lasciandoci liberi, perfino di diventare suoi nemici. L’amore, infatti, è prima di tutto libertà. Ma quella vera, che rischia tutto, anche di perdere l’amato. Per questo l’amore è anche dolore, chiodi e aceto e Croce, altro che sentimento… Se lasci davvero libera la persona amata sai che potrebbe tradirti, abbandonarti, rivolgersi contro di te.
E allora l’amore non potrà che essere quello che appare nelle parole di Gesù. Un amore che si fa peccato perché l’altro si salvi; l’amore crocifisso che prende su di sé il male dell’amato divenuto nemico perché desidera solo il suo bene. 
Le anime belle diranno che non hanno nemici, ingannandosi. L'eros dei "pagani", infatti, è passione, sentimento che si esaurisce nel perimetro del contraccambio; evapora quando l'altro non corrisponde all’affetto profuso, secondo quanto ci si aspetta. Si spegne dinanzi al nemico  perché il massimo che un uomo può fare è "occhio per occhio e dente per dente", ovvero amore per amore e odio per odio. 
Ne facciamo esperienza tutti. Creati nell'amore e rinati nel battesimo, dobbiamo convenire che il seme ricevuto nel fonte ha prodotto un bonsai e non un albero pieno di frutti. Amore? Zero, o quasi… "Salutiamo solo i fratelli", perché in tutto, anche negli slanci più generosi, speriamo il contraccambio, e quando non arriva... Siamo ancora "come i pagani", rinchiusi in una vita grigia e monotona, che però finisce per scontrarsi con l'imprevedibilità del cuore. 
Abbiamo bisogno di rinascere dall'alto, di rientrare nel seno della Chiesa ed essere gestati perché il seme dell'amore giunga a "perfezione. L’amore dei “perfetti”, come erano chiamati i cristiani nella Chiesa primitiva, supera la carne e la routine; è, appunto, la “perfezione”, che significa, innanzi tutto, non mancare di nulla. E’ l’amore di ogni pecora perduta e ritrovata e issata sulle spalle del Buon Pastore che nulla fa mancare al suo gregge. 
Nella Chiesa possiamo giungere alla statura “perfetta”, per vivere senza difendere nulla, sperimentando ogni giorno che la vita ricevuta è eterna, non può finire. Anche se strappata non si esaurisce e può donarla al nemico.
Ma chi è il nemico? Ne abbiamo una lista infinita… La moglie, il marito, i figli, sì proprio i figli, e poi i colleghi, i condomìni, i parenti, gli amici, che diventano i nostri nemici. Non si tratta dei nemici delle istituzioni, tanto di moda, o dei confini del nostro Paese. Gesù parla di chi cerca di invadere i nostri territori, il posto dello spazzolino, il programma alla televisione, la decisione di comprare le scarpe, sino a quelli più intimi, come le relazioni sessuali e i tempi di ciascuno, gelosamente custoditi e troppo spesso usati per ricattare e vendicarsi.
Quando l'altro parte alla conquista delle nostre idee, dei nostri schemi, delle nostre certezze, delle decisioni, del tempo, del denaro, dei nostri diritti diventa un nemico acerrimo. Non possiamo amarlo ed essere felici e pienamente realizzati se non siamo profondamente uniti a Cristo, nella concretezza spesso acida e inospitale: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal. 2,20).
Questa èla perfezione dell'amore, perché si compia in noi lo “straordinario” per il quale siamo nati: amare il prossimo straordinariamente, oltre i confini dei pagani: l'amore all'altro sino alla fine, dove termina la sua dolcezza, la sua simpatia, la sua bellezza e iniziano i difetti, l'insopportabilità, i peccati. 
Siamo la carne dove si compie il "ma ora io vi dico" di Gesù. La nostra vita è la novità che infonde speranza al mondo. E’ L'amore che "prega per i persecutori" perché si offre senza sperare nulla; l'amore che fa gli straordinari non pagati secondo la giustizia umana ma secondo quella celeste, una "ricompensa" di gioia e pace che il mondo non conosce. L’amore che, "come pioggia", scende sull'altro, sia come sia, che "sorge come sole" di giustizia ogni giorno. 

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Commento della Congregazione per il Clero


A volte, per comprendere bene il presente, è necessario ritornare a ciò che ha preceduto; per noi oggi risuona l’invito ad essere santi, perché Dio è santo, che è la naturale conseguenza di quanto afferma il libro della Genesi, a proposito dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio. Come Dio è, noi possiamo e siamo chiamati ad essere, cioè santi. Le parole della prima lettura quindi non costituiscono una velleitaria, o quanto meno astratta, esortazione a porci una meta di per sé irraggiungibile. Si tratta invece di fare memoria di quanto grande sia la dignità dell’uomo, illuminata dalla luce divina, e di quali grandi possibilità siano a disposizione di chi segue il Signore. In sintesi, dalle parole del Concilio Vaticano II, siamo invitati a ricordare che, «nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e … seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria» (Lumen Gentium, 41).
Possiamo incontrare profondi spunti sul tema dell’universale vocazione alla santità anche nelle parole pronunciate dal Papa emerito, Benedetto XVI, nell’udienza generale, di mercoledì 13 aprile 2011. 

La nostra vita in questo mondo può quindi essere vista come un portare a compimento ciò che per natura già siamo in potenza; e quando la natura, che è dono di Dio, si incontra con la risposta libera e generosa dell’uomo alla chiamata di Dio, allora nasce la santità. San Paolo, conformemente a ciò, ricorda che siamo “tempio di Dio e dimora dello Spirito Santo”. Per questo siamo fatti, di tanto siamo capaci!! È sempre fonte di grande gioia accorgersi di quale grande fiducia Dio abbia nell’uomo!! Nessuno ci scoraggi, nessuno ci induca a ritenere l’uomo un essere imperfetto che “per forza, necessariamente” ogni tanto sbaglia. Bando alla rassegnazione ed alla sfiducia, prestiamo piuttosto attenzione al fatto che Dio vuole abitare in noi, nella nostra vita. Con semplicità, possiamo sempre chiederci in che condizioni teniamo quella “casa”, che è la nostra vita; come la trova Dio quando bussa alla porta? È chiusa a chiave e nessuno risponde? È strapiena e non c’è più spazio per nessuno? È in abbandono? O è piuttosto un luogo accogliente e ben curato? Uno spazio bisognoso solo di piccoli restauri? Un luogo che parla di generosità condivisione e amore? Può essere questo lo spunto per un proficuo esame di coscienza…


Poste queste premesse, è chiaro che il paradosso del Vangelo non è più del tutto tale. L’esperienza insegna che esiste il male e che qualcuno agisce male nei confronti degli altri. C’è un modo umano di reagire, “occhio per occhio”, secondo una giustizia umana, cioè, potremmo dire, per il male che hai ricevuto, non restituire un male più grande. Nonostante il senso comune di questa espressione – occhio per occhio – essa racchiude un profondo senso di giustizia, basato su una sapienza puramente umana. Ma Gesù, con la parola e con l’esempio, ci conduce a fare un passo ulteriore, ci insegna a vedere nel male commesso come una buca nel terreno, che chiede di essere riempita, perché il suolo possa tornare piano. Il bene con cui il Vangelo ci invita a rispondere al male, dunque, è la terra nuova, che va a colmare i buchi aperti dal male e dal peccato. Non è un’ingenua stoltezza quella a cui Gesù ci esorta, ma piuttosto un’opera di “manutenzione ordinaria” del mondo. Qualcuno fa il male, non importa quanto e perché, i discepoli del Signore “intervengono” per far sì che i danni del male siano risarciti da un bene più grande. Ancora una volta, quindi, siamo invitati a prendere in mano ogni giorno con grande concretezza la nostra vocazione cristiana, quella che nasce dal battesimo, come Papa Francesco tante volte ricorda, dando forma la Vangelo con la nostra vita, con la fiducia che la forza che viene da Dio è più forte dei nostri dubbi e la Sua sapienza, più profonda di ogni buon senso umano.

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la VII domenica del Tempo Ordinario (Anno A).
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
Amare nella carità di Cristo
L’amore è un “dovere” e l’odio non è un “diritto”.
Per Cristo i peccati nostri sono come polvere.           
1) Guardare alla Croce. “Amate i nemici”: un comando realistico?
E’ realmente possibile amare i nemici, e amarli mentre manifestano la loro ostilità e inimicizia, il loro odio e la loro avversione? È umanamente possibile mettere in pratica questo comando di Cristo? L'amore per i nemici alla ragion comune sembra pazzia. Vuol dire che la nostra salvezza è nella pazzia? L'amore per i nemici rassomiglia all'odio per noi medesimi. Vuol dire che arriveremo alla beatitudine solo a patto di odiare noi stessi?
Insomma, perché Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè chiede di praticare un amore che eccede le capacità umane?
In realtà, la proposta di Cristo è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà” (Benedetto XVI).
Non è facile, ma — ha detto Papa Francesco durante la messa celebrata giovedì mattina, 12 settembre, nella cappella di Santa Marta — è possibile: basta contemplare Gesù sofferente e l’umanità sofferente e vivere una vita nascosta in Dio con Gesù.
Per capire e fare ciò dobbiamo prendere sul serio l’invito dell’Apostolo Paolo: “Abbiate gli stessi sentimenti di Cristo” (Fil 2,5);“Fratelli, scelti da Dio, santi e amati. Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri” se qualcuno avesse di che lamentarsi nei confronti di un altro. Come il Signore vi ha perdonato così fate anche voi”(Col 3, 12-17).
Per poter amare nella carità di Cristo tutti, compresi i nemici, la strada è quella di stampare i nostri occhi su Cristo in Croce e così imparare a sentire come sentiva Gesù, conformare il nostro modo di pensare, di decidere, di agire con i sentimenti di Gesù. Se prendiamo questa strada, viviamo bene e prendiamo la strada giusta. In questa contemplazione dell’amore crocifisso avremo la conferma che Gesù, ci vuol bene. Questo bene è tenerezza e una grande consolazione per noi, è un conforto e anche una grande responsabilità giorno per giorno. E’ un bene che ci è donato e che non possiamo ottenere con lo studio o la pratica: è un dono gratuito di Dio da far responsabilmente fruttificare.
Il mondo - e noi nel mondo - condanna e giustizia, cioè elimina ogni nemico. Nel mondo si fa guerra al nemico, fino all'annientamento. Ma Cristo ci dice di amare il nemico, e la Sua Parola è verità. E’ realtà. Questa Parola d’amore qui ed ora si compie in noi, nemici di Dio intenti, ogni giorno, a eliminare i nemici, smarrendo per via pazienza, perdono e amore. Noi, ricchi di peccati, siamo amati e riamati infinitamente da Dio, ricco di misericordia.
Il cristiano è portato dal Vangelo a vedere in se stesso il nemico amato da Dio e per cui Cristo è morto: questa è l’esperienza di fede basilare da cui soltanto potrà nascere l’itinerario spirituale che conduce all’amore per il nemico! Scrive Paolo: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo peccatori e nemici, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8-10).
La nostra vita perduta, riscattata e compiuta nel Suo perdono. Le Sue braccia aperte sono anche oggi il nostro rifugio, la nostra perfezione. Siamo dunque perfetti, compiuti solo nascosti tra le Sue ferite d'amore (cfr San Bernardo di Chiaravalle). “È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare” (Benedetto XVI, Deus caritas est n.12). Trafitti dalla Sua misericordia diventiamo noi stessi le Sue ferite aperte sul mondo, segno di salvezza, vita e perdono per ogni uomo. Le nostre piaghe quotidiane unite alle Sue piaghe sono la perfezione che salva il mondo.
2) Guardare dalla Croce.
Là, inchiodati alla nostra croce siamo perfetti. Là dove nessuno saluta, là dove si cela il sole e si trafuga la pioggia, laddove il mondo cancella gli ingiusti, i figli del Padre celeste offrono la vita, gratuitamente, per fede amorosa.
Là dove il mondo odia, i discepoli dell'Amore amano. La nostra vita è così compiuta sulla Croce, Crocifissi con Lui. “Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l'uomo può — come ci dice il Signore — diventare sorgente dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva (cfr Gv 7, 37-38). Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio (cfr Gv 19, 34)" (Benedetto XVI, Deus caritas estn.7). E’ Lui vivo in noi ad amare ogni uomo, scende in noi all’ultimo posto, servo di questa generazione per aprire il Cielo ad ogni nemico, nel Suo sangue trasformato in amico. Di più, ogni nemico è fratello agli occhi di Cristo. Come lo siamo stati noi, appena un istante fa, o lo fummo ieri, o lo saremo domani. 

Dunque impariamo a guardare all’altro, al nostro prossimo non più soltanto con i nostri occhi e con i nostri buoni sentimenti, ma guardiamo dalla Croce, dal punto di vista di di Gesù Cristo.
Il suo amico è nostro amico. Al di là dell'apparenza esteriore, con una purezza da angeli potremo scorgere nell’altro la sua attesa di un gesto di amore, di attenzione. Se cerchiamo di guardare l’altro con gli occhi di Cristo, possiamo dargli ben più che le cose necessarie materialmente: possiamo donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno (cfr Benedetto XVI, Deus caritas est n.18). Gli occhi di Dio, che ama tutti donando a tutti il necessario, senza distinzione alcuna, sono gli occhi di Gesù posati su questa umanità attraverso i nostri stessi occhi.
C’è una bellissima intuizione di Berdiaeff: “All'inizio Dio disse a Caino: Cosa hai fatto di tuo fratello Abele? Nell'ultimo giorno non si rivolgerà più a Caino ma ad Abele dicendo: “Cosa hai fatto di tuo fratello Caino?”. Abele risorgerà non per la vendetta ma per custodire Caino. La terra nuova sarà quando le vittime si prenderanno cura dei loro carnefici. Questo è il cuore di Dio”. Con il suo infinito amore per noi, Cristo fece così per noi.
Per imparare da lui, occorre andare al Calvario e guardare il Redentore in Croce, poi occorre salire in Croce accanto a lui, e guardare dal suo punto di vista. A questo amore si arriva a attraverso un cammino, una ascesi.
L’amore non è spontaneo: esso richiede disciplina, ascesi, lotta contro l’istinto della collera e contro la tentazione dell’odio. Così si perverrà alla responsabilità di chi ha il coraggio di esercitare una correzione fraterna denunciando “costruttivamente” il male commesso da altri. L’amore del nemico non va confuso con la complicità con il peccatore.
Chi non serba rancore e non si vendica, ma corregge il fratello, è infatti anche in grado di perdonare; e il perdono è la misteriosa maturità di fede e di amore per cui l’offeso sceglie liberamente di rinunciare al proprio diritto nei confronti di chi ha già calpestato i suoi giusti diritti. Chi perdona sacrifica un rapporto giuridico in favore di un rapporto di grazia.
Ma perché tutto questo sia possibile è indispensabile che accanto al comando di amare i nemici ci sia la preghiera per i persecutori, l’intercessione per gli avversari: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44). Se non si assume l’altro – e in particolare l’altro che si è fatto nostro nemico, che ci contraddice, che ci osteggia, che ci calunnia – nella preghiera, imparando così a vederlo con gli occhi di Dio, nel mistero della sua persona e della sua vocazione, non si potrà mai arrivare ad amarlo. Ma dev’essere chiaro che l’amore del nemico è questione di profondità di fede, di “intelligenza del cuore”, di ricchezza interiore, di amore per il Signore, e non, semplicemente di buona volontà.
Questo amore a cui Dio ci chiama è un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa.  
Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei “piccoli”, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita. Cristo è il primo in questo amore per i nemici e i martiri lo hanno imitato nell’amare fino alla fine. Tuttavia teniamo presente che la vita consacrata è a questo riguardo un martirio incruento, ma quotidiano. Nell’Ordo Virginum le persone sono chiamate alla costante testimonianza, che è un martirio senza spargimento di sangue, perché vivono una esistenza totalmente dedicata alla fedeltà a Dio ed all’intercessione per i peccatori, che si pensano nemici di Cristo, che li ama e che invoca su di loro il perdono del Padre. Nel nascondimento di una vita quotidiana, semplice come quella della Madonna a Nazareth, mostrano che si può imitare l’esempio eminente della Madre di Cristo, nella quale Dio fu il protagonista e la sua verginità fu l’espressione, anche fisica, dell’apertura totale al progetto di Dio. La vocazione di questa donne è di umilmente lavorare e pregare per pacificare la terra, conciliare i fratelli nemici, far risorgere Abele, ricondurre all’amore Caino. (Cfr Due invocazioni della Preghiera litanica nel Rituale della Consacrazione delle Vergini, n. 20 – traduzione letterale dal latino:
O Signore,
- mantieni et fai crescere nella tua Chiesa la fiamma della verginità beata, ti preghiamo, ascoltaci.
- Poni tra i popoli una intesa e una pace sincere, ti preghiamo, ascoltaci.)
LETTURA PATRISTICA
Sant’Agostino, Vescovo di Ippona
 “Trattati sulla prima lettera di Giovanni” (1, 9-12)

“In questo lo conosciamo se osserveremo i suoi comandamenti. Quali comandamenti? Chi dice di conoscerlo e non osserva i suoi comandamenti è menzognero e in lui non c'è verità. Ma tu torni a chiedere: quali comandamenti? Giovanni ti dice: Chi osserverà la sua parola, veramente in lui è perfetto l'amore di Dio (1 Gv 2, 3-5). Vediamo se questo comandamento non sia l'amore. Ci domandavamo quali fossero questi comandamenti e Giovanni ci risponde: Chi osserverà la sua parola, veramente in lui è perfetto l'amore di Dio. Esamina il Vangelo e vedi se non è questo precisamente quel comandamento. Dice il Signore: Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda (Gv 13, 34). A questo segno noi conosciamo di essere in lui, se in lui saremo perfetti (1 Gv 2, 5). Egli parla di perfetti nell'amore. Ma qual'è la perfezione dell'amore? E' amare anche i nemici ed amarli perché diventino fratelli. Il nostro amore infatti non deve essere carnale. E' buona cosa chiedere per un altro la salute del corpo; ma se questa mancasse, non deve scapitarne la salute dell'anima. Se auguri al tuo amico la vita, fai bene. Se ti rallegri per la morte del tuo nemico, fai male. Forse la vita che auguri all'amico è inutile, mentre quella morte del nemico di cui ti rallegri, può essere a lui utile. Non è certo se questa nostra vita sia utile o inutile, mentre è indubbiamente utile la vita presso Dio. Ama i tuoi nemici con l'intento di renderli fratelli; amali fino a farli entrare nella tua cerchia. Cosí ha amato colui che, pendendo sulla croce, disse: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Non che abbia detto: Padre, costoro abbiano una vita lunga; loro che mi uccidono abbiano a vivere; ma ha detto: Perdona loro perché non sanno quello che fanno. Egli li volle preservare da una morte perpetua con una preghiera piena di misericordia e di forza. Molti tra essi credettero e fu loro perdonato di aver versato il sangue di Cristo. Quando si mostrarono crudeli, versarono quel sangue; quando credettero, lo bevvero. In questo noi conosciamo che siamo in lui, se in lui saremo perfetti. Il Signore ci ammonisce ad essere perfetti quando ci parla del dovere di amare i nemici: Siate dunque perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste (Mt 5, 48). Chi dunque dice di rimanere in lui, deve camminare come lui camminò (1 Gv 2, 6). In quale modo, o fratelli? Che ammonizione è questa? Colui che dice di rimanere in lui - cioè in Cristo - deve camminare come lui camminò. Che ci ammonisca forse di camminare sul mare? No, evidentemente. Ci ammonisce invece di camminare nella via della giustizia. Quale via? L'ho ricordato. Egli, quando era inchiodato alla croce, camminava proprio su questa via, che è la strada della carità. Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Se dunque imparerai a pregare per il tuo nemico, camminerai sulla strada del Signore.”