giovedì 24 aprile 2014

Il bisogno dei papi santi...

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Terza giornata di briefing oggi in Sala stampa vaticana in vista delle Canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Questa mattina si è parlato delle veglie di preghiera che, sin da sabato, prepareranno i pellegrini presenti a Roma alla celebrazione del 27 aprile. Padre Federico Lombardi ha ripercorso i momenti salienti del rito, alla quale è prevista per ora la partecipazione di rappresentanti di altre confessioni religiose, di 93 delegazioni ufficiali di diversi Paesi e 24 tra capi di Stato e reali. A concelebrare almeno 150 cardinali e 1000 vescovi. Nessuna ufficialità sulla presenza del Papa emerito Benedetto XVI.

La notte tra sabato e domenica sarà l’inizio della grande festa della fede di Roma con una serie di veglie. “Sarà una notte bianca”, cioè di attesa in preghiera, animata da gruppi in diverse lingue, in almeno 11 chiese della capitale, ha detto don Walter Insero portavoce del Vicariato:

“Come sapete ci sarà una notte bianca di preghiera. Abbiamo voluto fare in modo che la città, aprendo soprattutto le chiese del centro, desse ospitalità ai pellegrini, un’ospitalità spirituale ovviamente, per fare in modo che chi arriva possa recarsi a pregare e a vivere una celebrazione, che permetta quindi di prepararsi sui contenuti, con testi tratti dalla Parola di Dio. Dal sito www.duepapisanti.org potrete scaricare i tre schemi previsti. C’è la possibilità, infatti, di scegliere un rito, dunque, diverso in base all’occasione. Comunque, nelle varie chiese del centro, dove appunto la preghiera sarà animata, ci sono dei gruppi, che faranno accoglienza e permetteranno la preghiera in diverse lingue”.
Sarà dunque una "staffetta" che si aprirà alle 19.00 di sabato con la Messa alla Basilica in Monte santo dove Giovanni XXIII è stato ordinato sacerdote nel 1904; e si proseguirà in tutte le altre chiese dalle ore 21:

“Poi, alle 21, la preghiera sarà a Sant’Agnese in Agone, a Piazza Navona, con animazione in lingua polacca; a San Marco al Campidoglio, proprio a Piazza Venezia, in italiano e in inglese; a Sant’Anastasia in lingua portoghese; al Santissimo nome di Gesù, all’Argentina, in italiano e in spagnolo; a Santa Maria in Vallicella e a San Giovanni Battista dei Fiorentini, qui vicino, in lingua italiana; a Sant’Andrea della Valle in lingua francese; a San Bartolomeo, all’Isola Tiberina, con animazione in italiano e in arabo; a Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio, alla Chiesa delle Stimmate, ai Santi Apostoli, al Sacro Cuore di Gesù a via Marsala, a Santa Maria in lingua italiana”.
La mattina di domenica invece, ha spiegato padre Federico Lombardi, il programma inizia in Piazza San Pietro con la preghiera della coroncina della Misericordia dalle ore 9, con i canti del coro della diocesi di Roma, quindi l’avvio della celebrazione con le Litanie dei Santi. Al coro della cappella Sistina si affiancheranno in questa occasione anche la Filarmonica di Cracovia e il Coro della diocesi di Bergamo. A concelebrare col Papa, circa 130-150 cardinali e 1000 vescovi. I più vicini saranno il cardinale vicario di Roma, Vallini, il cardinale polacco Dziwisz e il vescovo di Bergamo mons Beschi. Per la distribuzione della Comunione previsti in tutto 870 tra sacerdoti e diaconi da piazza San Pietro a via della Conciliazione. Il rito della Canonizzazione, ha spiegato padre Lombardi, aprirà subito la celebrazione: con le tre petizioni al Papa da parte del cardinale prefetto della congregazione dei santi, Angelo Amato, quindi la solenne formula recitata dal Pontefice che rende bene la proposta alla venerazione della chiesa universale dei nuovi Santi:

“Ad onore della Santissima Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana, con l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e nostra, dopo aver lungamente riflettuto e invocato più volte l’aiuto divino, ascoltato il parere di molti nostri fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, li iscriviamo nell’albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati fra i Santi. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Dopo la formula verranno presentate le reliquie dei nuovi Santi da parte di persone vicine a loro ancora da stabilire, quindi un momento di ringraziamento e si riprenderà la Messa dal Gloria. Da segnalare, come avviene nelle grandi feste, la proclamazione del Vangelo in greco e in latino. Circa le presenze: "Nessun invito speciale della Santa Sede", ha chiarito padre Lombardi ma una comunicazione, per cui, chi ci sarà, dimostrerà un particolare interesse ed è il benvenuto. Ciò vale per le delegazioni dei governi - sono 93 le delegazioni ufficiali attese di diversi Paesi e organizzazioni internazionali e 24 tra capi di Stato e presidenti con 35 delegazioni varie - e per i rappresentanti di altre confessioni religiose. E’ atteso ha detto padre Lombardi, un buon numero di ortodossi e anglicani e anche di ebrei e musulmani:

“C’è notevole libertà. Benvenuti a coloro, che desiderano venire. Verrà certamente un gruppo importante di ebrei, che come sapete hanno manifestato anche in vari modi la stima, l’affetto per questi due Papi, che sono stati particolarmente importanti per il rapporto con il popolo ebraico. Ci sono anche dei musulmani, che – sappiamo - hanno manifestato il desiderio di partecipare. Ci saranno, quindi, anche presenze di altre religioni. Non abbiamo, però, delegazioni o liste da dare su questo”.
Nessuna ufficialità invece sulla presenza di Papa Benedetto, come ha sottolineato padre Lombardi:

“Il Papa Benedetto è benvenuto e sa di essere desiderato e invitato. Noi rispettiamo la sua libertà, la sua età e il suo sentirsi in forze, per venire o meno quel giorno. Quindi non c’è nessuna ufficialità di una sua presenza, c’è il desiderio che venga. Se viene saremo tutti contentissimi, se non viene non abbiamo il diritto di sentirci delusi per una promessa mancata, perché nessuno l’ha fatta”.

In conferenza, questa mattina, anche il ricordo del Santo gesuita missionario Josè de Anchieta canonizzato da Papa Francesco il 3 aprile scorso. Sarà il Pontefice stasera a rendere grazie con una Messa, per la vita e l’opera di questo religioso la cui figura è stata ricordata dai cardinali brasiliani Damasceno Assis e Odilo Scherer. Nelle loro parole la gioia di tutto un Paese e un popolo che nel Santo, il terzo per il Brasile, vede un missionario instancabile e una figura esemplare: fu evangelizzatore, dice il cardinale Damasceno Assis, difensore della vita e e dei diritti delle popolazioni indigene minacciate nella loro cultura e nelle loro tradizioni e missionario educatore. Un vanto anche per l’ordine dei gesuiti aggiunge il cardinale Scherer:

“Aveva 15 anni, mentre studiava a Coimbra, in Portogallo, ed era già attratto, entusiasta dagli esempi e dalle lettere che venivano dai missionari gesuiti dall’Oriente, in particolare quelle di San Francesco Saverio. E lui decise di diventare missionario, come i missionari che erano andati in Oriente. Poi, però, Ignazio di Loyola – il fondatore – lo mandò in Brasile, e lì ha svolto tutto il suo lavoro missionario, pur avendo salute malferma – e poi è vissuto fino a quasi 70 anni, e ha svolto un lavoro immenso …”
Radio Vaticana 

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La chiesa di Bergoglio e il bisogno dei papi santi
La Repubblica - Spogli
 
(Vito Mancuso) Tra le religioni monoteiste è solo il cristianesimo a conoscere il fenomeno della santità, che invece rimane del tutto sconosciuto all’ebraismo e all’islam. Non che in queste due grandi religioni non vi siano stati e non vi siano uomini e donne di grande spessore spirituale, ma né l’ebraismo né l’islam nel riconoscerne il valore hanno mai sentito l’esigenza di dichiararli “santi”.
Per queste due religioni infatti la santità appartiene per definizione solo a Dio, e l’uomo, fosse anche il migliore di tutti, fosse anche il profeta Elia o il profeta Muhammad, non può strutturalmente partecipare al divino, e quindi può essere sì giusto, osservante, devoto, ma  mai può essere santo. Il cristianesimo al contrario crede nella possibilità della comunione ontologica tra il divino e l’umano.
Di una comunione cioè che non riguarda solo la volontà del credente ma giunge a comprenderne anche l’essere. In questo senso si può dire che la santità è una conseguenza dell’incarnazione, del farsi uomo da parte di Dio in Gesù di Nazaret: come il Figlio infatti da vero Dio è diventato uomo, così i suoi discepoli migliori da semplici uomini giungono alla possibilità di partecipare alla condizione divina denominata santità. C’è molto ottimismo, c’è molta simpatia verso l’uomo, nel dichiararne la santità.
E non è certo un caso che tra le diverse forme di cristianesimo siano in particolare il cattolicesimo e l’ortodossia a insistere sulla santità, che invece è quasi del tutto dimenticata nel protestantesimo la cui teologia è perlopiù caratterizzata da un’antropologia pessimista secondo cui l’uomo non potrà mai giungere a una natura pienamente riconciliata (per Lutero si è sempre simul iustus et peccator , il male cioè non può essere mai del tutto sradicato neppure nel migliore dei giusti).
In questa prospettiva il cattolicesimo mostra una grande affinità con l’induismo, per il quale la comunione tra il divino e l’umano è all’ordine del giorno, e con il buddhismo, per il quale la natura di Buddha appartiene di diritto a ogni essere umano. E infatti entrambe queste grandi religioni conoscono, come il cattolicesimo, il fenomeno della santità, fino a giungere a condividere l’appellativo “Sua Santità” che appartiene tanto al Romano pontefice quanto al Dalai Lama, mentre l’appellativo Mahatma (grande anima) riservato dall’induismo ai suoi figli migliori è solo un altro modo di dichiararne la santità.
Che cosa contraddistingue allora la santità cattolica? La risposta è la Chiesa, ovvero il fatto che la santità non viene riconosciuta dal basso, dal popolo, per gli evidenti meriti del maestro, come fu il caso di Gandhi chiamato Mahatma già in vita, ma diviene tale solo in seguito a una formale dichiarazione della gerarchia ecclesiastica detta canonizzazione.
E qui si inserisce, oltre alla dimensione teologico-spirituale dichiarata sopra, la valenza politica del fenomeno santità. La politica infatti ha sempre giocato un grande ruolo nella storia della Chiesa alla prese con la dichiarazione della santità dei suoi figli migliori. Nel bene e nel male. Si pensi nel primo caso alla rapidissima canonizzazione di Francesco d’Assisi, proclamato santo a neppure due anni dalla morte. E si pensi nel secondo caso alla canonizzazione dell’imperatore Costantino o alla beatificazione di Carlo Magno, uomini di immenso potere, dalla vita non proprio integerrima e tuttavia elevati agli onori dell’altare.
La canonizzazione da parte del papato di propri esponenti, compresa quella di domenica prossima, rientra alla perfezione in questa prospettiva dalla forte connotazione politica: degli otto pontefici del ‘900 ormai ben tre (Pio X, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II) sono diventati santi e tre sono sulla via per diventarlo (Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I), lasciando peraltro la memoria degli altri due (Benedetto XV e Pio XI) in grave imbarazzo.
Aveva del tutto torto il cardinal Martini a essere contrario alla canonizzazione dei papi recenti? Tanto più che la politica ecclesiastica non si esprime solo sulle canonizzazioni in positivo, ma anche su quelle in negativo, sull’esclusione cioè di chi meriterebbe di essere riconosciuto santo ma non lo diviene. È il caso di monsignor Oscar Romero, ucciso dagli squadroni della morte il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa nella cattedrale di San Salvador per la difesa dei diritti dei poveri, e mai beatificato da Giovanni Paolo II, che anzi in vita l’umiliò, né in seguito da Benedetto XVI. Ed è il caso di Helder Camara, il vescovo di Recife, nel nord del Brasile, famoso per la sua lotta a favore degli ultimi (amava ripetere «quando do da mangiare a un povero dicono che sono un santo, quando chiedo perché è povero dicono che sono comunista») per la sua gente già santo ma non per il Vaticano.
La santità esprime un grande ottimismo sulla natura umana in quanto ritenuta capace realmente di bene e per questo il suo istituto è tanto importante e andrebbe governato con maggiore spirito di profezia. La politica però ha purtroppo spesso la meglio, e la canonizzazione parallela di domenica prossima di due papi tanto diversi lo dimostra ancora una volta.
fonte: Spogli

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Capovilla: "Roncalli un prete all'antica ma rivoluzionario, così ha sedotto tutto il mondo"
La Repubblica
 
(Orazio La Rocca) Parla l'ex segretario di Papa Giovanni XXIII: "Non chiamatelo il Papa Buono, quell'appellativo ne sminuisce lo spirito innovatore" -- Loris Francesco Capovilla, 98 anni, è stato segretario di papa Roncalli. Bergoglio lo ha elevato alla dignità cardinalizia nel suo primo concistoro dello scorso febbraio. (...)

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Canonizzazioni: Wojtyla, un Pontificato che ha cambiato la storia   
AGI
 
(Salvatore Izzo) "Introdurrai la Chiesa nel nuovo millennio", gli aveva detto il suo  "maestro" ed e' per questo che il Grande Giubileo del 2000 e' stato  vissuto dallo stesso Papa Wojtyla come il culmine del suo Pontificato,  come adempimento del "mandato" che gli era stato dato per bocca del  primate polacco Stefan Wyszynski nel drammatico conclave dell'autunno  del '78, quando i cardinali dovettero tornare in gran fretta nella  Sistina per eleggere il successore di un Papa durato appena 33 giorni.